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Fondamenti di Probabilità Lucio Barabesi

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Academic year: 2021

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Fondamenti di Probabilità

Lucio

Barabesi

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Eventi e classi di eventi

1.1. Nozioni preliminari

Si consideri un esperimento (o un fenomeno) nei confronti del quale ci si trova in condizioni di incertezza. L'incertezza è determinata dal fatto che l'esperimento (o il fenomeno) in questione sia suscettibile di verificarsi secondo una pluralità di risultati, tali che uno (e uno solo) di essi si deve necessariamente realizzare. In questo caso, l'esperimento (o il fenomeno) è detto aleatorio.

L'insieme i cui elementi rappresentano i possibili risultati dell'esperimentoH aleatorio, è detto spazio fondamentale (o insieme delle eventualità) e il generico elemento di è anche detto = H eventualità. Ogni parte di identifica unI H evento e il risultato realizza se = I = − I. Inoltre, un evento Ö ×= composto da un solo risultato è detto evento elementare. Infine, l'evento viene anche dettoH evento certo, in quanto si realizza sempre, mentre l'insieme vuoto è dettog evento impossibile.

Per quanto riguarda la cardinalità di , vi sono tre principali situazioni diH interesse. Nel primo caso, è finito con cardH Ð Ñ œ 8H , ovvero contiene un numero finito di risultati e dunque 8 H œ Ö="ß á ß=8×. Nel secondo caso, èH numerabile, ovvero contiene una infinità numerabile di risultati e dunque H œ Ö= ="ß #ß á ×. Infine, nel terzo caso, è non numerabile, ovvero contieneH un'infinità non numerabile di risultati.

Esempio 1.1.1. Si consideri una moneta con le facce contrassegnate dai simboli

“testa” e “croce”, che viene comunemente adottata nel più semplice gioco d'azzardo, detto appunto testa e croce. Questa terminologia deriva dalle sagome che erano coniate su molte monete italiane dei secoli passati, in quanto una faccia usualmente raffigurava il volto del re, mentre l'altra riportava il simbolo cristiano della croce. Simili terminologie sono comuni a molte culture, con un nome generalmente derivante dalle raffigurazioni sulle facce dei conii. Ad esempio, nell'antica Roma i due simboli venivano denominati “navis” e “caput”, dal momento che su alcune monete romane era rappresentata una nave su una

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faccia e la testa dell'imperatore sull'altra. Analogamente, l'uso nel mondo anglosassone dei termini “head” e “tail” per i simboli sulle due facce deriva probabilmente dalla moneta da dieci centesimi di sterlina, su cui erano rappresentate la faccia del monarca regnante, ed un leone araldico con una coda in evidenza.

Figura 1.1.1. Una lira del 1863 raffigurante i simboli “testa” e croce”.

Com'è noto, il gioco consiste semplicemente nello scommettere su una delle due facce e nel lanciare in aria la moneta. La faccia vincente è quella mostrata dalla moneta dopo la caduta. Dunque, il gioco è in effetti un esperimento aleatorio. Se si indicano rispettivamente con e i risultati relativi al verificarsi delle facce=" =# contrassegnate dalla testa e dalla croce, lo spazio fondamentale è dato da

H œ Ö= ="ß #× e quindi è finito con cardH Ð Ñ œ #H . Si noti che esiste una certa

arbitrarietà nella scelta della codifica dei risultati. Ad esempio, molti autori preferiscono indicare in modo più esplicito i due risultati solamente con i simboli

> e . In questo caso, lo spazio fondamentale viene scritto semplicemente come-

H œ Ö ß ×> - . 

Esempio 1.1.2. I dadi sono stati adottati a scopo di gioco d'azzardo fino dall'antichità. La loro origine sembra risalire a circa 5000 anni fa nella regione dell'attuale India. Riferimenti al gioco dei dadi sono contenuti nella Bibbia, e il gioco d'azzardo con tre dadi era molto popolare nell'antica Grecia e soprattutto nell'antica Roma. Nel Medioevo il gioco con i dadi era uno dei passatempi preferiti dei cavalieri. Molti problemi classici di calcolo delle probabilità si sono originati dal gioco dei dadi (si veda Gordon, 1997, Hald, 1990). Addirittura, in quello che può essere considerato il primo trattamento della Teoria della Probabilità, ovvero nel Liber de Ludo Aleae dell'italiano Gerolamo Cardano (1501-1576), il gioco dei dadi è centrale nell'esposizione. Cardano ebbe una vita avventurosa e molto travagliata, e fu anche un giocatore d'azzardo oltre che matematico, tanto che nel Liber de Ludo Aleae (scritto verso il 1560, ma pubblicato postumo solo nel 1663) esiste addirittura una sezione dedicata ai

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metodi per barare efficacemente (per una biografia di Cardano si veda Ore, 1953).

Figura 1.1.2. Gerolamo Cardano (1501-1576).

I dadi comunemente adottati nel gioco d'azzardo sono cubi con le facce marcate da punti, dove 3 3 œ "ß á ß ', e le somme dei punti su due facce contrapposte sono pari a sette (si veda la Figura 1.1.3). Si suppone che dadi di questo tipo siano stati adoperati anche dagli antichi etruschi, non solo per gioco, ma anche per divinazione.

Figura 1.1.3. Comuni dadi da gioco e “sviluppo” di un singolo dado.

Se si considera un singolo dado, il gioco consiste nel far rotolare il dado su una superficie piana e convenzionalmente viene preso come esito del lancio il valore che si viene a trovare sulla faccia rivolta verso l'alto quando il dado termina il proprio movimento. Anche in questo caso il gioco è dunque un esperimento aleatorio. Se si indica con =3 il risultato relativo al verificarsi della faccia contrassegnata da punti, si ha 3 H œ Ö= = = = = ="ß #ß $ß %ß &ß '× e quindi è finitoH con cardÐ Ñ œ 'H . Tenendo presente la discussione nell'Esempio 1.1.1, la codifica

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dello spazio fondamentale può essere data da H œ Ö"ß #ß $ß %ß &ß '×, interpretando tuttavia le cifre come simboli piuttosto che come numeri naturali. In questo caso, l'evento che si verifichi un numero pari di punti è dato da I œ Ö#ß %ß '×, ovvero I è la parte di costituita da tutti i risultati relativi al verificarsi di una facciaH contrassegnata da un numero pari di punti. Inoltre, l'evento che si verifichi un numero di punti maggiore o uguale a è dato da ' I œ Ö'×, che è effettivamente un evento elementare e che non deve essere ingenuamente confuso con il risultato . Infine, l'evento che si verifichi un numero di punti maggiore di è' ) dato da I œ g, ovvero è un evento impossibile. I  Esempio 1.1.3. Si consideri l'esperimento aleatorio che consiste nell'inserire in modo casuale palline in 7 Q celle. In questo caso, gli elementi di sono inH corrispondenza biunivoca con tutte le possibili configurazioni di palline nelle celle. Se le palline sono distinguibili, allora è finito con cardH Ð Ñ œ QH 7, mentre se le palline sono indistinguibili, allora cardÐ Ñ œH Q 7"7 . Al fine di rappresentare le varie configurazioni, almeno per valori modesti di e 7 Q, si adottano di solito Q spazi fra ÐQ  "Ñ barre per indicare le celle, mentre le palline vengono indicate come simboli differenti all'interno delle barre se sono distinguibili e con un asterisco se sono indistinguibili. Ad esempio, supponendo che Q œ $ e 7 œ #, nel caso di palline distinguibili (che vengono indicate di seguito con i simboli e ), si ha card+ , Ð Ñ œ $ œ *H # . Dunque, in modo leggermente informale anche se efficace, i possibili risultati dell'esperimento aleatorio possono essere rappresentati come

= = =

= = =

= = =

" # $

% & '

( ) *

œ ± +, ± ± ± ß œ ± ± +, ± ± ß œ ± ± ± +, ± ß œ ± + ± , ± ± ß œ ± + ± ± , ± ß œ ± ± + ± , ± ß œ ± , ± + ± ± ß œ ± , ± ± + ± ß œ ± ± , ± + ± .

