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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.122, 3 settembre

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L’ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE. INTERESSI PRIVATI

Armo III - Yol. VI

Domenica 3 settembre 1876

N. 122

IL COMMERCIO E LÀ VIABILITÀ NEL BRASILE

La vita economica del Brasile non comincia che colla fine del sistema coloniale, perchè dapprima tutto era asservito alla madre-patria ed ogni commercio indi- pendente era un contrabbando. Ma nel 1808 i porti del Brasile furono aperti alle navi delle nazioni ami­ che, e la libertà delle transazioni diè vita agli scambi. Un paese bagnato dal mare per ben 9,920 chilo­ metri, solcato da immensi fiumi navigabili, con climi variatissimi e ricchi prodotti, doveva ben presto ac­ crescere i suoi commerci. E, se infatti poniamo a paragone il valore della importazione e della espor­ tazione del 1808 con quello di questi ultimi anni, si ha che in quel primo anno di vita libera l’impor­ tazione e la esportazione diedero la somma comples­ siva di 61,184,000 franchi, invece dal 1866 al 1871 la media annuale ascese a 971,086,880 franchi.

L’aumento del commercio esterno, valutato a medie quinquennali, è così calcolato nel seguente prospetto che riproduciamo da statistiche ufficiali:

Periodo Media Q uinquennale Aumento 1836 1841 249,786,520 1841 1846 281,159,432 31,372,912 1846 1851 542,527,800 31,368,368 1851 1856 480,694,992 168,167,192 1856 1861 666,406,500 185,611,608 1861 1866 724,229,684 57,995,084 1866 1871 971,086,880 246,787,281 Dal primo al secondo periodo quinquennale, commercio crebbe dunque nella proporzione del 12 5 per cento e dal penultimo all’ultimo periodo, l’au­ mento fu nella proporzione del 34 0|0- L’eccesso dell’ultimo periodo sul primo fu di 721,300,360 franchi, che corrisponde al 288,76 0|o d’aumento in 35 anni, ovvero all’8 2 0[0 all’anno.

A riprova maggiore dell’aumento degli scambi daremo ora un prospetto generale della importazione e della esportazione nell’ultime triennio di cui ab­ biamo notizia:

Esercizio Im portazione Esportazione Totale 1Ç71-1872 421,500,000 1872- 1873 475,401,000 1873- 1874 458,223,000 571.569.000 993,069,000 644.781.000 1,120,182,000 569.094.000 1,027,317,000

Queste cifre confermano ancora il calcolo pre­ cedente dell’aumento del commercio esterno nella proporzione annua del 8,2 _0|q; aumento che veri­ ficandosi specialmente nella ésportazione dimostra la maggior produzione dell’impero.

È naturale che il commercio di cabotaggio ed fil commercio interno abbiano prosperato nella stessa guisa del commercio estero. Il commercio di cabo­ taggio nel 1870-71 si valutò a 370,052,000 franchi, e quello interno o fluviale a 53,960,000, cioè, ad un complessivo valore di 424,012,000. Il quale ri­ sultato posto a riscontro con quello di 16 anni ad­ dietro dà un aumento medio annuo del 7,8 0[0, cioè quasi la stessa proporzione indicata pel com­ mercio estero.

Sommando adunque insieme il commercio esterno, quello interno, e quello di cabotaggio si può calco­ lare il commercio generale annuo del Brasile ad un miliardo e mezzo.

Per quello che sia del commercio esterno le sta­ tistiche brasiliane danno pure le proporzioni del con­ corso delle varie nazioni. Nell’importazione figurano: l’Inghilterra pel 45,73 0[0; La Francia pel 17,33 per cento; le repubbliche del Piata pel 7,26 0[o; le città Anseatiche pel 6,15 0{o; gli Stati-Uniti pel 5,36 0(0; il Belgio pel 4,80 0[0; il Portogallo pel 3,69 0|0; gli altri Stati pel 9,69 0|Q.

Quanto alla esportazione: gli Stati vengono nel seguente ordrne: Stati Uniti pel 45,84 0[o; Inghil­ terra pel 9,07 0[o; Francia pel 5,62 0(0; Repub­ bliche del Piata pel 5,29 0[o; Portogallo pel 3,20 per cento; città Anseatiche pel 2,03 Oio; Belgio per 1,04 0 |0 ; altri Stati pel 27,94

0[0-La parte dell’Italia in questi rapporti commerciali si riduce a poca cosa; ma pur volendo raccogliere gli scarsi elementi che ad essa si riferiscono, noi troviamo nella Estatìstica do Commercio Maritimo

do B razil do Exercicio de 1869-4870 pubblicata a

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chilogrammi; carta, 181,783 chilog.; lino 116,947 chilogrammi; zolfo, 23,959 chilog. ; vino 229,074 litri; oli vegetali 40,394 chilogrammi; e 25,067 cappelli di paglia; oltre alcuni altri prodotti.

Dal Brasile vennero nella stessa epoca in Italia i seguenti prodotti principali : pelli crude, 5,624,895 chilogrammi; caffè, 1,793,539 chilogrammi; zucchero 326,904 chilogrammi, legno per gli ebanisti (palis­ sandro) 522,542 chilogrammi ; cacao, 20,503 chilo­ grammi; cotone, 8,039 chi!.; oli animali, 23,508 litri, ed altri prodotti parecchi, ma in quantità minore.

Se però ci atteniamo alle statistiche nostre il commercio dell’Italia col Brasile sarebbe di gran lunga inferiore a quello di cui ora abbiamo ripro­ dotte le cifre. Secondo il Movimento Commerciale

nel Regno d’Italia nel 1869 e nel 1870 il com­

mercio col Brasile sarebbe indicato dal seguente prospetto :

1869 1870

Importazione in Italia . . 1,197,574 721,777 Esportazione... 1,088,393 151,930

Fra le due statistiche corre la grandissima diver­ sità del doppio per cui saremmo quasi in forse a quale si dovrebbe dar retta. Però crediamo che si avvicinino più al vero le statistiche brasiliane per il motivo che la maggior parte del commercio fra l’Italia ed il Brasile facendosi con navigazione indi­ retta, male si può calcolare il vero movimento com­ merciale, rimanendo molte volte celata la prove­ nienza dei prodotti sia per l’intervento di interme­ diari d’altri paesi, sia pel fatto troppo noto che a molti generi la speculazione falsa il nome.

La navigazione di lungo corso durante l’esercizio del 4874-72, calcolata nella media delle entrate e delle uscite, fu fatta da 6,324 navi della capacità di 3,408,402 tonnellate e con 422,594 uomini di equipaggio. La navigazione di cabotaggio fu fatta da 9,893 navi, della capacità di 2,402,309 tonnellate e con 439,235 uomini di equipaggio. Ponendo a ri­ scontro questi risultati con quelli del 1864-65 si ha il seguente prospetto che serve pure ad indicare quale ne sia stato l’aumento:

Navigazione di lungo corso

E sercizi N avi Tonnellate Equipaggio

4864-65 6,438 2,589,098 89,367

4874-72 6,324 3.408,402 422,394

Aumento 486 4,049,304 33,024

Navigazione di cabotaggio

E sercizi Navi Tonnellate Fquipaggio

4864-65 6,275 4,283,949 89,822

4874-72 9,893 2,402,509 459,235

Aumento 3,648 4,448,590 49,445

Nella navigazione di lungo corso devesi notare

che ora i vapori surrogano sempre più i bastimenti a vela e perciò, più che all’aumento del numero dei bastimenti devesi por mente alla loro capacità.

Grande parte della navigazione di lungo corso, anzi i due terzi della medesima, è fatta da basti­ menti inglesi e tedeschi. Tengono poi dietro ad essi gli americani, i brasiliani, i portoghesi ed i fran­ cesi..Gli italiani sono in piccolissimo numero; poi­ ché anche dalla recentissima pubblicazione fatta dal nostro Governo sulla Navigazione nei porti del re­

gno nel 4874, risulta che in codesto anno approda­

rono in Italia, provenienti dal Brasile, 48 bastimenti da 3700 tonnellate con 5 passeggieri; e partirono pel Brasile 22 bastimenti carichi, da 8968 tonnel­ late e 2 bastimenti in zavorra da 944 tonnellate, con 784 passeggieri.

