L’ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno U V III - Voi. XXXII
Firenze,
U
Marzo 1901
N. 1403
LE PROPOSTE DI SGRAVI
E L ’ O P P O S IZ IO N E
Le prime impressioni prodotte dalle propo ste del Ministero circa le modificazioni del re gime del dazio di consumo, sono andate modifi candosi mano a mano che i capi della opposizione hanno pensato all’ eventuale loro situazione di fronte al paese. E dal primitivo proposito di respingere i progetti del Ministero, senza quasi nemmeno discuterli, si è passati ad esprimere intorno ad essi giudizi meno contrari, poi si arrivò ad accettarne il concetto di massima, ed infine a proporre emendamenti che, non modifi cando la sostanza del disegno di legge, possono anche migliorarlo, nel senso di incoraggiare il Governo ad essere ancora più ardito di quello che si sia manifestato colle sue proposte. Cessa così da sè stessa fina delle più vivaci cause di opposizione, quella che i progetti presentati ro vinassero il bilancio dello Stato ; e si conferma quello che avevamo asserito, essere cioè prin cipale difetto del progetto di legge una soverchia prudenza. La quale però era pienamente giustifi cata nel senso politico, perchè qualche settimana fa sembrava che la opposizione volesse dar bat taglia al Ministero, accusandolo di compromet tere la integrità del bilancio e volesse affermare il principio che non è ancora venuto il momento di accordare sgravi.
Ora invece sembra che l ’ indirizzo sia mu tato e che l’ opposizione voglia che si fàccia più ancora di quello che il Ministero propone. Noi speriamo che su questo terreno non sarà diffi cile l’ accordo e lo auguriamo di gran cuore, poi ché, allo stato delle cose, le divergenze sembrando di poca importanza, qualunque fatto che produ cesse un ulteriore rinvio di seri provvedimenti,
sarebbe considerato come un mezzo indiretto per guadagnar tempo e non farn e nulla.
È per questo che abbiamo visto con piacere l’ ordine del giorno proposto dall’ on. Sonnino; non ci illudiamo che il nostro appello abbia po tuto influire sulle sue deliberazioni, ma ci com- piaciamo che egli, capo della opposizione, abbia fatto una proposta a proposito della abolizione del dazio sul grano, la quale dimostra che, egli concorda, salvo alcuni particolari, colle proposte fatte dal Ministero circa le modificazioni al da zio di consumo.
Ed a questo riguardo ci sembra opportuno di fare alcune considerazioni sopra tre punti del
progetto ministeriale che più si prestano alla critica, come del resto avevamo accennato nel primo rapido esame fatto nel numero prece dente.
Non è una ingiustizia, dicono alcuni, man tenere i 59 Comuni chiusi di l a e 2a classe senza nessun provvedimento che li riguardi, mentre essi pure, per quanto riflette il dazio sui fari nacei e gli inconvenienti ed i danni delle bar riere daziarie, non sono in condizione meno grave di altri Comuni chiusi, minori di 3a e 43 classe?
Ed ammettiamo che questa lacuna del pro getto ministeriale ha una certa gravità, conside rato il progetto in se stesso ed isolato; ammet tiamo che sarebbe stato più avveduto il Ministro se avesse inclusa qualche disposizione la quale comprendesse nel progetto anche quei 59 Co muni; perchè da una parte sarebbe stata meno stridente la ingiustizia, dall’ altra non si sareb bero disinteressati i deputati che rappresentano quei Comuni.
Se però questa critica è molto facile, non si può a meno di tener conto che il Ministro delle finanze ha dovuto in pochi giorni presentare un concreto disegno di legge, e quindi era nella quasi impossibilità di determinare le disposizioni, che dovevano essere molto diverse per ciascuno dei 59 Comuni, che rimangono chiusi; e che il progetto presentato deve considerarsi come il primo passo verso una via che va perseguitata con tenacità, perchè la mèta sia al più presto raggiunta.
Studiare quali speciali provvedimenti si deb bano proporre per ciascuno dei 59 Comuni che rimangono chiusi, è compito non lieve, che do manda conoscenza precisa delle condizioni finan ziarie di ciascuno di quei Comuni; nè si può pretendere che eguali provvedimenti si applichino a Grosseto, a Forlì, a Macerata, a Ravenna che ricavano dal dazio consumo meno del 40 per cento delle entrate per tributi, ed a Catania, Messina, Palermo, Piacenza che ne ricavano più dell’ 80 per cento.
Del resto il Ministro, crediamo, ha una fa cile via per concedere qualche cosa anche a co loro che desiderano che nessun Comune sia escluso dagli effetti del progetto di legge. Basta inclu dere una disposizione generale, la quale all’ in circa stabilisca :
» ai Comuni di l a e 2a classe è fatto obbligo di
» abolire entro tre anni il dazio sui farinacei, il
164 L ’ E C O N O M IS T A 24 marzo 1901 » stessi dal pagamento di una quota del canone
» governativo eguale a 6[10 della perdita ac- » certata per la graduale od immediata aboli- » zione del dazio stesso.
Con una disposizione simile (si intende che noi indichiamo qui approssimativamente il con cetto) il disegno ministeriale diventerebbe più completo, nè crediamo che il bilancio dello Stato sarebbe aggravato di un eccessivo peso.
Un secondo punto pel quale molti opposi tori hanno insistito, è quello che riguarda la pos sibilità dell’aumento della sovraimposta. Non vale la pena di discuterne in via generale, perchè quanto abbiamo già pubblicato intorno alla di
stribuzione degli aggravi *) dimostra che la pro
prietà fondiaria dal 1896 ad oggi ha avuto una diminuzione di oneri, mentre tutte le altre atti vità economiche subirono degli aggravi notevoli. Ma in via particolare richiamiamo la attenzione del lettore su questo prospetto ohe dimostra, e nei soli 69 Comuni capoluoghi di provincia e in tutti i Comuni del regno, il movimento delle sovraim- poste e del dazio di consumo dal 1876 al 1897 :
69 C O M U N I C A P O L U O G H I
Sovraimposta Dazio Consumo
1876 21.948.268 60.199.752
1897 33.908.469 102.385.539
Nei 69 comuni capoluoghi di provincia la sovraimposta aumentò da 21.9 a 33.9 milioni, cioè del B7 per cento ; — il dazio di consumo aumentò da 60,2 a 102 milioni, cioè del 70 per cento.
E se prendiamo tutti i Comuni si ha
Sovrimposta Dazio Consumo
1876 101.648.256 88.582.837
1897 132.961.697 157.416.184 In tutti i comuni del regno quindi la so vraimposta aumentò da 101 a 132 milioni, cioè del 30 per cento, il dazio consumo aumentò da 88 a 157 milioni, cioè dell’89 per cento.
Anche qui è dimostrato colla evidenza delle cifre che non è ingiustizia, se oggi la proprietà fondiaria è chiamata a contribuire alla ripara zione delle iniquità esistenti.
Ma il punto sul quale più che mai si sono fermati gli oppositori, è quello che riguarda i due fondi di sussidio da accordarsi a quei Comuni che dimostrassero la impossibilità di mettere nei cinque anni in pareggio ai loro bilanci.
Sorvoliamo sul principale motivo che si ob bietta: la possibilità di favoritismi e di corru zione elettorale. E una accusa di impotenza che fa a se stesso il Parlamento, perchè esso può prendere colla legge tutte le cautele che stimasse più convenienti per impedire che avvenga ciò che teme; e ci sembra decoroso non insistervi ulteriormente.
Eiconosciamo invece che sarebbe stato de siderabile di evitare una simile disposizione, la quale crea una specie di intervento delle fi nanze dello Stato in quelle dei Comuni; ma nello stesso tempo dobbiamo confessare che essa è una misura inevitabile, poiché la natura stessa delle cose la impone.
E veramente se ciascun Comune si trova, e rispetto alla entità del dazio che riscuote e ri
*) Vedi Economista numero precedente.
spetto agli altri cespiti di entrata che può ina sprire o imporre exn ovo, in condizioni speciali, è evidente che una disposizione la quale accor dasse un sussidio uniforme o un esonero uniforme di spese, creerebbe perciò stesso una sperequazio ne, imperocché il sussidio od il sollievo per taluni comuni sarebbe stato esuberante, per taluni altri insufficiente. Nè sarebbe stato possibile che la legge contenesse disposizioni speciali e tassative per ciascuno dei 2274 Comuni.
