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L’ ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L ESCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Direttore M. J . de Johannis
Anna W - Voi. Oli iirenze-Roma, 13 G iu p 1922 j ROMA 6 : Via Gregoriana, 56 « .2 5 1 1
PARTE ECONOMICA. L ’autorità dello Stato
Po-litica e dogane. Federico Flora.
La libertà di commercio nello sviluppo economico delle Nazioni. Albano da Re.
Numero e specie degli Istituti per l’istruzione media per il complesso del regno
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARE.
Il movimento sindacale internazionale dei lavoratori L ’organizazione popolare
| RIVISTA BIBLIOGRAFICA Partecipazione degli operai FINANZE DI STATO.
Gettito delle imposte dirette Gettito delle tasse di bollo Le entrate dello Stato
Il credito di guerra degli Stati Uniti Le entrate dello Stato in Germania La ricchezza nazionale del Giappone ! RIVISTA DEL COMMERCIO.
La depressione industriale in Italia li NOTIZIE VARIE
L ’andamento della disoccupazione
Proiettili d ’artiglieria consumati nella nostra guerra Movimento avvocati di Roma
| Gestione statale dello zucchero Jl protezionismo americano alla marina
Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali
Istituto Coloniale Italiane — Collezione dell’Ufficio Relazioni Commerciali N . 1
Sociétè de Banque Suisse, Bàie 1 9 2 2
l i p r e z z o di a b b o n a m e n t o è di lire 4 0 annue p er l ’I ta lia
e C olon ie, e di lire 8 0 per l ’E stero, p ag a te in m oneta del paese di
p ro v e n ie n za ca lcolate a lla p a i i ; sem pre a n ticip a to . Non si dà corso alle rich ieste di ab bonam ento, rfbn acco m p a g n ate d al r e la tiv o im porto.
L’ ab bonam ento è a n n u o e dercorre dal 1, gennaio.
Un fascico lo separato co^ta L. 4 per l ’Ita lia e in p rop o rzio n e per
g li a ltr i paesi.
T rasco rso un m ese d a lla p u b b licazio n e n o n si t r a s m e t t o n o f a s c i e o l i r e c l a m a t i d a g li ab bo nati.
I cam biam en ti di in d irizzo van n o acco m p a g n ati d a lla fa sc e tta e d alla rim essa di L. 5.
N o n s i i n v i a n o b o z z e d eg li scritti fa v o riti dai co lla b o ra to ri,
i q u a li debbono rim ettere g li o rig in a li n ella loro red azio n e d efin itiva.
N o n si d a n n o In o m a g g i o estratti, nè copie di fascico li.
P o trà solo essere ten uto conto d egli in d iriz zi, che p reven tiva m en te g li au to ri avran n o d esign ato , per l ’in v io d elle copie co n ten en ti i loro scr itti.
P e r g li e s tra tti .rich ied ere a lla A m m in istrazio n e il prezzo di
costo-Prof. GIORGIO MORTARA
Prospettive economiche 1922
Volume di 342 pag. — Edizione fuori commercio Società’ Editrice <i Leonardoda Vinci » : Città di Castello
Prof. RICCARDO BACHI L. 25
L’ Italia Economica nel 1920
con uno studio preliminare dell’anno 1921 Soc. Ed. « Dante Alighieri» — Roma - Milano - Napoli
Metron
• Rivista Internaz. di statistica diretta dai pro/. Corrado Gini
Abbonamento , 50. Industrie Grafiche italiane — Rovigo.
L’autorità dello Stato
L ’autorità dello Stato appartiene a quella cate goria di elementi imponderabili, che non ammette ima posizione intermedia fra l’essere o iì non essere. L ’autorità c’è e si manifesta in tutta la sua forma, senza compromessi, senza limitazioni, senza tran sazioni e senza omissioni ; ma con giustizia, con fermezza, con imparzialità, con serenità ; o non c ’è ed allora si ha precisamente quella condizione di anarch.smo latente che denota la inesistenza da parte dello Stato, della volontà di far rispet tare i patti che regolano la collettività e le leggi che essa stessa si è data o la sua insipienza nel tenere i componenti della compagine nazionale sotto il rispetto delle libere pattuizioni e delle ac cettate istituzione.
Ohe dopo la guerra i Governi si sieno trovati nella difficile condizione di non poter esercitare tutta la loro autorità di fronte a violazioni legali che avrebbero condotto a ll’onere, di dure sanzioni masse enormi di cittadini, è cosà ormai risaputa. Il corrivo e funesto gabinetto presieduto dal- l ’on. Nitti condusse come è ben noto per una china che solo il buon senso stesso delle masse potè arrestare in tempo, mentre il Governo era ormai così disarmato e disautorato da non poter fare argine-.
Da allora, i Gabinetti succedutisi hanno gradata- mente, ma abbastanza pertinacemente, agito nel senso di ridurre i movimenti sociali all’osservanza delle leggi; ma tu tt’ora siamo ben lontani dal l ’avere raggiunto quella imparzialità e quella fer mezza, che sarebbero desiderabili.
Tuttavia ci piace segnalare un sintomo dei ten tativi che il Governo cerca di fare per afferm are la propria autorità. Togliamo dai giornali la se guente notizia :
“ Sono cominciate ieri le comunicazioni delle puni zioni inflitte ai ferrovieri che scioperarono il 1° maggio, Già i capi del Sindacato furono deferiti all’autorità giu diziaria.
“ Ora il compartimento di Milano ha sospeso dal grado e dallo stipendio sino a un mese i 'seguenti a- genti : divisione movimento 3450; divisione trazione 1700; divisione lavori 230; divisione approvvigionamenti 17 „.
Non è già che noi proviamo alcun intimo o r e condito compiacimento nel sapere puniti i ferro vieri che scioperarono il 1° maggio, specialmente dopo che il Governo stesso ha in quel giorno ri conosciuta la vacanza per i pubblici uffici.
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razioni che non sieno dal Governo stesso auto rizzate.
Ma vorremmo però che lo stesso trattamento fosse inesorabilmente applicato anche al servizio postelegrafonico, in modo che anche di questo fosse per il futuro garantito il continuato funzio
namento. Noi comprendiamo benissimo che, nella condizione di disordine e di rallentamento di ogni disciplina quale quella che per troppo lungo tempo ha durato, non sia stato possibile trarre di un subito ad un assetto di ordine perfetto ; non am mettiamo però che una volta accettala la via del rigore, come nel caso dei ferrovieri, essa non sia perseguita, rigidamente anche in tutti gli ! altri campi di manifestazioni che ledono o meno mano la autorità dello Stato ; ciò costi quanto costi.
I vantaggi che si potranno avere dall’avere ri stabilito la reciproci posizione dei cittadini, dei funzionari, dello stesso potere esecutivo, dinanzi alla legge, saranno tali e tanti, da compensare lar- | gamente anche quei turbamenti che derivassero da direttive strettam ente rigide. E ’ perciò che au gureremo sempre che abbia lunga durata quel : qualsiasi Governo che dia garanzia di volere re - ! staurare totalmente le autorità dello Stato.
Politica e dogane
Nulla di più vano di una alleanza politica che tra scura le esigenze della economia.
E ’ il caso della celebrata intimità italo-britannica, | vitale so.tanto se accompagnata dalla pronta elimina- j zione di ogni discordia doganale ira i due paesi.
Purtroppo non sembra sia ancora questa 1 opinione | dominante., La soppressione graduale delie barriere | protezioniste, sebbene calorosamente invocata a G e li nova dagli italiani,' dagli inglesi, dai giapponesi con 1 il plauso dei tedeschi, è più lontana che mai. E ’ una semplice affermazione platonica e Sentimentale alla qua:e francesi, jugoslavi, russi, spettatori della sua quotidiana negazione pratica, non hanno vomto nep pure associarsi. Il liberismo è nei discorsi politici, il protezionismo nella azione concreta.
E ciò per entrambi i paesi, sebbene italiani e in glesi fossero più degli altri « conferenzieri » convinti che il proibizionismo commerciale distrugge le basi j di ogni più salda lega politica.