La navigazione di cabotaggio fu quella che si sviluppò maggiormente, e ciò vuoisi ascrivere so­ prattutto alla decisione presa dal Governo brasiliano di permetterla liberamente a tutte le nazioni amiche. Dapprima cotale concessione fu provvisoria pel solo anno 4866, ma poi, veduti i grandi vantaggi derivati al commercio e alla agricoltura, si rese definitiva. A questa provvida disposizione se ne aggiungono altre che hanno contribuito non poco a sviluppare la prosperità economica del Brasile, come l’accrescimento della navigazione a vapore fra i porti del Brasile e quelli d’Europa e dell’America settentrionale, l’au­ mento degli istituti di credito, la costruzione di fer­ rovie e le sovvenzioni date a parecchie linee di vapori (4).

Di queste cause indicate le principali sono, fuor di dubbio, le vie di comunicazione. Dell’importanza di questo strumento negli scambi è vano il parlare, poiché senza di esso la prosperità di un paese sa­ rebbe impossibile. È perciò che il Brasile rivolge ora i maggiori suoi sforzi a provvedersi di buone e numerose vie di comunicazione, le quali, oltre aprire più vasto mercato alla produzione, attirano le braccia tanto ad essa necessarie.

11 grande sviluppo del littorale e gli immensi fiumi sono vie naturali di comunicazione destinate ad aver grande parte nella vita economica del Brasile. Nei

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3 settembre 1876 L’ E C O N O M IS T A

291 cenni etnografici che già abbiamo dati di quell’ im­

pero dicemmo della navigabilità dei fiumi per mi­ gliaia di chilometri e della estensione delle coste marine. A trar profitto da questi vantaggi geografici il Governo brasiliano sovviene di aiuto pecuniario diciotto linee di vapori che fanno la maggior parte del servizio marittimo e fluviale. Codesta sovvenzione si eleva annualmente alla somma di circa IO mi­ lioni di lire. Inoltre concede la somma annua di lire 368,000 alla Compagnia americana Nord United

States and Brazil Mail Steam-Ship, la quale s’im­

pegnò di fare tutti i mesi un viaggio di andata e ritorno fra il Brasile e gli Stati Uniti, toccando i porti di Belem, Fernambuco e Bahia.

Oltre alla navigazione marittima, lo Stato e le Provincie favoriscono la navigazione a vapore sul fiume Paraguay da Montevideo fino alla capitale della provincia di Matto-Grosso per una estensione di 4620 chilometri, sui laghi di Patos, sui fiumi Pardo, Ribeira de Ignape, Parahyba-do-Sul, Mucury, San Francisco, Amazoni e parecchi altri fiumi per la estensione di circa 14,320 chilometri.

Nel complesso il Brasile ha 36,300 chilometri di navigazione a vapore, di cui 17,160 sulle coste ma­ rittime e 19,140 nell’interno del paese.

Altro mezzo che la moderna civiltà impiega nei rapidi trasporti è il carro a vapore, e se d Brasile non è regione dalle ardite intraprese pari a quelle che vediamo sorgere negli Stati Uniti, tuttavia non si trattiene dall’aumentare ogni anno i suoi tronchi ferroviari. Nel 1867 il Brasile non possedeva che sei linee ferroviarie che percorrevano 683 chilometri; nel 1872 le linee in esercizio erano 13 per lo svi­ luppo di 1,021 chilometri. Nella stessa epoca si stavano costruendo altre 10 linee per l’estensione di 1611 chilometri, ed altrettante erano allo studio per circa 1429 chilometri. Erano poi state concesse altre 39 linee che si dovrebbero estendere per 9136 chilometri. Però di tutte queste cifre, ingrossate da ciò che non sarà realtà se non fra parecchio tempo, quello cui devesi attendere si è che il traffico at­ tuale si estende a 940 chilometri ; e sono in costru­ zione altri 515.

La costruzione, le spese di esercizio, la garanzia degli interessi e gli studii per le feriovie importa­ vano nel bilancio del 1866-67 la somma di franchi 12,107,687. Nel bilancio del 1871-1872 la somma iscritta in bilancio ascendeva a 33,157,795 franchi.

E nell’ intendimento del Governo brasiliano di formare nell’ impero tre grandi linee di comunica­ zione destinate ad accrescere il commercio non solo del Brasile, ma anche dell’ America meridionale, traendo vantaggio dalla navigazione delle Amazoni, del Tocantins, del Paraguay e di altri corsi d’acqua più o meno importanti.

La prima linea deve partire dalla capitale e tra­

versare le provincie di Rio di Janeiro e di Minas Geraes fino al punto dove comincia la navigazione libera del fiume S. Francisco, e di à dirigersi verso la vallata del Tocantins nella provincia del Parà. Forma parte di questa linea la ferrovia D. Pedro II che sembra destinata a diventare il tronco priifci- pale delle strade ferrate brasiliane. Essa è già eser­ citata per la lunghezza di 450 chilometri, e fra poco ne saranno aperti altri 100, i cui lavori sono molto avanzati.

Detta ferrovia andrà a raggiungere la grande arteria navigabile del fiume San Francisco e s’unirà all’altra ferrovia di Bahia e di Fernambuco verso il settentrione, come si è già riunita a quella di San Paolo verso il mezzodì.

La seconda linea deve estendersi dalla imboccatura delle Amazoni a quella del Rio della Piata per la vallata del Tocantins, dell’ Araguaya e del Paraguay. Cotesti fiumi hanno 6798 chilometri di navigazione e sono già percorsi ad intervalli dai piroscafi. Per compiere questa linea basterà costruire una ferrovia fra le estremità navigabili del Guaporè e del Jaurù, di cui la massima distanza è di 165 chil.

La terza linea, già in buona parte costruita, muove pure da Rio di Janeiro e riesce alla frontiera meridionale. Passa pei capoluoghi della provincia di San Paolo e di Paranà, pel centro di quella di Santa Caterina e per la città di Porto Allegre, capoluogo delia provincia di Rio Grande do Sul.

Tutte queste linee traversano ora in generale re­ gioni incolte e prive di abitanti, ma fertili e rico­ perte da grandi foreste vergini.

Alle ferrovie di interesse dello Stato, si aggiun­ gono quelle delle provincie delle quali sono in eser­ cizio 930 chilometri ; altri 522 in costruzione e 5152 allo studio.

Questi risultati, tenuto conto della vastità dell’im­ pero o della sua scarsa popolazione, sono certo assai soddisfacenti e fanno ripromettere che là dove ora si estendono immense foreste o piauure incolte, fra non molto sorgano città e villaggi, e con essi si svi­ luppino l’agricoltura e le industrie.

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Quanto migliori saranno le strade comuni, tanto minore sarà la spesa dei trasporti fino al mare o fino a quei grandi fiumi, sbocchi naturali di quasi tutta la esportazione del Brasile. Necessarie sono le ferrovie, ma bisogna tenere per esse una giusta pro­ porzione, poiché volendosi fare le strade ferrate prima delle rotabili, si potrebbe applicare con giustizia il noto proverbio, che il meglio è nemico del bene. Ora per le strade ordinarie il Brasile ha ancora moltis­ simo a fare, nè potrà far presto fino a che gli fa­ ranno difetto gli abitanti. La scarsità della popola­ zione, cagione principale della insufficienza delle vie, ne diventa alla sua volta effetto, e per tal modo si protrae uno stato di cose dannoso alla produzione e di cui è mestieri uscirne ad ogni costo II problema della viabilità pei nuovi paesi d’ oltre Atlantico è circondato da maggiori ostacoli che da noi, ma una volta superati, la popolazione aumenta rapidamente, le ricchezze si moltiplicano insieme agli scambi, e si ha T esempio di una prodigiosa attività come negli Stati Uniti.

IL MERCATO INTERNAZIONALE DEI CEREALI A VIENNA

Il 21 di agosto fu aperto a Vienna il mercato in­ ternazionale delle granaglie nella grande Rotonda che servì nel 1875 alla Esposizione universale. A questo mercato erano riuniti circa 5000 negozianti e produttori di grano, venuti da ogni parte dell’Au­ stria, dell’Ungheria, della Germania e della Russia. Un gran numero di case esponevano i loro prodotti sopra banchi nei quali stava scritto il nome'del negoziante ed il luogo di provenienza della merce, mentre in altra parte della Rotonda erano esposte macchine appartenenti all’agricoltura, all’ industria dei mugnai e dei fabbricanti di pane. Per prima cosa l’Assemblea dette lettura dei varii rapporti per­ venuti da tutte le parti d’Europa intorno al raccolto di quest’anno, ed è da un estratto di tutti questi rapporti che togliamo le seguenti notizie.

