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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.49 (1922) n.2512, 25 giugno

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(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Direttore M. J . de Johannis

Anno

W

-

Voi. LUI Fin-Soma.

25

Glupo

-2

Loglio

1922

i

ROMA 6: Via Gregoriana, 56

N.

2512-13

S O M M A R I O

PARTE ECONOMICA.

Collaborazione.

Il ribasso dello sconto. Federico Flora.

Nel bilancio nazionale. Giulio Curato.

A proposito di protezionismo. .

La libertà di commercio nello sviluppo economico delle Nazioni.

Albano da Re.

Le finanze d'Italia.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Fra t libri.

FINANZE DI STATO.

Le entrate dello Stato-

RIVISTA DEL COMMERCIO.

Il commercio estero della Jugoslavia.

NOTIZIE VARIE

Bilancio dei servizi postali.

Movimento mensile dei pegni presso i principali M onti di Pietà in Italia.

Banca d’Italia.

RIVISTA DEL MERCATO E DEI VALORI

Rassegna settimanale

1922

Il prezzo di a b b o n a m e n t o è d i lire 4 0 a n n u e p e r l’Ita lia e C olonie, e di lire 8 0 p e r l ’E ste ro , p a g a te in m o n e ta del paese di p ro v e n ie n z a c alco late a lla p a ri ; sem p re a n tic ip a to . N on s i d à corso alle ric h ie ste d i ab b o n am en to , no n a cc o m p a g n a te d al r e la tiv o im p o rto .

L’a b b o n am en to è a n n u o e decorre dal 1, gennaio.

U n fascico lo se p a ra to c o sta L. 4 p e r l ’Ita lia e in p ro p o rz io n e p e r gli a ltr i p a esi.

T ra s c o rs o u n m ese d a lla p u b b lic a zio n e n o n si t r a s m e t t o n o f a s c i c o l i r e c l a m a t i d a g li a b b o n a ti.

I c a m b ia m e n ti di in d irizzo , v a n n o a c c o m p a g n a ti d a lla fa s c e tta e d a lla rim e s sa di L. 5.

N o n s i i n v i a n o b o z z e d eg li s c r itti fa v o riti d ai c o lla b o ra to ri, i q u a li deb b o n o rim e tte re g li o rig in a li n e lla lo ro re d a zio n e defin itiv a.

N o n si d a n n o in o m a g g i o estratti, nè copie di fascicoli. P o trà solo essere te n u to co n to degli in d irizz i, che p re v e n tiv a m e n te gli a u to ri a v ra n n o d e sig n a to , p e r l ’in v io delle cop{e c o n te n e n ti i lo ro

s c r itti. _ .

P e r g li e s t r a t t i ric h ie d e re a lla A m niiiiistrazio iie il prezzo di costo.

B I B L I O T E C A D E “ L ’E C O N O M I S T A „ S tu d i E co n o m ici F in a n z ia ri e S ta tis tic i

p u b b lic a ti a c u ra de L ’E C O N O M I S T A

1) FELICE VINCI L. 2

L’elasticità dei consumi con le sue applicazioni ai consumi attuali prebellici

2) GAETANO ZINGALI L. 1

DI ALCUNE ESPERIENZE METODOLOGICHE

TRATTE DALLA PRASSI DELLA STATISTICA DEGLI ZEMSTWO RUSSI

3) D o tt. ERNESTO SANTORO L. 4

Saggio critico su la teoria del valore

n e i r e c o n o m i a p olitic a

4) ALDO CONTENTO L. 2

Per una teoria induttiva dei dazi sui grano e sulle farine

5) ANSt LMO BERNARDINO L. 2

il fenomeno burocratico e il momento

e c o n om ic o-fin an z iar io

I n v e n d i ta p r e s so i p r i n c i p a l i lib r a i- e d ito r i e p r e s s o V A m ­ m i n i s tr a z io n e de L’E c o n o m ista - 5 6 V ia G r e g o r ia n a , R O M A 6

PARTE ECONOMICA

Collaborazione

E ’ oggetto di discussione nel momento attuale il proposito di collaborazione ad un Ministero borghese manifestato da una parte dei Deputati del gruppo socialista e la eventualità della realizzazione di tale intento ha sollevato specialmente negli ambienti so- socialisti e negli organi sindacali del proletariato di­ scussioni vivacissime, che risalgono alle origini ed al­ la 'disciplina programmatica del socialismo.

Di somma) importanza si presenta infatti il feno­ meno che, la parte più illuminata dei seguaci di Car­ lo Marx ravvisi più conveniente, per la realizzazio­ ne di alcune aspirazioni del socialismo, il conseguir­ le nell’orbita di un regime borghese;, anziché tener ferma la< finalità ultima del socialismo che si imper­ nia sul rovesciamento del regime capitalistico, per sostituirlo con un regime a base comunista.

Si potrebbe quasi dire che il solo accenno- al colla­ borazionismo fstgnifichi una r-innegazione completa del socialismo stesso, per quanto riguarda il suo sco­ po finale e preciso.

Le internazionali che si sono seguite nella -storia del socialismo, hanno sempre ribattuto il principio che la attuazione del programma socialista non po­ tesse avvenire ohe attraverso un movimento rivolu­ zionario il -quale abbattesse i regimi esistenti, per imporre alla collettività quello vagheggiato dall’auto- te del «Capitale)). Ammettere quindi che le finalità parziali del collettivismo possano raggiunngersi at­ traverso ad una collaborazione della società organiz­ zata sulla ibase capitalistica, significa indubbiamente modificare nella sostanza il programma assoluto del socialismo e convertirlo da un partito politico avente una finalità costituzionale propria ed a sè stante, in un partito avente invece una funzione sociale ; rappre­ sentante quindi una sola parte della collettività, che contribuisce colle tendenze che le son proprie a di­ rigere ed a spostare le direttive attuali del capitali­ smo e che non pone più come pregiudiziale delle sue azioni il capovolgimento dell’attuale assetto.

Il socialismo diventa così un partito di funzione co­ me lo è il popolare, come lo è il liberale, come lo è il democratico, i quali tutti apportano il contributo dei loro programmi e la pressione delle loro ten­ denze nell’orbita! della costituzione e delle istituzioni che reggono presentemente la -compagine sociale'.

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po-100 L ’EC O N O M ISTA tendo porre in atto un regime collettivista, non par­

tecipasse cogli altri partiti nel governo della cosa pubblica, in modo1 da conseguire per il proletariato almeno i maggiori vantaggi economici che di volta in volta si presentino conseguibili. »

Ed è forse sulla base di un esperimento collabo­ razionista che potrebbe vedersi in un tempo non lon­ tano modificarsi sostanzialmente le tendenze nell so­ cialismo, il quale è stato ben capace di riconoscere nelle sue più recenti esperienze, essere immatura la attuazione del regime da esso preconizzato, quando il medesimo non possa svilupparsi attraverso un mo­ vimento internazionale, e non sia suffragato dai con­ sensi di tutta l ’umanità.

Sono sempre ile ragioni economiche che ostacola­ no una trasformazione da un regime ad un altro e poiché la rivoluzione che il socialismo prevede non ha paragoni nella storia, inquantochè i movimenti so­ ciali precedenti non hanno mai negato il capitalismo, bensì si sono svolti nell’orbita di una società capi­ talistica per trarre soltanto maggiori benefici da al­ cuni strati, sociali con diminuzione di quelli goduti da altri, è neh solo esperimento russo che esso può basarsi e quindi su un esempio che il socialismo stes­ so sente di dover rifuggire.

Il collaborazionismo potrà forse dare benefici ef­ fetti specialmente se il capitalismo Potrà accogliere intelligentemente la trasformazione che va compien­ dosi nelle più alte menti reggitrici del socialismo ; noi potremo vedere, superate le prime difficoltà di asse­ stamento, sorgere forse un’èra di pace e di mutua intesa col lavoro ; si allontanerà all ora sempre più la visione incerta e paurosa di una rivoluzione intesa a modificare il regime universalmente vigente, men­ tre in Russia andrà gradatamente restaurandosi, a riprova che il capitalismo è ancora la base unica e necessaria della società moderna, un regime non trop­ po diverso da quello che governa oggi tutto il rima­ nente delle collettività sociali.

Il ribasso dello sconto

Il saggio ufficiale dello sconto, prezzo del denaro richiesto in Italia dalle banche di emissione per i prestiti a breve scadenza, è fra i più elevati che og­ gi si conoscano. Gli stessi paesi a valuta deprezzata hanno in maggioranza, un saggio inferiore al sei per cento vigente da due anni in Italia per gli ¡sconti e le anticipazioni.