Basta, per convincersene, ricordare ciò che avvie- ! ne ora, in Italia per la latta inglese, indispensabile per la esportazione delle nostre conserve alimentari. E ' una esportazione che converte in oro sonante, gii or taggi e la frutta di questa terra italica ricca, per l ’e levata fecondità di riserve demografiche che per di fetto, non di mezzi ma di fede, lasciammo finora sfrut tare dagli stranieri. Per sostenere una famiglia agri cola occorrono almeno dieci ettari idli terreni semina tivi, ma basta un solo ettaro se ai cereali si sostitui sce la produzione della frutta e dei legumi. Ora, pri ma della guerra, l ’esportazione della frutta, dei le gumi, degli ortaggi, sebbene punto favorita dal re gime doganale e dan trasporti, pagava da sola le im portazioni di grano, di farina, e di crusca lasciando, inoltre, una notevole eccedenza. E ’ una corrente di ! esportazioni, che per quanto riguarda le conserve ali
mentari, il mostruoso dazio di importatzoine sulla lat ta1, materia prima della fiorente industria, stabilito dalla nuova tariffa doganale, sopprimerà tosto per intero, con incalcolabile danno per l ’agricoltura bi sognosa di sostituire alla esportazione del lavoro quel la dei prodotti. E ’ la sola che possa elevare il red dito nazionale senza disperdere in paesi lontani la nostra) idtensa popolazione rurale. Nella California, narra l ’Aguet, la prodùzione della frutta rappresenta oggi un valore triplo di quello dell’oro» al quale i piu attribuiscono la ricchezza della regione. L ’aumento del dazio sulla latta, delle bande stagnate, elevato
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da L. 18 ero per quintale a L. 44,80 oro, unica mente per favorire tre prosperose imprese nazionali e qualche centinaio di operai, mentre non ha punto richiamato in Itaia l’aitenzione dei mi.ioni di lavo ratori occupati nella produzione degli ortaggi e della frutta, ha già sollevato in Inghilterra le proteste delle maestranze, delie ditte esportatrici, della Camera di Commercio del paese di Galles dal qua e le bande stagnate erano, con grande vantaggio dei nostri fab bricanti di conserve alimentari, quasi per intero ac quistate. L ’Unione dei produttori di latta del paero di Galles, proprio nei giorni in cui a Genova più si esaltava l ’intimità italo-britannica, è arrivato1 pr: sino «4 invocare dal Governo, ingiere la immediata de nuncia del trattato di commercio con ¡'Italia che re gola altresì i nostri scambi con le colonie britanni che. L'Inghilterra liberista avrebbe dovuto imitare senz’altro là Francia1 protezionista più di os a vigile custode dei suoi commerci.
Speriamo, dopo tante dichiarazioni di amicizia, che la domandata denuncia non sia presa in considera zione.
Per parte nostra spetta1 alla Commissione parla mentare delle tariffe doganali rimuovere tosto tanta ingiustizia riportando il nuovo idàzio — che raddop pia quasi il prezzo delle bande di latta ing eri — po ste a Genova, .oli'antica misura di 18 lire in oro, che, per effetto dell’alto aggio odierno, già consente ai tre j fabbricanti nazionali di latta una protezione esagerata.
La stessa Commissione Reale ver lo studio delle
tariffe doganali, più dei membri della Commissione ministeriale, compresa della necessità di sa vare i pro duttori ed i consumatori delle merci imballate in sca tole di latta, dalla crisi, aveva proposto che' il dazio primitivo fosse non aumentato ma ridotto addirittura a sei lire oro per neutralizzare in parte l'azione pro tettiva dell’alto1 cambio. La Commissione ministe riale, ha creduto invece di elevarlo a 43 lire oro di menticando che un dazio simile rovinava’ la produ zione degli ortaggi e della frutta e sopprimeva addi rittura l ’esportazione delle conserve con grande be neficio dei nostri concorrenti americani e spo.gnuoli.
Il giuoco, è politicamente pericoloso.
L ’Inghilterra ha stabilito, come a suo tempo di cemmo, un dazio del 33 per cento ad valorem, sulle importazioni dei paesi a valuta deprezzata. Per quel la tale tradizionale amicizia fra i due paesi, ora cul minante a Genova, il sopradazio di valuto non venne applicato ai prodotti italiani, sebbene la lira dii carta non valga più che venticinque centesimi in oro.
Ma chi mai può escludere che il Governo inglese, sospinto dalle proteste dei produttori nazionali, a cui i nuovi dazi doganali chiudono il mercato italiano, non si decida all’ultimo, per rappresaglia, ad applicare alle nostre esportazioni in Inghilterra il temuto so pradazio?
Una amicizia politica, curante solo di comporre ì dissensi, invece di prevenirli, è sempre cosa fragile. Alimenta, non la fiducia, ma la diffidenza. Perciò conta poco.
E r una verità storica che raccomandiamo alla De legazione italiana che alla metà di giugno andrà a Londra per promuovere gli scambi fra i due paesi.
I membri della Commissione parlamentare per le tariffe doganali, che mentre inneggiano alla nuova fraterna lega italo-britannica ne distruggono con dazi proibitivi i commerci, dovrebbero essere i primi a ri cordarla.
Fe d e r i c o Fl o r a.
Si fa preghiera a i Sigg. Abbonati di
richiedere i fascicoli smarriti non oltre un
mese dalla data della loro pubblicazione,
perchè sovente, dopo tale periodo, le col
18 giugno 1922 — N. 2511 L’ECONOMISTA 171
La libertà di commercio
sullo sviluppo economico delle Nazioni
Il C o l b e r t i s m o
S i. Cenni storici — § 2. Origine del Protezionismo — § 3, __ Fenomeno dello scambio naturale dei pro
dotti — § 4. Industria e Commercio.
§. x. — Prima di prendere in esame, sia pur ra pidamente, la complicata gestione doganale, cre diamo opportuno percorrere a ritroso un buon tratto di storia, fin dove sorse il protezionismo e nacque la sua critica.
Fin dal principio dell’antichità noi osserviamo nella società umana delle scissioni, 'più o meno nette, derivanti, sia da ragioni di stirpe, sia d in - teresse. Queste divisioni sono quelle appunto, che ora formano, ed allontanano 1 uno dall altro, gli Stati moderni. Osserviamo ancora, che per tutta la storia del genere umano, le ragioni^ che divisero, dapprima uomo da uomo, poi società da società, poi popolo da popolo, furono sempre le stesse.
Finché l’economia fu domestica, poco c e da rile vare sulle relazioni economiche, tra uomo e uomo, ma quando gli uomini si collegarono, gli uni cog 1 altri, e l ’economia assunse la forma di economia sociale, molto avrebbero dovuto importare i suac cennati rapporti, poiché mentre prima una spia persona operava per il bene, magari di una soia- persona, come avviene nelle relazioni domestiche, ora la stessa mente direttiva provvedeva per una collettività, ed era, responsabile del bene e del male che ad essa ne fosse provenuto. Ma anche quando si formarono i popoli e si conobbero fra loro, poco si curarono delle relazioni commerciali, poiché ciò che non si aveva, si prendeva, si commerciava in somma a colpi di spalla non coi contratti.
Anche se questioni doganali furono poco osser vate, « nell’antichità, osserva il Larice, si combat teva colle armi non colle tariffe » (1), ed infatti noi percorriamo tutto il periodo della Storia an tica senza incontrare, mai, cenni, su barriere do ganali, dazi protettivi, trattati di commercio. Sulla fine del Medio-Evo, questi si fanno vedere, ma il commercio resta sempre libero e le grandi Repub bliche marittime, italiane esercitano sempre una politica liberista.
§ 2. — Fu circa il secolo xv ii che il controllore Generale delle finanze del Re Sole, Gian B attista Colbert gettava le basi in Francia di un sistèma protezionista, chiamato poi colbertismo, che, se pure .fu preceduto da altri atti protezionisti, quale l’atto di navigazione di Oliviero Cromwell, si suole considerare come aurora del protezionismo.
Colbert s’ inspirò ad un princìpio tu tt’altro che caritatevole, non per il principio in se stesso, ma per le conseguenze che esso portò, sia nel quadro economico, che in quello politico dell’Europa.
Il principio Colbertista, si basava su di un si- sterna complicato di dazi protettivi che veniva però a portare una funesta conseguenza : la Bilancia del Commercio. Funesta, dico, perche essa consisteva nel togliere il denaro alle nazioni per rinsanguare le casse francesi, cosa che importava una eventuale violenta reazione, che si risolveva poi, a danno del principio colbertista. Ed infatti, nel 1672, il colber, tismo ebbe fulmineo effetto nella guerra coll’Olanda, causata dall’esclusione mercantile degli olandesi dai mercati di Francia. Essa, se bene riuscisse favore vole alle armi di quest’ultima, non fu però una bella introduzione del sistema colbertista.
Qualcuno potrà osservare, che malgrado insinua zioni libero-scambiste il Regno di Luigi X IV è il periodo più florido della storia economica francesi, per tacere di quella militare, ma si ricordi che se Gian B a ttista Colbert preparò ài Re Sole un trono splendente, retto da colonne di « Luigi » pure 1
(1) Larice— Storia del Commercio - Milano, 1920.
queste colonne furono poco solide poiché^ non sep pero resistere alla furia travolgente dell’ 89. E in fatti a che cosa dobbiamo la caduta del Regno Capeterigio ? Non voglio credere ch’essa sia dovuta interamente al Colbertismo ma, sebbene i bilanci commerciali francesi in questo tempo appaiano fa vorevolissimi, teniamo a far qui osservare col L a r ic e t i ) che, la causa della rivoluzione francese fu il contrasto fra le pessime condizioni politiche, eco nomiche (malgrado il regime Colbertista) sociali, della Francia e le nuove aspirazioni sorte per opera di Rousseau e di Voltaire.