Taluno suggerisce che in cambio del sussi dio i Comuni fossero esonerati, ad esempio, dalle spese di giustizia. Ma tale proposta appare su bito inammissibile, quando si pensa che le spese di giustizia che sostiene ciascun Comune non hanno nessun rapporto nè necessario, nè eventuale colla entità del dazio nè totale, nè dei farinacei, e che quindi tale esonero di spese, come misura ge nerale, poteva riuscire insufficiente per alcuni Co muni, esuberante per altri, ed accrescere, accumu landone di nuove, le cause di sperequazione.
Ora, senza affermare che il sistema dei sussidi sia un buon sistema, non sapremo suggerirne un altro che valga allo scopo.
A buon conto il progetto ministeriale obbli gando i Comuni a rinunciare al dazio sui fari nacei ed a passare da Comuni chiusi a Co muni aperti, dà ad essi facoltà di procurarsi altrimenti le entrate corrispondenti con sovraim- poste o tasse.
E per rendere meno penosa questa trasfor mazione, lo Stato rinuncia a 9J10 del canone governativo; con questi provvedimenti si do vrebbe, nella media, essere molto vicini al pareggio dei bilanci comunali, turbati dalla riforma.
Ma poiché non tutti i Comuni potranno ap plicare subito le disposizioni necessarie per ac crescere le entrate e perchè 1’ aver soddisfatto quasi completamente alla media dei bisogni am mette che vi siano dei Comuni i quali si trovino al disotto della media, vengono istituiti due fondi di sussidio per cinque anni. Pare a noi che non si potesse fare diversamente, a meno che lo Stato non desse, determinata per legge ed a cia scun Comune, una sovvenzione eguale a quella che si sarebbe manifestata necessaria al Comune che accusava la maggiore perturbazione finanziaria.
Occorreranno cautele nella distribuzione di tali sussidi, e sarà necessario che la legge in dichi tassativamente le condizioni necessarie per ottenere i sussidi stessi ed in quale misura e per quanti anni del quinquennio. Ma questi sono particolari facili ad escogitarsi per comple tare il disegno di legge ministeriale, i quali però non infirmano affatto il principio del fondo di sussidio, principio, se si vuole, meritevole di critiche, ma nel caso concreto, a nostro av viso, inevitabile.
vera-24 marzo 1901 L ’ E C O N O M IS T A 165 mente nel sentire ohe le prime opposizioni a
p riori, vanno calmandosi e dovunque si discute
con maggiore imparzialità il progetto di legge e la Commissione sente il dovere, o meglio il bi sogno, di presentare alla Camera ed al Paese non delle ragioni politiche, ma delle varie considera zioni che suffraghino il suo verdetto, perchè, se fosse negativo, tutti sappiano le cause per le quali non si vuol approvato il primo tentativo di una riforma tributaria.
LE IMPOSTE SUGLI AFFARI
e le entrate demaniali *)Le tasse di successione hanno dato luogo nel 1899-900 alla riscossione di quasi 37 mi lioni di lire, in aumento di 883,226 lire sul l’esercizio precedente. La Relazione del comm. Solinas osserva che la valutazione dei beni im mobili per l’applicazione delle tasse di registro e di successione costituisce ancora una delle principali difficoltà che incontra l’ amministra zione ed è causa di non poche controversie. Questo dimostra che la tecnica fiscale fa pro gressi lentissimi e che bisogna guardarsi da certe esagerazioni sulla possibilità di colpire con rigore e precisione tutta la materia imponibile che la legislazione in astratto, sulla carta, si prò pone di colpire.
Infatti il sistema della stima giudiziale adot tato con la legge 8 giugno 1874, malgrado le modificazioni introdottevi con la legge 26 luglio 1896, non ha dato in pratica quei risultati che si speravano, mentre l’ intervento obbligatorio, nel maggior numero dei casi, di tre periti, sta bilito dalla seconda delle dette leggi, ha por tato la conseguenza di una maggiore spesa, gra vosa pel contribuente non meno che per la Finanza, la quale molte volte deve rinunziare a promuovere la stima, pur essendo convinta della insufficienza dei valori dichiarati perchè le spese del procedimento sarebbero superiori o almeno sproporzionate all’ importo della tassa supple tiva eventualmente ripetibile. Il grave argomento è stato recentemente oggetto di studio, e nel disegno di legge sui provvedimenti finanziari presentato alla Camera dei Deputati il 2 dicem bre scorso, sono state comprese le proposte di alcuni provvedimenti atti a dare un diverso e più razionale assetto alla materia dei procedi menti di stima.
Che in questa materia sia difficile conciliare le ragioni dell’ erario e quelle dei contribuenti, non vi può essere dubbio. L ’ideale sarebbe, dice la relazione in esame, un sistema pel quale l’ap plicazione della legge riuscisse facile e piana agli agenti della Finanza, meno vessatoria per la massa dei contribuenti ; ma a non farlo raggiun gere resistono con uguale forza ostac li transi tori e ostacoli permanenti, la mancanza di un catasto regolare e uniforme per tutto il territorio del Regno, la variabilità dei valori a catasto compiuto.
‘) Vedi il numero 1400 dell’ Economista.
Abbandonati i due sistemi del multiplo del fitto reale o presunto, e del multiplo della im posta fondiaria, e introdotto il criterio del valor venale in comune commercio con la legge deìl’8 giugno 1874, dopo circa 20 anni da quando que sta legge era entrata in vigore, fu presentata alla Camera la proposta di un parziale ritorno al multiplo della rendita.
Si propose di ristabilire il multiplo dell’im ponibile accertato cogli effetti dell’ imposta fab bricati, per le case e per ogni altro edificio ; e quanto ai terreni si propose di modificare il pro cedimento di stima, in modo da garantire la causa erai’iale demandando al presidente del tri bunale le facoltà, che per la legge del 1874 spettavano al pretore, e introducendo la perizia collegiale fatta da tre periti. La prima parte di tali proposte non ebbe seguito : prevalse forse la preoccupazione della disparità di trattamento fra i possessori di terreni ed i possessori di fab bricati : ma si fini per adottare le modificazioni di procedura, estese naturalmente alla stima dei fabbricati, e cosi venne la legge del 26 luglio 1896, di cui l’ art. 10 provvide appunto a miglio rare il procedimento di stima.
Ma le nuove disposizioni si sono, come si disse già, rivelate gravose per l’erario e pei contri buenti. Donde la proposta di ristabilire bensì il multiplo della imposta come criterio di valuta zione, ma circondato di modalità atte a farlo convenientemente applicare anche ai fondi rustici, essenzialissima quella di stabilire coefficienti di capitalizzazione per provincia, ed anche per una circoscrizione più ristretta. La ideata innovazione accrescerebbe le garanzie dei contribuenti ai quali anzi, oltre al rimedio della stima, sarebbe concesso quello più economico del ricorso ad una Commissione provinciale ; e non attenuerebbe le garanzie dell’ Erario,
Intanto è da notare che nel 1899-900 le contestazioni per la tassa di successione e le trasmissioni per atti tra vivi furono 41,909, con tro 43,948 nell’esercizio precedente. I concordati conchiusi senza che fosse stato iniziato il giudi zio di stima furono 27,952 per successioni e 11,707 per trasmissioni per atti tra vivi, ossia essi prevalgono di gran lunga ; però non man carono concordati conchiusi dopo iniziato il detto giudizio e le perizie giudiziali.
Il numero dei decedati, durante l ’esercizio 1899-900, fu alquanto superiore a quello del l ’esercizio precedente, ed in complesso le par tite di successioni da appurare salirono a 830,385, delle quali restavano ancora inappurate 84,674 alla fine dell’esercizio.
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166 L ’ E C O N O M IS T A 24 marzo 1901
una maggior riscossione di lire 883,226.61 in confronto dell’esercizio precedente, ed una diffe renza di lire 444,827.75 in più sulla somma di lire 36,500,000 previste in bilancio.