Da ciò la domanda avanzata in questi giorni più volte ¡diagli uomini d ’affari che i nostri Istituti di e- missione, seguendo l ’esempio della Banca Nazionale Svizzera, ¡della Banca di Francia, della Banca d’in- gihilterra e di altre grandi banche europee riducano la misura dello sconto e il saggio dell’interesse sulle an­ ticipazioni almeno al cinque per cento già corrispo­ sto dallo Stato per i buoni del Tesoro con scadenza da nove a dodici mesi. Il ribasso dello sconto ufficia­ le, determinando quello successivo dello sconto libe­ ro, aiuterebbe l ’agricoltura, l ’industria e il commer­ cio, sempre ¡più bisognose di prestiti a buon mercato, a superare la. ¡crisi economica, aggravata1 dalla tenden­ za odierna delle banche a restringere i fidi ed a ri­ chiamare le esposizioni.

Non siamo di questo avviso.

II ribasso dello sconto, non avrebbe altro resultato che di allargare ulteriormente la circolazione diei bi­ glietti con grave rischio degli Istituti, perdite per l ’e­ rario Che partecipa largamente ai loro ¡utili e scarsi vantaggi per il paese, nel quale, fuori banca, ¡si pra­ ticano già a favore delle imprese sane o sopravissute a liquidazioni rovinose ma salutari, saggi ¡pari od an­ che lievemente inferiori allo sconto ufficiale.

La circolazione per conto del commercio, che alla fine di ¡dicembre del 120 saliva a 8.988 milioni, am­ montava a 10.704 milioni agli ultimi di dicembre del

25 giugnO-2 luglio 1922 — N. 2512-13 1921 con tendenza all’aumento per effetto delle ri- percussioni cagionate dalla liquidazione della Banca Italiana di Sconto e dalle crescenti domande di ri­ sconto delle banche private. E ’ una circolazione ec­ cessiva, che per evitare ogni rincaro di prezzi e di cambi bisogna alleggerire, riducendo gradatamente' la quota di essa spettante ai bisogni del Tesoro che ora sorpassa gli otto miliardi e mezzo. Non è quando le domande di credito, presentate il più delie volte per sostenere imprese artificiali destinate a sparire, ab­ bondano che le Banche di emissione possono dimi­ nuire la ragione dello sconto. La domanda di prestiti, quanto più. facile e viva, deve essere non eccitata con più bassi costi del denaro, ma moderata quanto più le disponibilità attuali vanno diminuendo. La crisi bancaria, a cui sfuggirono, le altre banche europee ohe ridussero lo sconto, avrebbe consigliato non un ribasso, ma un aumento dello sconto. E ’ merito delle nostre Banche di emissione, che mai obliarono gli in­ teressi nazionali, di non averlo fa'.to sebbene punto av­ vantaggiate dali’.aumento della circolazione per conto del commercio, lucroso solo per lo Stato che tassa i biglietti emessi.

Il meccanismo è noto. Allorquando i biglietti e» messi per conto del commercio-, co-perti nella misu­ ra dei 40 per cento da riserva metallica o da riserva equiparata alla metallica, superano complessivamente per i tre Istituti la' somma di 2.017 milioni la parte eccedente è colpita da una tassa straordinaria restrit­ tiva eguale al saggio dello sconto. A-lo Stato spetta­ no in tal modo gli utili totali ricavati dai tre Istituti con la -maggior somma di biglietti superiori al limite accennato; agli Istituti i rischi inerenti alle opera­ zioni di sconto, se non le più pericolose, certo le me­ no gradite in tempi di crisi. L ’interesse dei tre Isti­ tuti allorquando i biglietti già -emessi superano di po­ co i due miliardi, sarebbe quindi di rifiutare ogni o- perazione ed ogni nuo-vo credito al commercio. Alla fine ¡di febbraio i tre Istituti avevano invece in circo­ lazione per conto del commercio nove miliardi e 631 ■ milioni in ¡più del limite normale oltre il quale essi non hanno guadagno alcuno-, eguagliando la tassa straordinaria "di circolazione versata al Tesoro il sag­ gio dello sconto -ricavato dai prestiti e dalle anticipa­ zioni. In tali condizioni, che espongono le tre Ban­ che unicamente a rischi e perdite, senza speranza di compensi come pretendere un ulteriore aumento della

circolazione ? ,

E ’ vero -che lo Stato ha assicurato con un decreto legge del 12 novembre ¡dello scorso anno al capitale versato dagli azionisti della Banca d ’Italia e al patri­ monio dei due Banchi meridionali, un interesse mi­ nimo medio del cinque per cento da prelevarsi dal gettito della tassa di circolazione all’uopo accantona­ to, ma il contributo -non basta nè a salvaguardare l ’e­ rario esposto a perdere buona parte delle -entrate de­ rivanti dalla ¡sua' partecipazione agli utili delle tre Banche, nè a compensare i rischi a -cui esse si e- spon-gono con ogni nuovo aumento della oir-co'azione, determinato da influenze politiche, dai bisogni del

Consorzio per sovvenzioni su valori industriali e dalla

sospensione dei pagamenti della Banca Italiana di Sconto per conto della quale i tre Istituti dovranno inoltre emettere ora un altro miliardo di ¡lire in bi­ glietti per garentire ai suoi creditori il ¡puntuale paga­ mento delle percentuali loro spettanti sulle attività della banca defunta. Nulla quindi consiglia per ora un ribasso del saggio ufficiale dello sconto punto ec­ cessivo date le condizioni economicbè -e finanziarie del momento.

(3)

A

191 25 giugno-2 luglio 1922 — N. 2512-13 L’ECONOMISTA

liquide, obbliga le banche a scontare molto al diso­ pra del saggio ufficiale, sebbene la massa della mo­ neta. cartacea abbia raggiunto, data la tendenza al ri­ basso dei prezzi aH’ingrosso delle merci e l ’arresto industriale ed edilizio, delle proporzioni allarmanti.

Alla fine di marzo la circolazione complessiva dei biglietti emessi dallo Stato e dalle Bapohe_ammonta- i va alla cifra imponente di 20 miliardi e 349 milioni contro una riserva metallica di circa due miliardi. Co­ me mai pretendere di stabilizzare prezzi, cambi, red­ diti stampandone ora qualche altro miliardo?

Federico Flora Nel bilancio nazionale

1) Moltiplicazioni.

-La quantità di carta, che misura ed opera la_circo­ lazione, salendo durante la guerra da 3 a 22 miliardi, si è moltiplicata per 7.

Il reddito nazionale, che era calcolato a 15-20 mi­ liardi, ora è calcolato a più di 100, cioè si è molti­ plicato per 7. E il capitale da 100 a 700?

I prezzi si dice si sieno moltiplicati per 4. II mio stipendio per 3.

Le importazioni sono salite da 3.600 milioni a 16 i nel 1919, cioè si sono moltiplicate per 4-5.

Le entrate effettive dello Stato, salendo da 2.5 a 8.8 miliardi, si sono moltiplicate per 3-4.

Lo strano è che (forse per imbarazzare gli studio­ si deirequilibrio economico nazionale) tutti i caipi- | tali del bilancio nazionale non sono stati moltiplicati : per la stessa cifra.

2) Illusioni.

Siamo dunque più ricchi?

Di 23 generi di prodotti, scilo 4 (gelsi, manganese, pirite e carboni fossili) sono aumentati nel 1920 sul 1918 : ma tutti gli altri sono diminuiti ; il grano da ! 100 a 66. la segala a 81, l ’orzo a 54, l ’avena a 56. il riso a 79, il granturco a 78, l’uva a 82, i bozzoli a 93. il ferro a 70, il petrolio a 72 e cosi continuan­ do. E* "dunque prudente vedere la quantità di merci | (tonnellate di grano, ferro, ecc.) e non quella di mo­ nete, specie di carta (per quanto anche questa, ad o- gnuno dei lettori, non credo dispiaccia).

3) Speranze.

. Nè il 1921 cominciava meglio -, il traffico ferro­ viario diminuisce; il commercio con Testerò anche: si entrava dunque in una crisi. Ma. come le onde del mare cominciando a formarsi formano la forza che do­ vrà abbatterle, così l ’inizio della crisi è il primo i- nizio della sua caduta. Se nei primi cinque^ mesi del detto anno abbiamo importato più di 6 miliardi con­ tro quasi 4 esportati, e sono diminuiti i nostri traf­ fici quasi con tutti i paesi e specialmente con quelli insieme ai quali facemmo la guerra, sono aumentati e notevolmente quelli con gli ex-nemici. E cioè, scio­ gliendosi la coazione di guerra (divieti di traffico con alcuni paesi e produzione forzata di alcuni, prr.~;:r:;, l’economia ripiglia le sue vie naturali e qu.ndi da sè sì ricostruisce. «Nec spe nec metu».