Ed infatti le condizioni economiche della Francia furono pessime in quel tempo poiché Colbert sacri ficò i prodotti naturali di essa ai prodotti fittizi, sacrificò cioè l’agricoltura all’ industria.
§ 3. — Osserviamo nel nostro pianeta che ogni nazione è sita in un luogo che ad essa frutta dei prodotti che non troviamo, o troviamo difficilmente in un’altra. Questo concetto apparirà ovvio, antico, e di conseguenza crediamo esso sia inconfutabile.
Da esso traiamo quindi la conseguenza naturale che ogni nazione si procura ciò che non ha coi pro dotti che ad essa appartengono per naturale diritto, ed infatti è innegabile che l’oro d’America è ve nuto e si è sparso tra noi in cambio di prodotti d’Europa che si sono sparsi a lor volta _ tra gli americani. Quindi, pur non potendo noi istallare industrie del genere in Europa, abbiamo sfruttato e condotto tra noi colla potenza dei nostri pro dotti naturali l’oro di Potosí e l’argento ed il ferro di Tarapaca e così noi « nel mietere le nostre spighe,
« dice il Mengotti (3), e nello sfrondare i nostri « gelsi, noi raccogliamo l’oro e l ’argento ; le nostre « mogli e i nostri figli ne sono i lieti raccoglitori a senza il rimorso e l ’orrore di umane vittim e ».
§ 4. — La seconda parte del principio Colber tista si compendia nella credenza che il compito principale dei governi sia quello d’ incoraggiare for temente le industrie, poiché il valore delle materie prime aumenta favolosamente mediante la loro la vorazione.
Noi metteremo qui in evidenza ogni parte della questione e le analizzeremo una per una, dopoché, pur non avendo la pretesa di erigerci a critici del colbertismo, potremo dire di conoscerne almeno i principali postulati.
Nostro compito principale sarà ora di dimostrare che nelle nazioni essenzialmente agricole, come ad es. la Francia, già che in essa nacque e si svi luppò il colbertismo, sia per i Governi molto più importante curare lo sviluppo agricolo che natural mente tende in esse ad ingrandimento progressivo, che lo sviluppo industriale (4) che viene ad essere un onere intollerabile quando è creato artificial mente.
Crediamo però, che in luogo di un cumolo di teorie che ripiombino la questione nelle tenebre primitive, sia più efficace l ’analisi delle condizioni economiche dei vari S ta ti in vari tempi sotto il regime protezionista.
Il protezionismo in Europa
§ 5. Diffusione del sistema colbertista in Europa — § 6. Suoi effetti generali — § 7.. Portogallo — § 8. Spagna — § 9. Inghilterra — § io .^Germania. § 5. — Dovendo muoversi le nostre ricerche ne.l periodo moderno parleremo anzitutto di quelle na zioni che cercarono le loro ricchezze nell’A tlantico, poiché già sono passati per le altre i periodi di 1 2 3 4
(1) Larice— Op. cit. ■
(2) MengottiS. — Il Colbertismo. - Milano, 1904
(3) MengottiS. — Il colbertismo. - Milano, 1904.
172 L’ ECONOMISTA
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floridezza commerciale ; dopo che l ’ultima grande repubblica marittima italiana : Venezia, abbandonò l ’arma commerciale per cercarsi sul continente la gloria. Di poi infatti l ’Atlantico attira a sè tutta l ’onda commerciale deH’Orieute.
. DoP° chc% come si è detto, Gian B attista Colbert gittava in Francia le basi del sistema, detto col- bertisino, tutte le nazioni, eccezion fatta per quelle che l ’avevano preceduto pur parzialmente, come ad es. l’ Inghilterra con l ’atto di navigazione di Oli viero Cromwell pubblicato nel 1651, se ne risen tirono.
§ 6. — Gli effetti di questo nuovo indirizzo pro tezionista delle Nazioni si manifestarono in una nuova mentalità che crebbe in uno coi nuovi uo mini di governo. Noi leggiamo nelle antiche storie, e greche e romane, che l ’agricoltura era da questi popoli tenuta in gran conto; presso gli Egiziani il Re stesso apriva l ’annata agricola conducendo i buoi e l’aratro in un campo apposito.
Questa mentalità, tutta intenta a favorire lo sviluppo agricolo della Nazione decade nel prin cipio dell’Evo moderno colle ultime opere del I/ully. Qroste, dato che vanno segnando un’ultima mani festazione .liberista, non possono passare senza un breve cenno
Massimiliano di Sully, ministro di Enrico IV (1) nel principio del secolo xv considerava la pasto rizia e l ’agricoltura come vere fonti di ricchezza della nazione francese. La sua m entalità liberista 10 fece agire veramente per il bene della Francia ; con un editto pubblicato a Nantes nel 1598. L ’emi grazione che aveva assunto in quel tempo propor zioni gigantesche fu arrestata. Egli incoraggiò coli bonifiche la coltura dei gelsi e delle viti, abolì le dogane intermediarie ravviando così il commercio interno defila nazione, anch’egli però usò parzial mente del protezionismo, per le industrie tessili, ma siamo propensi a credere che queste misure protettive sarebbero state abrogate quando, come quelle dei tappeti di Gobelins, queste industrie avessero preso uno sviluppo tale da gareggiare colle straniere senza pericolo e senza bisogno di sistemi protezionisti. Disgraziatamente nel 1616, assassinato Enrico IV, cadde anche il grande Sully e dopo circa 50 anni di trascuranza ripartiti fra il R i- chelieu ed il Mazarino sorge il Colbert e con lui 11 protezionismo ad oltranza ed il fittizio svilup parsi delle industrie.
'§ 6 bis. ■— Gli effetti di questo furono deleteri per l’agricoltura francese che si ridusse solamente ad una_ questione economica trascurata : regione ricchissima, come il Delfìnato, la Guascogna e per fino il Poitec, in altro tempo fiorentissimo, furono ridotte nella miseria, causa lo svilimento del grano. Le continue lotte causate dalle reciproche esclu- sioni dai mercati impoverirono gli Stati, tanto che in Francia non si potè più pareggiare il Bilancio statale, ed il Colbert stesso morì nel 1683, ama reggiato dal triste spettacolo.
_ Ciò però non valse ad arrestare la diffusione dei sistemi protezionisti che, oltre a provocare effetti miserandi nei paesi che li addottarono, si fecero risentire in altri paesi che pure erano scevri da ogni innovazione doganale.
E ra invalso il principio che « Quanto più il di ti plomatico sapeva sottrarsi dall’equa reciprocità e « danneggiare l ’altfa parte ottenendo maggiori con- « cessioni a prò dei prodotti nazionali, tanto più
« lo si riguardava abile e fortunato » (2).
§ 7. —- Così si credette e si crede: tuttora che il trattato di Lord Methuen (3) si rivolsesse in van taggio dell’ Inghilterra mentre il diplomatico in- 1 2 3
(1) Cfr. Larice R. — Op. cit.
(2) Virgilio J. — Storia del commercio. - Torino, 1904. (3) Il trattato di Lord Metliuen fu concluso nel 1703 tra ITn- ghilterra e il Portogallo e consisteva nel patto che i prodotti porto ghesi ed inglesi sarebbero stati esenti dai rispettivi dazi doganali. j
glese, senza saperlo, aveva compiuto un grande passo verso il liberismo e nello stesso tempo aveva dimostrato che esso era l ’unica forma che potesse bilanciare e sviluppare, ciascuno nei suoi prodotti i due
paesi.-Infatti dal 1702 in avanti il Portogallo ebbe as sicurato lo smercio di tutta la sua produzione vi nicola, che ora ammonta a circa 6 milioni di etto litri, mentre il Bombai che avrebbe voluto fare dei Portogallo una nazione industriale, e col quale parve che il commercio portoghese non potesse reg gere se il governo non vi metteva le mani, finì per compiere 1 assassinio del Portogallo, che già si era tentato verso il 1640, proteggendo l ’ industria tes sile portoghese contro quella inglese francese. Si pensi che il Pombal fece svellere i gelsi in alcune regioni per aprire opifici che disparvero quasi su bito Non va taciuto però che il Pombal cercò anch egli la ricchezza nel libero scambio e ne è prova 1 emancipazione del commercio dei grani da lui concessa sulla fine del suo governo (1).