Ecco il dettaglio delle tasse di successione riscosse in rapporto ai trasferimenti verificatisi per ciascun grado di parentela :
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« g s i s f e a 'S ' FhHH ^ «< g ! s o a ^ O e 1 , 3 ’S g-o EhAlla maggiore entrata corrisponde un au mento di lire 17,484.370 dei valori accertati per l’applicazione della tassa, che ammontano in complesso a lire 890,995,668.11 al netto delle
passività ereditarie ammesse in deduzione. Tenuto
conto però delle partite che risultarono inesigi bili pel valore di lire 2,455,342.28 le attività effettivamente assoggettate alla tassa si ridus sero a lire 888,540,325.83. La tassa riscossa rappresenta il 4.02 per cento dell’ attivo netto accertato, mentre l’aliquota media, secondo la ta riffa vigente darebbe il 7,73 per cento.
L ’aumento della materia imponibile è do vuto per lire 13,159,927 alle maggiori attività accertate, e per lire 4,324,443.39 al minor im porto delle passività dedotte, che sommano a lire 108,585,422. Applicando a questo importo la percentuale della tassa riscossa in ragione del 4.02 °/9 si ha che la deduzione delle passività importa uno sgravio di lire 4,365,334. L ’aumento effettivo delle attività si è avuto nei beni immo bili che hanno dato un valore di L. 672,574,342,65, superiore per oltre 15 milioni alle attività im mobiliari accertate nell’esercizio 1898-99. Per contro le attività mobiliari hanno portato in complesso una diminuzione di lire 1,880,397, ma
in questa categoria è notevole la diminuzione di lire 8,857,443.81 nel valore della rendita pub blica, dei titoli di credito emessi da enti ed isti tuti, e dei depositi a risparmio, compensata tut tavia nella massima parte dall’aumento delle altre attività mobiliari.
Ora, com’è noto, si parla di dare alle tasse di successione il carattere progressivo per col pire i valori successori con aliquote crescenti, mano a mano che essi crescono. In Francia, la Camera dei deputati nella seduta del 15 novem bre u. s., ha approvato la tabella della tassa progressiva, ma la questione non è ancora riso luta in modo definitivo. Da noi i progetti Gri maldi del 1889, Gagliardi del 1893 e Branca del 1898 lasciavano sussistere l’attuale tariffa proporzionale limitandosi a stabilire una specie di sovrimposta regolata col criterio della pro gressività. Vedremo che cosa deciderà il Parla mento sulla proposta del nuovo Ministero, dato che si decida per una simile riforma.
IL DAZIO SOL GRANO E LA IMPOSTA FONDIARIA
Uno degli argomenti a cui gli agrari ricorrono più spesso e più volentieri per difendere e giu stificare il dazio sul grano è la pretesa necessità di compensare con esso i maggiori carichi tri butari che gravano sulle terre nazionali in con fronto delle terre americane od indiane.
Molti fautori del dazio sul grano respingono con orrore la qualifica di protezionisti, profes sandosi partigiani unicamente di un « dazio com pensatore ».
A loro avviso è tale il dazio che colpisce la introduzione in Italia del frumento estero nella misura enorme di circa lire 8 per quintale e per conseguenza accorda ai proprietari di terreni coltivati a grano una protezione al minimo da 60 a 80 lire per ettaro.
Ci sono in Italia, come si sa, oltre 20 milioni di ettari di terreni produttivi, ai quali si può aggiungere circa un altro milione di ettari di terreni incolti, che potrebbero essere utilmente messi a coltura più o meno intensiva.
Calcoliamo per abbondanza che tutta intera la imposta fondiaria graviti su 20 milioni di ettari produttivi.
L’ imposta governativa sui terreni ha frut tato (1898-99 j ... ... L. 106,892,536 la sovrimposta provine. (1897). . » 63,127,435 la sovrimposta comunale (1897). » 80,669,049 l ’imposta fond. compless. annue. L. 240,689,020
ciò che corrisponde ad una media di poco più di 12 lire per ettaro.
24 marzo 1901 L ’ E C O N O M IS T A 167 Dato ohe si debba col dazio sul grano com
pensare la inferiorità in cui per causa delle mag giori imposte si trovano i produttori di grano in Italia per rispetto ai loi-o concorrenti americani, indiani o russi, a fortiori se ne dovrebbe de durre che i produttori italiani meno favoriti, dovrebbero pure essere compensati col dazio di questa loro peggiore condizione.
Perchè dunque limitarsi a stabilire un dazio sulla importazione del grano estero, e perchè non impedire pure in Italia la libera uscita del grano dalle provincie in cui esso meno costa a prodursi per andare a vendersi dove il costo di produzione risulta più caro ?
Ma a parte queste assurdità che è, come cia scuno può vedere, la logica e necessaria conse guenza della teoria dei «dazi compensatori», rimane pur sempre assodato che, mentre la media dell’ imposta fondiaria è in Italia di lire 12 per ettaro, la media della protezione accor data ai proprietari di terre da grano a spese del pubblico è di almeno cinque o sette volte mag giore.
E ’ vero che gli agi-ari seguitano dicendo che l’ imposta sui terreni non è tutto. Vi sono altri pesi che pur gravano sulla terra, le tasse di tra smissione, di successione, la ricchezza mobile, i dazi protezionisti industriali che rincarano Friso dei capitali e li allontanano dall’ agricoltura, mentre aumentano il prezzo delle macchine, degli attrezzi e dei prodotti manulatti e diminuiscono quello delle derrate agricole specialmente di
esportazione.
Benissimo; questo significa che quando il dazio sul grano non farà più velo alla intelligenza degli agrari, essi si uniranno a noi per propu gnare con tutte le loro forze una politica di libero -scambio, di economie rigorose e di riforme tributarie, che, eliminando ogni specie di pro tezionismo e di favoritismo governativo, e sgra vando i consumi popolari, allargherà all’ estero ed all’ interno il mercato dei prodotti della agri coltura nazionale e li farà quindi aumentare di valore.
Sarà questo il migliore aiuto alla agricoltura italiana, la quale troverà, nella buona politica economica, quel compenso che indarno sinora ha cercato nel dazio sul grano, che non ha servito che a spostare i pesi della proprietà fondiaria, togliendoli dalle spalle dei proprietari per cari carli su quelle dei consumatori.
L ’ unico risultato del protezionismo agrario, presa la nazione italiana nel suo complesso ed eccezione fatta delle poche migliaia di cittadini indebitamente favoriti, è stato che alle imposte già gravissime pagate allo Stato, ce ne è ag giunta una nuova e non meno grave a profitto dei proprietari di terre granifere.
Ma il grano è il carbone della macchina umana, la materia prima per eccellenza di tutte le in dustrie.
Quindi il rincaro artificiale del grano per causa del dazio, lungi dal servire come un com penso alla inferiorità economica della principale industria italiana, l’ agricoltura, nella lotta per la concorrenza mondiale, è un nuovo peso ag giunto agli antichi; è uno zoccolo di piombo nel momento appunto in cui, per non essere battuta
dalla concorrenza straniera, l’ agricoltura nostra ha bisogno di tutta la libertà, di tutta la agilità, e di tutta la leggerezza dei suoi movimenti.
Edoardo Gir e t t i.
RICERCHE SULLA RICCHEZZA PUBBLICA
i n F r a n c i R 1)
Il de Chasseloup-Loubat ha cercato di calco lare la ricchezza della Erancia, prendendo per base dei dati più conformi alla realtà e serven dosi di due metodi: l’uno diretto e l’altro indiretto. Il primo consiste a prendere le valutazioni dirette già fatte e a moltiplicarle per i coefficienti che risultano dalle sue osservazioni personali. Il se condo consiste a moltiplicare pel coefficiente di sopravivenza (survie) l’annuità successoria totale quale l’ha definita il de Foville, ma dopo averne modificato i vari elementi costitutivi secondo i coefficienti sopra indicati.
Metodo diretto. Immobili. — Si supponga dap
prima il caso in cui nessun contratto di locazione abbia potuto fissare il valore locativo dell’ im mobile. In queste condizioni, non c’ è per base del calcolo che l’arbitrio puro e semplice. Il pro prietario cerca di provare che il valore dell’im mobile è il più debole che è possibile; il fisco, al contrario, cerca di stabilire che questo valore è il più considerevole che è possibile. Il fisco vince sempre, o quasi, perchè è a un tempo giudice e parte; risolve dunque le controversie come meglio vuole; portato del resto ad esage rare il valor locativo almeno in ciò che concerne gl’ immobili di maggior valore.
