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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.25 (1898) n.1239, 30 gennaio

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I.' ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A TI

Anno XXV - Voi. XXIX

Dom enica 30 Gennaio 1898

N. 1239

I DUE METODI DI FINANZA

Da una parte con vigoria decisa e risoluta, dal­ l’ altra con timidi accenni, ci sembra che vadano designandosi alla Camera due metodi per condurre la finanza italiana. L ’on. Luzzatti, con molte esitanze e con infinite cautele presentava nella sua espo­ sizione finanziaria la possibilità più o meno remota di una finanza tendente ad una riforma tributaria; gli onorevoli Sonnino e Saracco, il primo con due vigorosi discorsi alla Camera, l’altro con un vivace articolo nella Nuova Antologia del 15 corrente combattono la modesta tendenza dell’on. Luzzatti ed apertamente riaffermano la politica finanziaria che il Ministero Crispi-Sonnino-Saracco ha seguito nel triennio 1892-1895.

Se questo principio di lotta dovesse segnare la designazione di due metodi di finanza e su essi de­ lincarsi a poco a poco i partiti, noi saremo lieti dell’ avvenimento, che finalmente darebbe materia meno nebulosa alla nostra politica interna ; ma se da una parte non manca la energia ed il vigore nel muovere all’assalto contro le più lontane appa­ renze di un nuovo indirizzo, dall’ altra temiamo manchi la saldezza delle convinzioni e la solidità della difesa per spiegare con franchezza e con coe­ renza la bandiera delle riforme.

Siamo dolenti di dover dire che nell’ on. Luz­ zatti non possiamo ancora salutare l’ uomo che in­ carni e personifichi un metodo opposto a quello che è rappresentato dagli onorevoli Sonnino e Saracco; temiamo molto che una gran parte dei concetti che sono più o meno in germe indicati nella esposizione finanziaria, a quest’ ora, di fronte ad una possibile op­ posizione, siano gettati a mare; deploriamo che l’ ono­ revole Luzzatti non abbia la vigoria necessaria per difendere ad oltranza i suoi buoni intendimenti e per costituire un programma che prima o poi debba trionfare ; ma ciò non ostante, tra il pericolo delle incertezze e degli scoramenti a cui I’ attuale M in i­ stro del Tesoro può andar soggetto e gli intendi­ menti che sono esposti e sostenuti dagli onorevoli Sonnino e Saracco, non esitiamo ancora a far voti che il pericolo di un Ministero Saracco-Sonnino sia per lungo tempo evitalo all’ Italia.

Sebbene l’ intesa non appaia, è evidente però che l’ articolo dell’ on. Saracco nella Nuova Antologia, ed il discorso che l’altro giorno l’ on. Sonnino pro­ nunciò alla Camera, sono due fatti che si comple­ tano a vicenda.

Nel primo vi è una cura minuziosa di far presenti i bisogni prossimi e remoti del bilancio dello Stato,

e quindi la impossibilità di qualunque tentativo verso una perequazione od nna riforma tributaria, nell’ al­ tro vi è l’ intendimento di affermare che la ragione di Stato deve in ogni e qualunque caso prevalere, e che il convincimento dell’ on. Sonnino che ai bi­ sogni del bilancio si debba comunque provvedere con nuove tasse o con inasprimento delle esistenti, non è in lui minimamente affievolito.

Ora a noi pare che non si possa esitare nella scelta tra uno o l’altro dei due metodi ; perchè il secondo, quello degli onorevoli Saracco e Sonnino, sembra faccia completa astrazione delle condizioni in cui si trova il contribuente italiano.

L ’ on. Saracco prendo argomento dulia proposta dell’ on. Luzzatti di istituire un fondo di gravio per dire: — ma che fondo di sgravio? Y i mancheranno al bilancio 8,232,400 lire di entrata nel 1899, perchè avrete esaurito il capitale ricavato dalla alienazione di rendita; —■ vi mancheranno due m ilioni per gli ef­ fetti dei nuovi estimi ; — v i mancheranno altri tre milioni per gli aumenti delle pensioni ; — l’ econo­ mia sui lavori pubblici non può essere di 18 milioni, ma di soli cinque; — avete la spesa di 300,000 e fra poco forse 600,000 lire per sussidio a linee fer­ roviarie in costruzione ; — avete la promessa di com­ piere le linee ferroviarie della legge 1879 ; — avete da mettere in buon assetto le linee deller grandi reti, ec., ec.

E non fa nemmeno la addizione, perchè la cifra di ciò che mancherà alle entrate e di ciò che ag­ giungerà alle spese lo sgomenta.

Ed è chiaro che se 1’ on. Saracco avesse voluto prolungare il suo scritto avrebbe potuto d irc i: e non vedete che le proprietà demaniali soffrono delle mal consigliate economie ? e non sentite i bisogni della marina per il mantenimento del naviglio ? — e l’esercito non domanda maggiori spese per il rin ­ caro del grano? — ed i servizi del Ministero di agricoltura, industria e commercio possono conti­ nuare senza una congrua dotazione? — e il censi­ mento? ec., ec.

Alla minuta analisi dell'on. Saracco, l’ on. Sonnino aggiunge una vigorosa sintesi e chiama addirittura

finanza rivoluzionaria la timida e cautelosa propo­

sta del Ministero del Tesoro di venire in soccorso del piccolo contribuente, che soccombe giorno per giorno alla gravezza della imposta.

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con-tribuente italiano abbia già dato più di quello che ragionevolmente poteva dare e riteniamo che il suo

ìmperium, imperituri plebi s, debba prevalere a quello

dello Stato. Avremmo desiderato un Ministro del Te­ soro e delle Finanze dalla lunga vista, che senza preoccuparsi più del bisogno, di un avanzo o di un disavanzo di qualche milione in un bilancio che oltrepassa il miliardo e mezzo, tentasse di scuotere, di muovere almeno la economia nazionale mediante una razionale riforma dei tributi, che per essere gravissimi specie sulle piccole fortune e sui piccoli redditi, è di notorio impedimento ad ogni svolgersi della economia nazionale. Questo desideratum nostro è ben lungi dall’ essere suggerito dalle proposte del— l’ on. Luzzatti, tuttavia su questa morta gora della nostra vita politica, l’ esposizione finanziaria del d e - cembre ultimo, rappresentava un sottile raggio di speranza verso una nuova tendenza, e pur non accontentandocene, non esitavamo ad incoraggiare il Ministro ad essere tenace nei suoi tim idi propositi se non più audace nelle sue proposte.

Gli on. Saracco e Sonnino si sentono feriti nella concezione stessa che essi hanno dello Stato e dei suoi doveri e d iritti, ed insorgono ad assalire il Mi­ nistro del Tesoro, non soltanto per intim idire lu i, il che non sarà diffìcile, ma probabilmente per am­ monire coloro che avessero intendimento di propu­ gnare più vaste idee di riforme, che incontrerebbero avversari formidabili lungo la via.

I due metodi di finanza potrebbero veramente fin d’ ora trovarsi di fronte se fo n . Luzzatti avesse la forza e il coraggio di prendere la posizione che l’ ora presente domanda. Data la situazione attuale | è possibile provvedere ai bisogni del bilancio senza tener conto della condizione del contribuente?

A sentire gli on. Saracco e Sonnino sembra che non discutano sul bilancio se non contabilmente e che invece di denaro parlino di marche da giuoco, poiché nessuno dei due ha una parola per il con­ tribuente, che è il terzo, il padrone, a cui pur qualche volta almeno dovrebbe esser rivolto il pen­ siero; questo contribuente, che è schiacciato da un triplo malanno: la altezza dei balzelli, la loro cat- j tiva distribuzione, ed il sentirsi continuamente rin - j faceiare del cattivo uso che è stato fatto del suo j denaro.

A noi pare veramente che basti e che sia tempo di

j

mettere la testa a posto. Il contribuente italiano ormai paga quanto e più che non lo permettano ì suoi mezzi; è fi più maltrattato di tutti i contribuenti degli stati civ ili ed incivili. Questo è il punto di partenza di un saggio Ministro del Tesoro, questo ò il concetto che bisogna opporre al concetto dell’ on Sonnino che crede invece che il contribuente debba e possa pagare tanto quanto occorra allo Stato.