Così il Portogallo, condotto, ora, da tendenze libero scambiste, ota, travagliato da correnti pro tezioniste, non riuscì mai a sviluppare nè industria, ne agricoltura. Attualmente alcune correnti prote zioniste domandarono che il governo republicano si rivolgesse ad una politica doganale ma questa non aveva, per fortuna, il tempo per pensare a dazi doganali protettivi ed intanto il commercio fioriva e la produzione veniva assorbita dall’ In ghilterra unitamente alla Francia ed alla Germania, ma ora, queste, per le ripercussioni della grande guerra, quella per la malaugurata guerra di tarifie che ha intrapreso colla Spagna, hanno atrofizzato il loro commercio col Portogallo.
§ 8. — In analoghe condizioni si trovò la Spagna che però non se ne risenti nei primi tempi perchè, dedita a conquiste coloniali, viveva dei prodotti di quelle e poco si curò di politiche commerciali. La sua vera storia economica comincia dalle rifórme di Carlo I I I che incoraggiò le industrie agricole, mentre l ’agricoltura già era stata promossa ed aiu ta ta dall’Alberoni.
Ma la Spagna arrivo tardissimo nello sviluppo economico, pur dimostrando, ancora una volta, che i suoi prodotti non temevano concorrenze straniere, sebbene presentatisi a dar battaglia a prodotti di .industrie ed agricolture promosse ed incoraggiate
due secoli prima.
Durante la^ guerra il commercio spagnolo assunse proporzioni gigantesche, ma ora minaccia di ripiom bare^ nelle primitive miserie, se il Governo non av vierà sollecite trattative per stornare quella guerra doganale colla Francia che pur troppo è già co m inciata.
§ 9. — Il vero teatro però della lotta fra il li bero scambio ed il protezionismo fu l’ Inghilterra dove ora sani principii liberisti hanno trionfato provocando il benessere generale della nazione.
, Essa fu nei suoi primordi storici un paese tut- t altro che im portante; la sua vera importanza si civile che politica, sì economica che scientifica, comincia dal regno di Enrico IV che incoraggiò 1 industria laniera nel 1406 coi « Merchant adven- tures » che si spense poi negli erróri del regno di Enrico V i l i che, colle solite misure protezioniste, rovino la considerazione in cui il suo antecessore aveva portata la nazione britannica. Egli proibì 1 esportazione dell’oro e dell’argento e fece di un governo politico un governo banchiere. Fortunata mente questo miserando stato di cose finì presto per dar luogo alla virile figura della Regina E lisa- betta. Essa lottò cogli anseatici a colpi di tariffa riuscendo bensì a liberare il commercio inglese dal monopolio anseatico ma dovette poi riprenderlo nelle sue mani. 1
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Restano però a lode del suo governo gli effetti della mozione parlamentare del 1601 contro i pri vilegi commerciali, a cui essa rispondeva coll’abo lizione completa di essi e colla riforma del sistema a « scala mobile ». (i), moderato sistema protezio nista che però per il momento servì a regolare il traffico di una nazione, che, come l’ Inghilterra passava bruscamente dalle repressioni di Enrico V il i al semi-liberismo di Elisabetta. A spegnere anche questo sorse più tardi la figura di Oliviero Cromwell che promulgò nel 1651 l’atto di navigazione (2).
Nonostante ciò 1’ Inghilterra lottò commercial mente cogli altri S tati, ma si trovò, come un corpo al quale, legate le membra anteriori si fossero la- ciate libere le gambe.
Il commercio inglese, insomma, ricevette dall’atto Cromwelliano un parziale colpo di a’trofizzazione. A liberarlo da questo venne, nel 1824 Guglielmo ITuskisson che cercò d’ informare la politica doga nale inglese ai sistemi libero-scambisti : ma soprav venuta la crisi degli S tati Uniti nel 1835 il libe- • rismo in Inghilterra stava perdendo nuovamente I terreno.. Il 4 agosto 1838 Paulton e Birncy dopo - una acerba critica ai sistemi proibitivi sui cereali pronunciata nel « meeting » di Boston si univano | alla « auto-corn-law-league ». (3) capitanata dallo Smith e da altri liberisti, formando il partito dei 1 « Free-tradérs » (4) che circa il 1839 riuscì a man- | dare al governo Robert Peel, prodigiosa mente eco- | nomica che dopo aver abolite ben 44 voci doga- ; nali, incoraggiato dal successo (5) coronava la sua opera filantropica nel 1846 abolendo anche la legge doganale sui cereali.
Una malaugurata caduta da cavallo toglieva più I tardi, la v ita al Peel, ed all’ Inghilterra il migliore ¡1 dei suoi ministri.
§ io. — Il rovescio della medaglia lo presenta !! nella sua attività protezionista un’altra nazione che j vediamo da modeste proporzioni ingigantire dopo il 1870 fino a minacciare lo sviluppo economico inglese: l ’Impero Germanico.
Questo dopo tre lustri di liberismo collo « Zol- verein » inaugurò nel 1873 per opera di Bismark una politica protezionista, che se sviluppò tem ibil mente le industrie e rese scientifica più che mai l ’agricoltura, condusse però la Germania al disa stroso esito della guerra attuale.
Tuttavia non è perfettamente esatto dire che l ’Impero Germanico abbia esercitato una politica interamente protezionista, perchè i suoi prodotti s’ imposero cosi violentemente sui mercati stranieri e per bassi prezzi e per qualità insuperabile che il più delle volte non ebbero bisogno di protezioni governative. Il sistema, poi, individuale di coni- | mercio che ogni industriale germanico adoperava non è questione che riguardi il tema che ci siamo prefissi.
Modificando, quindi, il senso della nostra prima asserzione potremo concludere che la Germania esce dalla questione della libertà di commercio, perchè, se, in parte, deve il suo sviluppo commer ciale al protezionismo di Bismark, credo lo debba 1 2 3 4 5
(1) Il sistema a « scala mobile » impedirà l’uscita delle granaglie il cui prezzo fosse superiore di dieci scellini al « Quarter » nel 1593 fu fissato il limite di venti scellini ed in fine nel 1603 fu portato a ventotto.
(2) L’atto di navigazione stabiliva che :
a) il cabotaggio della Gran-Bretagna fosse proibito a navi stra niere.
b) la' pescagione straniera pagasse un dazio doppio della nazio nale.
c) il commercio coloniale fosse monopolizzato dalle navi inglesi; d) il commercio europeo fosse esercitato solamente da legni bri tannici e fossero vietati gli acquisti se non nei paesi di origine dei prodotti.
è) il commercio europeo fosse fatto esclusivamente per mezzo di navi inglesi;
(3) Lega contro la legge sui cereali. (4) Libero scambista.
(5) Le rendite del tesoro scese a 47 milioni nel 1841 salirono nel 1844 a 48 milioni.
maggiormente alla tecnica commerciale dei suoi industriali.
Riteniamo superflui i commenti ai fatti esposti, essi parlano efficacemente da soli. Ora vedremo come abbiano avuto una ripercussione in Italia e come abbiano contribuito a formarle un sistema doganale.
(Continua)
Albanoda Re.
Numero e specie degli Istituti
per l’istruzione media per il complesso
del Regno (1)
i maggiori spostamenti, intatti, si hanno per i com* •'arti-menti meglio dotati. Così la Sicilia va ad u r t
are il pruno posto nel 1916-17 con 155 istituti die app-esentano il 12-27 per -cento; Seguono : il Fi fonte con 153 ( 12, 11) la Lombardia' con 146 (11,5 ., Ino a quei compartimenti che -hanno avuto lievissL l armenti, come la Sardegna, che da 26 istituti è sa ita a 28 (2,14) e la Basilicata che da 12 è nivsita 1 13 (6,03)..
Giova studiare la distribuzione territoriale ciegi. istituti oltreché per il complesso anche per i due gruppi d!i istituti regi e pareggiati. Vedremo alici h che gli istituti pareggiati mancano assolutamente nella Basilicata per i primi tre anni del sessennio, e nella Sardegna per i primi cinque. Nel Piemonte nel 1911- 1912 sf-avevano 42 (18,92 per 100 nel Regno) scuole careggiate di fronte a 106 (11,43) regie ; nella Lom bardia 36 (15,78) contro 101 (10,90); -nella Campa nia 33 (14,86) rispetto a 58 (6,26). Nel 1916-17 in vece in Piemonte si hanno 37 scuole pareggiate (15,23) di fronte a 116 (11,36), regie su 100 nel Re gno; nella Lombardia 37 (45,23) contro 109 (10,68); nella Campania 37 (15,23) rispetto a 68 (6,66).
Vediamo ora anali forme di insegnamento : classi co, tecnico o normale, prevalgono nei vari compar timenti.