Giulio Curato.

A proposito di protezionismo

Guadagni, delle cartiere

Ho letto il comunicato del Consig'io federale fra le Unioni editoriali dei igiornali quotidiani d ’Italia, nel quale rispondendo alle pretese dei cartai in ordine alla protezione doganale,. si chiede che i provvedi­ menti invocati possano almeno rispondere al fine di mettere le cartiere in condizione di fare dei prezzi più bassi per i giornali, nel cui costo di produzione la carta rappresenta un’aliquota così elevata come in nessuna altra industria1 scrive F. C. nel Corriere

d ’Italia.

Che nella grave crisi che tormenta la stampa ita­

liana il prezzo della carta rappresenti un elemento preppnderante, è fuor di questione : soltanto è da do­ mandarsi se' quest 'eccesso di prezzo sia realmente | la conseguenza di un eccesso di costo. I cartai invo­

cano una tariffa doganale di protezione, quasiché l ’in­ dustria si trovi in condizioni disastrose; ma questa domanda può apparire per lo meno strana di fronte alle risultanze dei loro bilanci, che dimostrano al contrario come offrono i maggiori profitti.

Io ho qui sul tavolo alcuni bilanci di aziende ano­ nime che, francamente, nelle loro risultanze pongo­ no il dilejnma se non sia il caso d’esigere una ridu­ zione di prezzo della produzione nazionale e in man­ canza di ciò la libera importazione straniera per de­ terminare una concorrenza che modifichi un po gli eccessivi appetiti dei cartai nazionali.

Ne cito alcuni soltanto, che bastano per tutti. La «Maslianico», con un capitale di 6 milioni, ha dato nell’ultimo bilancio utili per L. 1.060.261 (20 per cento); ila «Bernardino Nodari», di Venezia, con ca­

pitale di L. 2.300.000 presenta un profitto di L. 1 milione 675.5òl •— qualche cosa come il 72 per cento — le «Cartiere Italiane» di Torino, il cui ca- pitale ammonta a L. 124.50.000 chiudendo il bilan­ cio con 2.505.892 di utili (20 per cento); le note cartiere «Milani» di Fabriano — capitale L. 9 milioni — ebbero utili per L. 1.075.441; La .«Pirola» con tre milioni di capitale, realizzò L. 331.406 di pro­ fitti. E potrebbe bastare per dare un indice delle con­ dizioni dell’industria. Non ho ¡’ultimo bilancio delle «Meridionali» ma dagli aquari rilevo che il bilancio chiuso il 30 giugno 1920 permise il raddoppiamento del capitale con »gili utili, e che di conseguenza sulle azioni di 250 lire, elevate a L. 500 si distribuì un dividendo di lire 100.

Naturalmente non tutti gli utili andarono agli azio-, nisti. La ((Maslianico» per esempio, ne riservò una buona parte — circa il 40 per cento agli ammini­ stratori — ma ciò non toglie che gli utili sussistono | e che quindi non sia il caso davvero di piangere sul- le sorti delTindustria. Al contrario pare a me che |

nell’interesse- della nostra famiglia, la quale dà aflTin-

dustria della carta tanti elementi di agiatezza, sia un no’ il caso di vedere se la stampa non sia Oggetto d ’un egoistico sfruttamento, tale cioè da1 compro­ mettere seriamente gli interessi di un organismo che è tanta parte della vita del Paese.

La libertà di commercio nello sviluppo econo­ mico delle Nazioni (1).

CAPITOLO III Il Protezionismo in Italia

§ i l . I l protezionismo in Italia avanti la formazione

del Regno*— § 12 . Suoi effetti: Suoi effetti sulle-

migrazione —- § 13.. Sullo svilnppo agricolo § 14. Sullo sviluppo industriale.

§ 1 1 . — Degli stati italiani, quello di cui più ci occuperemo sarà il Piemonte, poiché esso fu il seme da cui nacque la nazione italiana dichiarata final­ mente nel secolo xix unita ed indipendente.

Nella storia del libero scambio l’Italia è impor­ tante dopo il 1850 quando al suo governo^ sale Camillo Cavour che m ette in opera i principi già violentemente patrocinati nei suoi scritti; abolendo con una legge pubblicata il 6 Luglio dello stesso anno, tu tti i diritti di dogana e di navigazione per quelle nazioni che si comportassero nello stesso modo nei riguardi del Piemonte e con altre leggi : pubblicate successivamente rivolge il governo pie-’ ! montese ad una politica doganale libero scambista. | Ma colla morte del Cavour avvenuta nel 1861 e coll’unione degli Stati italiani sorse in Ita lia una | reazione che rivplse la politica italiana al

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192 L ’ EC O N O M ISTA zionismo, culminante nel 1887 colla istituzione dei

dazi di entrata dei prodotti esteri la quale provo­ cava finalmente nel 1893 una catastrofe finanziaria e politica per poco irreparabile. Menti sane ed estranee a questioni finanziarie riuscirono a sedare le sommosse politiche evitando uno sgretolamento dell’ancor giovane Italia. ■

La finanza italiana, però, navigò sempre tra acque burrascose, tra la speranza di una risorsa ed il timore di una improvvisa bancarotta.

La guerra poi ne provocava uno sbilancio peri­ coloso mentre dava uno sviluppo gigantesco alle industrie metallurgiche, colossi che crollarono su­ bito appena sopravvennero le condizioni normali e cessarono le richieste governative del periodo bel­ lico : esempi lam panti dell’impossibilità italiana ad erigere industrie.

§ 1 2 . — Gli effetti di questo protezionismo ad oltranza si risentirono naturalm ente nello sviluppo economico ed anche nell’ordinamento sociale della nazione, fasciando a quest’ultimo il seguente ca­ pitolo, parleremo degli effetti di esso sullo sviluppo agricolo ed industriale e quindi delle sue ripercus­ sioni sull’emigrazione, D’emigrazione da alcuni ri­ tenuta fonte di ricchezza, da altri indizio di po­ vertà, si accrebbe coi dazi protettivi di importa­ zione sul frumento.

Credenza davvero strana in uomini di governo quella che li spinse ad arginare Fimportazione del grano per incoraggiarne la coltivazione, mentre la agricoltura era priva di menti direttive e capitali bloccati nell’ industria !

Il pane di frumento crebbe di prezzo ed il con­ tadino ricorse ad un nutrim ento meno costoso ed infine maledicendo la stolta ed iniqua legge che lo costringeva ad .una vita così desolante abbandonò la patria ingrata ai suoi benefizi, sorda ai suoi lamenfi.

§ 13 . — Molti protezionisti asseriscono che 1’ a- gricoltura italiana progredì coll’ introduzione . del sistema protezionista, ma noi siamo certi che non coll’introduzione di dannosi sistemi protezionisti 1,agricoltura italiana progredì, ma colla costitu­ zione di un governo unico, di un’unica volontà, e di un uniforme sistema di coltivazione, ai dispa­ rati sistemi di ogni piccolo staterei!o italiano.

Ma l ’agricoltura in Italia non ebbe mai un in ­ cremento veramente considerevole, ciò che invece osserviamo nelle industrie, specialmente m etallur­ giche.

I dazi protettivi contro i vini d’Oltralpe porta­ rono la nostra azienda vinicola in miserevole stato: essa che progrediva coll’esportazioné, specialmente in Francia fu completamente atrofizzata da saggi (?) | uomini di governo che credettero proteggerla dal- l’ invasione straniera che mai non esistette, e non | si capisce come essi abbiano potuto pensare ad una concorrenza straniera all’ Italia, una delle prime, per non dirla prima, nazione vinicola dell’Europa.

Così pure i dazi d ’entrata sul legname austriaco provocarono una più intensa ricerca del legname italiano ; ricerca che causò un maggiore disbosca­ mento, che, regolato dissennatamente, provocò a sua volta gravi innondazioni.

Citiamo, a chiarimento di questo, u n ’ inchiesta sul disboscamento che enumerò nel solo distretto forestale di Piedimonte d’Alife (Caserta)^ 2795 et­ tari di bosco ridotti a ginestreti o addirittura in­ colti. In Provincia di Firenze la distruzione fu del 30 %.