Le entrate arrivano a 1622 m ilio n i; sono già 200 milioni più che dieci anni or sono ; lo Stato faccia in modo che i 1622 milioni bastino a qua­ lunque costo; — giacche gli uomini di finanza ac­ cusano i loro predecessori di averli male spesi, cerchino di far meglio; — si affatichino a distri- buire meglio le gravezze; — studino il modo di evitare le notorie e colpevoli esenzioni;— considerino che il sistema tributario attuale rappresenta una

J

progressione inversa per la quale quelli che meno hanno, proporzialmente sono più gravati; — vedano se vi è modo di sollevare il paese dalla tirannia ec­ cessiva del fisco; — impieghino, se vi sarà, il mag­

gior gettito delle gravezze pubbliche, a liberare dalle esorbitanti imposte i più piccoli contribuenti.

Queste vorremmo che fossero le questioni nelle quali si battono i partiti rispetto alla finanza; ma sino a che con un bilancio di 1622 milioni si chia­ merà rivoluzionaria la semplice speranza di poter sgravare chi paga una lira o due d’ imposta fon­ diaria, sino a che la questione del pareggio la si farà consistere nell’ avere o non avere un bilancio che apparentemente accusi le entrate eguali alle spese, mentre si sa quali e quanti sono i bisogni dei servigi ; sino a che nelle condizioni attuali della economia del paese si crede di poter chiedere an­ cora nuovi sacrifizi al contribuente, vi è da dispe­ rare della cosa pubblica, o vi è per lo meno da temere che i partiti extra-legali si trovino a un tratto in grande maggioranza, perchè il cittadino italiano si rifiuterà di credere suo solo compito essere quello di pagare dei tributi.

IL DAZIO SOL GRANO A 5 LIRE

Il Governo ha finito per prendere un provvedi- mento rispetto al dazio sul grano, che avrebbe do­ vuto essere in vigore già da un pezzo. A partire dal 25 corrente a tutto il 50 aprile p. v. il dazio secondo la proposta del governo da 75 lire la ton­ nellata viene portato a 50 lire. A questa lieve r i ­ duzione è stato forzato dai disordini e dalle agita­ zioni che già si erano avute e da quelle che si andavano preparando. Di più l’ esempio dato dal Co­ mune di Firenze coll’abolire i dazi di consumo sulle farine e sul pane aveva messo il Governo nella impossibilità di restare inerte. Ma l’ on. Branca ha voluto che la riduzione fosse la minore possibile e riescisse così di danno minimo per gli agrari e non potesse costituire alcun valido argomento per gli avversari del dazio sul grano nella lotta che im­ mancabilmente si svolgerà per impedire che il dazio sia nuovamente portato a 7,50 il quintale. La misura o-overnativa è adunque insufficiente, tardiva e fatta più per illudere il buon pubblico che per recargli effettivamente un beneficio.

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30 gennaio 1898 L’ E C O N O M I S T A 67 non pare che ciò sarebbe opportuno. Il commercio

del grano ha nn mercato mondiale, e i suoi grandi

entrepôts sono situali all’ estero, dove la specula­

zione esercita il suo prepotente imperio ; il ribasso di 2 lire o 2. NO del dazio italiano, nelle condizioni presenti del mercato, non potrebbe avere u n 'in c i­ denza intiera sul prezzo del grano, una parte della riduzione profitterebbe alla speculazione bancaria. La situazione non verrebbe modificata; il ribasso del prezzo del grano sarebbe così limitato da non spingere i fornai a ribassare il prezzo del pane. Molto gravi sarebbero invece gli effetti poi fisco che perderebbe alcuni milioni senza alcun profitto per gl’ interessi del pubblico; ora, privare il bilancio di una somma cospicua per dar modo alla specu­ lazione internazionale di arrotondare i suoi profitti, non può parere opportuno se non a chi non abbia un concetto chiaro delle cause del fenomeno che tanto preoccupa il pubblico. »

Così si scriveva ai primi di settembre, e mentre dis­ sentiamo dallo scrittore del brano surriferito riguardo alla utilità e alla necessità del ribasso del dazio sul grano, specie a quell’ epoca, dobbiamo riconoscere che il giudizio che il confratello romano dava allora sul possibile ribasso dì due lire e mezza è in gran parte esatto.

Che occorresse ridurre il dazio sul grano almeno a 3 lire noi sostenemmo fin dal 29 agosto 1897 e nel numero precedente invocavamo appunto una rid u ­ zione che riconducesse i prezzi del grano a cifre più miti. È inutile ora ripetere le ragioni di giustizia e convenienza che imponevano di abbassare il dazio. Se in momenti di grande abbondanza di raccolto e di bassi prezzi poterono esser tollerati i dazi sul grano e le farine, nonostante la gravissima offesa re­ cata alla giustizia tributaria e il danno cagionato al- 1’ alimentazione, è certo che il mantenere a 7 lire e mezzo in oro il dazio quando il prezzo del frumento è a 33 lire circa equivale a volere a tutti i costi che le popolazioni si agitino e cedano alle sugge­ stioni dei partiti detti radicali e sovversivi, ma che, sia detto per omaggio al vero, talvolta hanno il me­ rito di voler raddrizzare un indirizzo politico assai sciagurato e di voler riparare agli errori commessi dalle classi dirigenti. Ma la riduzione del dazio a 5 lire e per un breve periodo di tre mesi è un provve­ dimento che presta il fianco a molte critiche. Sulla misura della diminuzione si è veduto cosa ne pen­ sava quasi 4 mesi or sono un periodico di econo­ mia romano ; e in verità data la sensibile deficenza di raccolta che abbiamo avuto, tanto che indubbia­ mente dal 1884 a oggi non si è mai avuto un rac- | colto così scarso (e forse neanche negli anni anteriori al 1884), il dazio era un’ offesa gravissima alle stret­ tezze, alla miseria di tanta gente, per la quale il v i­ vere di pane non è una frase, ma una verità vera. E in un paese dove il consumo medio di grano è ancora dei più bassi non si può tassare il pane senza commettere una di quelle azioni che non sono pu­ nite dal Codice penale, ma riprovate dalla coscienza umana.

Eppure vi sono dei deputati, od almeno degli s c rii- i tori di gazzette, che trovano più o meno apertamente da ridire sulla riduzione del dazio, anche mantenuta negli stretti lim iti adottati dal governo ; e chi vuol ! persuadersene legga ad esempio ciò che ne scrisse uno ; dei pontefici e maestri di opportunismo politico, il K. del Corriere della sera.

Quanto al metodo seguito dal governo non pos­ siamo approvarlo per gl’ inconvenienti che fa sorgere. A questo proposito crediamo utile far conoscere ciò che scrivevano giorni sono alla Gazzetta del Popolo di Torino.

» I l governo doveva ribassare il dazio senza già

delimitare sin d’ora la durata del provvedimento.

I mugnai che in generale tengono almeno per due mesi grani pagati a pieno dazio, se esteri, ed ai corsi elevati se indigeni, procureranno continuare a so­ stenere il prezzo delle farine o certo nessuno potrà trovare a ridire se così debbono fare a tutela dei propri interessi. Non riescendovi, limiteranno la pro­ duzione per portare avanti i loro stocks oltre il pre­ visto, giacché dopo l’aprile si dovrebbe tornare all’an­ tico dazio. E colla minore produzione sul mercato i prezzi non ribassano certo. 1 panatlieri, che, dal più al meno, hanno contratti di farine in corso, ad esaurirsi per vari mesi ed a prezzi elevati, lotteranno col mugnaio per un ribasso proporzionato al ribasso del dazio, ma per le ragioni anzidette, sono troppe le difficoltà che vi si frappongono. I detentori di grano, o che siano forniti di capitali proprii, o che deb­ bono ricorrere alle banche per anticipi su merce, poco impazienti di vendere lo faranno se le oscil­ lazioni del mercato concederanno loro di ricavare lo sperato profitto, o rimanderanno a dopo aprile le ven­ dite, cioè quando cesserà di essere in vigore il r i ­ basso del dazio. Dall’aprile, quattro mesi ancora re­ stano prima di potere utilizzare il nuovo raccolto, e, fra coloro che comprerebbero per consegna in questi mesi già in condizioni normali, regna incer­ tezza, incerte essendo le previsioni sui seminati. Adesso si aggiungerà una nuova causa di perples­ sità e cioè il dubbio, se il dazio sarà confermato a franchi S, se sarà ripristinato a franchi 7.30, o se si prenderanno disposizioni di altra natura.

Taluno dirà che presumibilmente sarà prorogata oltre il 30 aprile l’ attuale disposizione, ma, nell’in­ certezza, tutte le suaccennate categorie di commer­ cianti e di industriali aspetteranno allora a perdere, se dovranno perdere del danaro proprio. Invece, senza delimitazione preventiva di durata, il Governo avrebbe cagionato il marasmo nei detentori di grano, e per conseguenza nei mugnai e panattieri, i quali, per paura di peggio, compierebbero ora il sacrificio di gettare sul mercato le loro partire i primi, di r i­ durre il prezzo dei loro prodotti i secondi.