Fermandoci alla situazione dell’anno scolastico 1916-17 troviamo che il maggior numero di scuole classiche si trovai in Sicilia (62), in Piemonte (60). in Lombardia Ì48) e nella Campania (41); e che si scende rapidamente fino alle quattro sole scuo'e cl-aa- • siche della Basilicata-che segnano il minimo. Come . può vedersi anche meglio dalle cifre relative lai scuola classica nel 1916-17 va da una media percentuale massima dii 13,51 ¡istituti nella Sicilia' ad un minimo di 0,87 nella Basilicata; una distribuzione cioè d-V punto di vista dei compartimenti molto irregolare, ma che si potrà meglio valutare quando si studierà que
sta' distribuzione in rapporto alla popolazione dei compartimenti.
Nei singoli compartimenti, La scuola classica dal 1911-12 al 1916-17 ha avuto leggere variazioni e cioè: l'aumento di un solo istituto nella Toscana, nel- ' Ì ’Umbria?, nella Campania, nelle Puglie e nella Si
cilia ; e la diminuzione di un istituto- in Piemonte e negli Abruzzi, per cui, durante il sessennio, lai scuota classica ha guadagnato complessivamente 3 sole
scuole-li corso-tecnico presenta anche esso nei vari com partimenti una situazione molto irregolare, e le va riazioni tra Fanno 1911-12 e il 1916-17 sono assai più sensibili che nel corso classico. Intanto se to gliamo il Veneto e l’Umbria, dove nel sessennio non si è verificato nessun cambiamento, in tutti gli altri compartimenti sono segnalati aumenti notevoli. Otto istituti in più si contano infatti nella Campania, dove i -corsi tecnici -valgono -da. 29 a1 37 ; sette nella Lom bardia (da 61 a 68); sette nelle Puglie (da 26 a 33); sei nella Sicilia (da 47 -a 53) e aumenti di tre, di 1
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L ’ECONOMISTA 18 giugno 1922 — N. 2511
due e uno si notano- in tutti gli altri compartimenti, cosicché ^ nel complesso del Regno durante il ses sennio risulta un aumento complessivo di 48 altre scuole che fanno, salire il numero a 490. Perciò nel 1916-17 il massimo numero di questi istituti tecnici risulta nella Lombardia (68 ossia 13,87 in cifre re lative), ohe di tutti i compartimenti del Regno ha i caratteri commerciale e industriali e più spiccati ; e vengono dopo la Sicilia (53 e 10,81); il Piemonte (52 e 10,61) fino alla Basilicata', che ha soltanto quat tro scuole (0,82).
Altrettanto notevoli sono gli* aumenti avvenuti du rante il sessennio nei corsi normali, che da 251 scuole nel 1911-12 sono saliti al 315 nel 1916-17. La Si cilia, da 26 scuole normali -che aveva neH’anno ini ziale della serie, è salita a 4 0 ; le Manche da 9 a 17; l ’Emilia da 20 a 2 6 ; ed hanno aumentato di cinque il Veneto, il Lazio, la Campania, le Puglie; e di tutti gli altri compartimenti ancora di quattro, di tre di due, di uno, meno la Basilicata e Ila Sardegna che -hanno conservato il numero- di corsi normali che avevano nel 1911-12 Così nel 1916-17 il Piemonte ha il massimo -dii tali corsi (41, ossia 13,07 su 100) seguono la Sicilia (40, ossia 12,75); la Lombardia (70, ossia .9,45); la Campania (27. ossia 8,60) e sempre con diminuzione graduale, gli altri comparti- menti fino- alla Basilicata che vede discendere la -sua media da 1,99 nel 1911-12 a 1,59 nel 1916-17.
Nlimerò degli Istituti per l’istruzione media nel Regno e nei singoli compartimenti, in rapporto alla popo lazione.
U n’idea esatta della distribszio-ne delie scuole nel Regno non può aversi se non- mettendo il numero di dette scuole in relazione -con quello del lai popolazione del Regno e di ciascuni compartimento. In rapporto alla popolazione totale diel Regno, si rileva che. in com plesso gli istituti di istruzione media rappresentano per ogni 100 mila abitanti il 3,30 per cento, di cui il 2,66 -appartiene agli istituti regi e il 0 ,64 a quelli pareggiati. Negli anni successivi gli - spostamenti so no assai lievi tanto nel complesso degli istituti quanto tenendo conto della divisione in regi e pareggiati, co me chiaramente si vedte dal seguente prospetto •
Istituti 1911-12 1912-13 1913-14 1914-15 1915-16 1916-17 Regi 2.66 2.68 2.76 2.81 2.82 2.83 Paregg. 0.64 0.61 0.65 0.63 0.60 0.67 Per l’ineegnamento Classico 1.31 1.29 1.28 1.27 1.27 1.27 Tecnico 1.27 1.27 1.33 1.34 1.33 1.36 Normale 0.72 0.73 0.80 0.84 0.85 0.87 Totale 3.30 3.29 3.41 3.44 3.45 3.50
Salvo un.a lieve diminuzione nel 1912-13 l ’aumento è graduale nel sessennio, da 3 ,30 tper cento nel 1911- 1912 a 3 ,50 nel 1916-17, -e taC-e aumento è dovuto tanto alle scuole regie quanto alle pareggiate, perchè le prime da 2,66 p-er cento salgono a 2 ,8 3 per cento e le seconde da 0 .6 4 a 0 .6 7 . Però mentre per le pri me l ’aumento è costante e progressivo, per le secon de si è verificato soltanto nell’ultimo anno, essen dosi anzi avuta anteriormente una diminuzione.
Le scuole per l ’insegnamento classico dal 1,31 sono discese a 1,27 durante il sessennio, rimanendo inva riato questo rapporto nell ’ultimo triennio ; quelle per ¡ ’insegnamento tecnico invece sono andate aumentan do dio-po il primo biennio (1911-12, 1912-13) fino a raggiungere la proporzione di 1,36; e altrettanto di casi per gli istituti per l ’istruzione normale che da 0 ,72 sono saliti a 0,87.
Diversi sono i risultati se esaminiamo invece la distribuzione di questi istituti in relazione alia -popola zione dei vari compartimenti. Infatti risulta che, con trariamente a quanto potevamo aspettarci dopo lo sguardo generale dato precedentemente a tutte le scuole medie del Regno, nel 1911-12, il massimo di tali scuol si trova nelle Marche dove per ogni 100
mila abitanti se ne contano 5, 55, e nell ’Umbria 5,53. Le proporzioni più basse si riscontrano -nella Basi licata, con 2,52 e nel Veneto con 2,13. Anche negli anni successivi le Marche e l ’Umbria mantengono t p-rirrn posti e nell 1916-17 le prime raggiungono una media di 6,35 e la seconda dii 5,60. A notevole di- stanza segue la Liguria con 4 .0 6 ; e si discende fino alla Basilicata con 2,66 e alla Calabria con 2,72.
Non devesi per altro dar valore troppo assoluto a queste proporzioni, come se ad un dato coefficiente di popolazione dovesse corrispondere in ogni compar timento un numero più o meno uguale dii istituì; ; sic ché g-i scarti eventuali' da questo numero stesso a -rappresentare bisogni a cui s-i fosse più largamente 'provveduto i-n alcune regioni, e in altre insufficiente mente.
La. creazione delle sciu-o-le, specialmente di grado medio, è bensì in relazione anche col numero com plessivo della -popoilazionei, ma oltreché è da tener presente se questa, sia agglomerata in centri (città, villaggi, borgate) ovvero sparsa nelle campagne, è anche da avvertire che vi so-no molte altre condizioni che ne determinano l ’istituzione, quale lo sviluppo più o meno accentuato dei -commerci e delle indu strie in alcune località;^ l ’essere taluna località sedi di istituti di grado superiore ; le tradizioni paesane, le quali circostanze tutte influiscono a far sorgere isti tuti piuttosto di una specie che di un’altra, sicché il rapporto alla popolazione può variare notevolmente da luogo a luogo.
Pe,r quanto riguarda ia ripartizione degli istituti in regi e pareggiati, rilevasi che in rapporto alila- popo lazione 1 aumento dei primi, tra i due anni estremi dtel sessennio, è dato dalla differenza di questi due rapporti : 2,66 e 2,83 e per i secondi da questi altri 0.64 e 0,67. -Il più alto raipp-orto percentuale di isti tuti regi per tutti gli anni delliai serie è dato dalle Marche (4,28 a 5,38) e poi dall’Umbria (3,78 a 4,48) e il più basso dalla Campania (1,75-^ 98) e dalle Calabrie (1,91-1,90. E pe-r gli istituti pareggiati i più alti dall’Umbria (1,25-1,12) e diali la Liguria .(1,25- 1 >34) e i più ¡bassi dagli Abruzzi (0,07-0,07) e dalla Sicilia (0,22-0,34) e -dalla Sardegna nel solo ultimo anno (0, 11).