§ 14 . — E ’ industria invece ebbe un progresso, sempre però relativo ; la grande industria si avvan­ taggiò, ma cito qui un recentissimo articolo del- l’Einaudi (1 ) e ripeto le sue testuali parole : « Molti « industriali sarebbero desiderosi d ’ importare mo­

li tori a gaz Diesel con cui provvederebbero a far

« funzionare i loro laboratori. Non lo possono per- « chè un gruppo a gaz povero della capacità di

25 giugnO-2 luglio 1922 — N. 2512 13 « 50 IIP che pesa ciróa 130 quintali paga 32.000 lire « di dazio, somma che la maggior parte dei medi « e piccoli industriali non è in grado di pagare ».

Ciò avviene per una protezione che il Governo vuole concedere all’unica d itta in Italia che pro­ duce motori Diesel; ed almeno li sapesse produrre ! ma, come osserva l’Einaudi, essa consegna i mo­ tori dopo trascorsi mesi e mesi dall’ordinazione, mentre migliori prodotti si preseptano alla fron­ tiera al prezzo minore di ben 10.000 lire del dazio. Quasi non bastasse faremo un cenno ai dazi pro­ tettivi sugli zuccheri, che il governo impose, o meglio influenze di zuccherieri fecero imporre dal governo che, docilmente, fissò a protezione di una sola fabbrica di Rieti un dazio d’ importazione *di lire 50 sugli zuccheri di canna; tutto a vantaggio delle masse consumatrici che però hanno una bella prerogativa : quella di lasciarsi taglieggiare da tu tti a loro buon grado.

Esposti questi brevi cenni possiamo rivolgerci queste domande a cui cercheremo rispondere nel seguente capitolo.

Quali sono gli effetti generali del Protezionismo ? Quali in particolare rispetto allo sviluppo econo­ mico dell’ Italia e al suo ordinamento sociale ?

CAPITOLO IV La protezione e lo Stato.

§ 16. Effetti generali del protezionismo ; l’onere del

dazio ricade sul consumatore nazionale — -§ 16. I n ­

fluenza sull’ ordinamento sociale della nazione —

§ 17 . Riassunto.

§ 15. — Alcuni protezionisti, anzi il maggior numero di essi, sostengono che il protezionismo non danneggia il consumatore nazionale ma fa ri­ cadere l’onere del dazio sul produttore straniero.

Forse i libero scambisti farebbero bene a sorpas­ sare su questo assurdo corollario protezionista, creato da una logica, che, ribattuta da tu tte le parti da sodi principi libero soambisti, non ha tro ­ vato altra scappatoia, ma, dato che i protezionisti lo sostengono con ostinazione e vi si attaccano quasi ad un argomento principale, cercheremo, ap­ poggiati da antichissimi principi economici, di far- neli il più possibilmente ricredere. A nzitutto il di­ mostrare con teoria il contrario di quanto affer­ mano i protezionisti è una cosa troppo astrusa, forse impossibile alla mente umana essendo il so- praenunciato corollario, troppo di evidente assur­ dità. Sarebbe ih caso di un matematico che volesse dimostrare che due numeri eguali... sono uguali !

Sarebbe forse impossibile. Quindi ci contente­ remo di dimostrarlo con esempi : anzitutto torne­ remo qualche pagina indietro e rivedremo l ’a rti­ colo Einaudi :

Da ditta italiana domanda mesi e mesi per con­ segnare' i motori mentre alla frontiera ve ne sono di pronti, ma carichi di ben 32.000 lire di dazio.

Ebbene ! diranno gli avversari, questo dazio ri­ cade sui produttori germanici quando ve ne siano che facciano passare la frontiera italiana alle loro macchine, che qui non otterranno . smercio perchè la ditta protetta li metterà in commercio a minor prezzo ; ma se gli industriali italiani che abbiso­ gnano di tali motori, data la lentezza della D itta italiana, si decideranno a compiere il sacrificio di acquistare i motori germanici, si può garantire che nel passivo delle loro aziende compariranno anche le famose 32mila lire di dazio. Dunque siamo certi che il dazio protettivo,, o non ricade su nessuno e resta inattivo, perchè nè i consumatori italiani an­ dranno a comperare merci estere che costano di più di quelle offerte dagli industriali locali, nè indu­ striali stranieri porteranno sui mercati italiani merci cariche di dazio cosi cl^e non trovano smercio :

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25 giugno-2 luglio 1922 — N. 2512-13 L ’ E C O N O M ISTA 193 Ma se sull’ industriale, che acquista una materia

prima all’estero, ricadono le spese di dazio, le ma­ terie manufatte della sua industria ne risentiranno ed il loro prezzo sarà aumentato. Ecco dunque^che il dazio protettivo cade, quando è attivo, sull’ in­ dustria consumatrice nazionale, di là sulla riven­ dita e di là finalmente sulle masse consumatrici.

Dunque noi possiamo concludere che T imposi­ zione dei dazii protettivi eleva i prezzi delle merci a tu tto danno dei consumatori nazional.

Ma l’Alby nella « Revue des deux monds_» os­ serva che un dazio protettivo imposto su di una singola merce, farà ribellare ad essa tu tti, tranne il produttore nazionale di quella merce, quindi mettendo dazi protettivi su tu tte le merci d im­ portazione nessuno griderà più perchè tu tti saranno protetti nello stesso modo.

Sembra il ragionamento di uno completamente profano in materia economica e tanto più strano in bocca ad un grande economista come l’Alby.

Senza enumerare tu tti gli effetti del protezio­ nismo ne vedremo qui solo due : il primo lo dedu­ ciamo dalle osservazioni -su esposte, cioè : il prote­ zionismo produce il rialzo dei prezzi delle merci provenienti da industrie protette ; il secondo ef­ fetto consiste nel danno prodotto dal protezionismo ai consumatori.

Questo effetto è quasi una conseguenza del primo, poiché mentre se vigesse un sistema libero scam­ bista il consumatore pagherebbe le merci a prezzo molto minore di quello esibito da produttori na­ zionali, il protezionismo rialzando i prezzi dan­ neggia il consumatore. Toichè vi sono alcune classi che non avendo nessun interesse nelle aziende pro­ tette, viene a rimettere quello che non perderebbe se acquistasse prodotti esteri.

I protrzionisti da ultimo ricorrono ad un ritro­ vato che visti gli antecedenti, possiamo dire, ben degno di loro: Vorrebbero sostenere che la ric­ chezza nazionale non è danneggiata perchè ciò che non guadagnano i consumatori guadagnano i pro­ duttori. Ma allora noi potremmo domandare a questi « orecchianti di economia » (i) come si può par­ lare di equilibrio delle forze economiehe e finan­ ziarie del paese ?

§ 16. — Con questo postulato la ricchezza si accentra nelle mani di pochi industriali e si forma una, direi quasi, oligarchia della ricchezza poiché, si potrebbe ammettere il corollario protezionista se lo scambio di ricchezza fosse reciproco, ma esso avviene solo e sempre da consumatori a produttori.

Quindi noi rigettiamo anche questo postulato perchè esporrebbe le industrie già a stento salvate dalla concorrenza straniera al continuo pericolo di un violento rivolgimento politico e quindi con essa, che forse riscuoterebbero il danno minore, anche tu tta la base su cui si fonda la scala sociale.

§ 17. — Dunque noi riassumendo la Storia e la critica del protezionismo, qui rapidamente svolti, dobbiamo rigettare in tu tte le sue forme ed asso­ lutamente il principio protezionista perchè lo cre­ diamo dannoso allo sviluppo delle nazioni o meglio

i

lo riteniamo uno stupefacente del sistem a econo- : mico dei paesi ; esso da uno sviluppo fittizio che

culminerà più tardi in un cataclisma economico. Noi vediamo il protezionismo nascere, propinare alla Francia questo suo venefico liquore che ca­ gionò in essa uno sviluppo momentaneo, sempre apparente, crollato poi colle continue guerre del­ l’Olanda, causa dello sbilancio finanziario del paese, ' sbilancio che non potè essere sanato che dopo un

lungo periodo di strazi per la Francia. Il protezio­ nismo adunque nasce come la zizzania in mezzo al frumento, nel nostro .caso rappresentata dagli antichi principii libero-scambisti. T rapiantata negli altri Stati questa malerba delle nazioni non ristà

t l ) Agnelli A. — Libero scambio - Milano, 1897.

di soffiare nel braciere della guerra mettendolo sempre in procinto di divampare.

In Italia finalmente lo vediamo danneggiare _i consumatori esagerando lo sviluppo industriale m i­ nacciante di momento in momento terribili cata­

strofi. 1

A conclusione di questo capitolo diremo che il protezionismo non è nemmeno T interesse della col­ lettività nazionale, ma solamente di una lim itata congrega che vessa il rimanente con conseguenze facili a immaginare.