Nel caso di palline indistinguibili si ha cardÐ Ñ œH  %# œ ', e in questo caso si ottiene

= = =

= = =

" # $

% & '

œ ± ‡‡ ± ± ± ß œ ± ± ‡‡ ± ± ß œ ± ± ± ‡‡ ± ß œ ± ‡ ± ‡ ± ± ß œ ± ‡ ± ± ‡ ± ß œ ± ± ‡ ± ‡ ± .

Supponendo invece che sia possibile inserire al più una pallina per cella e quindi risulta 7 Ÿ Q, se le palline sono distinguibili si ha cardÐ Ñ œ Q xÎÐQ  7ÑxH , mentre se le palline sono indistinguibili allora si ha cardÐ Ñ œH  Q7 . Considerando di nuovo Q œ $ e 7 œ #, nel caso di palline distinguibili si ha cardÐ Ñ œ $xÎ"x œ 'H , e i possibili risultati dell'esperimento aleatorio possono essere rappresentati come

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= = =

= = =

" # $

% & '

œ ± + ± , ± ± ß œ ± + ± ± , ± ß œ ± ± + ± , ± ß œ ± , ± + ± ± ß œ ± , ± ± + ± ß œ ± ± , ± + ± .

Al contrario, nel caso di palline indistinguibili si ha cardÐ Ñ œH  $# œ $, e si ottiene

=" œ ± ‡ ± ‡ ± ± ß =# œ ± ‡ ± ± ‡ ± ß =$ œ ± ± ‡ ± ‡ ± .

Per i dettagli relativi al calcolo combinatorio relativo alle configurazioni di palline nelle celle del presente Esempio e per le corrispondenti applicazioni alla

meccanica quantistica, si veda Feller (1968, p.9). 

Esempio 1.1.4. Si consideri una moneta con le facce contrassegnate dai simboli

“testa” e “croce” e l'esperimento aleatorio che consiste nel lanciare ripetutamente la moneta fino a quando non si presenta il simbolo “testa”. Se si indica con =8 il risultato relativo al verificarsi del primo simbolo “testa” all' -esimo lancio, lo8 spazio fondamentale è dato da H œ Ö= ="ß #ß á × e quindi è numerabile.H Tenendo presente la discussione fatta nell'Esempio 1.1.1, una codifica più immediata dello spazio fondamentale è data da H œ Ö"ß #ß á ×. Considerando una situazione specifica, l'evento tale che si verifichi il primo simbolo testa adI un numero pari di lanci è dato da I œ Ö#ß %ß á ×. Dunque, anche l'evento èI

numerabile. 

Esempio 1.1.5. Si consideri il tempo di attesa per un evento sismico in una determinata zona. Ogni risultato relativo a questo fenomeno aleatorio è del tipo

“il tempo di attesa è pari a unità temporali”, dove > >   !. Dunque, una formalizzazione dello spazio fondamentale è data da H œ Ò!ß ∞Ò, per cui non èH numerabile. Considerando una situazione specifica, l'evento tale che il tempo di attesa sia compreso tra 1 e unità temporali è dato da $ I œ Ò"ß $Ó e quindi anche

l'evento non è numerabile.I 

1.2. Classi di eventi e operazioni sugli eventi

Un insieme costituito da eventi di è detto X H classe di eventi. La classe costituita da tutti gli eventi di , e dagli eventi e , è detto H g H insieme delle parti di ed è indicato con la notazione H c HÐ Ñ. Una classe di eventi verrà talvolta indicata con ÐI Ñ3 3−M, dove è un opportuno insieme di indici, eventualmente nonM numerabile. Se M œ Ö"ß á ß 8×, per indicare la classe si adotta la notazione

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ÐI Ñ3 3œ"8 . Se M œ Ö"ß #ß á ×, la classe è detta successione di eventi e viene indicata con la notazione ÐI Ñ8 8 ". Inoltre, se si ha M œ Ö!ß "ß á ×, per indicare la successione di eventi si adotta anche la notazione ÐI Ñ8 8 !.

Dal momento che in effetti gli eventi sono insiemi, le usuali operazioni insiemistiche possono essere immediatamente considerate sugli eventi di .H Tuttavia, è opportuno dare a queste operazioni una lettura nel presente ambito con adeguate terminologie e definizioni. Dati due eventi I" e I#, si dice che I"

implica I# e si adotta la notazione I § I" #, quando il verificarsi di I"

comporta necessariamente il verificarsi di I#, ovvero se e solo se un risultato che realizza I" è anche un risultato che realizza I#. Inoltre, due eventi I" e I# sono detti uguali e si adotta la notazione I œ I" #, quando il verificarsi dell'uno implica il verificarsi dell'altro e viceversa, ovvero se si ha contemporaneamente I § I" # e I § I# ". Infine, l'evento opposto (o evento contrario) di è dato daI

I œ Ö −- = H =À  I× ,

ovvero l'evento I- si verifica quando non si verifica . In particolare, si haI H- œ g.

Data una classe di eventi ÐI Ñ3 3−M di , l'H evento unione è dato da

3−M

3 3

I œ Ö −= H À b3 − Mß= − I × ,

ovvero l'evento 3−MI3 si verifica quando si verifica almeno uno degli eventi della classe. Nel caso in cui la classe è costituita da eventi 8 ÐI Ñ3 3œ"8 di ,H l'evento unione viene usualmente scritto come 3œ"8 I3, e se 8 œ # l'evento unione viene indicato semplicemente con la notazione I ∪ I" #. Infine, quando si considera una successione di eventi ÐI Ñ8 8 ", l'evento unione viene indicato con

8œ" I .8

Data una classe di eventi ÐI Ñ3 3−M di , l'H evento intersezione è dato da

3−M

3 3

I œ Ö −= H À a3 − Mß= − I × ,

ovvero l'evento 3−MI3 si verifica quando si verificano tutti gli eventi della classe. In modo simile a quanto fatto per l'evento unione, nel caso in cui la classe sia costituita da eventi, l'evento intersezione viene scritto come 8 3œ"8 I3, e se 8 œ # si adotta la notazione I ∩ I" #. Infine, nel caso di una successione di eventi, l'evento intersezione viene indicato con 8œ" I8.