Inoltre, a dimostrare che il governo non ponderò bene la cosa, vi è un fatto di grave natura. Da quindici giorni si discute sull’ opportunità di misure da prendersi per far ribassare il prezzo del grano. Ebbene, in questi ultim i quindici giorni appunto, il Governo favorì l'aumento, comperando nel Regno parecchie diecine di migliaia di quintali di grano nazionale ai prezzi massimi.

Dalle esposte considerazioni emerge l ’errore com­ messo, mentre non si raggiunse lo scopo desiderato della protezione dell’ agricoltura, o del ribasso, a vantaggio delle classi diseredate, di un genere di primissima necessità.

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piando in gennaio e si sviluppano poi da febbraio ad aprile, ora chiusa dai geli, dei porti dell’ Azow, di Nikolajeff e del Danubio.

Ma l’ importazione dei grani di queste ultime provenienze e col dazio reintegrato di 7,50, sarà, a parer mio, in proporzioni maggiori dei grani del sud d’ America, meno famiglial i al nostro consumo.

Oltre a ciò, mentre da una parte potrà forse aumentare l ’ importazione estera da oggi al 50 Aprile, per fruire dell’ accordata riduzione, il vantaggio ne sarà quasi completamente paralizzato, perchè esi­ steranno certo all’ estero commercianti svelti che venderanno per maggio in avanti a minor prezzo, che per Febbraio ed Aprile (durata del ribasso di dazio.)

In pari tempo colla maggior domanda aumente­ ranno i prezzi all’ origine, rendendo così apparente la riduzione di 2,50 sul dazio. »

Il provvedimento del Governo risulta adunque mal concepito, poco studiato e poco o punto efficace. Pel t ;more di lasciar credere che il dazio portato a 5 lire non dovesse essere poi ripristinato a 7,50, il ministero ha voluto fissare il giorno in cui la rid u ­ zione cesserà, ma operando così ha diminuito l ’ im ­ portanza del provvedimento medesimo.

Esso poi ha dimenticato completamente il dazio sulle farine, mentre essendo protettivo ancor più del dazio sul grano, andava maggiormente ridotto anche per suscitare la concorrenza ai mugnai nazio­ nali, troppo facili a trar partito dalla deficienza del rac­ colto e dalla posizione speciale in cui si trova la loro industria per aumentare più che proporzionalmente il prezzo delle farine. LaCommissione della Camera si è occupata di questo punto della questione ; ora è da augurare che la Camera faccia il resto togliendo il lim ite del tempo e riducendo maggiormente il dazio; diversamente il beneficio sarà inadeguato al bisogno.

L’ imposta diretta nei servizi palici

È da qualche tempo che si va discutendo sulla convenienza economica e finanziaria per le grandi città di avocare al Comune il monopolio di esercizio dei servizi principali — quali « le tramvie, la illu ­ minazione, l’ acqua potabile, la fognatura, il ma­ cello, ecc. » — e qualche Comune, difatti, si è già nel corrente anno fatto esercente industriale del ser­ vizio del gaz (municipio di Como) e del trasporto sulle tramvie a cavalli e ad elettricità (m unicipio di Milano).

E per vero - dal momento che i servizi pubblici i più salienti, quali i sopra indicati, per tutte le città italiane sono oggetto di contratti di monopolio stipulali dai municipi a benefizio esclusivo di società private, non saprei trovare, in tesi generale, ragione contraria a che il monopolio di quei servizi venga concentrato nelle mani dei Comuni. - Si otterrebbe con ciò il vantaggio notevole che i dividendi agli azionisti, in più dell’interesse normale sul capitale impiegato, andrebbero a sostituire nel bilancio co­ munale altrettanta imposta pi elevata dapprima sui cittadini, o da prelevarsi dappoi per effetto di mag­ giori spese stanziate.

In conseguenza di che amministrati ed ammini­ stratori - eletti ed elettori - avrebbero spinta ed eccitamento per vigilare sempre, e senza eccezioni, a che 1’ esercizio municipale di quel dato servizio pubblico si compia dando per risultato il massimo utile ottenuto colla minima spesa.

* * *

Non sono pochi i municipi dell’ Inghilterra, del­ l’ Olanda, del Belgio, della Germania e della Sviz­ zera che traggono buona parte delle risorse di bi­ lancio dall’ esercizio diretto dei trams, della illu ­ minazione, dell’ acqua potabile, ecc., - e perfino dal servizio di carico e scarico delle merci nei porti mercantili di mare, di fiume, di la g o ... Ed io pure vorrei che i nostri grandi municipi si mettessero per quella via se - a rendermi per ora dissenziente - non stesse la circostanza di fatto che le nostre città maggiori hanno il bilancio incardi­ nato per quattro quinti sulla imposta indiretta di dazio consumo chiuso, anziché sulla imposta diretta

integrale come i municipi delle nazioni estere sopra­

citate, o sulla imposta diretta prevalente come i no­ stri comuni minori a dazio consumo aperto.

La dogana comunale e la municipalizzazione dei servizi pubblici sono due istituzioni che non possono

coesistere assieme senza dare luogo ad inconvenienti di bilancio ancora più gravi di quel che oggi av­ viene per i comuni, che hanno la disgrazia di reg­ gersi sulle gruccie del dazio consumo chiuso. S Mi spiego: sappiamo lutti ehe in Italia si consacra

P inettitudine dei grandi Comuni, quali amministra­ tori industriali e patrimoniali, colle parole : « roba,

del Comune, roba di nessuno ». Il quale aforisma è

sconosciuto in Inghilterra, Svizzera, Belgio, Olanda e Germania, dove dell’ amministrazione municipale si ha concetto ben diverso:

E la ragione è chiara: nei municipi, dove non esiste dogana comunale di dazio- consumo, il red­ dito nettò delle aziende industriali e patrimoniali da

essi esercitate tiene luogo di altrettanta imposta di­ retta, la quale cresce o diminuisce secondochè è minore o maggiore l’utile delle aziende in ammini­ strazione del Municipio.

Ed è così che nei Comuni ad imposta diretta

integrale o prevalente il contribuente vigila, come

un 'azionista interessato al buon andamento della azienda comunale in ragione della caratura d’ im­ posta diretta che paga; essendoché gli abusi, le pro­ digalità, le negligenze nella gestione del pubblico servizio dei trams, della illuminazione, dell’ acqua potabile, della macellazione ecc. hanno il loro con­ traccolpo, misurato a lire e centesimi, nella agia­ tezza menomata del cittadino ; che per quel fatto di cattiva amministrazione viene a subire un imme­ diato ed evidente aggravio di tassa diretta propor­ zionato ai suoi averi in genere ed al suo reddito in

¡specie. . . .

E’ quindi nella convenienza di tutti ì cittadini, dal minimo commerciante, professionista od impiegato, al massimo industriale, banchiere o proprietario, che l’ amministrazione municipale anche per pubblici ser­ vizi eserciti direttamente ad economia vi proceda cauta, zelante, operosa ed oculata come in una azienda privata; onde ottenere cbe l’ eccedenza attiva fra il reddito lordo e la spesa sia la massima pos­ sibile e sempre superi la somma annuale di am­

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L’ E C O N O M I S T A 69 30 gennaio 1898

bilancio sui capitali presi a mutuo pel rilevamento o l’ impianto del pubblico servizio municipalizzato.

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* *

Succede il rovescio quando I’ esercizio diretto municipale di un servizio pubblico avviene nei co­ muni chiusi, dove di necessità il bilancio deve trarre le sue risorse principali dalla dogana di dazio consumo.

La dogana comunale grava sui cittadini come im ­ posta fissa di testatico e quasi uniforme per tutti : — che anzi, se vi è differenza, questa va tutta a beneficio del ricco in confronto del proletario inquan- tocliè, proporzionatamente all’ agiatezza individuale,

paga più di dazio consumo chi meno possiede.

Qualora pertanto, in causa di cattiva amministra­ zione delle aziende esercite dal municipio, si dovesse aumentare qualche tariffa di dazio consumo per fron­ teggiare il mancato introito industriale, il gravame dell’ agiato è - proporzionatamente al suo reddito - assai minore che non quello del meno abbiente.

Cosicché nel comune chiuso si può dire che il cittadino ricco, assai più che il povero, vede 'iie l- 1’ esercizio diretto dei servizi pubblici uno strumento facile, e per lui poco costoso, onde ottenere maggiori comodi ed utilità personali, anziché una fonte di maggiori risorse pel bilancio locale.