Il raccolto del frumento fu in Prussia inferiore del 18 per cento ad un buon raccolto medio, del 20 0[0 nel Mecklenburgo, del 10 0[0, nel Baden, del 5 0[0, nel Wurtemburgo, la Baviera e la Sasso­ nia ebbero pertanto un buon raccolto. In Inghilterra può aspettarsi un raccolto del 5 0[o all’ incirca infe­ riore alla media. Dalla Francia, eccetto che in tutta la parte meridionale, si hanno notizie d’un discreto raccolto, ma nel sud della Francia e specialmente nella parte sud-ovest esso può calcolarsi del 24 0[0 al disotto della media. Il prodotto dell’impero Au­ stro-Ungarico si avvicina assai a quello di un buon raccolto medio o non gli rimane inferiore più del 2 per cento. La Russia meridionale, la Russia centrale e la Polonia russa hanno un raccolto assai soddi­

sfacente e forse un poco superiore alla media. La Russia settentrionale però ne rimane al disotto del 70 0)0, la Rumenia del 25, la Svizzera del 40, la Svezia, Norvegia e Danimarca del 15, i Paesi Bassi del 50

0[0-Quanto alla segale un buon raccolto non si ebbe che in Francia e nell’Italia settentrionale ove rag­ giunse la media, e nella Russia meridionale ove la sorpassò di un 5 0|0. Tutti gli altri paesi rimasero al disotto della media; di un 40 0[0 le provincie settentrionali della Russia, del 29 0[0 la Prussia, del 20 0|0 il Mecklemburgo, 42 0[0 il Wurtemberg, 5 0[0 il Baden, del 50 0[Q 1’ alta e bassa Baviera e del 25 0|0 la Sassonia. Il raccolto della segale nel- l’ Inghilterra è di nessuna importanza. Nell’Austria- Ungheria fu del 5 0[o sotto la media e del 5 Ojo sotto la media fu pure in Rumenia. In Svizzera ne rimase inferiore del 20 0|0, del 45 in Svezia e del 25 in Danimarca e Norvegia.

Nel raccolto dell’orzo si mantengono ad una buona media, la Francia, la Sassonia, la Baviera, in alcune parti il Mecklemburgo, il Baden ed il Wurtemberg, la Polonia russa, la Rumenia e la Svizzera. L’Au­ stria e l’Ungheria hanno raggiunto un raccolto di un 5 0[0 superiore alla media e la Russia ugual­ mente. L’Inghilterra invece è rimasta di un 5 0[o inferiore ad una buona media, la Prussia un 40 0|0, la Svezia un 50 0[0, la Norvegia e la Danimarca un 50 per cento.

Il raccolto MYavena può valutarsi al disopra della media nell’Austria-Ungheria di un 40 0[o ed affrettato nella Russia, nel Mecklemburgo di un 5 per cento. Un buon raccolto medio fu ottenuto in Sassonia ed in Rumenia. Rimasero al disotto della media il Baden del 5 0[0, la Prussia del 6 0[0, il Wurtemberg dell’8 0[0, la Baviera dal 5 al 40 per cento, l’Inghilterra e la Svizzera del 45 0[0, la Sve­ zia del 50 0[0, la Norvegia e la Danimarca del 50 per cento.

Un resoconto telegrafico indirizzato al Gomitato del Mercato internazionale dei grani dà le seguenti notizie intorno al raccolto americano.

Mentre nel 1875 esso fu di 508 milioni di staia (bushels), nel 4876 fu di circa 275 milioni d’ottima qualità. Il granturco dette nel 4875 4000 milioni di bushels e promette di dare altrettanto nel 4876. L’esportazione ammontò a 72 milioni di bushels per il grano e 52 milioni pel granturco dal 1° luglio 1875 al 50 giugno 1876.

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3 settembre 1876 L ’ E C O N O M IS T A 293

D E L L ’ U S U R A (1)

« C’est u ne action très-bonne de p rétér sans in té rê t, m ais on sen t que ce n e peut être q u ’u n conseil de religion et non u ne loi civile. »

Mo n t e s q u ie u. — Esprit des lois.

Concetto dell’u su ra — L egittim ità di essa — Leggi su ll’u su ra — R azionalità di esse — P u n ib ilità dell’usura.

Fra le tante apologie di cui furono oggetto nel campo della scienza le diverse specie di libertà, non ultima è quella dell’ interesse dei prestiti. Codesta teoria, figlia legittima dei diritti di proprietà e libertà, ha al pari di essi costituito oggetto di grave disputazione scientifica, subite le persecuzioni del pregiudizio, lottato coi sofismi dei filosofi, sofferto sotto la pressione di aberrazioni legislative.

Antica quanto il Vangelo, va ad esso debitrice del più poderoso argomento di cui si armarono i teologi per scalzare le basi della sua legittimità.

Feconda di gravi conseguenze sociali, le si attribuì presso tutti i popoli una importanza quasi politica, tutti i legislatori se ne preoccuparono colpendola con limitazioni di diversa misura.

Il vocabolo usura non ha sempre avuto la stessa significazione, questa ha variato collo spirito dei tempi.

Fin dai tempi più r.moti, usura significò qua­ lunque interesse si pagasse per l’uso del denaro; dopo il secolo xi fino al sv iti, la parola usura ha servito ad esprimere un interesse illegale, e perciò divenne odiosa.

Noi partigiani della libertà dell’interese ed avversi alle leggi che tendono a restringerla, riteniamo essere usura sinonimo d’ interesse. L’usura non è, a nostro

(T) Nel pubblicare questo lavoro del sig. dott. Elisio Tronci distinto giovane che ha da non molto compiuti i suoi studi nell’Università di Cagliari non intendiamo soltanto d’incoraggiare l’ingegno e la diligenza dell'au­ tore e mostrare che anco in certe Università secon­ darie del Regno si educano i giovani a studi severi, ma crediamo ancora di far cosa g rata ai nostri le t­ tori presentando un sunto svolto con lucidità e chiarezza dei principi che hanno prevalso in questa materia e dello storico svolgimento di essa. La scienza ha oramai riportato in questo argomento una vittoria che può dirsi completa, ma le stesse idee che hanno già trionfato irretrattabilm ente in questo campo, incontrano ancora in altri, una oppo­ sizione violenta ed è quindi opera utile l’ insistere continuamente sopra di esse, facendone emergere la evidenza e la giustizia, affinchè la loro forza espan­ siva si apra facilmente una strada colà ove la loro vittoria non è ancora assicurata.

(No t a d e l i a Re d a z io n e).

senso, che l’ interesse richiesto dal proprietario che mutua il suo capitale, iu correspettivo del servizio che ci rende.

Stabilito in questi termini il concetto dell’ usura, nasce spontanea la domanda: l’usura è essa legit­ tima? La questione sulla legittimità dell’usura è una di quelle questioni che nelle scienze morali servono quasi di segnale per seguire il cammino che le idee percorrono nel corso dei secoli.

Duplice è la soluzione di questo problema: filo- sofico-giuridica ed economica : sotto il punto di vista giuridico la legittimità dell’usura scaturisce dal diritto di proprietà, sotto l’economico deriva dalla teoria del lavoro e del capitale.

Ometteremo di dilungarci intorno alla dimostra­ zione della legittimità dell’usura dal punto di vista giuridico, la quale direttamente emerge dal con­ cetto di libera ed assoluta disponibilità di una cosa contenuto nel diritto di proprietà.

Dal punto di vista economico questa stessa legit­ timità non può essere impugnata quando si rifletta che è inevitabile destino del genere umano, che la vita dell’uomo debba trascorrere travagliata da una continua sequela di bisogni, come è legge inevitabile che il bisogno non possa estinguersi senza il lavoro, e che l’umana felicità non possa raggiungersi, finché perduri insoddisfatto qualche bisogno.

L’uomo adunque lavora per estinguere un dolore e per procurarsi un godimento. Doppio è l’uso che egli può fare del proprio lavoro ; può adoperarlo alla soddisfazione immediata dei suoi bisogni od accu­ mularlo e riserbarlo ad una produzione futura facen­ dogli così assumere la forma di capitale.

Ora sempre che l’uomo dopo aver lavorato, accu­ mula il capitale di cui è proprietario, ha diritto ad una soddisfazione mediata od immediata, ad un pre­ mio delle durate fatiche. Se egli adopera il capitale alla soddisfazione di nuovi bisogni, alla produzione di nuove ricchezze gode dirattamente del suo lavoro ; se invece ne concede l’uso ad un altro e gli rispar­ mia la fatica necessaria all’accumulazione di un capitale, concedendogli i benefizi del proprio, avrà diritto ad esigere un corrispettivo di questo servigio, a farsi corrispondere un interesse.