Quando esiste un contratto di locazione, il fisco calcola il valore dell’ immobile moltiplicando l’ammontare totale pel coefficiente 20 quanto agli immobili urbani, e per 25 quanto a quelli rurali. Il de Chasseloup-Loubat spiegò perchè questa cifra di 25 che è stata ammessa a par tire dal 21 giugno 1875 gli pare inesatta: il red dito annuale della proprietà è - egli disse - assai inferiore al reddito apparente. La stessa osser vazione si applica agl’ immobili urbani, pei quali il coefficiente 20 è certamente troppo alto; per questi ultimi bisognerebbe scendere fino a 16.
Inoltre g l’ immobili, a misura che invecchiano, si deprezzano e quindi si dovrebbe secondo giu stizia mettere da parte ogni anno sul reddito lordo di un immobile urbano, una certa somma per l’ammortamento. Questa osservazione non si applica evidentemente alle proprietà rurali di cui il suolo rappresenta la quasi totalità del valore.
In realtà è semplicemente il coefficiente medio 22 che adotta l’amministrazione per l’insieme degli immobili della Erancia. Pel capitale di 144 miliardi al coefficiente (au denier) di 22, il reddito corrispondente è di 6545 milioni. Molti plicando questo reddito totale pei 3 coefficienti 18, 17 e 16 si ottengono successivamente 118 mi liardi, 111 miliardi e 104 miliardi.
I beni dello Stato debbono essere aggiunti
168 L ’ E C O N O M IS T A 24 marzo 1901 a quelli dei privati e portati all’attivo della ric
chezza nazionale. L ’oratore non crede si possano valutare a più di 3 o 4 miliardi. Molti sono inven dibili e non potrebbero essere realizzati che a un saggio assai basso. A quanto si può calcolare ad esempio Ndtre-Dame o l’Arco di Trionfo ? Le foreste appartenenti allo Stato non potrebbero essere vendute che con alcune servitù, come l’obbligo di non distruggere i boschi, ecc
Quanto al numerario, egli adotta come am montare totale, la cifra data dal de Eoville in 10 miliardi. E lo stesso è a dire per la cifra delle merci, ossia 3 miliardi, che del resto non rappresentano se non una piccola frazione della ricchezza totale del paese. I mobili corporali sono calcolati in 10 miliardi e in essi sono com presi il bestiame, le navi e gli strumenti indu striali non incorporati all’ immobile. I mobili di altra specie, secondo l’amministrazione ammonte rebbero a 3 miliardi, cifra accettata dal de Chas- seloup-Laubat, ma ch’egli ritiene però troppo alta, perchè quei mobili anche se hanno costato somme relativamente considerevoli non trovano acqui renti che a un prezzo assai vile. La sola ecce zione è per gli oggetti d’arte, il cui prezzo g e neralmente aumenta con l’antichità, ma i prezzi enormi che raggiungono i mobili di questa ca tegoria sono puramente convenzionali e non cor rispondono ai servigi resi ; di più i capitali così rappresentati sono completamente immobilizzati.
Rispetto ai valori mobiliari il de Chasseloup- Loubat crede che nel calcolo della ricchezza totale della Francia, i fondi di Stato francesi posseduti in Francia non debbano entrare nel computo. Infatti l’ interesse dei fondi di Stato è pagato unicamente dalla imposta. Per conse guenza il possesso dei titoli di Stato, che costi tuisce certo una ricchezza per le persone che li posseggono, non potrebbe essere considerata come una ricchezza per la nazione. Senza dubbio si potrebbe osservare che quando uno Stato (sul l’esempio dell’ Impero tedesco e dell’ Impero russo) emette dei prestiti destinati alla creazione di un impianto economico da cui potrebbe trarre direttamente un reddito, può così aumentare la ricchezza pubblica.
Ciò può essere esatto per la Prussia, dove lo Stato, grazie a un corpo di funzionari assolu tamente indipendente dai politicanti, trae dalle sue ferrovie un reddito che pare un poco supe riore all’ annuità richiesta per l’ interesse del prestito corrispondente. Ma in questo caso, ciò che costituisce l’aumento della ricchezza pubblica, ciò che bisogna far figurare all’attivo del bilancio nazionale, non è il prestito, ma il valore reale dell’ impianto economico costituito con F aiuto del prestito. Siccome l ’ interesse di questo è pa gato mediante le imposte, ne risulta che nel cal colo della ricchezza d’ un paese, questi valori devono figurare a un tempo all’attivo e al passivo (cioè essere contati per zero) quando sono nelle
mani dei nazionali di quel paese.
Non c ’ è aumento diretto della ricchezza pub blica che se lo Stato trae dai lavori che effettua un reddito superiore all’ ammontare dell’annuità del prestito. In ogni altro caso vi è perdita, dap prima perchè vi ha almeno sperpero di capitale
e doppia perdita quando 1’ ammontare del pre stito è sottoscritto dall’estero.
Quanto all’ aumento indiretto della ricchezza pubblica che può risultare dai lavori pubblici non produttivi d’ interesse, essa manifesta la sua esistenza con degli aumenti sempre tangibili ; ad esempio una strada o un porto giudiziosa mente costruiti aumentano il valore degli immo bili vicini, il reddito del dazio consumo, ecc.
L ’autore non fa dunque entrare nel calcolo della ricchezza totale nazionale l’ammontare dei fondi di Stato francesi posseduti dai francesi. Parimente, per ciò che riguarda i valori ipotecari (ad esempio le obbligazioni del credito fondiario) e le obbligazioni delle banche. Le prime hanno per controparte le ipoteche di cui sono gravati g l’immobili che servono loro di garanzia ; i se condi non hanno altro valore che quello che cor risponde al loro incasso e al loro portafoglio. Non sono dunque in realtà che rappresentazioni di altri valori già computati; non bisogna fare figurare nel totale della ricchezza pubblica in Francia che la frazione che è impegnata in cre diti sull’estero, ossia circa Ij3 oppure Ij4.
Non bisogna nemmeno far entrare nel calcolo le azioni delle compagnie d’assicurazione che non fanno che rappresentare un incasso metallico, degli immobili, dei titoli, garanzie già calcolate e portate nel totale della ricchezza nazionale. Quanto alle azioni e alle obbligazioni di strade ferrate e di società industriali esse devono figu rare all’ attivo pel montare integrale del loro valore. Bisogna aggiungere l’ammontare dei va lori francesi posseduti da stranieri e pei quali il de Chasseloup-Loubat prende le cifre del Tbéry e del Lévy, ossia 26 miliardi. I valori non nego ziabili alla Borsa ufficiale di Parigi sono stati portati all’attivo della ricchezza nazionale senza far subire alcuna riduzione al montare (3540 mi lioni) che ha indicato il Théry al Congresso dei valori mobiliari del 1900. Infine bisogna dedurre i valori francesi posseduti dagli stranieri, valori che il Neymarck calcola al 10 per 100 dell’ am montare totale dei valori del portafoglio del mo biliare francese (66 miliardi) ossia 7 miliardi circa.
24 marzo 1901 L ’ E C O N O M IS T A 169 È dunque questo che si tratta di determinare.
Erodoto lo stimava a 32 o 33 anni, Fourier nel 1816 a 33.31, il dott. Vacher nel 1882 a 36.06, il de Foville nel 1882 a 36 e nel 1899 trovò 32, cifra eh’ egli pure considerò come troppo debole in causa delle dissimulazioni di età che fanno spesso le donne nelle dichiarazioni del censi mento. Egli ammette dunque 35 anni, cifra am messa pure dal Salefranque. Ma il de Casseloup- Loubat crede che, date queste contradizioni, bisogna fare il calcolo prima col coefficiente 33 poscia con il coefficiente 35.
Secondo i calcoli condotti col metodo indiretto e fatte le necessarie riduzioni, la ricchezza della Francia risulterebbe di 184 miliardi. Col metodo indiretto io vece si avrebbe 183 miliardi o 191 mi liardi. Queste cifre sono alquanto inferiori a quelle date, di solito, per la ricchezza della Francia. Ma i calcoli del de Chasseloup-Lou- bat sono stati discussi dal Neymarck, dal Leroy- Beaulieu, dal des Essars, dal Coste e dal Le- vasseur; gioverà conoscere le opinioni di questi valenti economisti.