Utilità e comodi che, naturalmente, si ottengono colf aumentare oltre il bisognevole le spese ammi­ nistrative e tecniche d’ ogni specie - cioè, nel per­ sonale, nei macchinari, nella quantità degli uffici, nel materiale di trasporto, pei motori animali ed inanimati, nei mobili di arredamento, nel numero e velocità delle corse, nelle costruzioni e negli impianti stradali ecc. ecc.

E ciò senza contare che le classi dirigenti al po­ tere trovano - nel combinato congegno a base di dazio consumo e di servizi pubblici municipalizzati - una macchina elettorale comodissima, pagata spe­ cialmente col danaro delle classi dirette, e tanto più efficace e potente per quanto è grande la quantità del personale assunto per I’ esercizio dei servizi am - ministrati ad economia.

E’ per tali circostanze che mentre ne! comune

aperto il cittadino - di fronte al bilancio municipale

- è un azionista prudente e vigile, interessato ad ottenere 1’ utile massimo colla spesa minima, anche nelle aziende industriali formanti il collettivismo co­ munale, - nel comune chiuso per contro egli di­ venta un azionista interessato a rovescio, come pro­ gressiva a rovescio è la imposta daziaria che c o rri­ sponde alla comunità.

Difatti, più siamo agiati e più nel comune chiuso dornandimao spese di lusso, superflue e di poca u ti­ lità generale : e vediamo che lo stesso ricco signore, mentre è amministratore prodigo e megalomane nella città a dazio chiuso, dove passa l’ inverno, pagando il solo testatico di dazio consumo, diventa invece r i ­ gido censore delle pubbliche spese nel comunello

aperto dove passa I’ estate, ma dove egli è grosso

azionista per carature d’ imposta diretta dovute al bilancio municipale, alimentato per nove decimi dai

centesimi addizionali di terreni e fabbricati. 1)

) Anche l’amministrazione di provincia, perchè ha n bilancio fondato esclusivamente sulla imposta di­ retta^ è parsimoniosa e meglio prudente nello spen­ dere in confronto dei Comuni chiusi.

★ * *

Di tale andazzo delle cose municipali nei comuni

chiusi la colpa per altro non è degli uomini, ma

del sistema tributario.

I l pubblico amministratore é quale lo fa la spe­ cie del tributo, sul quale egli trae i mandati pel pagamento delle spese.

La parsimonia, la cautela e la semplicità stanno sempre di sentinella agli sportelli della cassa alimen­ tata dalla imposta diretta proporzionata agli averi

degli amministrati e degli amministratori,

Alla cassa, invece, alimentata dalla imposta indi­ retta di comune chiuso sta solitamente di guardia il noncurante, lo scialacquatore, il megalomane, l’ irn- prudeu te.

A farcene convinti non abbiamo che da gettare I’ occhio sui bilanci dei nostri comuni chiusi : - la ispezione delle colonne del dare e dell’ a»ere ci d i­ mostra pur troppo che tutta la scienza dei rispettivi municipi consiste e si sviluppa nel fare debiti.

Nè ciò deve portarci a meraviglia - perocché i debiti stanno al dazio consumo come 1’ ostrica allo scoglio - dove funziona il comune chiuso là si an­ nida e prolifica serenamente il libro del debito pub­ blico municipale. - A tutto I’ anno 1894 i debiti dei 598 comuni delle provincie di Milano, Napoli e Roma sommavano complessivamente a 394 milioni, dei quali 358 a carico delle sole tre città capoluogo di provincia : - e d’ allora la quantità dei debiti, già altissima, è continuata a crescere - tantoché Mi­ lano, ad esempio, è già arrivata in oggi a 123 milioni di debito in confronto degli 87 che aveva nel 94.

* * •

Rammarica pertanto di vedere come i nostri grandi Municipi si lasciano trascinare dalla illusione che, pur conservando il dazio consumo chiuso, basti m u­ nicipalizzare i servizi pubblici perchè i bilanci vadano da sé al pareggio e le amministrazioni si purghino dei loro peccati di vita spendereccia e di prodigalità incosciente.

Parecchi dei grandi comuni inglesi, germanici, svizzeri e belgi hanno - è vero - municipalizzato pa­ recchi servizi pubblici - e dal loro esercizio diretto traggono buoni proventi a sollievo del bilancio : - ma l’ assunzione dell’ esercizio si fece dopo essersi libe­ rati dalle c a te n e s i dazio consumo, non prima.

Milano, Napoli, Roma, Genova, Torino, Firenze Palermo, Bologna e le altre maggiori città chiuse — fino a che non si decideranno a trasformarsi quanto meno in Comuni aperti imperniando il bi­ lancio per due buone terze parti sulla imposta di­ retta - bisognerà che si accontentino di cedere ai privati l’ esercizio dei servizi pubblici, prelevando però una larga cointeressenza sugli introiti lordi della impresa : - in questa larga cointeressenza al lordo e non nell’ esercizio diretto, sta la salute dei nostri grandi Comuni chiusi.

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tramvie latte della città, tanto elettriche chea cavalli : dai risultati fin qui ottenuti si può con sicurezza af­ fermare che sarà molto so il provento netto dell’eser­ cizio arriverà alla somma che prima riscuoteva a titolo di cointeressenza al lordo e senza responsabi­ lità alcuna di servizio.

* * *

Si faccia del collettivismo municipale fin che s' crede - si vada magari fino alla fabbricazione del pane, come taluno propone - ma prima i Comuni

chiusi buttino per aria le loro linee doganali e si

trasformino in Comuni aperti agli effetti del dazio- consumo : - non ò permesso a nessun municipio, sotto pena ili danno morale, politico e finanziario, parlare di assunzione dell’ esercizio dei pubblici ser­ vizi fino a che il suo bilancio, per almeno due terze parti, non trarrà le sue risorse dalla imposta diretta.

Non mettiamo, per carità, il carro avanti i buoi; non facciamo, cioè, nessuna municipalizzazione di ser­ vizi pubblici prima che sia abolito il Comune chiuso. - In caso diverso faremo il gioco del collettivismo marxista, i cui apostoli sorrideranno di compiacenza nel vedere che noi crediamo di combatterli e di paralizzarli per davvero facendo del collettivismo mu ilici pale da strapazzo: - il quale, perchè fatto men­

tre vige la dogana interna di dazio consumo, non può che condurre all’ anarchia anche nell’ esercizio industriale dei pubblici servizi, e maggiore di quella che di regola si riscontra nell’ amministrazione ge­ nerale di tutte le città a dazio chiuso.

Non va dimenticato che I’ anarchia nelle pubbli­ che amministrazioni di Stato e di Comune è la grande via maestra, per la quale aspetta ansiosamente di sfilare in tenuta di parata il socialismo collettivista dei figli di Carlo Marx.

La municipalizzazione dei servizi pubblici e la dogana di dazio-consumo altro' non sono che « la pratica attuazione del socialismo oligarchico, cioè del socialismo comunale ad esclusivo benefìzio delle

classi dirigenti » e da questo al socialismo colletti­

vista il passo è facile, breve e naturale.

Il partito conservatore, che dal 1860 regge il Co­ mune di Milano, ne sta facendo inconsapevolmente le prove. Esso da qualche tempo va d’ anno in anno attuando il suo studiato programma di socialismo oli­ garchico, tanto che oggi si trova ad avere già muni­ cipalizzati i servizi pubblici di « macellazione, acqua potabile, fognatura, trasporti funebri, tramvie e ma­ nutenzione delle strade ». Così facendo, quanto prima e quando meno se lo penserà, si troverà al bivio ine­ sorabile di dover consegnare le chiavi della Casa Co­ munale al socialismo di Turati, Barbato, Berenini, Bissolati e compagni, ovvero di dar Macchina in ­

dietro applicando la mina alla cinta daziaria per

costruire sulle sue ruine il « grande faro civiliz­

zatore della imposta diretta ».

Ma quando fra ventanni, municipalizzato anche il servizio della pubblica illuminazione ed estesa la dogana daziaria anche al circondario esterno, si tro­ verà davanti al bivio fatale, sarà ancora in tempo per dare il controvapore e salvarsi fra le pieghe della imposta diretta?... Non Io crediamo.

Ing. Francesco Nicola

LA LEGISLAZIONE ESTERA BEGLI ZUCCHERI “

Diamo alcune cifre per dimostrare I efficacia f i­ nanziaria delle diverse leggi tedesche.