E siccome in diritto l'uomo può mettere un prezzo a qualunque servigio egli renda, non vi è ragione per cui possa taluno stipulare un fitto quando dà in locazione la sua casa od il suo campo, e diventi invece riprovevole questa convenzione se loca una somma di danaro colla quale il conduttore potrà procurarsi la casa od il campo d’uu altro.

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lavoro per la eventuale insolvenza di colui che tolse a prestito il capitale.

Ecco come dalla teoria economica del lavoro e del capitale scaturisce spontanea la legittimità della usura.

Posta la questione su cosi solide basi, non è fuor di luogo dare un breve cenno delle vicende che essa attraversò nel corso dei secoli e delle obiezioni con cui la combatterono i filosofi ed i teologi.

La legittimità dell’usura è stata negata fino dai tepapi più remoti e le tre autorità che esercitarono maggiore influenza sugli spiriti di quei tempi furono il vecchio ed il nuovo testamento ed Aristotile.

Nella Bibbia il prestito ad interesse si trova fre­ quentemente vietato da Mosè, dal re Davide, da Ezechiello e da altri profeti. Al capo 23 del Deu­ teronomio si legge la proibizione fatta agli ebrei di percepire interessi o frutti per prestiti fatti ai loro confratelli ; non foeneràbis fra tri tuo ad usuram

pecuniam, nec f ruges nec quamlibet aliarti rem,

dice poi il Levitico : ne accipias usuras ab eo nec

amplius guam dedisti, pecuniam tuam non dabis ei ad usuram et frugem super abundantiam non exiges; però questo decreto non fu da Mosè esteso

ai prestiti fatti agli stranieri : fratri tuo non foenera-

bis, alieno autem foeneràbis.

Questa è la dottrina consacrata da tutte le legi­ slazioni dell’antichità pagana e cristiana, nelle leggi di Manu come in quelle di Confucio; nella legge di Zooroastro come in quelle di Pitagora e di Ari­ stotile.

Quest’ultimo stabilì il principio che il prestito ad interesse è contro natura, e dietro lui si schierano Aulo Gellio, Cicerone, Seneca, Plutarco e Catone. Per quest’ultimo l’esigere un interesse ed uccidere un uomo era lo stesso; è nota la sua interrogazione ad un amico: quid foenerari? Quid hominem occi-

dere? Se Catone fosse vissuto ai nostri tempi si

avrebbe attirato addosso lo scherno dei contempo­ ranei per questa sua esagerata esecrazione della usura, tanto più che non mancano nella storia i maligni i quali attestano che Catone, malgrado que­ sto suo orrore degli interessi, non fosse un usuraio più onesto di Seneca che si meritò le maledizioni di tutta l’antica Brettagna.

I romani vi conobbero legittimo l’interesse, perchè la legge delle 12 tavole ne permise la stipulazione ; pure questa legge fissò il tasso degli interessi entro limiti invariabili e e punì della multa del quadruplo colui che ne oltrepassasse la misura.

Ma qual fu veramente il tasso stabilito dalle leggi delle 12 tavole? Secondo alcuni fu il cento per 100 ma questa opinione è stata abbandonata come evi­ dentemente assurda; secondo altri, fu del 12. Niehbur e Troplong con maggiore apparenza di verità hanno sostenuto che fosse dell’otto o del dieci per 100.

Nell’ anno 377 di Boma, i rigori dei creditori eccitarono una rivolta per cui si sospesero le esecu­ zioni ; ma non andò molto che i patrizi raddoppiarono di durezza. Per sollevare il popolo dallo stato di abbattimento in cui giaceva, si fece la legge Licinia, la quale disponeva che gli interessi riscossi fossero imputati nel capitale e che il pagamento si facesse in 3 quote annue. Questa legge non fu eseguita, e nel 408 una nuova legge ridusse a metà il tasso dell’interesse.

La sedizione essendo nuovamente scoppiata, nel 411 la legge Genuccia abolì completamente Finte- teresse dei debiti.

Siccome questo plebiscito fu da principio limitato al territorio di Roma, non ebbe esecuzione, perchè un romano che avesse prestato del denaro ad un suo concittadino, trasportava il suo eredito -su di un latino che gliene pagava gli interessi e che dal conto suo li esigeva dal primo debitore. Per evitare questa frode così ingegnosa, la legge Sempronia parificò i latini ai romani.

Un senatusconsulto dei tempi di Cicerone, nel 703, fissò l’interesse al 12 per cento all’ anno ma per quanto fosse alto questo tasso, molti usurai, non lo trovavano sufficiente, e tanto meno temevano di stipulare interessi esorbitanti, in quanto che nessuna pena minacciava coloro che facessero tali stipu­ lazioni.

Gli imperatori cristiani riconobbero legittimo il prestito ad interesse; Costantino ne regolò il tasso al 12 per cento all’anno; Teodosio lo mantenne tale fino al 386; Giustiniano fissò il 4 per cento per i prestiti tra persone illustri, l’8 per 100 per quelli tra commercianti, ed il 6 per cento per tutti gli altri prestiti.

Cedendo a scrupoli religiosi T imperatore Basilio pensò di interdire assolutamente le usure, ma suo figlio Leone dovette ritornare alle leggi di Giu­ stiniano.

La legge evangelica ha essa condannato il pre­ stito ad interesse? I teologi cattolici, i Padri della Chiesa e molti giureconsulti lo affermano appoggian­ dosi a quel brano dell’Evangelio di S. Luca, in cui Cristo indirizzandosi al popolo dice; verum tàmen

diligite inimicos vestros benefacite et mutuum date nihil inde sperantes. Tutto questo brano che tro­

vasi perfettamente in armonia con quelle parole del Vorazione domenicale: et dimitte nobis debita

nostra sicut et nos dimittimus debitoribus nostris,

sarebbe il più eloquente simbolo del socialismo se non fosse adoperato in senso figurato.

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3 settembre 1876 L ’ E C O N O M IS T A 295 La legislazione civile venne a sancire le proibi­

zioni economiche. In Francia specialmente ogni usura per quanto modica, era proibita dalle ordinanze, ma le sole usure esorbitanti erano punite con pena cri­ minale.

L’ordinanza di Filippo il Bello nel 1412, quella di Blois nel 1579 proibirono severamente l’usura. Per ecoezione a queste regole gli Ebrei ed i Lom­ bardi ottennero dal principe il permesso di eserci­ tare il commercio e di prestare ad usura.

In Italia, nel Belgio, in Inghilterra in Spagna si riscontrano numerosi esempi di simili concessioni.

Questo era lo stato della vecchia legislazione. Però, malgrado tante disposizioni proibitive, la forza delle cose ha trionfato e le prescrizioni legali sono state sempre deluse da diversi procedimenti commerciali tollerati, o da occulti mezzi di frode. Per cui ebbe a dire il Turgot nella celebre memoria sulla legit­ timità dell’ interesse: — « L a rigidité des lois a

cédé à la force des chose. Il a fallu que la jurispru­ dence modérât dans la pratique les principes spé­ culatifs, et on est venu à tolérer ouvertement le prêt p a r billet, l'escompte et toute éspèce de nego­ tiations d’argent entre commerçants. I l en sera tou­ jours ainsi toutes les fois que la loi défendra ce

que la nature des choses rend necessaire. »

Le ragioni teoriche su cui si fondarono i parti­ giani della proibizione dell’ usura, sono facilmente confutabili, come quelle che, non confacenti alla spi­ rito dei tempi non sono più all’altezza dei progressi della scienza giuridica ed economica.

I dottori dello chiesa ed i giureconsulti avversi alla legittimità dell’usura invocano, il passo della Bibbia nell’Evangelio di San Luca, di sopra citato. — Ma di leggeri si comprende come tale brano non possa ricevere una interpretazione puramente letterale, poiché Cristo non ha potuto formulare che un precetto di carità ; le parole del Redentore, non possono al certo invocarsi in una discussione scien­ tifica e positiva. Oramai non occorre dimostrare che il prestito è un affare e non un atto di beneficenza.

II secondo argomento a cui ricorsero gli opposi­ tori del prestito ad usura è quello di Aristotile. Se­ condo il grande filosofo, il denaro è di sua natura sterile, per cui non è giusto che il debitore ne re­ stituisca più che non ne abbia ricevuto. Aristotile ha mostrato di ignorare che se la moneta non pro­ duce moneta, non è per ciò men vero, che essa è uno strumento efficacissimo a creare ed aumentare le utilità ed i valori, per cui è giusto che colui che si privò di un tale strumento a favore del debitore, sia da questo reso partecipe della nuova ricchezza creata.