Pa r t e Se c o n d a

CAPITOLO I

Il libero-scambio in Italia

§ 18. Libero scambio — § 19- Sua attuabilità § 20. Suoi effetti.

§. 18. Dopo aver viste ed esaminate tutte le for­ me del protezionismo ed i suoi effetti teorici e prati­ ci viene spontaneo il domandarci: E ’ migliore adun­ que il sistema libero scambista? E ’ esso attuabile in Italia? Quali sarebbero le sue conseguenze?

Alla prima domanda : è migliore il libero scam­ bio? crediamo che la rassegna dei difètti del prote­ zionismo abbia già risposto. Riteniamo, adunque, cfm il libero scambio sia la miglior forma di politica do­ ganale, crediamo che l ’abolizione delle barriere sia un comburente pel 'braciere commerciale.

§. 19. Ma questo sistema è esso attuabile in 1- talia?. Se questa domanda se la fossero rivolta i mi­ nistri d ’Italia del 1870, dell’Italia) adolescente a- vrebbero potuto rispondere subito affermativamente; ma ora, quando i traffici del Regno già hanno in­ cominciato ad avviluppare anche l ’Italia nella rete commerciane del mondo e quando già anche 1 Italia ha creato industrie di esagerato sviluppo, 1 applica­ zione del sistema libero scambista presenta qualche

difficoltà. , • . ... . , .

Anzitutto, l ’applicazione del sistema liberista a- vrebbe un effetto incrementale s u l l ’emigrazione per

i crolli che si verificherebbero nelle industrie ita­ liane se già non vi fossero opere agricole, dato il nuovo indirizzo che dovrebbe prendere il paese, im­

portantissime da intraprendere . .

Siamo sicuri che i due milioni di operai occupati nelle industrie, di cui alcune, come ad es. quelle della seta ed in genere quelle agricole, non subi­ rebbero crolli, molto meglio sa reb b e ro impiegati nel­ le opere d ’irrigazione cerne l ’acquedotto Pugliese, che, cominciato circa il 1900 non è giunto ancora a suo termine ed è divenuto una vera «fiaba» ita­ liana, od in opere di bonifiche che ancora restano ad intraprendere e colla tramutazione dei latifondi da padronali in consorziali nelle vere e proprie opere manuali attinenti alla campagna, specialmente nel

Meridionale. ,. , ,

Si pensi che nella Sicilia e nella Puglia, altra vol­ ta granai dell’Impero Romano, si produce una media di lu e o tre ettolitri di grano per ettaro, mentre la Danimarca, paese nordico, ne produce ben 3 b .

Allora eliminate queste . conseguenze possiamo pas­ sare a vedere le conseguenze benefiche che il li­ bero scambio potrebbe apportare aria nazione ita­

liana. ‘ .

(6)

194 L ’E C O N O M IS T A 25 giugno-2 luglio 1922 — N. 2512-13 ed allora all’industria italiane sottentrerebbe l’impor­

tazione dall’estero e quindi il buon mercato della merce.

Obbligando un dato organo a compiere varie , fun­ zioni, siamo certi che le funzioni saranno compiute inesattamente o parzialmente, così, se noi obblighia­ mo ciascuna nazione a compiere tutte le funzioni che servono al mantenimento di essa, saremo certi che esse funzioni saranno compiute disordinatamente e quindi pessimamente. II protezionismo tende appun­ to a questo fine ed apportare quindi le già viste con­ seguenze, mentre il libero scambio divide fra le na­ zioni Ila produzione mondiale e porterebbe quindi in Italia un grande sviluppo alla agricoltura ed alle in­ dustrie che potessero reggere, cosa che arricchireb­ be il paese, sanando forse anche, le piaghe della fi­ nanza prodotte dalla grande guerra.

Il libero scambio, poi, influirebbe sull'Italia per­ mettendo un più largo progresso dei sistejni di col­ tivazione 'agricola' e dei sistemi tecnici, delle indu­ strie essenzialmente italiane ; inoltre per maggiore impiego di capitali, sia- italiano, sia estero, e per una maggiore specializzazione tecnica, della popo­ lazione.

Da tutto ciò quindi possiamo concludere che il li­ bero scambio è l ’unica forma varamente benefica di politica doganale, per l ’Italia, abolendo anche ingiu­ stizie veramente inaudite che continuamente va crean­ do il sistema protezionista, formando una sempre più profonda divisione fra le classi sociali che non si po­ tranno quindi ricementare se non con uno scontro violento fra di loro, cosa che i nostri legislatori de­ vono energicamente evitare per il bene politico, e- conomico e sociale della nazione.

CAPITOLO II Libero scambio in Europa

§ 2i. Sguardo generale alle vicende del lìbero scambio

in Europa — § 22. Inghilterra — § 23. Piemonte e

Italia,

§. 21. Come già abbiamo accennato nel capitoto I della parte prima, il libero scambio non nacque già da un avvento economico o polisco, come abbiamo visto per il protezionismo, ma sorse colio stesso na­ scere deH’umana! stirpe. Nè più tardi per tutto il Medio Evo ed anche per buona parte dell’epoea mo­ derna, si pensò mai ch,e lo scambio delle merci fra popolo e popolo potesse costituire un sistema specia­ le. Solo quando sorse l ’economia politica e vi fu chi si dedicò di suo studio, l ’umanità si occorse di quan­ to aveva ereditato 'daH’esperienza dei suoi avi, e si accinse a conservare questo granito su cui si sareb­ be basata tutta la nuova economia mondiale.

Ma, purtroppo, esso fu roso dalle false opinioni colbertiste, e dopo la nascita del protezionismo esso fu sempre in procinto di crollare, ora sorretto e pun­ tellato da ministri liberisti, ora messo sul punto di rovinare definitivamente sotto le ringagliardite bufe­ re protezioniste.

§. 2 2 . — Una delle prime e più forti reazioni al nascente sistema protezionista, fu il liberismo in­ glese; esso s ’installa veramente in Inghilterra co» Peel, e con i suoi successori si consolida talmente da poter avventurare l ’Inghilterra, libero scambista, nel mondo commerciale, irto di spine protezioniste.

Il libero scambismo inglese fu Scosso poi da at­ tacchi parlamentari nel 1880, e un fortuito arresto del commercio internazionale, spaventò i governanti che lasciarono prender piede a qualche tentativo di reazione protezionista. La. guerra poi sconvolse tutti i sistemi doganali ed il rapido mutarsi dei governi, delle relazioni diplomatiche e dello opinioni in ge­ nere. causò una disorganizzazione della politica do­ ganale anche in Inghilterra. Ma se essa vorrà vedere ancora risollevarsi il suo bilancio, e posare sicura su di una sana economia nazionale dovrà, a¡ mio avviso, energicamente reprimere qualsiasi tentativo di ritorno

ai sistemi protettivi e riorganizzare la sua' politica do­ ganale ispirandola ai principi libero-scambisti che tanto floridlamente la condussero sulla via del com­ mercio internazionale nei tempi della sua rinascita.

§. 23. Un altro sforzo per ricondurre al primo splendore il sistema libera scambista fu que.lo com­ piuto da un nostro grande ministro : Camillo Ca­ vour (1).

L ’incoraggiamento del sistema libero scambista in Piemonte oltre che ringagliardire il suo commercio, produsse un ravvicinamento diplomatico alle altre na­ zioni europee, mentre d'altra parte la reazione pro­ tezionista del Depretis provocava una irritazione di tariffe nelle altre nazioni e quindi un arresto del com­ mercio internazionale ed un attrito diplomatico fattosi sempre più forte specialmente colla Francia. Con questa, po.i, anche per questioni politiche, si ebbe sotto il ministro Crispi un'asprissima guerra di ta­ riffe che accennò a cessare col trattato doganale de!

1899, ma ormai il commercio italo-francese poteva dirsi arrestato.

Ecco così dato un breve sguardo alle vicende del libero scambio in Europa, la qua'e, se vorrà, ora coll’ingigantire della potenza americana opporre un solo corpo ad interessi coesistenti, dovrà occupatisi seriamente della politica doganale delle sue nazioni ed attaccarsi saldamente e decisamente a questo' an­ tichissimo sistema : il libero scambio.

CAPITOLO I II Libero scambio e guerra

§ 24. Dipendenza dommerciale § 25. Non vi può es­

sere una Nazione unicamente importatrice § 26. Coinè

si scambiano i prodotti mediante la liberta di com­ mercio.