(Continua)
l i SOCIOLOGIA mi PRESENTE MOMENTO STORICO1)
Sulla fase più recente della sociologia biologica il Loria si è dilungato, nella quarta conferenza, cominciando coll’ osservare che « la teoria della evoluzione organica, la quale, secondo i seguaci della sociologia biologica, può sola chiarire lo enigma dell’ evoluzione sociale, ha subita essa medesima una evoluzione, od una interessante parabola ». E ciò perchè, mentre pel Lamarck, il primo teorico del trasformismo, l’evoluzione della specie è semplicemente un resultato degli sforzi compiuti dall’ individuo per adattarsi all’ambiente e pel Darwin e lo Spencer l’evoluzione organica è il prodotto di tre fattori: l’ ambiente, la sele zione, l’eredità dei caratteri acquisiti, pel Weis- mann invece l’esclusivo fattore della evoluzione organica è la selezione. Così si sarebbe tornati all’antica unilateralità lamarchiana, con questo di differenza, i he mentre pel Lamarck l’eredità dei caratteri acquisiti costituiva 1’ esclusivo fattore dell’evoluzione animale, pel Weismann, invece, la selezione naturale è quella che opera la evo luzione organica.
Non è questo il luogo dove si possa con qual che larghezza svolgere la teorica del Weismann e accennare alle dispute cui ha dato luogo. In teressa invece notare, col Loria, che il nuovo at teggiamento che veniva ad assumere la teoria dell’ evoluzione organica ha esercitata una rile vante influenza anche nel campo della sociologia. Imperocché, egli scrive, i più recenti campioni della sociologia a base biologica si affrettano ad accogliere la dottrina di Weismann, ed a farne un poderoso reagente contro le più celebri e fin qui trionfanti teorie sociali. Quando invero, essi dicono, si potesse ammettere la eredità dei ca ratteri acquisiti, sarebbe concepibile la
possi-*) Vedi il n. 1399 dell’ Economista.
bilità del progresso umano anche in condizioni tali, che escludessero la lotta per la vita, ma quando in quella vece sia esclusa la eredità delle qualità acquistate, quando i fattori della evoluzione riduconsi tutti a quell’ uno della se lezione naturale, quando inoltre si fa di questa la condizione essenziale acchè la specie non de cada e degeneri, evidentemente la lotta fra gli esseri, lotta cruente e feroce, ed il correlativo sterminio de’meno adatti, divengono le condizioni indeclinabili della evoluzione sociale, il prezzo a cui debbono forzatamente comperarsi le ascen sioni umane e lo stesso equilibrio delle umane collettività. E perciò assolutamente necessario promuovere per ogni guisa la battaglia sociale, incalzare senza posa, nè tregua, la contesa fra gli esseri, poiché da questa soltanto dipendono lo sviluppo e la vita dell’aggregato.
Parecchi scrittori, quali Morselli, Novicow, Gumplowicz, Yaccaro, Ammon, Kidd, si accor dano in cotesta apoteosi della selezione naturale, ma il Loria limita la sua critica alle conclusioni degli ultimi due.
Deli’Ammon, l’autore dell’opera Le basi natu
rali dell’ordine sociale 4) il Loria confuta la teo
ria del perfetto parallelismo della curva dei redditi con quella degli ingegni. Partendo dalla idea che la selezione naturale funziona nella specie umana esattamente come nelle specie in feriori, Ammon crede di poter sostenere che forte e ricco, debole e povero sono sinonimi, ossia che la ricchezza è il correlativo infallibile dell’ intelletto, che la proprietà è il serto terreno del genio, che un uomo è tanto più ricco, quanto e perchè la sua intelligenza è maggiore.
È utile conoscere la critica del Loria. « La sciamo da parte - egli dice - quanto sarebbe a dirsi contro il preteso parallelismo fra la curva degli ingegni e quella dei redditi ; perchè tale parallelismo in realtà non esiste; perchè, mentre il numero degli uomini dotati di ingegno via via inferiore al medio va scemando, il numero degli uomini forniti di un reddito via via inferiore al medio va crescendo; onde il numero de’ poveri non è eguale a quello dei ricchissimi, ma di gran lunga superiore. Ma lasciando pur tutto questo, le due curve dell’Ammon avrebbero dav vero qualche virtù dimostrativa della sua tesi, quando fosse provato che g l’ individui, i quali si collocano nei punti successivi della curva dei redditi, son gli stessi che occupano i punti omo loghi della curva degli ingegni ; quando, in altre parole, fosse provato che le classi successive di redditieri son composte degli stessi individui che compongono le classi successive degli intelletti. Ora una tale dimostrazione l’Ammon non dà, nè può dare; e senza di essa le sue due curve non ci dicono assolutamente nulla nè autorizzano a conchiusione di sorta sull’ argomento di cui si discute. »
Loria, coerentemente a ciò che ha sempre sostenuto, nega la pretesa superiorità delle classi doviziose, che l’Ammon considera come legge an tropologica universale. Però, se Ammon potè esa-*) Ne è stata pubblicata la traduzione francese col titolo : L’ ordre social et ses bases naturettes. Esquisse
170 L ’ E C O N O M IS T A 24 marzo 1901 gerare e anche appoggiare la dottrina che predi
lige ad argomenti contestabili e forse risibili, non bisogna riversare sulla dottrina della selezione naturale gli errori di chi l’ ha trapiantata nel campo sociale con vedute partigiane e senza le opportune e necessarie limitazioni.
Illazioni anche più. grandiose ha tratte, se condo il Loria, dalla dottrina di Weismann, il Kidd nel suo celebre libro sulla Evoluzione so ciale. Per questo autore vi sarebbe contraddi zione irreconciliabile fra l’ interesse dell’ indivi duo e quello della società. Perchè, se è vero che è la selezione naturale quella che determina la evoluzione od anzi la persistenza della società, il progresso di questa non può venire assicurato, ben più il suo regresso nqn può evitarsi, se non' a prezzo di una lotta cruenta fra gli esseri, la quale riesce alla miseria ed allo sterminio della innumera maggioranza dei viventi. Così la so cietà umana per svilupparsi e progredire ha bi sogno della libera concorrenza, g l’ individui, od almeno il maggior numero, sarebbero interessati all’ adozione del socialismo, dal quale ogni lotta per la vita verrebbe a priori eliminata. Dunque la ragione consiglierebbe alla immensa maggio ranza degli uomini l’ istituzione d’ un assetto so ciale, assolutamente incompatibile colla persi stenza della specie umana. Ora se la ragione per sè medesima sollecita l’ uomo ad azioni no cive alla sua specie, evidentemente non v ’ ha modo da indurlo ad astenersi da quelle azioni, se non facendo appello a motivi affatto estranei alla ragione, ossia ricorrendo ad una sanzione ultrarazionale. E questa è fornita dalla religione, la quale, infliggendo una pena soprannaturale alle azioni nocive alla società, dissuade l’ uomo dal compiacerle ed assicura per tal modo quella norma di condotta, che meglio risponde alle leggi immanenti della evoluzione sociale. Quindi pel Kidd non è la ragione, non è la intelligenza che possono dare impulso alla evoluzione umana come pensava Buckle, ma è la morale e la reli gione che la determinano con le loro beneficile influenze.
Però il Loria nega che il socialismo esclu derebbe la lotta per la esistenza. Lungi dal ces sare, egli dice, nella costituzione socialista dei- fi economia, la lotta per l’ esistenza assumerebbe in questa, per la prima volta, libero e pieno ela terio, giacché, grazie ad essa, gl’ individui po trebbero intervenire nella battaglia con la piena esplicazione delle proprie attitudini, non più, come oggi, attraversata od intralciata dal per turbatore intervento de’ rapporti di proprietà. Non sarebbe quindi nemmeno vero che il socialismo sia incompatibile colle condizioni di equilibrio della società e che perciò l’ interesse degli indi vidui e della loro immensa maggioranza, a creare una organizzazione socialista, trovisi in antago nismo irreconciliabile all’ interesse dell’ ente col- letivo. Escluso fi antagonismo perenne fra l’ in teresse dell’ individuo e quello della collettività non si richiede più la sanzione ultra-razionale a costringere l’ uomo ad agire in conformità al tornaconto dell’ ente sociale. Cade cosi tutto l’ edificio eretto dal Kidd per dimostrare che la religione e la morale sono le cause prime della evoluzione sociale.