Ammontare delle contribuzioni (migliaia di marchi)

Eser ciz io | fi nanziario ' Am m on ta re \ d e ll ’im p o st a su ll o zucchero | Am m on ta re j de l daz io su ll o zu cchero j es ter o Totale Am m on ta re j dell e re sti tuz io ni pe r lo zucc her o e sp o rt a to Red dito n e tt o 1871-72 36,015 12,498 48,513 3,876 44,637 1872-73 50,905 7,127 58,032 3,201 54,831 1873-74 56,460 7,779 64,239 3,595 60,643 1874-75 44,108 7,217 51,325 1,642 49,683 1875-76 66,580 5,672 72,253 8,888 63,364 1876-77 56,800 3,354 60,154 11,389 48,765 1877-78 65,455 2,369 67,824 17,855 49,969 1878-79 74,060 2.112 76,172 25,360 50,812 1879-80 76,875 1,729 78,605 21,141 54,464 1880-81 101,164 1,481 102,644 52,548 46,097 1881-82 100,351 1,618 101,869 43,412 58,457 1882-83 139,954 1,730 141,684 73,507 68,177 1883-84 142,690 1,402 144,091 96,302 47,789 1884-85 166,443 1,379 167,822 128,453 39,822 1885-86 113,125 1,435 114,560 90,068 24,492 1836-87 141,213 1,232 142,445 108,821 33,624 1887-88 118,387 1,858 120,245 105,568 14,677 1888-89 108,694 1,477 110,171 80,076 30,095 1891-92 143,515 1,138 140,653 74,611 72,042 1892-93 85,971 695 86,666 34,451 52,215 1893-94 93,217 415 93,632 11,401 82,231

Questo prospetto da un’ idea molto approssimativa delle vicende attraverso le quali è passata I industria. La continua diminuzione riscontrata nel gettito del dazio ed il costante aumento nel reddito dell’ impo- posta sono indici in fa llib ili del progressivo incremento della produzione indigena. Come la soverchia varia­ bilità del reddito netto complessivo dimostra I in­ fluenza grandissima esercitata dai rimborsi sullo zuc­ chero esportato. A questa variabilità avranno certo contribuito cause di diversa origine ed importanza, ma tra esse nessuna avrà avuto tanto potere quanto il premio d’ esportazione che era compreso nel draw­

back. Si comprendono dunque gli sforzi della legi­

slazione tedesca tendenti a rendere meno sensibili le oscillazioni prodotte dai rimborsi e dai premo, mediante la riduzione del drawback e 1 adozione dell’ imposta sul prodotto che consente di regolare con maggior sicurezza la complessa materia delle

restituzioni.

Presentemente il regime degli zuccheri in Germa­ nia è regolato dalla legge del 27 Maggio 1896 la quale abrogò tutte quelle succedenti. Essa conservò immutati i caratteri principali della legge del 51 Maggio 1891, colla differenza che la tassa fu portata a 20 marchi per quintale e che venne istituita un’ imposta ac­ cessoria. È questa una sopratassa o tassa di esercizio che grava, nella misura seguente, sulla quantità com­ plessiva di zucchero prodotta in una campagna: sino a -10,000 quint, inclusi, marchi 0,10 per quint, da 10,000 a 50,000 » » 0,125

(7)

30 gennaio 1898 L’ E C O N O M I S T A 71

Per l’ applicazione di questa sopratassa viene annualmente fissato per ogni fabbrica un limite di produzione. Lo zucchero prodotto oltre questo limite è colpito dalla sopratassa stabilita, aumentata di un importo uguale al premio di esportazione sullo zuc­ chero greggio. Le fabbriche (fatte poche eccezioni) alle quali non è assegnato questo limite massimo devono pagare la sopratassa, coll’ aumento sudetto, su tutto lo zucchero prodotto. Mentre l’ imposta è pagata da colui che compra lo zucchero per disporne liberamente ; la sopratassa invece è a carico del proprietario della fabbrica. I premii sono così sta­ biliti :

a) per lo zucchero greggio di ricchezza infe­

riore al 90 °/0 e per il raffinato inferiore al 98 ° / 0 ma non al 90 °/0, marchi 2,50 al quintale.

b) per lo zucchero candito, in pani, in blocchi,

ecc. co! 99 ° / 0, marchi 5,35 al quintale.

c) per ogni altra specie di zucchero con ric ­

chezza del 98 % , marchi tre al quintale.

Tra gli scopi che si propone quest’ ultima legge vi son quelli di mettere in grado le piccole fabbri­ che e quelle medie di sostenere la concorrenza delle grandi, mediante la sopratassa progressiva di fabbri­ cazione, di porre l’ industria tedesca in condizione, di sostenere la concorrenza degli zuccheri esteri, mediante (’ aumento dei premi di esportazione; di indurre gli Stati concorrenti della Germania ad abo­ lire il sistema dei premi, dando facoltà al Consiglio Federale di diminuire, ed anche di abolire i premii sugli zuccheri tedeschi, nel caso in cui gli altri paesi avessero diminuito od abolito il premio da essi con­ cesso. ').

La nuova legge fu vivamente combattuta dai rap­ presentanti della Baviera, del W tirtemberg, del Baden, dell’ Oldemburgo, della Sassonia-Meiningen e del Reuss, non esistendo in questi paesi una rigogliosa industria saccarifera. Le fecero anche il viso d’ a l­ larme i rappresentanti della Russia orientale, abbon dando in questa regione le grandi fabbriche, le quali presentivano di essere danneggiate dalla nuova tu­ tela che voleasi concedere ai piccoli opificii. Ad ogni modo la legge fu votata, e, secondo 1’ ottima I abitudine della Garmania, molti anni passeranno | prima che sia modificata o cambiata.

La legislaz'one in Francia.

Estremamente variabile è stata la legislazione fran­ cese: sino al 1884 si contavano quarantadue discus­ sioni parlamentari, le quali avevano, quasi sempre, apportato cambiamenti sostanziali e riforme ispirate a principii essenzialmente opposti.

Il dazio vi è antichissimo, esso rimonta al 1664, e tranne il breve periodo cui la Rivoluzione lo abolì, servi sempre di argine all’ importazione degli zuc­ cheri esteri.

Sino al 1847, vi fu in Francia una lolla violenta i n* Part*giani dello zucchero di canna e quelli dello zucchero di barbabietola, tanto gli uni che gli altri desiderando speciali vantaggi a favore del pro­ dotto nel quale trafficavano.

') ,La Germania avrebbe già iniziate trattative sugli altri stati per 1’ abolizione dei premii. L ’osta- c?*° maggiore, però, viene opposto dalla Francia, cne ha intenzione di mantenerli ed accrescerli.

La legge del 18 lu g lio 1857, uniformandosi al criterio che avea ispirato tutte le precedenti disposizioni legislative concesse una condizione privilegiata agli zuccheri di barbatietola ; i quali vennero colpiti, è vero, dall’ imposta mentre prima ne erano esenti, ma la misura della tassa fu tenuta molto al disotto del dazio che colpiva gli zuccheri coloniali francesi. Questo stato di cose, ad onta delle alte proteste sol­ levate, rimase immutato sino al 1847, anno in cui gli zuccheri francesi, coloniali e di barbabietola, ven­ nero ugualmente colpiti. Questo principio di ugua­ glianza prevalse nella legislazione francese sino al 1884, perchè fu con la legge del 29 Luglio di que­ st’ anno che si abbandonò l’ imposta sul prodotto (che era uguale al dazio sullo zucchero coloniale francese) per adottare quella Sulla materia prima. Ed il nuovo sistema venne adottalo perchè ritenuto indispensabile a rialzare le sorti dell’ industria fran­ cese, la quale era impotente a sostenere la concor­ renza formidabile degli zuccheri tedeschi. In forza di questa legge i fabbricanti eran liberi di contrat­ tare coH’ amministrazione delle imposte indirette un abbonamento annuo, in v irtù del quale la quantità di zucchero imponibile veniva calcolalo in base alla quantità di materia prima lavorata - A i produttori, non abbonati, era poi concesso, per le campagne 1884-83, 1883-86, 1886-87 un calo di lavorazione dell’ 8 °/0 sull’ ammontare totale della loro fabbrica­ zione. Ma le modificazioni più sostanziali furono quelle dell’ art. 4° il quale prescriveva che a partire dal 1° Settembre 1897 le quantità di zucchero imponi­ bile fossero stabilite, in tutte le fabbriche, secondo la quantità di barbabietola operata con qualsiasi pro­ cesso d’ estrazione; e fissava in L . 59 per quintale l’ imposta sul prodotto presunto - I rendimenti ven­ nero stabiliti nella seguente misura :

campagna 1887-88 per ogni quintale di barbabietola Kg. 6,230 di zucchero raffinato;

campagna 1888 89 per ogni quintale 'li barbabietola Kg. 6.500 di zucchero raffinato;

campagna 1889-90 per ogni quintale di barbabietola Kg. 6,750 di zucchero raffinato;

campagna 1890-91 per ogni quintale di barbabietola Kg. 7 di zucchero raffinato;

Allo zucchero delle colonie francesi importato d i­ rettamente in Francia venne poi concesso un calo di lavorazione del 12 °/0.