§. 24. Noi possiamo osservare che in tutte le guerre combattute fra popolo e popolo dalle origini ai giorni nostri prevale sempre su tutte ¡le cause de­ terminanti quella economica. Ed infatti neil’uomo è sempre desto un sentimento egoistico di conserva­ zione per quello che è di sua proprietà, in qualun­ que modo gji sia pervenuto.

Costì è fra i popoli? Non sono essi una riunione di individui di uno stesso ceppo di un medesimo in­ teresse Ciascuno di questi individui ha l’interesse di offrire anche la propria vita per un connazionale perchè- sa che a tempo opportuno l ’aiutato, conna­ zionale offrirà la vita per lui o per i suoi figli.

Veniamo così a stabilire una dipendenza di inte­ ressi tra1 individuo e individuo della stessa nazione, mentre se noi concedessimo ad ogni individuo tutto ciò che abbisogna al suo sostentamento morale e ma­ teriale senza bisogno che esso congiunga i suoi in­ teressi a quelli del connazionale noi creeremo tro di loro una barriera che non si abbasserebbe mai, altro che per dar luogo a edii e cupidigie malaugurate.

Se estendiamo questo concetto di dipendenza com­ merciale reciproca, alle nazioni, avremo la stessa conseguenza che fra gli uomini di una stessa nazio­ ne, cioè nessuno può mettersi in rotta cogli altri per­ chè ne dipende.

Così una nazione che esporta i suoi prodotti na­ turali non può troncare ¡le sue relazioni con quella dalla quale importa, o nella quale esporta, perchè ne dipende economicamente, e non solo essa, ma an­ che l ’altra! nazione non può farlo, poiché nè Luna nè l ’altra possono fare a meno dei prodotti rispettivi.

Ecco dunque a che cosa tende' il libero scambio; ©sso accomuna gli interessi delle nazioni e quindi impedisce tra di loro qualsiasi lotta, sia economica, sia militare; mentre il protezionismo tende ad iso­ larle una dall ’altra, in modo da render più facili e violenti i cozzi militari provocati quasi" sempre da u- na opposizione di interessi. E non si dica che il li­ bero scambio sarà attuabile quando si sia giunti af­

(7)

25 giugnO-2 luglio 1922 — N. 2512-13 L ’ ECO N O M ISTA 195 laffratellamento dei popoii, io sarei propenso a cre­

dere che l ’affratellamento dei popoli sarà possibile, quando si sia giunti all’applicazione .del sistema li­ bero scambista.

§. 25 Ma si potrebbe obbietare che una nazione unicamente importatrice col sistema ilbero scambi­ sta, dovrebbe commergeisi nella valanga dei pro­ dotti stranieri, se questa nazione potesse esistere, Infanti lo scambio di merce è anche uno scambio di moneta, perchè la merce entra in uno stato in quanto ne esce moneta, ma il quantitativo di mo­ neta, che esce da una nazione deve essere coperto da un eguale .quantitativo di moneta, entrante, quindi se uno stato non può che importare non può riempire il vuoto prodotto nelle sue casse dai pagamenti fatti all’estero, poiché la moneta entra, iu uno stato in quanto ne esce una merce.

Quindi, questo stato non potrebbe esistere perchè appena sorto crollefebbe, non per effetto di politiche dogonali ma per un difetto congenito del suo si­ stema economico.

§. 26 Anche la rivalità coloniale poi scomparireb­ bero perchè assai poco importerebbe che gli ammi­ nistratori di un dato paese coloniale fossero fran­ cesi, inglesi, o italiani purché sapessero mantenere quelle condizioni di sicurezza di cui il commercio ha un bisogno essenziale (1 ).

Così non importerebbe avere ad esempio con pos­ sedimento minerario, quando fossero abolite le bar­ riere doganali poiché si sarebbe sempre sicuri della libertà commerciale con quella terra anche se go­

vernata da nazioni straniere o indipendeti.

Co n c l u s i o n e

Dopo aver esaminate le condizioni economiche a cui ci porterebbe l ’applicazione dei due sistemi di politica doganale poche righe di conclusione ci re­ stano da aggiungere. Esaminato il protezionismo nella sua adolescenza : nel colbertismo, e documen­ tato il male da esso arrecato e alla Francia e alla Società : abbiamo dato uno sguardo alle vicende storiche del protezionismo e del libero scambio in Europa : paragonate fra di loro cercando di trarne conclusioni in rapporto all’Italia.

Ora io credo osservate le conseguènze sociali del protezionismo e quelle del liberismo di aver suffi- centemente dimostrato che questo sorpassa il pro­ tezionismo, anzitutto nella sua perfezione trova quindi per sue consegueze benefiche e da ultimo nella sua influenza sull’affratellamento generale delle razze.

E perciò desiderabile che il principio libero scam­ bista, per cui ta n ti economisti e tan ti uomini di stato hanno strenualm ente com battuto, possa final­ mente trionfare dei suoi avversari e spargere sul­ l’E uropa'e sul mondo le sue benefiche influenze.

Albano da Re.

Le finanze d’italia Lezione del prof. Fiora

Il prof. Federico Flora dell’Università di Bologna, economista e pubblicista di chiara fama, ha chiuso a Trieste al R. Istituto Superiore di Commercio il suo corso di lezioni sui bilanci degli Stati moderni. Da questa lezione, coronata dagli appianisi della folla stu­ dentesca, togliamo il brano seguente, ' riguardante la situazione odierna delle finanze italiche ed il loro av­ venire.

E ’ un brano che, per l ’importanza dell’argomento, oggetto di appassionate controversie politiche ed eco­ nomiche, merita di essere conosciuto.

La situazione finanziaria, illustrata con ferma e cruda parola dall’on. De Nava alla Camera, nell’ul­ tima esposizione finanziaria è grave ma punto dispe­ rata. 1

(1) Agnelli — Libero scambio.

Un disavanzo effettivo di cinque miliardi per il 1920-21 ; un debito pubblico di 110 miliardi e 302 mi­ lioni alla fine di ottobre di cui 20 miliardi e 964 mi­ lioni in oro collocati all’estero e 22.297 milioni in buoni del Tesoro a brevissima scadenza, e una spesa continuativa di 18 miliardi, per una nazione povera, dominata da assemblee legislative inclini più a spen­ dere che a tassare, e che da qualche tempo- ama più scioperare e sperperare che lavorare e risparmiare, non consentono certo ad alcuno previsioni molto con­

fortanti. |

Periodi tempestosi.

Eppure la finanza italiana, in sessantadue anni di vita unitarja, ha superato rapidamente momenti non meno difficili. Un confronto della situazione dolorosa odierna con quella del triste ed umiliante 1866 e degli anni successivi contrassegnati da una ricchezza privata che arrivava appena alla sesta parte della ric­ chezza odierna, non è ozioso.

La storia finanziaria ne conserva il glorioso ricor­ do. E ’ una storia pura, esaltatrice di ardimenti, am­ monitrice di serenità e di abnegazione, che più d’ogni altra può far sentire agli italiani le esigenze di questa nostra ultima guerra 'di redenzione necessariamente associata al conflitto mondiale. I sacrifizi compiuti dal 1866 al 1875 dai contribuenti, sorretti dalla fede ri­ posta da tutti nel radioso avvenire della nazione af­ francata da ogni servitù politica e finanziaria, hanno qualchecosa di grandioso. Nè era il caso di stupir­ sene. Le entrate del bilancio dipendono più dalle for­ ze morali dlel paese che dalle sue risorse economiche. Poche cifre bastano a rievocarle. Nel 1866, l ’anno più tempestoso della vita politica e della finanza ita­ liana, il disavanzo del bilancio superava di quasi cento milioni l ’ammontare totale delle entrate effettive; il debito pubblico triplicato in quattro anni, assoribiva la metà delle entrate, le condizioni economiche, aggra­ vate dall’aggio erano addirittura disastrose. Non per questo i finanzieri del fortunoso periodo, in cui cam­ peggia sovrana la figura di Quintino Sella, si spa­ ventarono. Con provvedimenti fiscali eroici, associati alle maggiori economie nelle spese civili e militari ed al rispetto della libertà economica riuscirono dopo nove soli anni a raggiungere l ’agognato pareggio. La lunga e gloriosa battaglia per l ’assetto finanziario del nuovo regnò era nel 1875 ormai conclusa. La rendita 5 per cento, espressione fedele del credito pubblico, scesa nel 1866 alle borse italiane a L. 41,60 ed a Parigi a L. 36, sebbene ridotta nel 1868 a L. 4,34 dall’imposta speciale applicata per ritenuta, risaliva nel 1874 al corso medio di L. 70,83 ed alla borsa- di Parigi al corso di lire 65,68 in oro.