Esistono due utili relazioni, che prendono nome dal matematico inglese Augustus De Morgan (1806-1871), autore fra l'altro del testo An Essay on

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Probabilities (1838), e che permettono di esprimere un evento intersezione come un evento unione (e viceversa), ovvero

  

3−M 3−M

3 -

3-

I œ I

e

  

3−M 3−M

3 -

3-

I œ I .

Dati due eventi I" e I#, l'evento differenza (o evento complementare di I# rispetto ad I") è dato da

I Ï I œ Ö −" # = H =À − I", =  I ×# ,

ovvero l'evento I Ï I" # si verifica quando si verifica I" e non si verifica I#. In particolare, si ha I œ- H Ï I, mentre risulta evidente la relazione

I Ï I œ I ∩ I" # " #- .

Si noti che se I § I" #, allora si ha I Ï I œ g" # , in quanto non è possibile che si verifichi I" e non si verifichi I# quando il verificarsi di I" implica il verificarsi di I#. Inoltre, è ovvio che I Ï I œ g, in quanto è impossibile l'evento che si verifica quando contemporaneamente si verifica e non si verifica . Infine, seI I § I# ", allora l'evento I Ï I" # è detto differenza propria.

Esempio 1.2.1. Si consideri l'esperimento aleatorio che consiste nel lancio di un dado. Dati gli eventi I œ Ö"ß #×" e I œ Ö"ß #ß $ß %×# , si ha I § I" #. Inoltre, risulta I œ Ö$ß %ß &ß '× I œ Ö&ß '×"- e #- , mentre si ha

I ∪ I œ Ö"ß #ß $ß %×" # , e

I ∩ I œ Ö"ß #×" # . Dato l'ulteriore evento I œ Ö"ß &×$ , risulta

3œ"

$

I œ Ö"ß #ß $ß %ß &× ,3

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e

3œ"

$

I œ Ö"× .3

Infine, si ha I Ï I œ g" # , mentre

I Ï I œ Ö$ß %×# " . 

Gli eventi della classe ÐI Ñ3 3œ"8 sono detti incompatibili quando il verificarsi di uno di essi esclude il verificarsi di tutti gli altri, ovvero quando I ∩ I œ g3 4 per ogni 3 Á 4 œ "ß á ß 8. Ovviamente, due eventi I" e I# sono incompatibili se I ∩ I œ g" # . In particolare, I e I- sono eventi incompatibili, così come ciascun evento elementare è incompatibile con tutti gli altri eventi elementari di H. Inoltre, l'evento impossibile è incompatibile con tutti gli altri eventi. Infine, se I" e I# sono incompatibili, allora I Ï I œ I" # ".

Gli eventi della classe ÐI Ñ3 3œ"8 sono detti esaustivi quando uno di essi si deve necessariamente verificare, ovvero quando

3œ"

8

I œ H .3

Si dice che gli eventi della classe ÐI Ñ3 3œ"8 costituiscono una partizione finita di H quando sono incompatibili e esaustivi. In modo analogo, gli eventi della successione ÐI Ñ8 8 ", sono detti incompatibili quando I ∩ I œ g8 7 per ogni 8 Á 7 œ "ß #ß á, mentre sono detti esaustivi quando 8œ" I œ8 H. Gli eventi della successione ÐI Ñ8 8 " costituiscono una partizione numerabile di quandoH sono incompatibili e esaustivi.

Esempio 1.2.2. Si consideri il lancio di un dado. Gli eventi I œ Ö"ß $×" , I œ Ö#ß %ß &×# e I œ Ö'×$ costituiscono una partizione finita di . Gli eventiH I œ Ö"ß $ß %× I œ Ö#ß %ß &×" , # e I œ Ö%ß '×$ sono esaustivi, anche se non

costituiscono una partizione finita di .H 

Data una successione ÐI Ñ8 8 ", si dice limite inferiore della successione l'evento

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lim inf

8 8 5

8œ"

5œ8

I œ   I ,

ovvero l'evento lim inf8I8 appartiene a tutti gli eventi della successione stessa ad esclusione al più di un numero finito di questi. Inoltre, si dice limite superiore della successione l'evento

lim sup

8 8 5

8œ"

5œ8

I œ   I ,

ovvero l'evento lim sup8I8 appartiene ad una infinità numerabile di eventi della successione stessa. Se i due eventi lim inf8I8 e lim sup8I8 coincidono, allora si dice limite della successione l'evento

lim lim inf lim sup

8 8 8 8 8

8

I œ I œ I .

Inoltre, se I § I8 8" per ogni 8 œ "ß #ß á, la successione è detta crescente, mentre se I8" § I8 per ogni 8 œ "ß #ß á, la successione è detta decrescente. Successioni crescenti o decrescenti sono dette monotone. Dalle precedenti definizioni risulta facile verificare che una successione crescente ammette sempre limite, dato da

lim8 8 8

8œ"

I œ  I ,

così come una successione decrescente ammette sempre limite, dato da

lim8 8 8

8œ"

I œ  I .

Esempio 1.2.3. Si supponga di considerare un esperimento aleatorio che consiste nello scegliere casualmente un punto su un segmento unitario. In questo caso, lo spazio fondamentale associato all'esperimento aleatorio è dato da H œ Ò!ß "Ó. Si consideri la successione ÐI Ñ8 8 " il cui generico evento I8 risulta

I œ Ò!ß Ð"  Ð  "Ñ ÑÎ%Ó8 8 .

Dunque, si ha I œ Ò!ß "Î#Ó8 se è dispari, mentre 8 I œ Ö!×8 se è pari, da cui8

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lim inf

8 8 5

8œ" 8œ"

5œ8

I œ   I œ  Ö!× œ Ö!×

e

lim sup

8 8 5

8œ" 8œ"

5œ8

I œ   I œ  Ò!ß "Î#Ó œ Ò!ß "Î#Ó .

Non esiste dunque il limite della successione in quanto lim inf8I8 e lim sup8I8 non coincidono. Se si considera invece la successione decrescente ÐI Ñ8 8 " il cui generico evento risulta

I œ Ò!ß 8 Ó8 " , il suo limite è dato da

lim8 8 8

8œ"

I œ  I œ Ö!× ,

in quanto, verificandosi l'evento elementare Ö!×, si verifica ciascun evento I8 della successione. Se si considera invece la successione crescente ÐI Ñ8 8 " il cui generico evento è dato da

I œ Ò!ß Ð"  8 ÑÎ#Ó8 " , il suo limite risulta

lim8 8 8

8œ"

I œ  I œ Ò!ß "Î#Ó ,

in quanto, se si verifica l'evento Ò!ß "Î#Ó, si verifica almeno un evento I8 della

successione. 

Si noti che le operazioni definite per gli eventi possono essere estese in modo generale alle classi di eventi, dal momento che in effetti classi di eventi costituiscono insiemi di insiemi. In particolare, date due classi di eventi e ,X" X# si dice che è X" contenuta in e si adotta la notazione X# X" § X#, se e solo se per ogni evento I − X" si ha I − X#. Due classi di eventi e sono dette X" X# uguali e si adotta la notazione X" œ X#, quando si ha contemporaneamente X" § X# e

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X# § X". Se Ð ÑX3 3−M rappresenta una classe di classi di eventi, dove è unM insieme eventualmente non numerabile, la rispettiva unione è definita come

3−M

3 3

X œ ÖI − c HÐ Ñ À b3 − Mß I − X × , mentre la rispettiva intersezione è definita come

3−M

3 3

X œ ÖI − c HÐ Ñ À a3 − Mß I − X × .