Ma più che tutte gratuite e fallaci ritiene il Loria le premesse biologiche accettate ¿ai- fi Ammon e dal Kidd. La teoria del Weismann sulla non eredità dei caratteri aquisiti è con futata da osservazioni ed esperienze più deci sive. La panmixia, ossia quel processo biologico di deperimento che si svolgerebbe fatale, se condo il Weismann, se non vi fosse la lotta per la esistenza, sarebbe pure fallace e chimerica. A persuaderci dell’ abbaglio del Weismann basta avvertire, secondo il Loria, che la lotta per l’ esi stenza sopprime soltanto una piccolissima fra zione della totalità dei viventi, e che perciò in tutte le specie, e particolarmente poi nella spe cie umana, sopravvivono anche molti fra gli es seri meno validi o più estenuati. Deriva da ciò che la panmixia lungi dall’ essere fenomeno ec cezionale, che si avvera soltanto in condizioni eccezionali e patologiche, è fenomeno che si as- vera ad ogni istante ed in tutte le specie dei vivi. Se dunque la panmixia producesse dav vero quegli effetti disastrosi, che Weismann le attribuisce, tutte le specie dovrebbero presen tarci lo spettacolo del più desolante sfacelo e fi evoluzione dovrebb’ essere la legge universale della natura organizzata. Ma invece lo stesso Weismann lo riconosce, avviene proprio fi oppo sto, poiché impera in tutte le manifestazioni della vita la legge benefica di una ascendente evolu zione.
Sgombrato così il terreno dalle teorie biolo giche, messe dai sociologi a base delle loro ar gomentazioni, il Loria ci presenta la sociologia a base economica, della quale è, come tutti sanno, uno dei più insigni fondatori ; vediamone adun que la difesa che egli ne ha presentata.
{Continua).
R ivista @ibiiografica
Bolton K ing. — Histoire de l’unité italienne. In troduction par M. Yves G-uyot. — Traduction par Éinile Marquart. — 2 volumi di pag. XXI-444 e 346 (15 franchi).
24 marzo 19(ñ L ’ E C O N O M IS T A 171 dire che su certi giudizi dell’Autore non si possa
anche non convenire. Ma l’Autore ha il merito di aver cercato sempre di appoggiarsi alle mi gliori autorità e quindi anche se l’opera sua può essere discussa in qualche punto, la sua buona fede è fuori di discussione.
Yves Guyot, che ha procurato che questa storia venisse tradotta in francese, ha anche scritto una lunga introduzione nella quale si in trattiene sugli avvenimenti del periodo più re cente, ossia dal 1871 in poi.
Sono pagine che si leggono con molto inte resse perchè l’Autore è un osservatore acuto e uno scrittore brillante.
La traduzione è accurata e merita la mi gliore accoglienza da parte di chi s’ interessa alla storia del risorgimento italiano.
Charles Gride. — Principes d’économie politique. — 7a edizione. — Paris, Larose, 1901, pag. VII-654 (6 franchi).
Il successo di questo libro continua più che mai e l’Autore è obbligato ogni tanto a curare una nuova edizione dei suoi Princìpi di economia. Fare l’elogio di questo libro è ormai superfluo, come sarebbe ozioso ripetere quelle riserve e quelle critiche che altre volte abbiamo fatto. Il profes sor Gide crede spiegare la buona accoglienza fatta al suo libro più che per le sue qualità, pei suoi difetti, i quali rispondono, a suo dire, allo stato di crise nelle menti, sia per coloro che in segnano sia per quelli che imparano. Noi cre diamo ch’essa dipenda anche e principalmente dalla chiarezza, dalla eleganza della forma e dalla cura che l ’Autóre mette a tenere l’opera sua al corrente del movimento teorico. Troppi manuali o trattati sono riesciti pesanti e oscuri, perchè questo che ha la dote della maggiore perspicuità non debba essere accolto favorevol mente.
Charles A . Conant. — The United States in thè
Orient — Boston, Houghton, Mifflin and Co. 1900,
pag. 237.
Sono studi che trattano della fase attuale di sviluppo della lotta economica internazionale, specie dal punto di vista degli interessi degli Stati Uniti. L ’Autore, egregio economista, cui si deve una Storia delle banche di emissione, ha esaminato le basi economiche dell’ imperialismo americano, la condizione della Russia come po tenza rivale, la lotta per l’ impero commerciale, i nuovi problemi economici che sorgono da qua- sta gara, e la posizione degli Stati Uniti nel mondo economico contemporaneo. Dati e notizie interessanti si trovano nel libro del Conant, le cui tendenze sono temperate e offrono un utile contrapposto alle esagerazioni di altri scrittori americani.
P r o f . E . M a s è -D a r i. — M. T. Cicerone e le
sue idee sociali ed economiche. — Torino,
Bocca, 1901, pag. 390 (lire 4).
I giudizi su Cicerone sono tutt’ altro che concordi e la severa ed aspra critica del Mom- msen è abbastanza nota, perchè occorra ricor darla. Ma ciò non toglie che sia interessante di conoscere le idee sociali ed economiche di Cice rone, e su questo argomento il prof. Masè Dari ha scritto un libro che è veramente di molto in
teresse storico e di lettura attraente e istruttiva. L ’ autore dice che questo studio su un lato quasi ignoto della mente e della vita di Cicerone gli si è raccolto tra mano quando alcuni anni addietro, cercava tra la letteratura della Roma repubblicana, le tracce storiche di una tendenza teorica delle finanze nei suoi ordinamenti e nei suoi istituti tributari. Gli parve poi che il nome universale e la fama cosi elogiata dell’ Arpinate, dovessero accrescersi dal nuovo e sincero tri buto di attenzione venutogli da studi nei quali già il nome suo non era del tutto ignoto.
Il libro comprende due parti: nella prima è esaminata la figura di Cicerone, l’ agiatezza sua, le idee civili, religiose, giuridiche e politiche del celebrato oratore, nella seconda che interessa particolarmente l’ economista, l’ autore tratta di questi argomenti: lo Stato e l’ economia privata secondo Cicerone, i lavori pubblici e la relativa funzione dello Stato, la finanza e lo Stato nel l ’ opinione di Marco Tullio, la politica doganale e tributaria, i pubblicani e la lora funzione eco nomica, le leggi agrarie e la politica agraria, i concetti di Cicerone sull’ economia in generale, lavoro ed operai liberi e schiavi nell’ opinione di Marco Tullio, credito, usura ed argentari.
L’ opera che annunciamo dimostra ancora una volta la coltura dell’ egregio autore, la sua imparzialità e obiettività storica, ed è un prege
vole contributo alla storia delle idee economiche nell’ antichità.
Rivista (Economica
Il bilancio francese del 1901. — La produzione minera ria degli Stati Uniti nel 1900. — La produzione dello zucchero.
I l b i l a n c i o f r a n c e s e d e l 1 9 0 1 . E’ stata in questi giorni promulgata la legge del bilancio pel 1901. Le cifre complessive del bilancio francese sono; all’ entrata fr. 3,554,602,862 e alla spesa fr. 3,554,354,212, con una eccedenza deli’ entrata di fr. 248,650.
La principale riforma consacrata in questo bi lancio è quella delle tasse di successione, la quale diviene applicabile in. diritto ma che non potrà en trare in vigore che dentro 6 mesi a datare dal giorno della promulgazione. I beneficiari delle successioni che si apriranno a partire dal 1° marzo corr. avranno infatti uu termine di 6 mesi per fare le loro dichia razioni. Di conseguenza è soltanto dal 1° settembre prossimo, durante cioè gli ultimi quattro mesi dol- 1’ anno 1901, che il nuovo regime comincerà a pro durre i suoi eifetti.
E noto che la nuova legislazione consacra la de duzione del passivo nel calcolo delle tasse di succes sione. Si è valutato che nel pieno funzionamento della legge, la perdita che risulterà per il tesoro, per effetto di questa deduzione dei debiti dalla materia imponibile, ascenderà a 55 milioni.