L’Italia aveva superato con la sua resistenza eco­ nomica e con le sue energie finanziarie le aspettative dlel mondo.

La situazione quale è oggi.

Oggi la situazione è di gran lunga meno impres­ sionante. Lo scoglio più grave è il debito estero, con­ tratto per scopi bellici, che solo intacca la ricchezza della nazione. E ’ oltre un miliardo in oro all’anno, pari al cambio odierno a quasi cinque miliardi, che l’Italia dovrebbe pagare per interessi e ammortamenti per trentatre anni ai suoi creditori americani e in­ glesi, che daH’annientarr.ento della egemonia mili­ tare ed economica della Germania hanno ricavato il vantaggio massimo. Aggiunto all’enorme disavanzo della bilanciai commerciale, valutato dall’on. De Na- *va per i primi otto mesi dell’anno corrente, in 4 miliardi e 272 milioni, sarebbe senz'altro la rovina.

(8)

196 L ’ E C O N O M ISTA sione agli americani ed agli inglesi dei Buoni del Tesoro, che in ragione di quella saranno a noi ri­ messi dal Governo tedesco. Liberata dal debito este­ ro la situazione diviene tosto meno preoccupante, nul­ la avendo di minaccioso il restante debito fruttifero interno di circa 60 miliardi che muta, semplicemente la distribuzione del reddito nazionale. La sola cosa importante è di impedire che i quattro miliardi di in­ teressi pagati ogni anno dallo Stato ai suoi creditori siano sottratti da consumi inutili o superflui alla pro­ duzione. Scongiurata simile tendenza, gravida di ¿¡an­ ni per un paese povero di capitali, la cifra impo­ nente del debito interno tuttora tanto sfruttata dagli irriducibili avversari della guerra, non può destare grandi inquietudini. II pubblico che intuisce la verità meglio di certi statisti lo,ha compreso. Il consolidato cinque per cento, malgrado la massa ingente e la so­ spesa nominatività, e la successiva temuta illegale tassazione delle cedole al portatore, che Ton. De Nava non ha voluto recisamente smentire, tende len­ tamente a riavvicinarsi- al prezzo di emissione, che prima della duplice minaccia aveva già superato.

Ogni allarme, apparentemente giustificato da: fatto che il debito pubblico eguaglia quasi la ricchezza na­ zionale prebellica è irragionevole. Ciò che conta non è ¡'ammontare del patrimonio nazionale ma il suo reddito. Vi sono società commerciali che hanno con­ tratto, con l ’emissione di obbligazioni, debiti eguali al capitale versato. Non per questo sono meno di dividenti agli azionisti di altre immuni da ogni de­ bito. Così è dello Stato anche se sovraccarico di de­ biti. L incremento delle imposte, conseguenza natu­ rale della più intensa utilizzazione collettiva1 del pa­ trimonio nazionale, accelerato dallo sviluppo tecnico e dal più intenso sforzo produttivo, renderà sempre più facile al Tesoro il servizio del debito pubblico.

Per il ritorno alla prosperità.

Così sarà dopo la liquidazione dell’ultima titanica lotta, se le spietate economie ed i tributi invocati dal- l ’on.^ De Nava per rinforzare le fondamenta dell’e­ dificio finanziario, tanto ingigantito dalla guerra, non sacrificheranno la produzione rinvigorita dalla gra­ duale ricostituzione dlell’« economia europea » in­ franta dal conflitto immane e dal nazionalismo impe­ rante negli stessi congressi diplomatici che hanno mostrato al mondo con quanta sapienza si possa, con­ cludendo la pace, perpetuare la guerra.

L'attuazione della proposta avanzata nelio scorso agogfo dalla- commissione permanente delle Finanze e del Tesoro di esigere una maggioranza speciale per tutte le proposte — anche di iniziativa governativa — che importino un aumento di spesa od una diminu­ zione di entrate, associata alla definitiva applicazione ! della riformai tributaria dell’on. Meda, testé ripre­

sentata con opportune modificazioni dall’òn. Soleri, concorrendo insieme a frenare la prodigalità e le Ten­ denze dissipatrici della Camera e ad accrescere le. en­ trate, varranno a raggiungere lo scopo.

Poco importa se le economie ed: i nuovi tributi non basteranno ancora ad arrestare subito ogni ulteriore parziale ricorso ai debiti a breve scadenza. « Se giun­ geremo a tramandare ai nostri figli, ai nostri nipoti, la libertà e l ’indipendenza essi non potranno lagnarsi del_ glorioso retaggio quantunque gravato di pesanti debiti ». Così Camillo Cavour sebbene avverso, per Tenore dedo Stato, ad ogni disavanzo del bilancio.

Sono parole che, chiudendo i conti bellici, Ton. De Nava avrebbe potuto ripetere con maggiore giu­ stezza. Gli oneri proporzionali dei debiti contratti dall’Italia per la guerra conclusiva, che abbattendo fi millenario impero absburghese, diede ad essa pre­ ziose città sorelle, baluardi montani inespugnabili ed a'popoli sconosciuti e sconoscenti, l’indipendenza na­ zionale, adottando l ’eroica »politica finanziaria della maggioranza cavouriana, diverranno, come dopo il

25 giugno-2 luglio 1922 — N. 2512-13 1866, sempre minori. La prosperità finanziaria meno insidiata da nói che in Francia, dove per saivare te finanze il relatore della Giunta del Bilancio, Ton. Bokanowski, propone perfino, forma elegante di fal­ limento, la svalutazione del franco, non tarderà fra qualche anno a ricomparire.

Una politica liberista aliena da ogni uso di prezzi politica (là perdita sopportata dallo Stato per cereali importad e per cereali requisiti ammontò dal 1914-15 a tutto l ’esercizio 1919-20 alla cifra di 14 miliardi e 543 milioni, coperti con altrettanti debiti) ; sorretta da una nuova orientazione del socialismo, i! quale ora sospinge le masse distolte dal Lavoro, verso la conquista dell ’impossibile ; accompagnata dalla piena restaurazione dell ’economia europea, contrastata dal- Timperialismo, dal particolarismo', dal comunismo, ri­ darà anche alle finanze italiche la solidità granitica del decennio anteriore alla guerra libica.

La mèta, qualora si sappia spendere a tempo ed economizzare sul vivo, non è lontana ma la via per giungervi tutta in salita. Manche importa alla stirpe italica, compatta e industre, abbellita dalla dignità dello sforzo vittorioso, compiuto più per gli altri che per sè stessa, la rude fatica?

La storia non è fatalismo ma volontà.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Fra i libri.

1 . Io vorrei consigliare a tutti i colleghi, che inse­ gnano statistica nelle scuole medie (istituti tecnici e commerciali), dii mettersi d ’accordo coi colleghi di storia e geografìa ed invogliare gli alunni a compe­ rare il calendario atlante De Agostini (Istituto geo­ grafico, Novara, 1922, L. 5). D ’altro canto vorrei consigliare la casa editrice ¡di arricchire sempre ¡più il libro di dati statistici, in maniera che l ’uso di esso possa sostituire quella parte deH’insegnamento della statistica, che comunemente chiamasi’ statistica espo­ sitrice. Noi potremmo ridurci ad adottare solo un manualetto di Metodologia1, che resta fondamental­ mente la stessa, mentre la parte espositrice, che cambia continuamente, avrebbe la sua esposizione an­ nuale nel volumetto del De Agostini. Raggiungere­ mo anche il vantaggio di ricollegare le due materie, come è richiesto dai regolamenti e come è urgente necessità in tutta la scuola media.

2 . La società tipografica editrice siciliana di Cata­ nia pubblica gli elementi di statistica per le scuole medie di commercio e di ragioneria di Mario Gu- glielmino (ipag. 135, L. 5), che ha almeno il van­ taggio di essere assai breve, facile e semplice. An­ che la disposizione della materia è notevole.

3. La società editrice La Poligrafica Nazionale di Roma (via Cicerone, Sb^pubiblica gli elementi di di­ ritto commerciale del prof' Roberto Agosti (pag. 608, L. 30). L ’autore è già noto agli studiosi : ma questa è opera pratica e veramente utilissima, perchè cor­ redata di formularii e moduli, che rendono vivo il di­ ritto, troppo spesso insegnaito astrattamente anche nelle scuole medie, dove è insegnamento ausiliario di nozioni ¡professionali.