Se M œ Ö"ß #ß á ×, in modo simile a quanto fatto per le successioni di eventi, si adotta la notazione Ð ÑX8 8 ", mentre l'unione e l'intersezione vengono indicate rispettivamente con 8œ" X8 e 8œ" X8.

1.3. -algebre 5

Dato un esperimento aleatorio, anche se ogni parte di può essere interpretataH come un evento, certe parti potrebbero non essere interessanti ai fini di un determinato problema, oppure potrebbero essere troppo complicate per essere analizzate. In ogni caso specifico, è conveniente dunque scegliere una classe di eventi non vuota, in modo che possieda caratteristiche di stabilità rispetto alle principali operazioni insiemistiche. Una importante classe di eventi che gode di questa proprietà è la cosiddetta -algebra.5

Definizione 1.3.1. Si dice 5-algebra di eventi una classe non vuota diY eventi di tale che:H

i) se I − Y, allora I −- Y;

ii) se ÐI Ñ8 8 " è una successione di eventi di , allora Y 8œ" I −8 Y.  In pratica la -algebra è una classe di eventi “chiusa” rispetto alle operazioni5 di complementazione e unione numerabile. Dunque, esempi immediati di -5 algebre sono la classe c HÐ Ñ, oppure la classe Ögß ×H .

Esempio 1.3.1. Si consideri lo spazio fondamentale H œ Ö= = ="ß #ß $×. Le possibili -algebre che si possono costruire da sono date da5 H

Y" œ Ögß × ,H

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Y# œ Ögß Ö="×ß Ö= =#ß $×ß × ,H Y$ œ Ögß Ö=#×ß Ö= ="ß $×ß × ,H Y% œ Ögß Ö=$×ß Ö= ="ß #×ß × ,H

Y& œ Ögß Ö="×ß Ö=#×ß Ö=$×ß Ö= ="ß #×ß Ö= ="ß $×ß Ö= =#ß $×ß × œH c HÐ Ñ .

Si noti che Y" è contenuta in tutte le altre -algebre, mentre 5 Y& contiene tutte le

altre. 

Teorema 1.3.2. Ogni -algebra contiene la -algebra 5 Y 5 Ögß ×H .

Dimostrazione. Dal momento che ogni -algebra è non vuota, esiste almeno5 un evento I − Y. Allora, dalla Definizione 1.3.1, si ha anche I −- Y e

I ∪ I œ- H − Y. Di conseguenza, H- œ g − Y. 

Tenendo presente il precedente Teorema, la -algebra 5 Ögß ×H è detta la più piccola -algebra su . Al contrario, dal momento che per ogni -algebra su5 H 5 Y H si ha Y § c HÐ Ñ, allora c HÐ Ñ è detta la più grande -algebra su .5 H

Teorema 1.3.3. Se ÐI Ñ8 8 " è una successione di eventi di , alloraY

8œ" I − Y .8

Dimostrazione. Dal momento che ÐI Ñ8- 8 " è una successione di eventi di ,Y si ha 8œ" I −8- Y e di conseguenza Ð8œ" I Ñ −8- - Y. Dalla relazione di De Morgan si ha 8œ" I œ Ð88œ" I Ñ8- -, da cui segue la tesi. 

Teorema 1.3.4. Se I ß I −" # Y, allora I" ÏI −# Y.

Dimostrazione. Dal momento che I ß I −" #- Y, anche I ∩ I −" #- Y. La tesi segue dalla relazione I Ï I œ I ∩ I" # " #-.  Attraverso i precedenti Teoremi si deduce che la -algebra è una classe di5 eventi “chiusa” rispetto alle principali operazioni insiemistiche considerate nella Sezione 1.2, ovvero rispetto alla complementazione, all'unione e all'intersezione numerabile, e alla differenza. Inoltre, se ÐI Ñ8 8 " è una successione di eventi di Y anche gli eventi lim inf8I8, lim sup8I8 e lim8I8 appartengono alla -5 algebra, in quanto sono definiti tramite unioni e intersezioni numerabili di eventi.

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Teorema 1.3.5. Se ÐY3 3−MÑ è una classe di -algebre, allora l'intersezione5 Y œ 3−MY3 è una -algebra.5

Dimostrazione. L'intersezione è non vuota, dal momento che contiene almeno la -algebra 5 Ögß ×H . Se I − Y, allora I − Y3 per ogni 3 − M. Dunque, I −- Y3 per ogni 3 − M e quindi I −- Y. In modo simile, se ÐI Ñ8 8 " − Y, allora I −8 Y3 per ogni 8   " e 3 − M. Dunque, 8œ" I −8 Y3 per ogni 3 − M e quindi

8œ" I − Y .8

Anche se il precedente Teorema assicura che l'intersezione di -algebre è5 ancora una -algebra, si noti che l'unione 5 3−MY3 non è in generale una -5 algebra.

Nella Teoria della Probabilità risulta fondamentale considerare inizialmente una classe di eventi con una struttura semplice con proprietà minimali e successivamente considerare una -algebra che la contiene. Più esattamente, data5 una classe di eventi su , si dice X H 5-algebra generata da , e si indica conX 5 XÐ Ñ, la più piccola -algebra che contiene . Dunque, se 5 X ÐY3 3−MÑ è la classe di 5-algebre tali che X § Y3, allora

5 XÐ Ñ œ Y

3−M 3 .

Evidentemente 5 XÐ Ñ contiene, oltre a tutti gli eventi di , anche tutti gli eventiX che si possono ottenere al più da un insieme numerabile di operazioni effettuate sugli eventi di .X

Esempio 1.3.2. Si consideri di nuovo l'Esempio 1.3.1. Data la classe di eventi X œ Ögß Ö= =#ß $×× ,

allora X § Y# e X § Y&. Quindi si ha

5 XÐ Ñ œ  Y œ Y

3−Ö#ß&×

3 # .

Si noti inoltre che

3−Ö#ß$×

3 " # " $ # $

Y œ Ögß Ö= ×ß Ö= ×ß Ö= =ß ×ß Ö= =ß ×ß ×H

non è una -algebra. Ad esempio, la precedente classe non contiene l'evento5

I œ Ö= ="ß $× ∩ Ö= =#ß $× œ Ö=$× . 

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1.4. Spazi probabilizzabili

Se è una -algebra su , la coppia Y 5 H Ð ßH YÑ è detta spazio probabilizzabile. Uno spazio probabilizzabile può essere costruito a partire da una classe iniziale X di eventi di , in modo tale da considerare la -algebra generata da , ovveroH 5 Y X Y œ Ð Ñ5 X . Se la classe è scelta in maniera appropriata, X 5 XÐ Ñ soddisfa qualsiasi esigenza di carattere pratico, nel senso che contiene tutti gli eventi sui quali normalmente si opera. In ogni caso, sussiste una certa arbitrarietà nella scelta della classe iniziale, in quanto dipende dal criterio con il quale si considerano alcuni eventi interessanti e altri eventi non interessanti.