Ma questa perdita sarà compensata dalla eleva zione della tariffa della tassa, che la legge di finanza istituisce a partire dal 1° marzo e che è progressiva tanto a seconda dell’ ammontare della parte eredi taria, quanto a seconda delia lontananza del grado di parentela.
Però l’ esercizio 1961 non profitterà gran ohe di questa riforma, la quale non avrà il suo pieno ef fetto che nell’ anno venturo.
172 L ’ E C O N O M IS T A 24 marzo 1901 Come si è visto, i erediti accordati pel 1901 sal
gono a franchi 3,554,354,212; pel 1900 ascesero a
fran-• o inponf! 104 ;•« /I;D-narfo In srifiSfì 001'
illOU UU KjìX v-ii il* • • --
---fu un aumento nelle spese di fr. 70,287,473.
Occorre avvertire però che nel 1901 il bilancio francese comprende un carico di 19 milioni per ga ranzia d’ interessi dello strade ferrate algerine, men tre l’ anno scorso questo capitolo era compreso nel bilancio dell’ Algeria per 20 milioni. L ’ aumento ef fettivo delle spese del 1901 si riduce dunque a fran
chi 58,545,028. . ,
Il bilancio della guerra, al solito, e quello che prende la più grossa parte di questo aumento; da un anno all’ altro i crediti per esso sono aumentati di fr. 33,870,821 ; questa somma comprendo 24 milioni per il perfezionamento del materiale di armamento e quasi sette milioni per le riorganizzazione delle fortificazioni di Biserta.
Il bilancio della marina è stato portato a ¡Mi milioni, ossia in cifre tonde con 15 milioni di au mento; quello delle poste e telegrafi b stato aumen tato di 11,350,000 fr., le colonie costeranno 5,400,000 fr. di più del 1900; infine le spese straordinarie dei lavori pubblici sono state aumentate di 22,312,666 ir.
A ll’ entrata le previsioni sono state aumentate sui capitoli seguenti: imposte dirette 5 milioni; re gistro 20 milioni; imposta sulle operazioni di borsa 1,700,000 fr.; valori mobiliari 4 milioni; zuccheri li milioni. Invece sono state ridotte le previsioni per questi altri cespiti: dogane 7 milioni; contribuzioni indirette 11 milioni circa; bollo quasi 11 milioni.
La produzione mineraria degli Stati
Uniti nel 1 9 0 0 . — Il valore complessivo dei pro
dotti minerali degli Stati Uniti di America nel 1900, si è ragguagliato a 509,800,992 doli., contro 946,057,320 dollari nel 1899; e huello delle sostanze non metal liche è stato di 755,630,991 dollari, contro 645,734,305. L’ oro è il metallo la cui produzione^è stata la più importante; essa è valutata a 78,658,755 dollari; viene poi l’ argento con 37,085,248 dollari; il rame con 100,154,315 dollari ; il piombo con 22,005,659 dol lari e lo zinco con 10,786,230 dollari.
Dei minerali non metallici, il carbon fossile è il più importante, con 274,847,779 tonnellate, la quan tità più forte conosciuta fino ad ora, non solo per gli Stati Uniti ma per qualsiasi altro paese. Vengono in seguito, il cemento di cui sono stati prodotti 17,828,698 barili, il sale, il solfato di rame, le arde
sie, eoe.
-Le 210 compagnie che si occupano d’ industrie minerarie agli Stati Uniti hanno pagato 180,341,000 dollari di dividendi nel 1900. Le miniere di metalli entrano pel 39,8 0|0 in questo totale, o le Compagnie industriali pel 60,7 0j0. I più forti dividendi si ripar tiscono sulle miniere di rame, 83,433,000 dollari; per quelle di oro e di argento 13,967,000 dollari, e per le Compagnie di petrolio 48,816,000 dollari.
La produzione dello zucchero. — Secondo
il sig. Licht, la produzione dello zucchero di canna sarebbe la seguente:
Cuba, 575,000 tonnellate nel 1900-1901 contro 281,420 nel 1899-1900; Portoricco, 75,000 contro 32,751; La Trinità, 40,000 contro 38,002; Barbades, 55,000 contro 41,446; Martinicca, 30,000 contro 30,175; Gua- dalupa, 80,00U contro 28,255 ; Demerara, 95,000 contro 78,751; Brasile, 150,000 contro 165,000; Giava 650,000 contro 680,316; Filippine, 50,000 contro 66,116; Mau rizio, 180,000 contro 159,102; Riunione, 35,000 contro 29,377 ; Giamaica, 25,000 contro 28,000 : Piccole Antille, 80,000 contro 80,000; Stati Uniti, 350,000 contro 267,734; Perù, 120,000 contro 120,010 ; Egitto, 90,000 contro 95,000; ed Isole Sandwich, 320,000 tonnellate nel 1900 1901 contro 280,000 nel 1899-19( 0.
Totale, 2,951',000 tonnellate nel 1900-1901 contro 2,501,446 nel 1899-1900.
Sommando ora la produzione di zucchero di bar babietola con quella dello zucchero di canna, la pro duzione generale mondiale dello zucchero sarebbe di 8,620,100 tonnellate contro 7,768,712 nel 1899-1900, donde un aumento per quest’ anno di 851,288 ton nellate.
L A S I T U A Z I O N E D E L T E S O R O
a l 3 8 f e b b r a i o 1 9 0 1
Il Conto di Cassa al 28 febbraio 1901 dava i se guenti risultati :
Fondo di Cassa alla chiusura dell’eserc. 1899-900. L. 204,272,785 24 * » al 28 febbraio 1901... » 198,712,105.41
Differenza in più I,. 5,560,681.88
Pagamenti di Tesoreria dal 1° luglio al 28 feb braio 1901.
Per spese di b ila n c io ...D. 1,045,705,775. 52 )
Debiti e erediti di T esoreria .. . 2,561,648,881.06 j 8,607,551,426.76 Decr. Minist. di scarico... 202,270.18 '
Incassi di Tesoreria dal 1° luglio 1900 al 28 feb braio 1901.
Per entrate di bilancio... L. 1,201,676,188.04 ; 3,601,990,714.93 Per debiti e cred. di Tesoreria. 2,400,814,5ob. 89 i - - e n f io , qìi
E ccedenza dei pagamenti sugli incassi... Ij. 5,ob0,b81.83
Le situazione dei debiti e cred. di Tesoreria al 28 febbraio 1901 risulta dai seguenti prospetti :
DE B ITI al 80 giugno 1900 al 28 febbraio 1901
Buoni del Tesoro...k* Vaglia del T e s o r o ... _... Banche, Anticipazioni s ta t u t a r ie ... Amm in. Debito Pub. in conto cor. infruttifero.
Id . Fondo Culto id. id. Ammin. Debito Pub. in conto cor. fruttifero . Altre Amministraz. in conto cor. infruttifero. Buoni di Cassa. . ... Incassi da reg olare... Biglietti di Stato emessi per P art. 11 della
legge 3 marzo 1898, n. 47... Totale debiti L. migliaia 294,585 27,689 211,889 19,850 18,500 87,402 20,665 55,840 11,250 697,174 migliaia 297.282 17,716 35,000 182,532 17,751 41,214 42,518 13,661 15,229 11,250 674,156 CREDITI al 30 al 28 giugno I febbraio 1900 1901
Valuta presso la Cassa Depositi e Prestiti ar ticolo 21 della legge 8 agosto 1885. . . L Amministrazione del Debito Pubblico per
pagamenti da rim borsare... Amministrazione del fondo per il Culto. Altre amministrazioni... ... Obbligazioni dell’Asse Ecclesiastico . . . Deficenze di Cassa a carico dei contabili de
T e s o r o ... Diversi...
Totale dei crediti L Eccedenza dei debiti sui c r e d it i...»
T otale L migliaia 91,250 62,663 17,246 47,185 12 1,933 14,801 235,092 462,081 697,174 migliaia 91,250 163,936 14,535 52,418 11 1,933 49,318 373,403 300,752 674,156
La eccedenza dei debiti sui crediti al 28 febbraio 1901 era di milioni 800,7 e al 80 giugno 1900 di mi lioni 462.