La nuova legge apportò in breve innumerevoli benefizi'! all’ agricoltura ed all’ industria: la prima si diede tutta a migliorare la qualità della bietola, tanto che i prezzi si elevarono da L. 10 a L. 12 la tonnellata; accrescendo per conseguenza il reddito ne.to per ettaro, che fu portato da 300 a 350 lire ; la seconda superò nei rendimenti ogni più ardita previsione, poiché mentre nella campagna 1882-83 si erano avuti Kg. 5,500 di zucchero per ogni quin­ tale di barbabietola lavorata, nel 1885-86, cioè dopo I’ applicazione della legge, tale rendimento si è ele- vatoa Kg. 8. Nè minori vantaggi ne ebbe l’ erario poiché, in breve, si realizzò una maggiore entrata di L. 56,000,000. Non a torto dunque il protezio­ nista Méline chiamò la legge del 1884 « m e loi

de salai à laqueVe personne rì a le droil de toucher ».

(8)

Reddito doli’ imposta prima del

1884-Reddito dell’ imposta dopo il 1884

Anni Lire Anni Lire

1881 135,517,000 1884 166,467,000 1882 148,129,000 1885 168,306,300 1883 1 43,873,000 1886 133,151,500 media 142,606,000 1887 1888 121,681,500 156,736,000 1889 151,112,000 media 149,575,000

eccedenza media annua L. 7,069,000.

Prezzi dello zucchero Prezzi dolio zucchero

raffinato raffinato

prima del 1884. dopo il 1884.

Anni Lire Anni Lire

1881 413. 01 al quint. 1884 103.83 al quint. 1882 110.83 1885 104.13 1883 105.05 » 1886 95 .9 6 media 109.63 » 1887 98.05 1888 106.07 » 1889 114.90 » media 103.82

diminuzione verificatasi nel prezzo dello zucchero raffinato, L . 5. 8d al quintale.

Queste cifre bastano a dimostrare come i risultati ottenuti colla legge del 1884 sorpassassero ogni pre­ visione e coinè a torto si opponessero i fabbricanti a che i rendimenti fossero stabiliti nella misura che abbiamo visto, perché considerevoli furono le ecce­ denze di zucchero che con tale sistema rimasero esenti da imposta. Nell’esercizio 1884-85 questo ec­ cedenze, non compresi gli zuccheri estratti dai me­ lassi, corrisposero in mediani 1 6 .9 4 °/0 della quan­ tità complessiva soggetta ad imposta ; e nell’esercizio 1885-86 a! 4 3 .9 2 '°/0. Tali eccedenze erano state previste dal legislatore del 1884 il quale avea avuto 1’ accortezza dì aumentare di L. 10 al quintale 1 im­ posta sullo zucchero prodotto che era di L. 40 per effetto della legge del 1880; ma tale aumento non era sufficiente a' preservare l’ erario da sensibili per­ dite. Ed invero le quantità di zucchero esente da tassa eran tali che un provvedimento si rendeva indispensabile. Lo scopo si potea raggiungere in due modi: o con modificazioni apposite nei rendimenti legali, che benché previsti sino al 1891 nulla aveano d’ intangibile; oppure coll’ ^ evare. J aliquota della tassa, di modo che le quantità esenti fossero m buona parte compensate da quelle alt™ che per 1 aumen­ tato saggio dell’ imposta sarebbero state P>u dura­ mente colpite. Entrambi i sistemi vennero adottati, perchè mentre colla legge del 27 maggio 1887 fii applicata una sopratassa temporanea di L . 10 al quintale per lo zucchero imponibile (già tassato con L . 50) e per quelli che sino allora erano esenti; coll’ altra legge del 4 luglio dello stesso anno i ren­ dimenti legali vennero così m odificati:

campagna 1887-88, per ogni Quintale di barbabie­ tola kg. 7 di zucchero raffinato;

campagna 1888-89, per ogni quintale di barbabie­ tola kg. 7 ,5 5 0 di zuceheno raffinato; campagna ISSO-^O, per ogni quintale di barbabie­

tola kg. 7,500 di zucchero raffinato;

campagna 1890-91, per ogni quintale di barbabie­ tola kg. 7,750 di zucchero raffinato.

Ma le modificazioni alla legge del 1884, che pure non erano di lieve portata, soddisfecero poco i legi­ slatori francesi, i quali votarono ben presto una nuova legge che divenne definitiva il 25 luglio 1888.

(Continua)

Rivista Bibliografica

Prof. Alberto Zorli. — I dati di fatto della scienza

dei tributi. — Torino, Bocca, 1898, pag. 351-XL,

(lire 1G).

L ’ egregio autore di questo libro si è dedicato in questi ultim i anni allo studio del Diritto -finanziario e primo risultato delle sue indagini è stato il Trat­

tato di diritto finanziario (voi. 1°, 1887; voi. 2°,

1894). Però dai teorici della finanza non si è data sufficiente importanza speculativa al suo trattato, come se fosse indagine al di fuori della teoria fi­ nanziaria. Egli ha quindi cercato nei « dati di fatto « di mostrare l’ importanza teorica dello studio scien­ tifico della legislazione finanziaria e come solo da questi e dagli studi storici e statistici sia possibile giungere a risultati pratici, ad una guida cioè si­ cura per la condotta della finanza dello Stato. E per sempre più avvalorare questa conclusione egli ha mostrato come ciascuna delle teorie ora in voga si presti a venire a norme affatto diverse di con­ dotta politica dello Stato, e come ad esempio fon­ dandosi sulla teorica (dell’ utilità finale alcuni teo­ rici concludono alla imposta proporzionale, altri alla progressiva, alcuni al libero scambio altri al protezionismo. L ’ errore dei teorici, a suo avviso, è quello di volere presentarci come legge generale dei fenomeni economici concetti che spiegano solo gruppi di fenomeni. Perciò molte teorie così dette generali si possono ugualmente utilizzare, ma per spiegare dati momenti storici, o condizioni locali o gruppi speciali di fatti. Ricercare la legge generale assoluta della finanza pubblica è opera, a suo cre­ dere, vana, per ora almeno; onde il lavoro serio e positivo deve limitarsi alla ricerca delle cause e degli effetti di gruppi di fenomeni, per giungere a norme di politica, se non generali ed assolute, po­ sitive però ed u tili agli uomini di Stato.

Tale il concetto generale e animatore dell’ opera del prof. Zorli, che incontrerà certo opposizioni e critiche. Egli vorrebbe reagire alla tendenza di ele­ vare a leggi generali certe norme che non hanno e non possono avere, pel metodo stesso con cui furono desunte,'che una portata limitata, relativa. A tale scopo fa una larga critica delle teorie sulle cause e sugli effetti dei tributi, nonché della politica finanziaria conseguente alle esposte teorie, non d i­ menticando però di mettere in luce quali elementi di ciascuna di esse possono essere utilizzati per la indagine induttiva. Questa viene intrapresa dap­ prima valendosi dei dati statistici intorno alle cause ed agli effetti dei tributi, e poscia ricorrendo ai dati di fatto storici e a quelli giuridici.

(9)

30 gennaio 1898 L ’ E C O N O M I S T A 73

N. Ch. Bunge. — Esquìsses de littèrature

politico-eco-nomique. Traduit da russe — Bàie e Genève, Georg

e C., 1898 pag. xliii- 455 (fr. 7,59).

Il Bunge, che fu ministro delle finanze in Russia e morì nel 1895 era un economista dotto e un va­ lente insegnante. Egli si occupò di teoria e di pra­ tica economica per lunghi anni, tanto che la lista dei suoi scritti, i quali vanno dal 1849 all’anno stesso della sua morte, è assai lunga e rivela uno studioso indefesso della scienza economica. Del resto che tale egli fosse sta a provarlo anche questo vo­ lume sulla letteratura politico-economica, tradotto dal russo da un anonimo amico del Bunge che in una interessante notizia biografica ci fa conoscere la personalità distinta dell’ Autore.