Se H œ Ö="ß á ß=8× è finito, si può scegliere la classe degli eventi elementari

X œ ÐÖ ×Ñ=3 3œ"8 come classe iniziale. In questo caso, Y œ Ð Ñ œ5 X c HÐ Ñ. Risulta facile verificare che Y contiene #8 eventi, ovvero cardÐ Ñ œ #Y 8. In modo analogo, se X œ ÐI Ñ3 3œ"8 è una partizione finita di , allora H Y œ Ð Ñ5 X e si ha di nuovo cardÐ Ñ œ #Y 8.

Esempio 1.4.1. Se si considera il lancio di un dado, allora si può scegliere X œ ÐÖ3×Ñ3œ"' , in modo tale che si ha Y œ c HÐ Ñ con cardÐ Ñ œ # œ '%Y ' . Tuttavia, se l'interesse dell'esperimento aleatorio è focalizzato solamente sul verificarsi di una faccia pari o dispari, si potrebbero considerare solamente gli eventi I œ Ö"ß $ß &×" e I œ Ö#ß %ß '×# , in modo tale che X œ ÖI ß I ×" # costituisce una partizione finita di . In questo caso, si haH

Y œ Ð Ñ œ Ögß I ß I ß ×5 X " # H ,

con cardÐ Ñ œ # œ %Y # . 

Esempio 1.4.2. Un esperimento aleatorio consiste nello spezzare casualmente un segmento di lunghezza unitaria in due parti. Anche se in questo caso lo spazio fondamentale H œ Ò!ß "Ó contiene una infinità non numerabile di eventi elementari, si può considerare gli eventi I œ Ò!ß "Î$Ò I œ Ò"Î$ß #Î$Ò" , # e I œ Ò#Î$ß "Ó$ , che rappresentano rispettivamente l'evento che il segmento sia stato spezzato nella parte inferiore, centrale o superiore. Evidentemente, X œ ÖI ß I ß I ×" # $ costituisce una partizione finita di , per cuiH

Y œ Ð Ñ œ Ögß I ß I ß I ß I ∪ I ß I ∪ I ß I ∪ I ß ×5 X " # $ " # " $ # $ H .

Tuttavia, la ricchezza di eventi contenuta in H non viene effettivamente considerata a causa della estrema semplicità della classe iniziale. 

(16)

Se è numerabile, ovvero H H œ Ö= ="ß #ß á ×, si può scegliere di nuovo la classe degli eventi elementari X œ ÐÖ=8×Ñ8 " come classe iniziale. Dunque, si ha ancora Y œ Ð Ñ œ5 X c HÐ Ñ.

Se è non numerabile, allora non è opportuno considerare l'insieme delleH parti c HÐ Ñ, in quanto questa classe risulta troppo ampia da probabilizzare (si veda il Capitolo 3). Quindi, ci si deve limitare a scegliere una opportuna classe iniziale, in modo tale che 5 XÐ Ñ contenga gli eventi di interesse per l'analisi dell'esperimento aleatorio.

Esempio 1.4.3. Si consideri lo spazio fondamentale H œ ‘. In questo caso, la classe iniziale può essere scelta come la classe degli eventi del tipo X Ó+ß ,Ó. Se si considera dunque la -algebra generata da , ovvero 5 Y X Y œ Ð Ñ5 X , è opportuno analizzare alcune categorie di eventi che appartengono a . La successione diY eventi ÐI Ñ8 8 ", dove I œ Ó+  8 ß ,Ó8 " appartiene a Y, ed essendo questa successione decrescente, il suo limite è dato da

lim8 8

8œ"

"

I œ  Ó+  8 ß ,Ó œ Ò+ß ,Ó .

Quindi, contiene eventi del tipo Y Ò+ß ,Ó. Dunque, dal momento che Ò+ß +Ó œ Ö+×

appartiene ad Y Y, contiene anche tutti gli eventi elementari. Inoltre, la successione di eventi ÐI Ñ8 8 ", dove I œ Ó+  8ß ,Ó8 appartiene a , ed essendoY questa successione crescente, il suo limite è dato da

lim8 8

8œ"

I œ  Ó+  8ß ,Ó œ Ó  ∞ß ,Ó .

Quindi, contiene eventi del tipo Y Ó  ∞ß ,Ó. In generale, si può verificare che la 5-algebra generata da contiene tutti gli eventi del tipo Y X Ó+ß ,Ò Ó+ß ,Ó Ò+ß ,Ò, , e Ò+ß ,Ó, gli eventi del tipo Ó  ∞ß ,Ó Ó  ∞ß ,Ò Ò+ß ∞Ò, , e Ó+ß ∞Ò, oltre a tutti gli eventi elementari. Inoltre, contiene tutti gli eventi ottenibili da un insiemeY numerabile di operazioni insiemistiche su questi eventi. Dunque, è molto laborioso costruire un evento che non appartenga a (si veda Dudley, 2004,Y p.493) e in effetti la classe soddisfa pienamente tutte le esigenze di carattereY

pratico. 

Nel linguaggio della Teoria della Misura, la -algebra discussa nell'Esempio5 1.4.3 è detta 5-algebra di Borel, che prende nome dal grande matematico francese Émile Borel (1871-1956), uno dei pionieri della Teoria della Misura e

(17)

delle sue applicazioni alla Teoria della Probabilità. Generalmente, la -algebra di5 Borel è indicata con U ‘Ð Ñ e i suoi elementi sono detti Boreliani. Inoltre, la coppia Ð ß‘ U ‘Ð Ñ è uno Ñ spazio misurabile Si può dimostrare che la costruzione. della 5-algebra di Borel può anche essere fatta a partire dalla classe degli insiemi aperti di (si veda Dudley, 2004, p.98). Questa costruzione è equivalente a‘ quelle fatte partendo da una qualsiasi classe di insiemi del tipo Ó+ß ,Ò Ó+ß ,Ó Ò+ß ,Ò, , e Ò+ß ,Ó, o da una qualsiasi classe di insiemi del tipo Ó  ∞ß ,Ó Ó  ∞ß ,Ò Ò+ß ∞Ò, , e Ó+ß ∞Ò. Se “ § ‘, si adotta anche la notazione U “Ð Ñ per indicare la -algebra i5 cui elementi sono del tipo F ∩“ con F − U ‘Ð Ñ.

Figura 1.4.1. Émile Borel (1871-1956).

1.5. Prodotto cartesiano di spazi fondamentali

Si considerino esperimenti aleatori, a ciascuno dei quali risulta associato lo5 spazio fondamentale , dove H3 3 œ "ß á ß 5, e si combinino in modo da ottenere un unico esperimento aleatorio. In questo caso, lo spazio fondamentale prodotto risulta essere il prodotto cartesiano

H œ H" ‚ â ‚ H5 ,

ovvero gli elementi di sono tutte le possibili -ple H 5 Ð="ßá ß=5Ñ tali che

=" − H"ß á ß=5 − H5. In questo caso, se I §" H"ß á ß I §5 H5, si dice evento rettangolare un evento I dello spazio fondamentale prodotto i cui elementiH risultano essere tutte le possibili -ple 5 Ð="ßá ß=5Ñ con =" − I ß á ß" =5 − I5, ovvero

I œ I ‚ â ‚ I" 5 .