Il totale dell’ attivo del Tesoro formato dal fondo di Cassa e dai crediti risulta al 28 febbraio 1901 di milioni 572,1 contro 439,3 alla chiusura dell’ eser cizio.
I debiti di tesoreria ammontavano alla fine di febbraio a 674,1 milioni contro 697,1 alla chiusura
dell’ esercizio. .
Vi è quindi una eccedenza delle passività per mi lioni 102 alla fine di febbraio contro 25/,8 al 30 giu gno ossia una differenza attiva di milioni 155,7.
24 marzo 1901 L ’ E C O N O M IS T A 173 IN C A S S I M e s e di fe b b r a io 1 9 0 1 ' D if fe r e n z a n e l 1 9 0 1 D a l 1° lu g li o 1 9 0 0 a tu tto fe b b r a io 1 9 0 1 D if fe re n z a n e l 1 9 0 1
ENTRATA ORDINARIA migliaia migliaia migliaia migliaia
Entrate effettive : di lire di lire di lire di lire
Redditi patrimoniali dello
2,439 — 214 66,035 — 163 S ta t o ... L. 129,986 -j- 665 e sui fabbricati... 81,758 + 325 174,516 - 2,287 chezza m obile... 26,881 + ’) 2,035
Tasse in amministraz. del
138,996 - f 2,525 Minisi, delle Finanze.. 14,525 + 427
Tassa sul prodotto del mo vimento a grande e
pie-18,812 + 4,194 cola vel. sulle ferrovie. 1,486 — 179
Diritti delle Legaz. e dei
304 - 218 Consolati all’ e s t e r o ... — - 70
Tassa sulla fabbricazione
+ 26,239
degli spiriti, birra, ecc. 6,857 + 2) 1,346 72,330 Dogane e diritti marittimi. 19,390 — 735 158,508+ 3,004 Dazi interni di consumo,
esclusi quelli di Napoli
33,147 — 278 4,174 + 80
Dazio consumo di Napoli. 991 84 8,779 — 200 » » di Roma. 1,392 — 2 11,771 + 521 15,106 + 874 133,075 + 3,927 Sali... 5,760 + n i 51,260+ 976 3,385 — 95 50,576 + 6,961 5,081 + 443 42,881 + 2,133 Telegrafi... 1,128 + 78 10,039 + 639 Servizi diversi... 1,243 + 381 12,368 — 803 247 1,103 — 381 13,864 Entrate diverse... 2,687 + s) 1,183 20,718 + 144
Tot. Entrata ord. L. 144,396 + 5,826 1,148,003 + 47,735 ENTRATA STRAORDINARIA
Cateo. I. Entrate effett. 407 + 149 4,404 + 2,218
» II. C ostr.str.fer, 8 + 6 1,027 + 248
» III. Movimento di
-h 1,686
Capitali. .. 6,995 + 4)s)5,386 12,150
Tot. Entrata straord. L. 7,411 + 5,545 17,582 -+- 4,153 Partite di g ir o ... 14,959 + 6) 14,133 36,090 + 19,036 Totale gen erale.. . . 166,768 + 25,505 1,201,670 + 70,925
I pagamenti poi effettuati dal Tesoro per le spese di bilancio nel mese di febbraio risultano dal se guente prospetto : Pagamenti Mese di febbraio 1901 Dif fe r e n z a n e l 1 9 0 1 Dal 1° luglio 1900 a tutto febbraio 1901 D if fe r e n z a n e l 1 9 0 1
migliaia migliaia migliaia migliaia
di lire di lire di lire di lire
Ministero del T e s o ro .. L. 9,561 — 11,258 398,072 - 17,616
» delle F in a n ze... 14,587 + 1,236 135,412+ 9,845
» di grazia e giust. 3,170 - f 287 26,567 — 188
» degli affari est.. 1,287 — 116 11,680+ 1,029
» dell’ istr. p u b b .. 5,110 + 1,614 31,866!+ 3,322
» dell’ interno.. . . 8,145 + 2,359 47,417 + 2,999
» dei lavori pubbl. 6,056 + 1,483 66,4831+ 9,634
» delle poste e tei. 4,981 + 623 42,600;+ 1,414
» della g u erra .. . . 28,129 + 8,943 187,841 — 3,559
» della marina . . . 14,319 + 3,794 88,622 + 2,411
» della agric. ind.
e commercio. 1,318 + 481 9 ,1 4 0 + 1,213 Tot. pagana, di bilancio.. 96,670 + 9,448 1.045,7051+ 4,508 Decreti minisi, di scarico. — — 202+ 190 Totale pagamenti... 96,670 + 9,448 1,045,908+ 4,698 Differenza > Atti™ ... 70,097 16,056 155,.'68 66,220
f Passiva . . . . — — — —
T o t a le ... 166,678 -j- 25,505 1,201,676+ 70,925
4) L’aumento dato dall’ imposta sui redditi della ricchezza mobile è provenuto dal maggior prodotto dei ruoli principali 1901 e versamenti fatti dal
Mini-stero della Guerra di ritenute per imposta di Ri- ehezza Mobile sopra a stipendi ed assegni a carico del suo bilancio.
2) L ’ aumento dato dalla tassa sulla fabbricazione degli spiriti si deve principalmente alla fabbricazione di zucchero di barbabietole.
3) L’ aumento avuto sull’ entrate diverse dipende da maggiori reintegrazioni di fondi al bilancio pas sivo.
4) L’aumento nei rimborsi di somme anticipate dal tesoro si deve al rimborso fatto dal Comune di Napoli di metà della spesa per l’ammortamento delle obbligazioni emesse e i lavori di risanamento.
5) L’aumento dato dalle partite compensative si deve a! rimborso fatto dall’ Amministrazione della Marina del fondo di scorta per le navi armate.
6) L ’aumento avuto sulle partite di giro è dovuto affitti di beni demaniali destinati ad uso od in servi zio di Amministrazioni governative.
IL REGIME DOGANALE
e la Camera di Commercio di Mantova
Alla Commissione reale pel regime economico do ganale, istituita presso il Ministero di Agricoltura in dustria e commercio, è stata inviata dalla Camera di Commercio di Mantova una relazione, stesa dal segre tario prof. Archinto Berni, nella quale sono proposte e dati di qualche importanza. Cosi, ad esempio, la Ca mera ha approvato un ordine de giorno, con voti 5 contro 4, favorevole all’abolizione completa del dazio doganale che grava sul frumento. E si noti che era stato proposto un altro ordine del giorno col quale la Camera si limitava a formulare il voto che il Go verno regoli la propria azione, in questa importante materia, in guisa da evitarsi la ripetizione di dolorosi avvenimenti. Ora Mantova è un centro agricolo di notoria e notevole impoi tanza e il voto che emana dalla sua rappresentanza commerciale è indubbia mente assai significativo.
Non possiamo riferire tutte le proposte e le osser vazioni, sempre degne di considerazione, che si tro vano nella relazione della Camera mantovana. Ma prima di riportare le conclusioni generali, vediamo le proposte per alcuni prodotti di grande importanza. Cosi pel vino, secondo la Camera di Mantova, si dovrà chiedere : 1° che nel trattato colla Germania tutti i vini italiani in fusti paghino la stessa tariffa doga nale, 2° che nel trattato coll’ Austria-Ungheria_ sia in dicato che il trattamento di favore fatto ai vini ita liani si estende anche alla facilitazione delle pratiche occorrenti per ottenere i documenti che accompa gnano le spedizioni, ragguagliando detto trattamento a quello richiesto dalla Svizzera e dalla Germania; 3° che gli Stati esteri impongano il dazio solo sul peso netto del vino.
La relazione fa notare che gli attuali dazi di 34 franchi al quintale in Svizzera e 24 al quintale in Ger mania pei cordami sono assolutamente proibitivi.
Per la seta, che ha una notevole importanza per la provincia mantovana, è espresso il voto che venga conservata alla seta greggia italiana la franchigia do ganale all’ entrata in Francia, in Russia e negli Stati Uniti.
Altre riduzioni di dazi sono chieste per le scope e per lavori di canna e vimini e giunchi, per le pelli conciate, per le tegole scanalate, pei laterizi, eco.