Il libro comprende quattro studi di diseguale lu n ­ ghezza e importanza. Il primo è uno schizzo storico delle dottrine economiche, nel quale l’ Autore trat­ teggia con sobrietà e chiarezza ie varie scuole eco­ nomiche e socialiste, fa la critica di alcune di esse come ad esempio del marxismo e riesce così a dare in duecento pagine un quadro, non sempre propor­ zionato è vero, ma però lucido e sempre di qualche interesse per la obbiettività delle considerazioni c ri­ tiche dell’ autore. Il secondo studio è dedicato alla teoria dell’ armonia degl’ interessi privati, ossia alla teoria dell’ americano Carey; le cento pagine che il Bunge gli consacra sembreranno forse eccessive a qualche lettore, ma in realtà poiché oggi pochi sono quelli che si rivolgono alle opere del Carey, l’ accu­ rata analisi che il nostro autore ha fatto delle sue teorie economiche riescirà tanto più utile. A propo­ sito di queste teorie il Bunge scrive che « l’ idillio designato dell’ autore riproduce i tempi patriarcali della repubblica trasatlantica, quando la lotta degli interessi non si manifestava che assai debolmente, ma la conoscenza della storia avrebbe dovuto con­ durre Carey alla conclusione che l’ armonia degli ingressi ben lunge dall’ essere necessaria, inevitabile, non si elabora che per mezzo della civiltà e non si rivela se non come una possibilità. »

Lo studio successivo tratta dello Stuart M ili e più precisamente dei suoi Principi di economia politica. L ’ esame di quest’ opera lo conduce alla conclusione che il tentativo del M ili di costruire la scienza col metodo deduttivo è fallito, perchè i fenomeni suscet­ tibili d’ essere materia di studio dell’ economista non rientrano nella cerchia limitata delle deduzioni aprioristiche tratte da un piccolo numero di condi­ zioni, Le deduzioni esatte esigono I’ osservaziore_ e la analisi dei feuomeni. M ili si è limitato a costruire sulla base dei principi elaborati nei trattati sistema­ tici... Questi e gli almi giudizi sul M ili si possono applicare a molti economisti contemporanei o no.

Da ultimo si hanno poche pagine sul Menger giu­ dicato dallo Schmoller, nelle quali il Bunge riassume e commenta un articolo del noto economista storico tedesco intorno al libro del Menger sul metodo delle scienze sociali ; è uno studio che non reca alcun contributo dell’ autore alla questione e su! quale non è il caso di insistere.

Ma a parte questo quarto studio, che poteva forse essere inserito nel primo come appendice, il libro del Bunge è una esposizione critica che non va di­ menticata da chi studia lo sviluppo storico delle dottrine economiche, Certo il Bunge non si eleva

in questi ragguagli storici all’ altezza cui giunse un nostro illustre scrittore, il Ferrara, nelle sue prefa­ zioni alla Biblioteca dell’ Economista; però sarebbe ingiusto negargli il merito di aver riassunto con pre­ cisione e talvolta criticato con acume alcune fra le principali dottrine economiche.

R. Liefmann. — Die Unternehmer verbände. — Frei­ burg, Mohr, 1897, pag. X II-199 (5 marchi).

Le coalizioni degli industriali e dei commercianti sono $tate studiate in quest’ ultimo decennio da nu­ merosi scrittori di ogni paese, perchè esse costitui­ scono un fatto economico di grande importanza non solo attuale, ma anche per le possibili conseguenze future. Questo nuovo studio che inizia una nuova serie di pubblicazioni economiche ( Volkswirtschaft­

liche Abhandlungen der badischen Hochschulen

pubblicate dal prof. Fuchs, Herkner, v. Schulze Gävernitz e Weber) non si può dire priva di utilità e superflua, inquantochè espone largamente e con notevole precisione la natura delle coalizioni degli intraprenditori e la loro importanza. Il giovane au­ tore di questa monografia si è proposto principal­ mente di descrivere lo sviluppo odierno, le forme, gl’ intenti, le cause delle coalizioni industriali; però nell’ ultima parte del suo studio si è diffuso a trat­ tare della importanza e dello sviluppo ulteriore, svol­ gendo considerazioni interessanti. Non diremo che lo studio del dr. Liefmann sia in tutto soddisfacente riguardo alle cause che hanno determinato questo movimento di concentrazione, di unione e coalizione degli intraprenditori; ma come analisi delle forme che hanno assunto e degli scopi che esse si propon­ gono ci pare dei m igliori e in tutto meritevole di es­ sere consultato.

Verein für Socialpolitik. — Verhandlungen der . . .

abgehaltenen Generalversammlung. — Leipzig,

Dun-clcer und Humblot, 1898, pag. 456.

Gli argomenti discussi alla riunione generale del­ l’Associazione per la politica sociale, tenuta a Co­ lonia dal 23 al 26 settembre u. s., sono stati tre : la questione dei mestieri (Handwerkerfrage) il cre­ dito agrario personale e l’ applicazione del diritto di unione e di coalizione degli operai nell’ impero tedesco. Tre argomenti di grande intere.se per la Germ nia ed uro — quello del credito agrario — di importanza generale. Le discussioni e più ancora le relazioni contenute in questo volume saranno lette con profitto; segnaliamo specialmenle quelle del Bücher sui mestieri, del Hecht sul credito e del Loening sul diritto di associazione. Ma per tutte e tre le questioni gioverebbe far conoscere in Italia con precisione i termini del dibattito e i dati e fatti principali che sono stati messi in luce in quella occasione. Speriamo che qualche giovane studioso non trovi ozioso di occuparsene.

Dr. Otto Bielefeld. — Eine neue Aera englischen So­

cialgesetzgebung. — Leipzig, Duncker e Humblot

1898, pag. V-107.

La nuova era nella legislazione sociale inglese da­ terebbe dalla legge dell’ agosto 1897 sulle indennità per gl’ infortuni del lavoro ( Worhmens Compen-

satiòn Act). Il dr. Bielefeld ha diviso la sua trat­

tazione che appunto verte su quella legge in due parti l’ una storica e l’ altra dogmatica. La prima rende conto della legislazione inglese per gli operai

ì 'Fonda¿! üueí

L EINAUDI)

(10)

e in ¡specie della legge sulla responsabilità per gl’ in- fortunio, dei progetti e delle lotte parlamentari per completare e migliorare la legislazione vigente non­ ché delle fasi per le quali passò il progetto Cham- berlain ebe poi divenne la succitata legge. Di que­ sta, nella porle dogmatica, V Autore offre un’ analisi accurata e dà in appendice molto opportunatamente il testo inglese. Rileviamo da questo studio (pag. 58) che la nuova legge inglese si applica a quasi 6 mi- I lioni di operai, ma rimangono all’ infuori della sua tutela altri 7 milioni di lavoratori.

Pare all’ autore che la legge del 1897 sia la prima legge inglese ebe abbia lo stesso scopo della cosidetta legislazione sociale della Germania, cioè j l ’ aiuto della società di fronte ai disordini industriali che si ripercuotono nella situazione degli operai, e perciò gli pare che essa abbia per l’ Inghilterra la medesima importanza del messaggio imperiale te­ desco del 17 novembre 1881 e della presentazione che ne seguì della legislazione sociale per la Ger­ mania. Crediamo che l’ Autore esageri la importanza della leggo inglese riguardo fa ll’ indirizzo generale della politica economica inglese; ciò non toglie che il suo studio sia utile per chi voglia conoscere esat­ tamente le legge inglese del 1897 sulle indennità agli operai in caso d’ infortunio.

Rivista Economica

Il costo delle ferrovìe italianeLa colonia italiana

a Trieste - Tabella dei prezzi del grano sui prin­

cipali mercati del mondo.I l dazio sul grano e

farine.

Il costo delle ferrovie italiane. — Uno specchio

allegato al bilancio 1898-99 ci fornisce le seguenti cifre relative all’onere che per il servizio ferroviario sopporta l’ erario:

Ferrovie in Esercizio

E n tra ta ...L. 112,739,524 S pesa... » 266,844,330

senta la spesa per le nuove costruzioni, la quale più propriamente si potrebbe chiamate una trasforma­ zione di capitale, il disavanzo dell’ esercizio ferro­ viario discende a sole L. 154,104,804 vale a dire a L. 5 a capo.

Il numero dei chilometri di ferrovia aperti allo esercizio essendo in cifra tonda di 14,000 ne de­ riva che ogni chilometro costerebbe allo Stato circa L. 11,000 per essere esercitato.

Ma questa deduzione non sarebbe rispondente alla realtà, perchè delle L. 266,844,330 che lo Stato sotto varia forma paga per il servizio ferroviario, ben 165 milioni sono destinati al pagamento degli in­ teressi ed all’ammortamento dei débiti che si sono contratti per la costruzione od il riscatto delle linee stesse, onde la vera spesa che a titolo di annualità o corresponsione chilometrica, di sorveglianza, eoe. lo Stato sopporta, discende a 100 milioni in cifra tonda.