Finalmente i teologi ed i legisti che hanno com­ battuto l’usura, hanno stabilito una gran differenza, fra la natura dell’interesse e quella del fitto di loca­

zione, distinguendo gli oggetti prestati in fungibili e non fungibili. Per oggetti fungibili intendevano le cose consumabili, come le derrate, e per analogia tutte le specie. Questi oggetti essendo consumati o cambiati dal mutuatario, egli è obbligato a renderne altri che essendo equivalenti, compensano perfetta­ mente il debito. Le cose non fungibili invece si deteriorano al suo servizio, e danno luogo ad una giusta indennità che costituisce appunto il prezzo di affitto.

Questa maniera di vedere era il risultato di una analisi imperfetta degli elementi del fìtto che, oltre il premio di ammortizzamento, contiene ancora il premio di assicurazione ed una indennità per la privazione che si impone chi loca. Ora questi ele­ menti di risarcimento non sono meno legittimamente percepiti da chi presta una cosa fungibile, poiché anch’egli corre un rischio e si impone una pri­ vazione.

Il pregiudizio contro l’usura ha diminuito contem­ poraneamente allo sviluppo dei progressi economici dell' Europa. Quando, dopo gli inceppamenti del medio-evo, l’industria ed il commercio sorsero ,a no­ vella vita, si sentì il bisogno di non negare ai ca­ pitali, la retribuzione loro spettante.

I promotori della Riforma si pronunziarono quasi tutti in favore della legittimità dell’ usura. Teologi come Meyer e Nuvasso nel secolo xvi, giureconsulti come Grazio e Puffendorf nel xvix, e finalmente economisti e filosofi come Turgot e Bentham nel secolo xviii, compierono una rivoluzione di idee eminentemente sociale, per cui è rimasto stabilito che non solo l’usura è legittima, ma che qualunque restrizione di essa costituisce una violazione della proprietà, nocevole a chi toglie ed a chi dà a prestito.

Malgrado questo progresso scientifico la chiesa cattolica condannò in generale il prestito ad interesse; pure la Corte di Roma lasciando irrisoluta la que­ stione ordinò ai confessori di non molestare coloro che prestassero denaro ad usura.

In questi ultimi tempi la legittimità dell’interesse fu ancora combattuta dai socialisti dei quali alcuni, comunisti propriamente detti, attaccarono ugualmente la rendita e la proprietà, altri imprudentemente ac­ cettarono la teoria del credito gratuito abbozzata dal sig. Proudhon, e vittoriosamente combattuta da Fe­ derico Bastiat.

Stabilita adunque la legittimità dell’usura, viste le leggi che la riguardarono, esaminate le ragioni dei teologi che la combatterono, è opportuno fare qualche considerazione sulla giustizia e sugli effetti delle restrizioni legali dell’usura.

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che esageratamente applicato non produca dannose conseguenze. Tale si è appunto dell’usura. Per quanto la sua legittimità razionalmente scaturisca dal diritto di disporre delle cose proprie, per quanto la sua li­ bertà derivi dalla proprietà del lavoro e del capi­ tale, e dalla libertà delle convenzioni, non è per ciò men vero che l’ immoderato esercizio di essa è fe­ condo di funesti effetti sociali.

Queste sono le considerazioni alle quali sempre si ispirarono quei legislatori che vollero restringere la libertà dell’usura.

Concediamo alle parti di fissare liberamente gli interessi, ed avremo gli usurai al iOO per 100 avre­ mo il triste spettacolo di individui rovinati dalla spietata ingordigia dei* prestatori ad usura, avremo insomma il monopolio del capitale. Ad evitare que­ sto male, altro mezzo non resta che restringere la libertà: ecco il funestissimo errore da cui partirono i suddetti legislatori.

Per quanto giusto sia stato il loro scopo, di evi­ tare un danno sociale, la erroneità dei mezzi da essi scelti, lo ha sempre reso inarrivabile. — Per gua­ rire un male è necessario rintracciarne la causa ed agire direttamente su questa; ogni altro rimedio è peggiore dello stesso male e lo fa diventare incura­ bile.

Soffocare la libertà degli interessi por evitare che essa degeneri in monopolio è lo stesso che ammet­ tere che dalla libertà nasca naturalmente l’oppres­ sione ! — Mostruoso errore che accusa di ingenuità 0 perversità tutto il genere umano ! Quale è l’ incon­ veniente che si vuole evitare? senza dubbio l’esor­ bitanza degli interessi. Ora l’usuraio non è la causa dell’inconveniente, ma solo il mezzo con cui questo si manifesta. Per sopprimere il male non è dunque opportuno togliere la libertà degli interessi, ma è necessario evitare quelle circostanze che ne costitui­ scono la vera causa efficiente, supplire cioè a quei diffetti di libertà per cui l’individuo che sente il bisogno di denaro, deve assolutamente ricorrere al- l’ usuraio. Laonde concedere la libertà delle banche sminuire la severità delle leggi che regolano la tra­ smissione della proprietà fondiaria ed altri simili sono 1 mezzi diretti ed efficacei ad ottenere lo scopo. Ogni altro sforzo del legislatore sarà frustraneo e finche egli vorrà direttamente agire sulla libertà degli in­ teressi non eviterà il male e terrà di mezzo gran parte di bene.

Imperocché quando per la esagerazione di un principio giusto si manifesta un male sociale, la legge che per evitare questo male intacca la integrità del principio stesso, viene ad ottenere un effetto op­ posto alle sue mire, ad impedire cioè i benefici ef­ fetti che da esso principio ridondano alla società.

Se perchè un usuraio abusa del bisogno di un figlio di famiglia, si toglie la libertà degli interessi,,

si priva la società dei benefici effetti di essa; l’usu­ raio troverà sempre modo di deludere la legge, e mentre le persone che le leggi restrittive tendono a proteggere, rimarranno sempre indifese, il credito non potrà più produrre quei benefizi per cui tanto fio­ riscono il commercio e l’industria.

E questi mali invariabilmente si verificano sempre che il legislatore fa inconsideratamente violenza alla natura delle cose.

Le precipue ragioni adotte da coloro che vollero le leggi restrittive dell’ usura sono : proteggere T in­ digenza contro l’estorsione, mettere la dabbenaggine al coperto dalla frode; ragioni al certo molto serie ma insufficienti a giustificare le leggi limitative del- l’ interesse, perchè queste sono sempre inefficaci.

Primieramente non vi ha alcuna misura dell’inte­ resse, che possa applicarsi a tutte le situazioni in cui un uomo può trovarsi.

Infatti allo stesso modo che il 5 per 100 è un tasso sopportabile da una persona che può ritrarre dal denaro tolto a prestito l’8 per 100, è moderato l’interesse del 3 per colui che non potrà ritrarne che il 7. E per la stessa ragione quando il prestito ha per ¡scopo di evitare un danno, conviene ugualmente mutuare al 5 se il danno temuto può essere del 10, come mutuare al 4 se il danno può essere dell’8 o del 9.

È dunque evidente che sarà sempre utile il mu­ tuare per quanto possa essere elevato l’interesse, purché col prestito si riesca ad evitare un danno temuto. Ora supponiamo che un individuo si trovi nella necessità di torre a prestito, con un vantaggio anche insignificante; la sua posizione è pero tanto compromessa che nessuno consente a prestargli del denaro, nemmeno all’interesse più alto permesso dalla legge; quindi egli non potrebbe trovare del danaro che ad un tasso maggiore di quello legal­ mente fissato, — ma la legge interviene per dirgli: non mutuate ad un interesse così alto poiché subi­ rete una grave lesione.

Chi dunque soccorrerà questo infelice?

Chi lo trarrà dalla posizione imbarazzante in cui si trova?

Evidentemente la legge non ha ottenuto il suo scopo.

A riguardo dell’altra ragione per cui si vorrebbero le leggi restrittive dell’usura, quella cioè di mettere la dabbenaggine al coperto dalla frode, basta osser­ vare che un individuo per poco avveduto egli sia è sempre in miglior condizione del legislatore per giu­ dicare dei propri affari.

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3 settembre 1876 L’ E C O N O M IS T A

297 potrebbe efficacemente intervenire, e che sono molto

pericolose per le persone semplici e poco avvedute. Ma il non rispondere allo scopo, non è il solo difetto delle leggi limitative dell’usura, esse produ- cono anche degli effetti funesti.