(18)

Inoltre, l'evento I §3 H3 è detto evento proiezione dell'evento rettangolare suI H3. Infine, se è una scelta di indici di , un evento N M I § H è detto evento cilindrico se si verificano gli eventi I §3 H3 con 3 − N, ovvero

I œ J ‚ â ‚ J" 5 , dove J œ I3 3 se 3 − N, mentre J œ3 H3 se 3 − M Ï N.

Se ÐH Y"ß "Ñß á ß ÐH Y5ß 5Ñ sono spazi probabilizzabili corrispondenti ai 5 5 esperimenti aleatori, la 5-algebra prodotto Y relativa allo spazio fondamentale prodotto è la -algebra generata dalla classe dagli eventi rettangolari di e siH 5 H scrive

Y œ Y" Œ â Œ Y5 .

La coppia Ð ßH YÑ è detta spazio probabilizzabile prodotto. Inoltre, per quanto riguarda la costruzione dello spazio probabilizzabile Ð ßH YÑ, se è finito oH numerabile, allora si può scegliere Y œ c HÐ Ñ. Se invece almeno uno degli spazi fondamentali H3 è non numerabile, allora anche è non numerabile. In questoH caso, può essere scelta come la -algebra generata dagli eventi rettangolari diY 5 H.

Nella Teoria della Misura si considera usualmente lo spazio prodotto

5 œ ‘ ‚ â ‚ . In questo caso, la -algebra di Borel su ‘ 5 ‘5 è data da U ‘Ð 5Ñ œ U ‘Ð ÑŒ â Œ U ‘Ð Ñ e può essere costruita a partire dagli insiemi rettangolari di ‘5 del tipo Ó+ ß , Ó ‚ â ‚ Ó+ ß , Ó" " 5 5 (o in modo simile a quanto visto nella Sezione 1.4, dal prodotto cartesiano di ogni tipo di intervallo o semiretta). Nel linguaggio della Teoria della Misura, la coppia Б5ßU ‘Ð 5ÑÑ è uno spazio misurabile prodotto. Infine, se “ § ‘5, si adotta la notazione U “Ð Ñ per indicare la -algebra i cui elementi sono del tipo 5 F ∩“ con F − U ‘Ð 5Ñ.

In generale, se si considera una classe di spazi fondamentali ÐH3 3−MÑ , dove èM un insieme eventualmente non numerabile, allora lo spazio fondamentale prodotto è dato da

H œ H

3−M 3 ,

ovvero in questo caso gli elementi di risultano essere tutte le famiglie del tipoH Ð Ñ=3 3−M tali che =3 − H3 per ogni 3 − M. Inoltre, si dice evento rettangolare un evento dello spazio fondamentale prodotto i cui elementi risultano essereI H tutte le possibili famiglie Ð Ñ=3 3−M tali che =3 − I3 per ogni 3 − M, ovvero

(19)

I œ I

3−M 3 .

Infine, se è una scelta di un numero finito di indici di , un evento N M I § H è detto evento cilindrico se si verificano gli eventi I §3 H3 con 3 − N, ovvero

I œ J

3−M 3 ,

dove J œ I3 3 se 3 − N, mentre J œ3 H3 se 3 − M Ï N.

Se ÐÐH Y3ß 3ÑÑ3−M è la classe di spazi probabilizzabili corrispondente alla classe di esperimenti aleatori, la 5-algebra prodotto Y sullo spazio fondamentale prodotto è la -algebra generata dalla classe degli eventi cilindrici di e vieneH 5 H scritta come

Y œ Y

3−M 3 .

Anche in questo caso, la coppia Ð ßH YÑ è detta spazio probabilizzabile prodotto. Esempio 1.5.1. Si considerino due lanci di una moneta. Poichè ogni lancio è un esperimento aleatorio che ha come spazio fondamentale H3 œ Ö ß ×> - , con 3 œ "ß # (dove al solito e rappresentano gli esiti relativi al verificarsi delle due facce> - della moneta), lo spazio fondamentale prodotto relativo all'esperimento aleatorio combinato risulta

H œ H" ‚H# œ ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñß Ð ß Ñß Ð ß Ñ×> > > - - > - - .

La -algebra prodotto è data da 5 Y œ Y" ŒY# œ c HÐ Ñ, dove Y" œ c HÐ "Ñ e Y# œ c HÐ #Ñ, con cardÐ Ñ œ # œ "'Y % . Dunque, risulta

Y œ Ögß ÖÐ ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×ß

ÖÐ ß Ñß

> > > - - > - - > > > - > > - >

> > - - > - - > > - - - - > - -

> > Ð ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñß Ð ß Ñ×ß ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñß Ð ß Ñ×ß ×> - - > > > > - - - > - - > - - H . L'evento

I œ ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñ×> > - >

è rettangolare, dal momento che può essere espresso come I œ I ‚ I" #, dove I œ Ö ß ×" > - è un evento di H", mentre I œ Ö ×# > è un evento di H#. L'evento èI

(20)

anche cilindrico, dal momento che I œ" H", e può essere rappresentato dunque come I œ H" ‚ I#. Al contrario, l'evento

I œ ÖÐ ß Ñß Ð ß Ñß Ð ß Ñ×> > > - - >

non è rettangolare, in quanto non può essere espresso come prodotto cartesiano

di eventi di H" e H#. 

Esempio 1.5.2. Si analizza ora la generalizzazione dell'Esempio 1.5.1. Si consideri un esperimento aleatorio con esito dicotomico, ovvero suscettibile di assumere due soli risultati =" e =# del tipo “successo” e “insuccesso”. Uno schema che sta alla base di molti modelli probabilistici è appunto la ripetizione di questo esperimento aleatorio per volte. Lo spazio fondamentale prodotto5

H œ H" ‚ â ‚H5 relativo alla combinazione dei esperimenti aleatori risulta5

allora composto da #5 elementi del tipo Ð=4"ßá ß=45Ñ, dove 43 œ "ß # e 3 œ "ß á ß 5. In effetti, Ð=4"ßá ß=45Ñ è il risultato dell'esperimento combinato tale che “=4" si è verificato nel primo esperimento, á , =45 si è verificato nel -5 esimo esperimento”. In pratica è costituito da tutte le H #5 possibili -ple5 composte dai risultati =" e =#. Quindi, la -algebra prodotto è data da5

Y œ Y" Œ â ŒY5 œ c HÐ Ñ ed è pertanto costituita da ##5 eventi. Lo schema

appena considerato può essere ulteriormente generalizzato considerando un'infinità numerabile di ripetizioni dell'esperimento aleatorio. In questo caso, lo spazio fondamentale prodotto H œ 8 "H8 relativo alla combinazione degli esperimenti aleatori risulta allora composto dalle successioni del tipo Ð=48Ñ8 ", dove 48 œ "ß #. Inoltre, la -algebra prodotto 5 Y œ 8 "Y8 può essere costruita a partire dalla classe degli eventi cilindrici. Risulta interessante notare che se H8 œ Ö!ß "×, allora ogni elemento di è in effetti una successione di simboli eH !