Di guisa che si possono stabilire le due seguenti proposizioni :

1. il servizio ferroviario rappresenta una discreta passività alla finanza dello Stato, se si tiene conto degli oneri annuali di bilancio per il pagamento degli interessi e la graduale estinzione dei debiti, creati a fine di provvedere alla costruzione delle ferrovie stesse;

2. l’ esercizio ferroviario, liberato dalle predette spese, che andranno via via scemando col succe­ dersi del tempo, rappresenta un modesto beneficio, pari presso a poco a L. 850 a chilometro.

Ecco una dimostrazione sommaria dei maggiori oneri contratti per la costruzione di ferrovie:

Rendita consolidata perpetua L. 81,332,980 Debiti redim ibili — Obbligazioni

maremmane — V . Emanuele — Gu- neo-Genova-Voltri — Lucca-Pistoia — Centrale Toscana — Torino-Ac- qui Savona — Udine-Pontebba — Livornesi — Romane — Cavaller-

maggiore-Alessandria-Bra » 15,083,111 Annualità alla Sudbanh per il r i­

scatto delle ferrovie dell’ Alta Slesia » 26,802,696 Obbligazioni 5 e 5 per cento diverse » 40,381,644

Differenza passiva L. 154,104,804 Totale L. 163,600,411

Nuove costruzioni Entrata ...L. 565,465 Spesa... » 18,645,988 Differenza passiva L. 18,080,518 Movimento di capitali E n tr a la ...L. — — S pesa...» 18,910,581 Differenza passiva L. 18,910,581

ossia, complessivamente, i) servizio ferroviario rap­ presenta a carico del bilancio uua passività di lire 191,095,913 che corrisponde approssimativamente a L. 6,16 a capo.

Se però si lien conto che la differenza passiva del movimento dei capitali rappresenta estinzione di debiti, cioè un accrescimento patrimoniale dello Stato, e che altrettanto, almeno in parte,

rappre-L ’ entrata, che dà al bilancio il servizio ferroviario, è prevista in L. 112,739,529. Concorrono a costi­ tuire questa cifra:

a) la partecipazione dello Stato ai prodotti lordi

delle ferrovie ed i contributi varii,

p0r L. 80,0o8,968

b) l’ imposta di ricchezza mobile, che I’ erario

percepisce sulla rendita e sulle obbligazioni emesse

per le rimanenti L . 42,680,557

somma, che dovrebbe esser detratta dall’ entrata se si volesse stabilire un vero e preciso calcolo econo­ mico di quanto costa all’ Italia l’ esercizio delle sue ferrovie in rapporto ai proventi, che ne ritrae.

Il calcolo puramente contabile indica, come ab­ biamo detto dapprima, un disavanzo di 154 milioni. Nei rapporti della finanza questa è la cifra che oc­ corre e basta tenere presente.

La colonia italiana a Trieste. — La colonia

(11)

30 gennaio 1898 L ' E C O N O M I S T A 75 li maggioro numero delle famiglie della colonia ]

permanente vi sono stabilite da prima del 1866. Sono legate da saldi vincoli d’ affetto e interesse a T rie ­ ste che considerano come la loro patria, mentre per avere conservato I* antico domicilio legale nel regno sono sudditi italiani.

Ma i figli di quei nostri connazionali, nati a T rie ­ ste, benché legati alla città nativa, si presentano pre­ premurosi alle chiamale sotto le armi ed insigni­ ficante è il numero dei renitenli.

La colonia temporanea si compone di operai, ge­ neralmente delle provincie venete. Per antica con­ suetudine emigrano in date epoche dell’ anno, e si recano a brigate in luoghi da essi già conosciuti, ove trovano facilmente da occuparsi nella manipo­ lazione e cottura dei mattoni, nei lavori di muratura e neile carbonaie.

Fra gli emigranti temporanei possono mettersi i pescatori chioggiotti. Una vera flotta di trabaccoli, dalla tradizionale vela gialla, recasi ogni anno in crociera lungo le coste dell’ Istria e della Dalmazia per esercitarvi la pesca.

I trabaccoli chioggiotti che presero parte all’ u l­ tima campagna di pesca ammontarono a 300 con un equipaggio complessivo di oltre 1300 marinai quasi tutti del circondario di Chioggia, ed il prodotto netto della loro pesca si calcola approssimativamente ad un valore di 600,000 lire.

Tabella dei prezzi del grano sui principali m ercati del m o n do.

(Franchi per quintale).

MERCATI 15 Luglio 4 Ag o st o 1° S et tem b re 13 O tt o b re 2 4 N ove m br e 1 D icembre 8 Dice m br e 8 Genn aio Parigi . . 22. » *26.75 29 05 29.20 30.12 30.3230.50J29.1 2 Berlino . . 20.18 21.37 22.59 22.12 23-80 23.68 23.59 24.10 Vienna . . 19.38 24.77 25.90 26.29 26.40 26.37 26.07 25.25 Budapest . 16.83 24.20 25.71 26.95 26.62 26.38 26.29 25.25 Londra. . 16.83 18, SO 21. . 21.15 20.93 21.70 20.85 20.85 New-York . 13.49 16.73 19.57 18.85 18.66 18.88 18.44 19.31 Chicago. . 13.37 14.90 17.83 17.18 18.25 18.30 18.78 17.33 Odessa . , 14. . 15.30 18. . 16.50 18. » 17.3ojl7.30 18. » Galatz (17 luglio) 16.50; (16 settembre) da 15 a 15.25 ; (23 set­ tembre) da 14 a 14.25; (30 settembre) da 13. 25 a 13.50; (7 otto­ bre) da 13.2) a 13.50; (15 ottobre) da 13 a 13.25; (22 ottobre) da 13.50 a 13.75; (29 ottobre) da 14 a 14.25; (4 novembre) da 14 a 14.50 ; (11 novembre) da 14 a 14.50; (18 novembre) da 14 a 14.50; (1° dicembre) da 14 a 14 50; (16 dicembre) da 14. 75 a 15.

In Italia i prezzi si aggirano tra lire 28 e 31 per quintale.

I l dazio sul grano e farine. — La Giunta del bilancio, che ha esaminato il progetto del Governo per la riduzione del dazio sul grano v i ha aggiunto un secondo articolo per le farine ed altri derivali. Ecco il testo del progetto modificalo :

A rt. d. È convalidato il Regio Decreto del 23 gennaio 1898, n. d i, col quale il dazio di confine sul grano o frumento venne ridotto a Lire SO la tonnellata, con effetto dal 25 gennaio al 30 aprile 1898.

Art. 2. Dal giorno della pubblicazione della pre­ sente legge e fino a tutto il 30 aprile 1898, il dazio

sui derivati del grano o frumento verrà applicato nella seguente misura :

Farina L . 8.70 al quintale

Semolino » 11.00 id.

Paste . 12.00 id.

Pane e biscotti » 12.00 id.

Crusca » 2.75 id.

Il Banco di Napoli nel 1897

Nelle adunanze del 13 e del 20 corrente del Con­ siglio di amministrazione del Banco di Napoli, furono (lidia Direzione, comunicati i resultati della gestione del 1897.

Essi si compendiano nelle seguenti cifre :

1896 1897 differenze

U tili. . L. 7,306/334.68 7.518^065.14 +211/730.46 Spese . . 6,969,711.15 ,358,834.56 — 610,876.59

Itile nette L. 336,623.53 1,159,230.58 + 822,607.05 però conviene avvertire che negli utili del 1897 fi­ gurano due categorie di entrate che non erano r i ­ portate nel 1896, cioè:

tassa di ricchezza mobile sugli stipendi

degl’ im p ie g a t i... U. 203,032.03 ritenute per pensioni e multe sugli

stipendi... » 30,307.77 In uno L. 233,339.80 la qual somma, però, va anche diminuita dalle spese trattandosi di partite figurative, di modo che l’ en­ trata discende a L. 7,264,723.34, e la spesa a L. 6,105,494,76, e quindi le cifre paragonabili sono le seguenti :

1898 1897 Differenza

U tili. . t. 7,306,334.68 7,264,725.34 - 41,609.34 Spese . » 6,969,711.15 6,105,494.76 — 864,216.39 coinè sopra L. 336,623.53 1,159,230.58 + 822,607.05 Tenendo conto dei dati indicali in principio si hanno le seguenti risultanze dei due esercizi :

1896 1897 Differenze

U tili netti L. 336,623.53 1,159,230.58 4" 822,607.05 Sofferenze » 2,949,578.31 3,504,477.79 4" 554,899.45

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