Il primo di questi effetti si è di mettere un gran numero di individui nella impossibilità di procac­ ciarsi quel denaro, che i loro imbarazzi rendon tal­ volta indispensabile. Di leggieri si scorge il male che produrrebbe una misura che togliesse a tutti la libertà di torre a prestito, anche a quelli che per la natura delle garanzie che offrono possono otte­ nere dai creditori favorevoli condizioni. Ebbene pro­ duce lo stesso danno il rifiutare la libertà del pre­ stito a quegli individui le cui garanzie sarebbero sufficienti, ove essi potessero aggiungere qualcosa all interesse ordinario, ma che cessano d’esserlo dal momento che questo permesso è loro negato.

E veramente non può comprendersi perchè, la disgrazia in cui può incorrere un uomo, di non poter presentare quel grado di sicurezza, arbitraria­ mente richiesto dalla legge, debba essere una ra­ gione per sottometterlo ad una pena non inflitta a colui che va esente da quella disgrazia. La sola dif­ ferenza che corre fra questi due individui è, che trovandosi nella necessita di fare un prestito il primo si troverà più imbarazzato del secondo, che se ciò non fosse non consentirebbe a fare maggiori sagrifizi per trarsi d’impiccio. Ecco dunque come le leggi che tentano di proteggerlo accrescono la sua miseria.

Un altra dannosa conseguenza di queste leggi si è di mettere un gran numero di individui non affatto sprovvisti di risorse, nella condizione di doversi pro­ curare del denaro a condizioni più gravose ; coloro cioè che non trovando chi loro faccia un prestito, hanno fra le mani dei valori che possono vendere.

La legge che per un motivo di umanità toglie ad un individuo la facoltà di contrarre un debito, a condizioni da lei credute svantaggiose, non gli proi­ bisce di vendere i suoi effetti per quanto sfavorevoli possano essere le condizioni di una tal vendita; ora e incontrastabile che la vendita forzata apporta un danno molto superiore a quello di un interesse esor­ bitante.

Oltre ciò codeste leggi riescono sempre inefficaci come quelle che sono in contradizione coll’ ordine naturale delle

cose-Di Otto la esperienza ha dimostrato che l’usuraio ba sempre trovato modo di deludere la legge, ma­ scherando il contratto di usura, mettendosi artifizio- samente al riparo di molti contratti riconosciuti dalla legge.

Primo fra questi è il censo o costituzione di ren­ dita redimibile da ambe le parti, vengono poi la

Mohatra l’Accomenda ed il Cambio Marittimo.

Ma se la legge civile non può efficacemente in­

tervenire a limitare l’ usura, potrà la legge penale colpirla colla sua sanzione? Si trovano in questo fatto gli elementi del delitto, e la possibilità dell’im­ putazione ?

Perchè un potere sia legittimo è mestieri che riunisca le condizioni indispensabili all’esercizio ra­ zionale del suo uffizio.

Quali sono le condizioni indispensabili all’esercizio della giustizia penale? L’autorità, i mezzi, i! bisogno. La giustizia penale ha i suoi limiti nel manteni­ mento dell’ordine sociale.

Viene commesso un delitto ; questo dev’ essere punito perchè è la violazione di un dovere e perchè turba 1 ordine sociale. La giustjzia penale deve agire se ha i mezzi di farlo, e se la sua azione può tornar utile al mantenimento dell’ordine, in altri termini se ne riconosce il bisogno.

Laonde puossi stabilire che la giustizia sociale si arresta là dove mancano il bisogno ed i mezzi: punendo dunque l’omicidio agisce di suo pien diritto, punendo l’usura agisce arbitrariamente.

L’usura esorbitante è essa un delitto ? Che sia un fatto illecito in faccia alla morale nessuno v’ha che lo neghi, ma questa non può essere la ragione della sua punibilità. Anche ammessa l’ immoralità del- 1 usura, è mestieri vedere se la sua punizione sia utile alla società per la conservazione dell’ordine.

È necessario osservare che il fissare il limite del- 1’ interesse, è cosa estremamente difficile, per la estrema mutabilità delle condizioni di un popolo, o quando anche ciò fosse facile, il punire i contrav­ ventori è ingiusto, impolitico, inefficace.

Ingiusto perchè collo scopo di guarentire certi individui da conseguenza cui si sono volontariamente sottoposti, si restringe la libertà del commercio. Inoltre questo pregiudizio del mutuatario, non è provato, perchè è possibile che egli ritragga l’utile del 30 per 100 dal danaro preso al 10.

È contrario poi alla morale ed al diritto autoriz­ zare in tal modo la ingratitudine del debitore, che dopo essere stato soccorso potrà colla minaccia di una denunzia sottrarsi al pagamento degli interessi convenuti.

E ingiusto perchè i contraenti possono collegarsi contro la legge in modo che il mutuatario non sporga querela. D’ altra parte se la pena è leggera non produrrà alcun effetto: se essa è grave, non è conforme alla giustizia naturale, punire gravemente un reato così dubbio, e che potrebbe tutto al più entrare nei reati di polizia.

È inefficace perchè il divieto penale promuove le conseguenze pregiudizievoli dell’usura.

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conven-zioni ed invitando il debitore ad eludere l e contratte obbligazioni.

Bisogna in ultimo osservare che non in tutte le circostanze l’usura è immorale e che essa non potrà assolutamente impedirsi finché gli uomini avranno dei bisogni da soddisfare ad onta di qualunque di­ vieto penale.

Adunque non è la pena che potrà ovviare alla usura, ma altri provvedimenti amministrativi e legi­ slativi, come casse di risparmio e di prestito, buone leggi ipotecarie e di credito fondiario.

Ed a conforto di questa idea sta la nostra legi­ slazione, la quale lascia alla volontà delle parti di fissare gli interessi, richiedendo solo che questi ri­ sultino da una scrittura.

La legge nostra ha fatto quanto era conforme allo spirito dei tempi ed al progresso della scienza aste- nenendosi da ogni restrizione e permettendo la isti­ tuzione di stabilimenti di credito, cui possono rivol­ gersi quelle persone che hanno bisogno di danaro. La moderna legislazione ha fatto il suo dovere non reprimendo quanto era inutile reprimere ed offrendo ad ogni classe di persone la opportunità di provve­ dere ai proprii dissesti finanziari senza ricorrere agli usurai. Se circostanze particolari rendono tal­ volta illusori questi provvedimenti, a chi la colpa ? Alla ignoranza ed ai costumi.

P R E L A Z IO N E

del Sig. T. Berton Presidente dell’ uffizio delle miniere degli Stati del Pacifico al signor Ruau Direttore dell’amministrazione della Zecca di Parigi, sulla situazione finanziaria degli Stati Uniti.

Questione m o n etaria. — Situazione fin an ziaria degli S tati U n iti.

1 lodevoli sforzi del Governo americano per pre­ pararsi all’esecuzione dell’atto del Congresso del d i gennaio 1875 che stabilisce la ripresa dei pagamenti in metallo al d° giugno 1879, finora non hanno di­ mostrato che l’estrema difficoltà se non l’impossibilità di eseguire alla lettera in un termine cosi vicino, questa misura legislativa, la cui abrogazione, od al­ meno la modificazione è vivamente domandata dalla quasi unanimità degli Stati dell’Unione. Si recherebbe tuttavia ingiuria al Congresso americano quando si supponesse che questa legge del 1875, non gli è stata ispirata che da considerazioni politiche allo scopo di farne una manovra elettorale a vantaggio del partito repubblicano.

Essa gli è stata dettata invece, bisogna crederlo,

da un sentimento di lealtà e di amor proprio na­ zionale proveniente dalla sua ferma determinazione di fissare ad una data il più possibile vicina, il rim­ borso dell’enorme quantità di carta-moneta, emessa in differenti epoche della guerra civile. Ognuno si ricorda, con quale confidenza le popolazioni leali degli Stati del Nord, accettarono allora tutte le emis­ sioni di carta moneta. È questo un atto che fa il più grande onore al patriottismo di questi stati e che loro valse il trionfo delle loro armi durante la loro disperata lotta cogli Stati del Sud, l’abolizione della schiavitù ed il consolidamento delle istituzioni repubblicane, in tutta l’estensione del continente americano.

Debito pubblico degli Stati Uniti.