". Tenendo presente la rappresentazione binaria dei numeri in Ò!ß "Ó, ogni evento elementare di può essere quindi messo in corrispondenza con un numero inH Ò!ß "Ó. Lo schema considerato è quindi equivalente all'esperimento aleatorio che consiste nello scegliere in modo casuale un punto su un segmento di lunghezza unitaria (per un approfondimento di questi argomenti si consideri Billingsley, 1995, p.1). Si deve infine sottolineare che lo schema delle prove ripetute ora descritto è anche detto schema di Bernoulli, dal momento che fu introdotto dal grande matematico svizzero Jakob Bernoulli (1654-1705), un membro della famosa famiglia di matematici e fisici che include fra l'altro il fratello Johann Bernoulli (1667-1748) e il nipote Daniel Bernoulli (1700-1782). Jakob Bernoulli è l'autore di Ars Conjectandi (pubblicato postumo nel 1713), l'opera che ha posto

(21)

le basi del calcolo combinatorio e introdotto alcuni risultati fondamentali della

Teoria della Probabilità. 

Figura 1.5.1. Jakob Bernoulli (1654-1705) e frontespizio di Ars Conjectandi (1713).

Esempio 1.5.3. Si consideri il tempo di attesa per un evento sismico in due determinate zone. Ogni risultato di questo fenomeno aleatorio è del tipo “i tempi di attesa sono rispettivamente pari a e unità temporali”, dove >" ># > ß >   !" # . Quindi, dal momento che lo spazio fondamentale relativo a ciascun fenomeno aleatorio è del tipo H3 œ Ò!ß ∞Ò, lo spazio fondamentale prodotto risulta

H œ H" ‚H# œ Ò!ß ∞Ò ‚ Ò!ß ∞Ò .

L'evento

I œ ÖÐ> ß > Ñ −" # H À > − Ò"ß $Óß > − Ò%ß ∞Ò×" #

è rettangolare dal momento che I œ I ‚ I" #, dove I §" H" e I §# H# sono dati da I œ Ò"ß $Ó I œ Ò%ß ∞Ò" e # . Al contrario l'evento

I œ ÖÐ> ß > Ñ −" # H À >  > − Ò!ß $Ó×" # ,

ovvero “la somma dei tempi di attesa non supera le unità temporali”, non è$ dato dal prodotto cartesiano di eventi di H" e H#. Infine l'evento

I œ ÖÐ> ß > Ñ −" # H À > − Ò!ß $Ó×" ,

ovvero “il tempo di attesa nella prima zona non supera le unità temporali”,$ risulta esprimibile come prodotto cartesiano I œ I ‚" H#, dove I §" H" è dato da I œ Ò!ß $Ó" . Quindi, rappresenta l'evento cilindrico che si verifichi I I" nel primo esperimento aleatorio. Per quanto riguarda infine la -algebra prodotto, 5 Y

(22)

è in questo caso la -algebra generata dagli eventi rettangolari del tipo 5 I ‚ I" #, dove I −" Y" e I −# Y#, mentre Y" e Y# sono 5-algebre di eventi rispettivamente costruite come nella Sezione 1.4 nel caso di un solo esperimento aleatorio con spazio fondamentale di cardinalità non numerabile. Se si considera infine il tempo di attesa per un evento sismico per zone situate lungo un intero meridiano, allora lo spazio fondamentale prodotto risulta H œ 3−MH3, dove M rappresenta l'insieme di posizioni sul meridiano. In questo caso, è un insiemeM che contiene un'infinita non numerabile di indici e Y può essere scelta come la 5-algebra generata dalla classe degli eventi cilindrici di .H 

1.6. Riferimenti bibliografici

Per quanto riguarda la storia della Teoria della Probabilità, si suggerisce di consultare i testi di Hald (1998, 2003). L'approccio alla probabilità basato sulla Teoria della Misura è estesamente considerato nei testi avanzati di Ash e Doléans-Dade (2000), Billingsley (1995), Borovkov (2013), Gut (2005) e Resnick (2014), e nei testi introduttivi di Jacod e Protter (2004), Letta (1993) e Venkatesh (2012). Basandosi sul medesimo approccio, i testi di Dudley (2004) e Kallenberg (2002) forniscono risultati e dimostrazioni in modo dettagliato e sono opportuni per un lettore esigente. Per un approccio classico alla probabilità, si dovrebbe consultare il fondamentale testo di Feller (1968).

(23)

Misure di probabilità

2.1. Definizione assiomatica di probabilità

Il trattamento rigoroso della Teoria della Probabilità è stato introdotto intorno al 1930 dal matematico russo Andrej Nikolaevic Kolmogorov (1903-1987).

Kolmogorov sviluppò il concetto di probabilità assumendo la Teoria della Misura come metalinguaggio per la Teoria della Probabilità, in modo da superare il dibattito fra quanti consideravano la probabilità come limite di frequenze relative, ovvero la cosiddetta impostazione frequentista, e quanti cercavano un fondamento logico della stessa (per un'analisi approfondita dei vari concetti di probabilità, si veda von Plato, 1994). Al contrario, l'approccio proposto da Kolmogorov semplicemente definisce la probabilità in modo assiomatico, postulando in effetti che la probabilità sia una misura normalizzata (Kolmogorov, 1933). Risulta quindi opportuno definire inizialmente il concetto di misura prima di introdurre quello di probabilità.

Figura 2.1.1. Andrej Nikolaevic Kolmogorov (1903-1987).

(24)

Definizione 2.1.1. Una applicazione . YÀ È Ò!ß ∞Ò è una misura su se perY ogni successione di eventi incompatibili ÐI Ñ8 8 " − Y si ha

.  .

8œ" 8œ"

8 8

I œ ÐI Ñ . 

La precedente definizione stabilisce che una misura è una funzione non negativa su Y con la cosiddetta proprietà della 5-additività (o additività numerabile). Una misura è detta invece additiva se dati eventi incompatibili8 ÐI Ñ3 3œ"8 − Y, allora .Ð3œ"8 I Ñ œ33œ"8 .ÐI Ñ3 . Inoltre, se . HÐ Ñ œ " la misura è detta normalizzata. Nel linguaggio della Teoria della Misura, la terna Ð ßH Y .ß Ñ è detta spazio misurato.

Data l'importanza del concetto di probabilità, in modo leggermente ridondante, viene data di seguito anche la classica definizione assiomatica di probabilità attraverso tre assiomi (che evidentemente definiscono di nuovo la probabilità come misura normalizzata).

Definizione 2.1.2. Una applicazione T À Y È Ò!ß ∞Ò è una misura di probabilità (o semplicemente probabilità) se:

i) T ÐIÑ   ! per ogni I − Y; ii) T Ð Ñ œ "H ;

iii) per ogni successione di eventi incompatibili ÐI Ñ8 8 " − Y si ha TI  œ T ÐI Ñ

8œ" 8œ"

8 8 . 

In effetti, gli assiomi ) e i iii) della Definizione 2.1.2 stabiliscono che la probabilità è una misura -additiva, mentre l'assioma ) stabilisce che questa5 ii misura è normalizzata a . La terna " Ð ßH Yß T Ñ è detta spazio probabilizzato. Si noti che l'approccio assiomatico non fornisce il modo con cui selezionare la misura di probabilità . In pratica, l'individuo che analizza l'esperimento o ilT fenomeno aleatorio esprime un “grado di fiducia” nei confronti degli eventi di Y , che lo portano a definire una data misura di probabilità. Ovviamente, un differente individuo potrebbe essere incline a specificare un diverso “grado di fiducia” nei confronti degli stessi eventi di , in modo tale da definire unaY differente misura di probabilità rispetto al primo individuo. Quindi, la scelta di

(25)

T , ovvero la costruzione di uno spazio probabilizzato, ha per sua natura un carattere arbitrario e sarà discussa in dettaglio nella Sezione 2.3.