Le stesse risultanze si rispecchiano anche nelle ci fre degli istituti distribuite nei diversi compartimenti e raggruppate secondo la spece d’insegnamento : clas sico, tecnico- e normale. La scuola classica, meno che nell’ Umbria, dove eccezionalmente sale da 1,75 nel 1911-12, a 1,82 nel 1916-17 in tutti gli altri compartimenti accenna a diminuire.
Nei corsi tecnici, invece, anche in relazione alla popolazione, risulta un- aumento in tutti gli anni del sessennio per ogni compartimento, eccettuato il Pie monte, dove il rapporto da 1,49 nel 4 911-12 e disceso da 1,48 nel 1916-17; ¡ ’Umbria dia 2,91 a 2 ,8 0 ; il Lazio da 1,32 a 1 ,5 1 ; ma negli altri compartimenti gli aumenti sono anche sensibili, come dia 2,17 a 2,28 neila Liguria; da 1,26 a 1,36 -nella Lombardia!; da 1,18 a 1,29 nella Toscana; da 2,37 a 2,50 nelle Marche; da 0,8 8 a 1,08 nella Campania.
L aumento in rapporto alla popolazione è confer mato anche per i corsi normali, nel perioda preso in esame- Tolti gli Abruzzi, la Basilicata e la Sardegna, che -segnalano una lieve diminuzione, in tutti gli altri compartimenti le cifre proporzionali sono in aumento e in taluni notevolmente. Basti citare l ’aumento delle Marche il cui rapporto da 0 ,82 nel 1911-12 siale a 1.50 nel 1916-17; quello del Lazio con 1,08. la Si cilia con 1,03 e in seguito la Liguria e la Basilicata con 1,62.
18 giugno 1922 — N. 2511 L ’ ECONOMISTA 175
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE
Il movimento sindacale internazionale
dei lavoratori
Il « Bureau International d'u Travail », ha pubbli cata una interessante statistica delle organizzazioni sindacali di tutto il mondo. Le cifre si riferiscono agli anni dal 1913 al 1920. Esse sono date con suffi ciente approssimazione. Noi ci limiteremo* solo ai dati riferentisi alle principali nazioni, limitando il raf fronto ai soli anni 1913 e 1920.
ANNI
Paesi 1913 1920
Africa del Sud 10.000
Argentina 750.009 Australia 498.000 68 4 .0 0 0 Austria 860.000 830.000 Belgio 20 1.000 92 0 .0 0 0 Bulgaria 80.0 0 0 ,3 6 .0 0 0 Canada 176.000 37 4 .0 0 0 Czeco-Slavacchia 2 . 0 0 J . 000 Danimarca 152.000 40 0 .0 0 0 Filandia 28.0 0 0 5 9 .0 0 9 Francia 1 .0 2 7 .0 0 0 2 .0 0 9 .0 0 0 Germania 4 .5 1 3 .0 0 0 1 3 .0 0 0 .0 0 6 Grecia / 170.000 Giappone 247 .9 9 0 India 50 0 .0 0 0 Inghilterra 1 .1 7 3 .0 0 0 8 .0 2 4 .0 0 0 Iti lia 972.000 3 .1 0 0 .0 0 0 Norvegia 64.0 0 0 142.090 Nuova Zelanda 7 2 .0 0 0 « 3 .0 0 0 Olanda 189.000 683 .0 0 0 Polonia 947 .0 0 0 Portogallo 100.000 Rumania 10.000 9 0 .0 0 0 Russia 5 .2 2 0 .9 0 0 Serbià 9 .0 0 0 2 0 .0 0 0 Spagna 87 6 .0 0 0 Stati Uniti 2 .7 2 2 .0 0 0 5 .1 7 9 .0 0 0 Svezia 136.000 4 0 0 .0 0 0 Svizzera 95.0 0 0 29 2 .0 0 0 Ungheria 115.000 .3 4 3 .0 0 0
Totale dei 30 paesi 16.152.000 48.029.009
Per importanza le. organizzazioni seguono quest’or. dine decrescente : Paesi Organizzati Germania 1 3 .0 0 0 .0 0 0 Inghilterra 8 .0 2 4 .0 0 0 Russia 5 .2 1 0 .0 0 0 Stati Uniti 5 .1 7 9 .0 0 0 Italia 3 .1 0 0 .0 0 0 Francia 2 .5 0 0 .0 0 0 ' Czeco-Slovacchia 2 .0 0 6 .0 0 0 Polonia 9 4 7 .0 0 0 Belgio 9 2 0 .0 0 0 Spagna 8 7 6 .0 0 0 Austria 8 3 0 .0 0 0
L ’organizzazione operaia ha ingrossato i suoi qua dri nel periodo susseguente la guerra, ma il fenomeno pletorico va considerato con molte riserve.
Dalle note illustrative riportate per ciascuna Na zione, apprendiamo che l ’organizzazione operaia in Germania si è notevolmente sviluppata. Le masse operaie sono suddivise in varie organizzazioni sinda cali.
Per l 'Inghilterra le forze sindacali si dividono in due grandi organizzazioni : il Congresso della Trades J Unions che raggruppa oltre 6 milioni di aderenti e j la Federazione Generale delle Trades Unions con me- | no di 2 milioni di iscritti.
il _ In Austria vi è la stessa grandie divisione che e-
I
s>ste in Germania : cioè dei Sindacati Liberi e dei i Sindacati Cristiani ; i primi sono in notevole prevalenza.
Nel Belgio l ’organizzazione sindacale è floridissi ma e si può considerare, in cifre relative, la più .svi luppata del mondo.
Anche nel Belgio vi è la demarcazione delle due
grandi correnti : socialista e cristiana.
La Commissione sindacale del Partito Operaio e dei Sindacati Indipendenti, comprènde oltre 720.000 aderenti e la Confederazione Generale dei Sindacati Cristiani e LTberi che ne ha 200.000.
In Bulgaria tutto il movimento è diviso fra due gruppi di sindacati tendenzialmente socialisti.
In Francia esistono : la Confederazione Generale del Lavoro (socialista) con oltre due milioni di ade renti ; la Confederazioiie Generale idèi lavoratori cri stiani (cattolica) con 140.000 aderenti e la Confede razione Nazionale del Lavoro (nazionale) con 93.000 iscritti.
Inoltre esistono altri piccoli sindacati di valore in significante.
Nella Spagna [’organizzazione si divide in tre gran di Federazioni: l ’Unione Generale dei Lavoratori (socialista. 220.000 aderenti); la Confederazione Na zionale del Lavoro (sindacalista, 665.000 aderenti) cidi i Sindacati Cattolici Agràri dei quali non si hanno dati precisi.
Negli Stati Uniti quasi tutta l ’organizzazione sin dacale si, appoggia alla Federazione Americana de'i Lavoro (con circa 4 milioni di aderenti).
Nella Svizzera la maggioranza degli operai ade risce all’Unione Sindacale Svizzera che comprende 20 federazioni e 223.588 aderenti. I sindacati cri stiani raggruppano poco più di 17.000 organizzati.
* ❖ *
Quanto all’Italia il « Bureau International » dà queste cifre :
1 . Confederazione Generale del Lavoro (rossa), che è ia più importante.
Anni Iscritti Anni Iseritti
1913 327.302 1917 237.560
1914 3201828 1918 249.000
1915 233.000 1919 1 .5 5 9 .0 6 2
1916 201.291 1920 1.926.861
Sul totale del 1920 il 46 per cento, è costituito dai lavoratori agricoli e il 44 per cento dai lavoratori industriali.
2 . Confederazione Italiana dei Lavoratori (bianca -aderente al Partito Popolare), i cui effettivi, da circa
100.000 che erano nell’anteguerra, oltrepassano ora il milione. In questa è più rilevante ancora la propor zione dei lavoratori agricoli : questi infatti su 1 .182.9p 1 inscritti del 1920 sono 944.792 e cioè P80 per cento del totale. Del rimanente 20 per cento la maggior parte (11 per cento) è dato dagli operai tes sili.
3 . Unione Sindacale (anareheggiante), fondata nel 1912 e che alla sua costituzione contava 120.000 in scritti.
4. Fedferazione dei Sindacati Indipendenti, sorta nel 1920 con lo scopo di riunire quelle organizzazio ni che non aderiscono alla Confederazione Generale del Lavoro, nè alla Confederazione Italiana dei La voratori ; il numero dei suoi iscritti non si conosce ancora.
* * *
Alle organizzazioni italiane elencate dal « Bureau Internazionale bisogna aggiungere ora l ’Unione de! Lavoro, che raggruppa le organizzazioni dei sindaca listi dissidenti, stacceatisi dall’Unione Sindacale o per meglio dire dlei Sindacati interventisti, e la Con federazione delle Corporazioni Sindacali che rag gruppa tutto il movimento sindacale fascista. Per in tanto non abbiamo dati di raffronto con le statistiche su riportate. Certo le due organizzazioni sono note voli pel ragguardevole numero degli iscritti, partico larmente in questi ultimi mesi.