Il Capitale del Debito pubblico degli Stati Uniti che al 1“ luglio 1860, cioè 10 mesi circa avanti il principio della guerra civile, non si elevava che alla cifra rotonda di dollari 64,842,000 si è accresciuta dopo quest’epoca, nelle proporzioni enormi che si troveranno più sotto, per cagione delle spese straor­ dinarie occasionate da questa guerra.

Capitale del Debito pubblico

al 1° luglio 1875 . . . Doli. 2,232,284,531 95 Interessi dovuti non pagati

ad interessi scaduti a que­

sta d a ta ... » 38,647,556 19 Totale del Debito. . . . Doli. 2,270,932,088 14 A dedurre somme giacenti

in cassa...» 142,243,561 82 Totale netto del debito al

l" luglio 1875. . . . Doli. 2,128,688,726 32 Il dollaro vale franchi 5,10 il totale netto qui sopra rappresenta la somma rotonda di fr. 10,856,312,400.

Per avere un’idea dei sacrifici immensi che gli Stati del Nord hanno dovuto imporsi per condurre a buon fine la guerra gigantesca intrapresa nel 1861 contro gli Stati ribelli, e per seguire l’aumento del debito pubblico durante detta guerra, non che la sua riduzione progressiva dopo la conclusione della pace, basta gettare gli occhi sulla tavola seguente che dà in cifre rotonde il capitale di questo debito dal 1860 al 1875.

Capitale del Débito pubblico degli Stati Uniti al

1° luglio di ciascuno degli anni seguenti:

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3 settembre 1876 L ’ E C O N O M IS T A 299 » 4866 2,775,236,000 » 4867 2,678,426,000 » 4868 2,644,687,000 » 4869 2,588,452,000 » 4870 2,480,672,000 » 4874 2,353,214,000 » 4872 2,353,254,000 » 4873 2,234,482,000 )» 4874 2,254,690,000 )) 4875 2,232,284,000

Paragonando l’ammontare del capitale del debito pubblico del 1° luglio 1873 a quello del 1° luglio 1866, vale a dire all’ epoca del pagamento dei premi elevati dovuti ai volontari allo spirare della guerra, si troverà che il capitale del debito, grazie alla sag­ gia ed economica amministrazione delle finanze della repubblica, si è ridotta in nove anni di quasi 541 milioni di dollari.

L ammontare del debito pubblico al 1° gennaio 1876 non potrà essere esattamente conosciuto che dopo la pubblicazione che avrà luogo fra qualche mese dei rapporti ufficiali del ministro delle finanze a Washington.

Valutazione delle entrate e delie spese durante l’ esercizio

dal 1° luglio 1876 ai 1° luglio 1877.

Secondo i calcoli presentati da S. E. il sig. Bris- son ministro delle finanze, ecco quale sarà Io stato approssimativo delle entrate e delle spese del go­ verno degli Stati Uniti dal 1° luglio 1876 al 1° lu­ glio 1877:

Entrate ordinarie, circa . . Doli. 304,000,000 Spese ordinarie, compreso l’interesse

del debito pubblico e i buoni delle

strade di ferro del Pacifico . . » 269,265,000 Avanzo in più . Doli. 34,735,000 Questo avanzo di 34,735,000 dollari basterà per cuoprire la somma di 34,063,377 dollari affetta al fondo d’ ammortamento durante l’ esercizio dal 1876 al 1877. Sembra dunque probabile che le entrate del governo durante questo esercizio basteranno am­ piamente a tutte le sue spese, ai suoi impegni e al suo fondo di ammortamento.

Con una situazione finanziaria così sodisfacente e che va migliorando di giorno in giorno, non si può che desiderare ardentemente il successo del governo americano nei suoi sforzi per rimborsare il più pre­ sto possibile i portatori di carta-moneta circolanti egli Stati Uniti.

Quantità di numerario

Con questa massa enorme di carta-moneta che circola in tutti gli Stati dell’ Unione, eccetto quelli

della California e del Newada, dove i pagamenti non hanno mai cessato durante e dopo la guerra di farsi in specie, è difficile di conoscere esattamente la quan­ tità di numerario esistente agli Stati Uniti. Sono giunto tuttavia a procurarmi alcuni dati statistici che sono considerati qui come serii :

Il totale del numerario oro ed argento negli Stati Uniti si elevava il 30 giugno 1874 a Doli. 166,846,228

Aggiungasi la produzione delle mi­

niere durante l’esercizio 4874-75. » 72,000,000 Totale, Doli. 259,746,945 Più importazione di viglione durante

lo stesso esercizio 4874-75. . . » 20,900,747 Totale complessivo, Doli. 239,746,945 Da dedurre dal totale complessivo

l’ammontare delle esportazioni di nu­ merario, verghe e viglione durante lo

stesso periodo, ossia... » 92,432,442 Totale, numerario, verghe e v i - ---gl ione al 30 giugno 4875. . Doli. 467,644,803

In questa valutazione non si è rilevato il conto della quantità d’oro e d’argento consumata dal 30 giugno 4872 fino al 30 giugno 4875 per la fab­ brica di oggetti d’arte, bigiotteria, orologeria, ecc., e che si può valutare a 45 milioni di dollari. Ag- giungen o a questa somma quella di 40 milioni circa di dollari per cuoprire le esagerazioni possi­ bili nei sopraddetti calcoli, si avrà a dedurre presso a poco 25 milioni di dollari dalla somma di dollari 467,614,803.

Dunque il totale del numerario, verghe e viglione esistente agli Stati Uniti il 30 giugno 1875, si ele­ vava a circa 442 milioni di dollari, di cui 42 a 45 milioni in pezzi e verghe di argento e il resto in pezzi e verghe d’oro.

La ripresa dei pagamenti in specie.

L’opinione degli uomini più competenti è che l’atto del Congresso del 4875, malgrado le risorse sem­ pre crescenti dell’ Unione, non ha la minima proba­ bilità di potere essere messo in esecuzione in ciò che tocca il pagamento in oro delle cedole di carta­ moneta dette greenbacks, che, secondo i termini di questa legge, sono rimborsabili a vista à partire dal 4 gennaio 4879.

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sapersi che le parole * ripresa di pagamenti in specie » che si trovano in questa legge non possono signifi­ care altra cosa che ripresa di pagamenti in oro, at­ tesoché il dollaro in oro è, ai termini di un altro atto del Congresso del 12 febbraio 1876, la moneta legale degli Stati Uniti, e che il dollaro in argento è stato interdetto da quest’epoca da questo stesso atto del Congresso che non autorizza in argento che i pezzi di un mezzo dollaro e al disotto, con un corso forzato pei pagamenti limitati alla somma di 5 dollari al più. Ciò posto, entro nella questione della carla-moneta, il cui rimborso è la grande preoccupazione del go­ verno americano.

Gfreenbacks del governo e biglietti delle Banche nazionali.

Vi sono due categorie di carta-moneta avente corso forzato agli Stati-Uniti ; i greenbacks di un dollaro, 2 dollari, 5 dollari, 10 dollari, 20 dollari, 50 dol­ lari, 500 dollari e 1000 dollari emessi dal governo a differenti epoche della guerra civile, e i biglietti delle Banche nazionali della stessa denominazione, emessi da questi stabilimenti durante questa guerra ed anche dopo, coll’ autorizzazione e la garanzia di rimborso accordata dal governo. Esistono egualmente le piccole cedole di carta-moneta di differenti deno­ minazioni al disotto di un dollaro, che giungono alla somma di 45 milioni di dollari, di cui ho avuto già F occasione di parlare, e a cui si sostituiscono in questo momento dei pezzi d’ argento della stessa de­ nominazione.

L'emissione dei greenbacks e la creazione delle Banche nazionali, autorizzate a emettere dei biglietti della stessa denominazione di questi greenbacks e coni’ essi aventi corso forzato, sono le due grandi misure alle quali il governo federale dovette aver ricorso per procurarsi immediatamente, e secondo e a misura de’ suoi bisogni, i fondi necessari a prose­ guire la guerra cogli Stati del Sud.