2.2. Alcune proprietà della probabilità

Come conseguenza della definizione assiomatica di probabilità derivano numerose proprietà. Alcune di queste proprietà sono enunciate di seguito sotto forma di altrettanti Teoremi.

Teorema 2.2.1. Se Ð ßH Yß T Ñ è uno spazio probabilizzato, si ha T Ðg œ !Ñ . Dimostrazione. Dal momento che H œ H ∪ g, essendo e incompatibili,H g per l'assioma iiiÑ della Definizione 2.1.2 si ha T ÐHÑ œ T ÐHÑ  T ÐgÑ e quindi

risulta T Ðg œ !Ñ . 

Teorema 2.2.2. Sia Ð ßH Yß T Ñ uno spazio probabilizzato. Se I − Y, allora T ÐI-Ñ œ "  T ÐIÑ .

Dimostrazione. Dal momento che H œ I ∪ I-, essendo I e I- incompatibili, per l'assioma iiiÑ della Definizione 2.1.2 si ha T ÐHÑ œ T ÐIÑ  T ÐI-Ñ, da cui si ha la tesi tenendo presente l'assioma ) dellaii

Definizione 2.1.2. 

Esempio 2.2.1. In modo simile all'Esempio 1.1.3, si considerino 7 palline distinguibili inserite in modo casuale in Q celle. Si supponga che ogni configurazione di palline nelle celle sia ugualmente probabile, ovvero che per ogni evento elementare di si abbia H T ÐÖ ×=3 Ñ œ Q7. Si vuole determinare la probabilità di avere una configurazione con almeno due palline in una cella. In questo caso, se rappresenta l'evento di ottenere una configurazione con al piùI una pallina per cella, dal momento che esistono QxÎÐQ  7Ñx di tali configurazioni se 7 Ÿ Q, si ha

T ÐI œ Q x Q

ÐQ  7Ñx

Ñ 7 ,

mentre T ÐIÑ œ ! se 7  Q. Dunque, la probabilità richiesta è data da

(26)

T ÐI œ "  Q x Q ÐQ  7Ñx

-Ñ 7

se 7 Ÿ Q, mentre T ÐI Ñ œ "- se 7  Q. Risulta inoltre immediato verificare che T ÐI-Ñ è una funzione crescente di 7 per un dato Q. Questi risultati possono essere utilizzati nella soluzione del cosiddetto problema dei compleanni.

Supponendo che persone siano riunite in una stanza, questo problema consiste7 nell'ottenere la probabilità di avere almeno due persone con il compleanno nello stesso giorno dell'anno. Se si assume che tutte le configurazioni di compleanni siano ugualmente probabili e di avere un anno pari a Q œ $'& giorni, la probabilità richiesta si ottiene immediatamente dalla precedente espressione. In modo piuttosto controintuitivo, è sufficiente che 7 œ #$ persone siano presenti nella stanza per ottenere che questa probabilità sia maggiore di "Î#. In effetti in questo caso si ha T ÐI-Ñ ¶ !Þ&!(. Si noti che T ÐI-Ñ cresce rapidamente al crescere di . In effetti se 7 7 œ &! persone sono presenti nella stanza, si ha T ÐI-Ñ ¶ !Þ*(!. Per curiosità relative al problema dei compleanni si veda

Olofsson (2015, p.61). 

Teorema 2.2.3. Sia Ð ßH Yß TÑ uno spazio probabilizzato. Se I ß I −" # Y e I § I" #, allora

T ÐI Ï I# "Ñ œ T ÐI#Ñ  T ÐI"Ñ . Inoltre, si ha T ÐI"Ñ Ÿ T ÐI#Ñ.

Dimostrazione. Dal momento che I § I I" #, # può essere scritto come I œ I ∪ ÐI Ï I# " # "Ñ ,

dove I" e ÐI Ï I# "Ñ sono tra loro incompatibili. Dunque, per l'assioma iiiÑ della Definizione 2.1.2 si ha

T ÐI#Ñ œ T ÐI"Ñ  T ÐI Ï I# "Ñ ,

da cui segue immediatamente la prima parte. Essendo T ÐI Ï I# "Ñ   ! per l'assioma iÑ della Definizione 2.1.2, si ha la seconda parte.  Come conseguenza del Teorema 2.2.3, dal momento che per ogni I − Y si ha I § H, allora T ÐI Ÿ T ÐÑ HÑ œ ". Tenendo presente l'assioma ) dellai Definizione 2.1.2, si può quindi concludere che ! Ÿ T ÐI Ÿ "Ñ per ogni I − Y.

(27)

Teorema 2.2.4. Sia Ð ßH Yß TÑ uno spazio probabilizzato. Se I ß I −" # Y, allora

T ÐI ∪ I" #Ñ œ T ÐI"Ñ T ÐI#Ñ  T ÐI ∩ I" #Ñ . Dimostrazione. Tenendo presente le relazioni

I ∪ I œ I ∪ ÐI Ï I" # " # "Ñ e

I œ ÐI ∩ I# " #Ñ ∪ ÐI Ï I# "Ñ ,

dal momento che i secondi membri delle due uguaglianze sono dati dall'unione di eventi incompatibili, per l'assioma iiiÑ della Definizione 2.1.2 risulta

T ÐI ∪ I" #Ñ œ T ÐI"Ñ  T ÐI Ï I# "Ñ e

T ÐI#Ñ œ T ÐI ∩ I" #Ñ  T ÐI Ï I# "Ñ .

Sottraendo membro a membro queste relazioni si ottiene immediatamente la tesi. Esempio 2.2.2. Il gioco del bridge è stato frequentemente analizzato in termini teorici dai matematici. Émile Borel è stato addirittura l'autore, insieme al giocatore di scacchi e di bridge André Chéron (1895-1980), di un manuale specifico, ovvero Théorie Mathématique du Bridge à la Portée de Tous (1940).

Nel gioco del bridge viene assegnata ad ogni giocatore una mano composta da

"$ carte scelte casualmente da un mazzo di carte. Quindi, se si considera la&#

mano di carte assegnata ad un singolo giocatore, i possibili risultati sono dati da tutte le scelte di carte dal mazzo, ovvero card"$ Ð Ñ œH  &#"$ . Se si assume che nessun baro sia presente al tavolo di gioco, si può supporre che ogni mano di carte sia ugualmente probabile, ovvero che per ogni evento elementare si abbia T ÐÖ ×=3 Ñ œ  &#"$ ". Si consideri dunque la probabilità di ottenere una mano che contiene l'asso, il re, la regina, il fante e il dieci di almeno un seme di cuori o di quadri. Se si indica con I" e I# gli eventi tali che le cinque carte descritte siano presenti nella mano rispettivamente per il seme di cuori e di quadri, allora si ha

T ÐI œ T ÐI œ %( &#

) "$

" #

"

Ñ Ñ    .

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