176 L’ECONOMISTA 18 giugno 1922 — N. 2511
Confederazione del Lavoro sono sensibilmente dimi nuite.
Il movimento sindacale aderente alle organizzazio ni socialiste aveva già dopo il 1920 subito una -crisi d ’arresto. Dal 1921 si è iniziato un movimento- de crescente del quale sono preoccupati i dirigenti. Le cause sono da attribuirsi alla orisi generale, alla di soccupazione, al « rèvirement » deile masse operaie passate ad altri sindacati per le (delusioni subite e oer la scarsa preparazione politica e spirituale. Con la stessa facilità con la quale gli operai sono passati
ufi sindacati rossi ora ne escono.
L’organizzazione popolare.
L ’almanacco della Corpo-razione Indipendente pub blica un interessantissimo studio su « i partiti e le organizzazioni economiche in Italia ». Amiamo ac cennare qui a quella parte -delio studio che riguarda il Partito Popolare Italiano.
Il 14 giugno 1919, quando non erano ancora spi rati cinque mesi dalla -costituzione del Partito, questo teneva a Bologna il suo primo Congresso Nazionale. Al Congresso furono presenti circa 700 sezioni, men tre la Segreteria del Partito ne dava come regolar mente costituite-circa 850, comprendenti 55.895 tes serati.
Dall’Ufficio Stampa vennero però segnalate altre 200 sezioni in via di costituzione in modo che in com plesso si -calcolava che gli iscritti fossero già su! cen tomila.
Dopo il primo anno di vita le' sezioni erano salite a 2700 circa, distribuite come appresso :
Regioni Sezioni del P. P. I. Vicariati e parr.
Piemonte 397 2791 Liguria 113 867 Lombardia 723 2942 Veneto 352 1729 Emilia 176 2892 Toscana 135 3145 Marche 96 1470 Umbria 32 1514 Lazio 116 614 Abruzzi e Molise 64 741 Campania 188 2104 Puglie 56 493 Basilicata 13 238 Calabria 45 1104 Sicilia 99 733 Sardegna 17 452 Regioni 2631 23859
Al Congresso di Napoli (aprile 1920) -erano 3173 le sezioni con 255.000 iscritti. Al l.o giugno ¡920 esse erano salite a circa 3800, mentre oggi si parla di 4000 sezioni c-o-n mezzo milione di iscritti.
Non abbiamo- modo di controllare queste cifre : co munque dejrotan» nel Partito una forza -d;i -espansione che avrebbe del miracoloso se non trovasse una spie gazione assai semplice. Ed è- questa :
Il giovane Partito Popolare si appoggia ad una mi rabile organizzazione secolare, qual’è qu-ellc della Chiesa' cattolica.
Dal prospetto precedente si d-esume facilmente il parallelismo fra l ’organizzazione politica e quella ec clesiastica delle forze cattoliche.
Un maggior sviluppo delle forze politiche al nord trova riscontro e fondamento nella rete di interessi sindacali, cooperativi e mutualistici che i cattolici han no saputo interesse colà.
Ai più è forse arduo assurgere ad una visione di insieme che permetta' 'di abbracciare in tutta la sua vastità e complessità l ’organizzazione ecclesiastica. Crediamo pertanto utile riprodurre deuni d.aii desunti da l ’annuario ecclesiastico -e pazientemente rappre sentati per regione.
— a> — — c O Monast. c o a? Di Dio ce s V ic ar ia i fo ra n ei iu O li “3 0. Sace rd o se co la r C h ie ri ci se m in ar masch. • O "o o So cq cu cq CO V- J a> rt ‘cO u Piemonte 18 384 2407 .6940 2255 703 368 1776 Liguria 6 113 754 2231 139 603 272 835 Lombardia 11 360 2585 6491 1947 457 314 1534 Veneto 10 207 1522 3693 1542 543 172 1308 Emilia 22 388 2504 4942 1522 571 288 2352 Toscana 23 222 2823 4930 1048 1270 551 1168 Marche 21 205 1265 2521 776 525 278 1482 Umbria 17 168 1376 1697 571 562 260 1101 Lazio 22 130 484 1788 2629 1689 743 754 Abruzzi e Molise 7 119 622 1357 354 156 149 615 Campania 40 388 1716 9184 2036 1 ¿57 568 1855 Puglie 24 87 406 3203 1110 318 187 961 Basilicata 7 115 123 826 101 9 ¡59 Calabria 16 184 920 2482 660 126 108 537 Sicil a 18 208 525 54 j1 1044 696 305 750 Sardegna 11 46 406 968 249 100 60 484
Dai dati esposti risulta in modo evidente che il P. P .1. trae il suo esercito — dai generali ai capo rali — dàlia Chiesa cattolica e che la vantata auto nomia del Partito Popolare ad altro non riesce che a far sempre di più credere precisamente il contrario.
RIVISTA BIBLIOGRAFICA
Partecipazione degli operai
L ’editore Hoepli pubblica in questi giorni l ’opera, pre miata dall'Istituto Lombardo di Scienze -e Lettere, dell’avv. Antonino Vitale, sulla « Partecipazione degli operai nell’or dinamento e nella gestione delle imprese pubbliche e pri vate », un voi. in-8, L. 16.
L ’autore, già favorevolmente noto nel campo degli studiosi, per l'altro suo lavoro sul « Regime delle acque » aneh’esso premiato dallo stesso Istituto Lombardo, affronta con questa nuova opera uno dei problemi più discussi in questi ultimi tempi e, dimostrando che una soluzione unica si risolve- revve in una panacea priva di efficacia, indica e traccia le soluzioni che ai y.arii casi conviene applicare.
Nel richiamare Patternione ■ dei nostri lettori su questo importantissimo studio, d.amo qui, ip una brevssima sintesi, il -riassunto del suo contenuto.
é Premesse alcune considerazioni sulle condizioni della so cietà dopo la geurra_, sulle agitazioni delie masse, sul loro desiderio di cambiamenti e di riforme, ’A. espone involu zione storica dei rapporti fra capitale e lavoro dalla rivolu zione f-ranqese fino ai giorni nostri, spiegando poi crm ’è sorta l ’idea di una maggiore ingerenza degli operai nell’anda mento delle imprese in cui sono impiegati, che si concreta nella partecipazione agii utili, nel contratto collettivo di la voro, nella cooperazione, nell’azionariato operaio -e nel con trollo sulle industrie. Come questi diversi istituti abbiano trovato applicazione pratica nei Paesi più progrediti ci viene descritto successivamente dall’A., il quale, dopo aver esa minato 1 criteri che prevalgono all’estero nella" legislazione della materia, analizza gli -elementi cheu intervengono nella gestione delle imprese, per dimostrare come tra essi un posto debba pure essere assegnato al lavoro manuale. L ’A. passa poi a studiare nartitamente in qual modo gli operai possano prendere parte attiva alla direzione delle aziende, quando hanno una partecipazione sui profitti, quando possie dano azioni delle società anonime in cui lavorano, quando stabiliscano dei contratti collettivi di lavoro* o quando for mano delle cooperative, ed in qual modo si manifesti -questa ingerenza nelle imprese industriali -ed agricole, nelle azien de pubbliche -e semi-pubbliche, negli istituti di credito e nelle assicurazioni. Un capitolo apposito è consacrato dal- ! A. al progetto di legge Giclitti per il controllo sulle in dustrie, messo in rapporto colie proposte della Confedera- ■zione generale de! lavoro -e con quelle della rappresentanza Industriale e, pur non disimulandosi le .gravi difficoltà che presenta^ l ’attuazione di un controllo efficace, il quale non vincoli l ’opera degli imprenditori, l’A. conclude dimostrando l’utilità sociale di una partecipazione degli operai ah'anda mento ed alia direzione di ogni specie di attività economica. Nel chiudere questa rapida esposizione, ci piace ripor tare le seguenti parole dettate del prof. Camillo Supino, nella relazione che servi di. base al conferimento del premio al libr-o che abbiamo -esaminato :
rac-L’ ECONOMISTA 18 giugno 1922 — N. 2511
colto, ha tratto migliori ammaestramenti dalle esperienze fatte all’estero, dimostra una cultura più solida e maglio assimilata e ci presenta un’opera più convincente, più or ganica e di lettura più attraente ; onde la Commissione una nime propone che a lui sia attribuito il premio per il migilor lavoro sul tema in questione ».
All’elogio pronunciato dal chiaro economista ci uniamo anche noi, augurando al libro quella rapida e prospera for tuna che merita.