La creazione delle Banche nazionali è stato l’ e­ spediente il più ingegnoso inventato dal sig. Chase, ministro delle finanze sotto l’ amministrazione del Presidente Lincoln, per facilitare la collocazione di buoni del Tesoro e procurarsi così una gran parte delle somme enormi che sono state divorate dalla gverra civile. Questi stabilimenti finanziari, mediante la compra di buoni del Tesoro per una somma di 100,000 dollari al minimum, pagabile in green-

bacUs, sono stati autorizzati dalla loro organizzazione,

mediante il deposito dei loro titoli come pegno nelle mani del Tesoro, a emettere dei biglietti di banca per una somma di 90 mila dollari aventi lo stesso corso e le stesse denominazioni dei greenbacks e godenti della garanzia del governo. Questo sistema ingegnoso che permetteva così alle Banche nazionali di toccare da un lato gl’ interessi dei loro buoni e di rimborsarsi

dall’altro, e quasi immediatamente per mezzo dell’emis­ sione della loro carta-moneta, il 90 per 0[0 delle somme versate da esse per l’acquisto di questi buoni, ebbe il più gran successo e permise al sig. Chase di ot­ tenere delle somme considerevoli per far fronte alle spese della guerra. B prestigio che dava a questi stabilimenti la loro qualificazione di Banche nazio­ nali, era tale che se ne formò in tutte le città degli Stati del Nord un numero considerevole, che fun­ zionano anche oggi coll’ aiuto della carta moneta che hanno emesso, la quale circola allo stesso titolo dei

greenbacks in tutta l’estensione della repubblica.

Il numero delle Banche nazionali in operazione al 1° novembre 1875 si eleva a 2,307. Il capitale di queste banche è di 504,829,769 dollari. I bi­ glietti. (carta-moneta) emessi da questi stabilimenti e in circolazione all’epoca suaccennata, si elevano alla somma enorme di 345,586,902 dollari, di cui il rimborso è garantito dal governo, nelle mani del quale si trovano depositati a titolo di pegno una quantità di buoni del Tesoro appartente a questi sta­ bilimenti di credito e avente un valore alla pari di 367,549,412 dollari in oro, o 425,840,553 in

greenbacks.

Considerando che questi titoli sono oggi al disopra della pari e rappresentano una somma anche più con­ siderevole e più che sufficiente per conseguenza per garantire il rimborso della carta-moneta emessa dalle Banche nazionali non ci si preoccupa quanto al pre­ sente di questo rimborso.

Insomma la quantità di carta-moneta che ha corso legale negli Stati Uniti ascendeva al 1° Novem­ bre 1875 alla quantità totale di 740,586,902 dollari repartiti come appresso:

Carta moneta del Governo.

Greenbacks di ogni somma Doli. 350,000,000 Pezzi al disotto di un dollaro » 45,000,000

Carta monetata delle Banche Nazionali.

Biglietti di Banche nazionali che hanno lo stesso corso e la stessa denomi­

nazione dei greenbacks . . » 345,000,000 Totale della carta moneta 740,586,000 L’Atto del Congresso del 1875, non avendo in vista che il rimborso dei greenbacks, è inutile per ora di occuparsi de’ mezzi che più tardi saranno proposti per rimborsare i biglietti delle Banche na­ zionali; io ritorno adunque ai greenbacks.

(13)

5 settembre 1876 L’ E C O N O M IS T A 301 Da questo momento adunque si tratta di prepa­

rarsi, in conformità dell’Atto del Congresso del 1875, al rimborso di circa 330 milioni di dollari in green-

backs a misura che si presentano cominciando dal

1° Gennaio 1879. Ciò posto viene domandato con ragione, quando, e come il Governo degli Stati Uniti spera di procacciarsi l’oro necessario per far fronte al pagamento di questi 350 milioni di dollari.

E chiaro che per quanto sieno importanti le sue eco­ nomie unite alle sue rendite e alla produzione delle sue miniere nel corso dei due anni ed alcuni mesi che lo separano dal primo Gennaio del 1879, questo Governo non potrà mai accumulare nelle sue casse tant’oro per effettuare il rimborso della sua carta moneta. Non vi è adunque che rivolgersi all’Europa per ottenere questa enorme quantità d’oro, sia me­ diante un nuovo imprestito, sia mediante la precipi­ tosa vendita di buoni del Tesoro.

Il senatore di Newada, il quale non vede altra soluzione possibile di questo problema difficile che nel ristabilire il doppio tipo dell’oro e dall’argento, ha cercato di dimostrare il pericolo a cui nuderebbe incontro il Governo Americano col rivolgersi all’Eu­ ropa per ottenere una simile somma, e di più l’im ­ possibilità di trovarla.

Infatti, la quantità del numerario in oro che esiste in Europa e nei paesi da essa dipendenti viene valu­ tata a circa due miliardi e 600 millioni di dollari; adunque rivolgersi a questi paesi stranieri per trarne 350 milioni di dollari in oro, è la stessa cosa che domandarle l’ottava, e quasi la settima parte di que­ sto numerario. Il Governo degli Stati Uniti può egli sperare, coll’offrire a prezzi ridotti i suoi buoni del Tesoro, di decidere i banchieri ed i capitalisti d’E u­ ropa a versargfi i 350 milioni di dollari in oro dei quali avrà ben presto bisogno?

A questo si risponde che la vendita dei buoni del Tesoro, anche al di sotto della pari, non potrebbe mai realizzare una tal somma senza trar seoo un deprezzamento considerevole de’ buoni di già in cir­ colazione in Europa, ed un disastroso panico fra i portatori di questi titoli dalle due parti dell’Atlantico. Si può inoltre supporre che appena che si comin­ ciasse, col mezzo di questa vendita precipitosa di buoni del Tesoro, a trarre dell’oro dalle casse della Gran Brettagna onde rivolgerlo a quelle di Washington, la Banca d’ Inghilterra non alzerebbe immediatamente il saggio dello sconto, in guisa da trattenerne l’espor­ tazione? L’indizio dato da questo grande stabilimento di credito non sarebbe ben presto seguito da un al­ zamento analogo del saggio dell’interesse per parte della Banca di Francia, e degli altri grandi stabili­ menti di Credito dell’Europa continentale? Succede­ rebbe allora che sforzando la vendita dei buoni del tesoro si sarebbe costretti di porli sul piede di un

interesse, che porterebbe il più grande scapito al credito degli Stati Uniti.

Ma si supponga per un istante che il ministro delle finanze autorizzato dal Congresso a offrire i buoni del Tesoro a un prezzo al disotto della pari, o a qualunque prezzo lasciato alla sua discrezione, giunga a ottenere col collocamento di questi buoni, 100 milioni di dollari in oro, prima dell’ epoca fis­ sata per la ripresa dei pagamenti in specie : in que­ sto caso stesso 1’ esportazione d’ Europa della quan­ tità di numerario in oro necessario per realizzare questa somma di 100 milioni di dollari in oro, ba­ sterebbe per produrre dall’ altra parte dell’ atlantico una crisi di cui 1’ effetto immediato sarebbe di di­ screditare i fondi americani su tutti i mercati finan­ ziari. Ne risulterebbe allora una profonda commo­ zione che cagionerebbe il più funesto contraccolpo in tutti gli Stati dell’ Unione. A che dunque tentare invano di procurarsi in Europa la quantità di nu­ merario in oro equivalente a 350 milioni di dollari in oro, quando l’argento è stato demonetizzato in parecchi paesi dell’ Europa, come lo è stato agli Stati Uniti fino dal 1873 ?

L’ impossibilità di rimborsare in oro questa somma di' 350 milioni rappresentata dai green bachs diverrà ancora più apparente, se si considera che il governo americano è obbligato a pagare in oro l’ interesse dei suoi buoni, di cui la maggior parte si trova nelle mani di banchieri e di capitalisti europei. Am­ mettendo anche che il ministro delle finanze potesse ottenere i 350 milioni di dollari in oro mediante la collocazione di buoni del Tesoro alla pari o al di­ sotto, sul piede di un interesse del 10 per 0[0, ne risulterebbe un interesse di 35 milioni in oro da aggiungere a quello del debito pubblico, che è di circa 100 milioni in oro. È bene osservare di pas­ saggio che questa somma di 135 milioni di dollari in oro sorpassa l’ ammontare della produzione an­ nuale delle miniere d’ oro nel mondo intero. E vero che l’ interesse da pagare ai portatori di buoni re­ sidenti agli Stati Uniti, resterebbe in questo paese e che potrebbe essere ricomprato mano a mano dal governo, come ciò si pratica, per esser pagato di nuovo a questa classe di portatori ; ma non potrebbe esser cosi per l’ interesse pagabile ai portatori stra­ nieri. È dunque manifesto che tutti gli sforzi fatti allo scopo di rimborsare in oro i green bachs nei termini e nello spazio fissati dall’ atto del Congresso del 1875, non possono metter capo che ad uno scacco de’ più disastrosi, in Europa come agli Stati Uniti,

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