4. A. De Vito Tommaso, che ha dedicato una vita di studio e di cure affettuose alla statistica dei con­ sumi familiari, pubblica ora ¡pei tipi di Silvio Mo­ rano (Napoli, via S. Sebastiano, n. 48) un magnifi­ co volume, illustrato d:a quel valente artista che è Duilio Cambelloti, col titolo «Il libro della casa», ru­ brica per materia dei consumi familiari a scrutinio automatico. Il volume esce dalla sezione di economia domestica del R. Istituto di istruzione professionale femminile in Napoli ed è veramente il libro che do­ vrebbe trovar! in ogni famiglia, per segnare tutte le spese e tutti i consumi che giornalmente si fanno.

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25 giugno-2 luglio 1922 — N. 2512-13 L’ ECO N O M ISTA 197 ru b ric a ; non a p p a rtie n e alla contabilità, m a alla s ta ­

tistica. M a il v olum e è com pletano dai p ro sp etti di­ dattici (valore intrinseco, in rapporto al prezzo, dei g e n e ri alim entari più 'p o p o lari), da liste ideila giornata, fabbisogno, eco. E ’ tu tta u n ’opera di aiutostatistica ohe l ’a u tric e va deerm inando e bisogna incoraggiarla per la fede e la cosanza che dim ostra.

< Giulio Curato.

FINANZE DI STATO

Le entrate dello Stato

Anche nel decorso mese di aprile-le en tra te dello S taio hanno avuto nuovo e. discreto increm ento. II confronto fra il g ettito dei vari cespiti con quello dell’aprile 1921 p resen ta una differenza in più che supera i 47 milioni (esattam ente L. 47.113.972).

Il m aggior aum ento, risp etto all’aprile 1921, si è avuto nel m ese scorso, p er le im poste indirette sui consumi, che dònno una d eferenza in più di oltre 87 milioni. S eguono le ta sse di registro, con un increm ento di milioni, e il prodotto netto del lotto accresciutosi di 3 milioni.

Sono invece in diminuzione : i m onopoli commerciali, per 44 milioni; le ta sse di bollo per 9 milioni le imposte dirette, per 6 milioni, ed i monopoli industriali per 2 mi­ lioni.

Ecco le cifre precise che si riferiscono alle en tra te dello S ta to nei mesi di aprile 1921 e 1822:

TITOLI M esi d i aprile

Imposte dirette Monopoli industriali Imposte dirette Tasse di registro Tasse di bollo Dotto Monopoli commerciali 1921 L. 729.317.625 „ 247.064.669 „ 140.666.504 „ 70.026.513 „ 92.147.055 „ 15.672.185 „ 44.615.680 1922 722.938.667 244.863.331 228.546.073 39.483.892 82.619.885 19.072.415 T otali L. 1.340.410.291 1.387.524.263 _______ RIVISTA DEL COMMERCIO

II commercio estero della Jugoslavia

Rilevando l ’imporianza del trattato commerciale concluso tra la Germania e lo Stato S. H. S., la « Frankfurter Zei­ tung » passava in un -rapido esame il movimento commercia­ le di importazione, ed esportazione della Jugoslavia durante gli ann; 1920-21.

Nel periodo precedente al 1920 a causa della generale mancanza di merci, delle pessime condizioni delle comuni­ cazioni e def contrabbando che si esercitava in grande stile, il caos regnava in tutto il commercio della Jugoslavia.

Nel 1919, infatti, la Jugoslavia ha esportato prodotti per un valore di 685,8 milioni, contro una importazione di 2228 milioni di dinari.

Nel 1920 in confronto di u n ’importazione di 3465.8 milio­ ni si ebbe u n ’esportazione di 1320.6 milioni.

-Ne! primo semestre del 1921 ad u n ’importazione di 2093)5 milioni corrispose u n ’importazione di 1160 milioni. Quindi la proporzione fu la seguente : 1919 come 1 :434; nel 1920 come 31 :98 ; nel primo semestre 1921 come 1 • 1.8. Da ciò risulta un miglioramento essenziale nel commercio estero. Negli articoli importati stanno al primo posto i prodotti tes­ sili e le rispettive materie prime (cotone, lana, canapa, seta, stoffe, abiti- confezionati, biancheria), -che comprendevano il 49.3 per cento, cioè quasi la metà dell’intera importazione nel 1920 e nel 1921 il 44.6 per cento. Seguono metalli e loro prodotti (11.3 per cento); macchine (5.9 per cento); prodotti chimici e medicinali (4.9); pelli e loro prodotti (3.6 per cento ed altre merci in quantità minori.

N ell’esportazione figurano i seguenti articoli :

1920 1921

legnami e loro prodotti 24.46% 8.23%

granturco 11.40 17.06

grano 9.60 6.34

carni semplici e lavorate 8.11 9:96

farina 7.3! 3.91

prugne secche 4.83 4.53

bovini 7.00 10.22

uova 2.24 6.26

qualità degli articoli importati ed esportati dimostrano

dustria poco sviluppata. Ma mentre prima l ’esportazione del regno di g-erbia si limitava ai soli prodotti dell’agricoltura in senso stretto ed al bestiame -oggi Ja Jugoslavia porta sul mer­ cato i prodotti agricoli di ogni genere come ad esempio con­ siderevoli quantità di legnami,(dalia Russia e Slovenia), che nella statistica del commercio estero della Serbia figuravano ;n quantità maggiori nell’importazione che nell ’esportazione. La proporzione delle merci dei paesi importatori in Jugo­ slavia non figura nella sua statistica commerciale nel 1919 : nel 1920 e primo semestre 1921 -essi sono rappresentati co­ me segue : 1920 1621 Italia 36.59% 21.85% Austria 20.00 25.45 Czecoslovacchia 9.23 19.75 Grecia 9.11 7.16 Inghilterra 7.5 6.59 Francia 3.82 5.82 Germania 1.45 3.72

Però i giornali d'economia jugoslavi rilevano giustamente che una buona parte delle merci che figurano importate dal-l ’Austria sono di provenienza germanica e che perciò dal-la Germania va annoverata al terzo posto fra i paesi importa-tori in Jugoslavia, dopo Pitali a e l ’Austria.

L ’esportazione jugoslava si diresse nei seguenti paesi : 1020 1921 Austria 42.67%’ 38.09% Italia 26.90 22.80 Germania 7.52 18.14 Czecoslovacchia 5.12 3.06 Grecia 4.57 3.88 Francia 3.13 1.49

L.’avvenire del commercio estero jugoslavo — concludeva la « Frankfurter Zeitung » - - dipenderà dal corso della va-luta, dai trattati commerciali .e dalle condizioni delle comu-nicazioni, ma già ora si può. prevedere che colla conclusione del trattato commerciale tedesco-jugoslavo la parte di media­ trice sin qui avuta dall’Austria verrà a cessare e che la par­ tecipazione della Germania nel commercio di esportazione ed importazione della Jugoslavia avrà un forte incremento nell’anno in corso.

NOTIZIE VARIE

che la Jugoslavia è un paese eminentemente agricolo con

in-Bilancio dei servizi postali

Mentre sono' recenti i provvedimenti presi seriamente all’estero per le riduzioni delle spese (riduzione del personale e dei salari) nei ser­ vizi pubblici, in Italia purtroppo siamo sempre in questo campo sulla cattiva strada : quella cioè che tende non solo a mantenere ma ad aumentare e sviluppare ulteriormente gli ingranaggi burocratici, che richiedono enormi quantità di personale si che per quanto si elevino le tasse corrispondenti ai singoli servii!, questi sono sempre pas­ sivi.

Vogliamo riportare alcuni dati del bilancio delle Poste :

Le imposte di fabbricazione.

Nei primi dieci mesi dell’esercizio finanziario in corso (1921-22) le imposte di fabbricazione hauno reso quasi 729 milioni, contro 587 milioni intre itati nello ste6so periodo del precedente esercizio, e quindi con un inerdmènto di circa 742 milioni. Nell’esercizio 1920-21 il gettito ;fu di 665 milioùi. e per l’anno incorso é previsto un incosso di circa 700 milioni.

Tra i diversi titoli di entrata il più rilevante gettito é qato* daiFimposta di fabbricazione sullo zucchero, per 320 milioni, iu aumento di circa 40 milioni sui primi dieci mesi del 1920-21 (per i quali vennero introitati 280 mi­ lioni). La previsione per tutto il 1921-22 è di 350 milioni di fronte ad un gettito di 291 milioni riscontrato per il precedente anno.

L’imposta di fabbricazione sugli sp irili è in forte au­ mento ed ha superato anche la cifra previtta per Fiuterò esercizio. Nel periodo considerato infatti, ha reso 252 milioui, contro 158 per lo stesso tempo del 1925-21, e coutro 155 miboni prev.sti per tutto l’esercizio in corso.

Esercizi E ntrate Spese

(in milioni di lire)

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