FINANZE DI STATO
Gettito delle imposte diretteLe imposte dirette sui redditi, quelle cioè che portano il maggior contributo alle entrate delol Stato, hanno reso nei primi dieci mesi dell’esercizio finanziario in corso (1921-22) un introito di L. 3.966.851.987, davanti ad una previsione, per l ’intiero anno, di L. 2.794.500.0Ò0, mentre nello stesso periodo dell’esercizio precedente (1920-21) avevano dato L. 3.096.273.278.
L ’incremento è perciò di quasi 870 milioni e mezzo e va notato che, a fine di esercizio, sarà di molto superata la previsione, considerando che questo cespite nei primi nove mesi ha già datq 1.172 milioni in più di tale cifra.
Il maggior concorso a questo aumento è dato dglla im posta sui reciditi ài ricchezza m obile, che è passata da 678 a 1.129 milioni con maggiore introito di 44f milioni. Tale imposta, che nel ’920-21 ha reso 949 milioni, dovrebbe dare quest’anno, secondo le previsioni, un gettito di 620 milio ni. Come si vede nei primi dieci mesi dell’esercìzio essa ha superato di 549 milioni la previsione dell’intero esercizio.
Altro importante gettito è dato daUVmposfa sui soprapro fitti di guerra, che però da 4.178 milioni è scesa a 1.102 mi lioni, con un minore introito di 76 milioni, avendo tuttavia superato di 528 milioni !a previsione totale (650 milioni).
L ’imposta straordinaria sul patrimonio, che nel 1920-21 ha reso 482,5 milioni e nel 1921-22 dovrebbe dare 600 mi lioni, ha portato un contributo di 530 milioni, con un au mento di 228 milioni sul gettito de; primi dieci mesi dell’e sercizio precedènte (circa 302 milioni).
L ’imposta sugli aumenti di patrimonio, per* la quale è pre vista una entrata di 300 milioni (contro 555 nel 1920-21) h.a superato la previsione per 162 milioni ed il risultato dello stesso periodo dei precedente esercizio (445 milioni), per 17 milioni^ avendo dato un gettito dj, 462 milioni.
L ’imposta com plem entare sui redditi, in aumento di quasi 102 milioni, ha reso 185 milioni, ossia 60 in più che nel l ’intero esercizio 1920-21, e della cifra prevista per l ’anno in corso.
Altri concorsi importanti, sebbene di minore entità, han no dato alle accresciute entrate dello Stato : il contributo a favore dei mutilati, in aumento di 81 milioni; il contributo del centesim o di.guerra, 'di 29 milioni e Vimposta sui divi dendi, la quale da 17,7 milioni nei primi dieci mesi del 1920- 21 è salita a 42 milioni nel corrispondente periodo del 1921- 22, con un incremento di 25 milioni.
L ’imposta sui proventi degli amministratori di Società — Pe.r.la quale è atteso un gettito di il milioni — ha dato 9,9 milioni, contro 9,8 nello stesso periodo del 1920-21.
Gettito delle tasse di bollo
Le tasse di bollo sulle concessioni governative e di pub blico insegnamento che nell’esercizio 1920-21 hanno dato all’Erario la somma di 1.261 milioni, dovrebbero, secondo il bilancio di previsione, rendere nell’anno in corso 1.582,5 milioni. Intanto nei primi dieci mesi dell’esercizio 1921-22, il gettito è stato di 1.182 milioni, superando di 190 milioni quello dello stesso periodo del 1920-21 (circa 992 milioni).
Venendo ad analizzare i diversi cespiti dell’entrata si ri leva che i! maggiore contributo è recato dalla tassa di cir colazione sui biglietti degli Istituti di Emissione, la quale è ; passata, per il periodo considerato da 228 a 273 miiloni, con
una- differenza in più di 45 milioni.
Seguono nell’ordine !e tasse di bollo sugli atti civili, giu diziari e commerciali per 252 milioni, le quali sono però in diminuzione dì 39 milioni rispetto al 1920-21, !a tassa di bollo sul lusso e sugli scambi, passata da 40 a 172 mi lioni^ con un incremento di 132 milioni : le tasse in sur rogazione del registro e del bollo (107 milioni) ed altre nu merose di minore entità.
Riassumendo, va notato che sono in aumento tutti i' ce spiti di entrata, tranne i seguenti : tasse di bollo sugli atti civili, ecc., sui biglietti e tessere delle tramvie, suila
ven-177 dita di oggetti preziosi, sitile profumerie e specialità medi cinali, sui motocicli ed automobili, sui conti di trattoria ed il diritto erariale sui cinematografi.
Le entrate dello Stato
Anche nel decorso mese di maggio le entrate dello Stato hanno avuto discreto incremento. Il confronto fra il gettito dei vari cespiti con quello del maggio 1921 presenta una differenza in più di oltre 61 milioni. Seguono le tasse di registro* con un incremento di 21 milioni, e i monopoli in dustriali accresciutisi di 12 milioni.
Sono invece in diminuzione ; i monocoli commerciali, ora aboliti, per 53 milioni.; le tasse di bollo per 1 milione, le imposte dirette per 32 milioni.
Ecco le cifre che si riferiscono alle entrate dello Statò nei mesi di maggio 1921 e 1922, in milioni di lire :
TITOLO Mese di maggio Differenza
192! 1922 Monopoli industriali 246,8 258,8 + 12,0 Imposte indirette 163,6 205,1 + 61,5 Tasse di registro 71,4 93,0 + 21,6 Tasse di bollo 79,5 78,3 + 1,2 imposte dirette 50,7 . 18,0 32,7 Lotto 13,3 13,5 + 0,2 Monopoli commerciali 73,4 — — 53,4 Totali 658,8 666,8 + 8,0
Nei primi undici- mesi dell’esercizio finanziario in corso (1921-22) le entrate delio Stato hanno raggiunto la cifra di L. 11.237.209,767 (di fronte a una previsione di L. 10 miliardi 345.160.000 per l ’intero esercizio), contro 9 miliardi 623.311.926 lire avute nel corrispondeste periodo dell’eser cizio 1920-21, per il quale vennero introitate complessiva mente L. 11.290.323,971. La differenza in più è quindi di i L. 1.613.897.841.
Tra i diversi cespiti di entrata si rileva che l’aumento | più importante è dato dalle imposte dirette sui redditi per 837 milioni le quali hanno superato di 1 miliardo e 191 mi lioni la previsione dell’intero esercizio. Seguono le imposte indirette con un incremento di 285 milioni ed. i monopoli industriali e le tasse di bollo cresciuti .di 202 e 189 milioni rispettivamente. I monopoli commerciali, per cui era pre visto un introito di 247,5 milioni, hanno superato nel pe riodo ih esame, la previsione, toccando i 382 milioni, e le tasse'di registro presentano un incremento di 147 milioni. Il lotto, che nell’anno finanziarlo in corso- dovrebbe dare un gettito di 100 milioni, ha già reso 160 milioni, ed è in aumento di 35.5 milioni sul corrispondente ©eriodo del
1920-21. ‘ v
Ecco le cifre relative alle entrate dello Stato nei primi undici mesi degli esercizi 1920-21 e 1921-22 in milioni di lire :
TITOLO Primi undici mesi Differenza 1920-21 1921-22 Imposte dirette 3.146,9 3.984,9 + 833,0 Monopoli industriali 2.527,0 2.729,7 202,7 Imposte indirette 1.561,5 1.846,6 + 285,1 Tasse di bollo 1.071,4 1.260,9 + 189,5 Tasse di registro 716,4 863,8 + 147,4 Monopoli commerciali 466,6 382,1 84,5 Lotto 133,2 168,9 35,7 Totali 9.623,3 11.237,2 + 1.613,9
Nei primi dieci mesi dell ’esercizio . finanziario in corso (1921-22) le 'entrate dello Stato hanno raggiunto la cifra dì L, 10.570.419.749 (di fronte a una previsione di L. 10 mi liardi 345.160.000 per l ’intero esercizio), contro 8.964.559.711 lire avute nel corrispondente periodo deli’esercizio 1920-21, per il quale vennero introitate complessivamente L. 11 miliari di 289.127.226. La differenza in più è quindi di L 1 mi liardo 605.860.038.
Tra i diversi cespiti di entrata si rileva che l ’aumento più importante è dato daiel imposte dirette sui redditi per 870 milioni, le quali hanno superato d; 1 miliardo e 172 milioni la previsione dell’intero esercizio. Seguono le impo ste indirette con un incremento di 223 milioni ed ,i mono- poli industriali e le tasse di bollo cresciuti di 190 milioni ciascuno. I monopoli commerciali, cer cui era previsto un introito di 247,5 milioni, hanno superato, nel periodo in esame, la previsione, tocando i 382 milioni, e le tasse di registro presentano un incremento di 125 milioni.
Il lotto, che nell’anno finanziario in corso dovrebbe dare un gettito di 100 milioni, ha già reso più di 155 milioni, ed è in aumento di 35,5 milioni sul corrisnondente periodo
del 1920-21. ‘