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L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno m i n - V o i . XXIII
Firenze, 24 Novembre 1901
N. 1438
IL PARTITO RADICALE
Ben prima d’ ora su queste stesse colonne, accennando alla condizione dei partiti politici ed alla loro apatia, abbiamo manifestato il con vincimento che solo la costituzione di un forte partito radicale, ma radicale sul serio, avrebbe potuto scuotere quella morta palude nella quale vagavano da tanti anni e sempre più sprofondan- dovisi, i vecchi partiti parlamentari. A noi sem brava che fosse ozioso domandarsi da qual parte e con quali elementi il nuovo partito avrebbe potuto costituirsi ; che essi venissero da inevi tabile evoluzione di repubblicani o di socialisti, o da antichi liberali cbe non amassero più con fondersi coi moderati, a noi pareva e pare an cora motivo di buona speranza per il paese che, da una parte stieno i lenti conservatori, dal- l ’ altra gli audaci radicali ; tutto il rimanente lusso di suddivisioni ci pareva mancasse di base politica.
Per merito specialmente dell’ on. Ettore Sacelli sembra che veramente il nucleo di un partito radicale stia formandosi, e 1’ accoglienza che i discorsi prima, poi il recente articolo comparso nella Nuova Antologia, dell’ on. Sac elli, conferma la nostra previsione che l’ avve nimento fosse desiderato ed atteso.
E bene fece 1’ on. Bacchi ad eliminare un punto controverso, sul quale scrivevamo recen temente a proposito dell’ atteggiamento dell’ on. Turati : alludiamo alla forma di Governo. Non sappiamo comprendere in verità perchè debba essere il rappresentante di un partito radicale quello che dichiara doversi intendere il regime monarchico capace di dare al paese tutte le necessarie riforme; ci sembra che ogni tuonai - chico debba ammettere una simile premessa e non sia nemmeno concepibile la forma monar chica di governo, se essa fosse necessariamente di impedimento ad una qualunque, anche piccola, riforma che rispondesse ai bisogni ed alle aspi razioni del paese.
Se non si intende come sottinteso che il Capo dello Stato marcia alla testa del paese per la conquista del benessere comune, biso gnerebbe ammettere che vi sia qualche cosa di incompatibile tra questo benessere e la forma di Governo, il che, oggi specialmente, sembra meno verosimile che mai.
Ma, tolto di mezzo questo punto e dimo strato efficacemente che non può aspirare ad es sere partito di Governo quello che limiti o quasi la propria opera alla adorazione od alla difesa della monarchia, mentre tanti problemi urgono e tante riforme sono da tutte le parti richieste, l’on. Sacchi ha ora un compito ben diverso, e, diremo quasi, ben più difficile, per passare dal concetto politico a quello economico-amininistra- tivo del partito radicale di cui egli è tanta parte. Sta bene che ricordando le parole pro nunciate recentemente a Gardone dall’ on. Za- nardelli, 1’ on. Sacc.hi inneggi alla libertà e di chiari contraria al diritto pubblico ogni sopraf fazione di una classe sull’altra in qualunque ordi ne di fatti, è però ora necessario, perchè l’ opera iniziata non sia nè sterile, nè oziosa, concretare, non diremo un programma, ma le linee generali sulle quali il partito radicale potrebbe pratica- mente procedere.
Nè tale compito può essere facile, perchè temiamo incontri subito molte difficoltà storiche e pratiche al solo accenno ad alcuni punti fonda mentali. E, quasi a mettere a prova il radicali smo dell’on. Sacchi, vogliamo sfiorare alcune que stioni sulle quali è profondo il nostro convinci mento e nella soluzione delle quali vediamo come la pietra di paragone di un radicalismo vero, sincero e durevole.
Crede T on. Sacchi che sia compatibile coi principi attribuibili ad un partito radicale questo continuo accrescere in estensione delle funzioni dello Stato, a scapito della efficacia con cui sono esercitate?
Noi non lo crediamo.
E prima radicale riforma che noi vorremmo, è quella di domandare che lo Stato, prima di assumere nuove funzioni od estendere le at tuali, eserciti bene quelle essenziali che gli sono inevitabilmente domandate. Tra queste, primis sime la giustizia, che è fondamento di regno, qualunque sia la forma di Governo, che è esem pio di moralità o di immoralità nel popolo, se condo che sia bene o male amministrata.
e del ricco. I minori magistrati, quelli che deb bono trattare le controversie, piccole nella loro entità, ma importanti per il popolo e dalla solu zione illuminata e spassionata delle quali il po polo trae il suo giudizio per valutare la ammini strazione della giustizia, i magistrati minori, di ciamo, che sono più spesso a contatto col po polo minuto, siano posti al di sopra di ogni sospetto ed anche al di sopra di ogni tenta zione.
Qui vi è tutta una riforma radicale da com piere con mano sicura e decisa affinchè tra il nuovo che si deve creare ed il vecchio che male si tollera, non vi sia nemmeno transizione di ricordo.
Ed accanto alla giustizia occorre riformare la polizia. Tutti sappiamo che quegli organi delicatissimi, dall’opera dei quali molte volte di pende la liberta dei cittadini, cioè quanto vi deve essere di più sacro e rispettato, sono, non solamente male reclutati, ma anche mantenuti in condizioni assolutamente indecenti per un paese che aspiri ad essa od a diventare civile. Carabinieri e guardie di città che, fatte sulla paga le legali -sottrazioni, non dispongono che di pochi centesimi il giorno, e finito il servizio non hanno assicurato un pane, possono essere eroi del do vere, in qualche caso, ma nei casi ordinari sono * stromenti pericolosi, a cui si affida un ufficio oltre ogni dire delicato.
Anche questa riforma deve essere radicale, affine di guarentire meglio che oggi non sia in Ita lia la vita e le sostanze dei cittadini, senza offen dere ciecamente, come spesso avviene, la loro libertà, affine di dare una soddisfazione momen tanea al sentimento incosciente delle molti tudini.
Per terzo punto noi vorremmo che il partito radicale fissasse i suoi criterii sulla amministra zione. E inutile domandare ad un regime democra tico i famosi buoni ma pochi impiegati, così lun gamente e cosi invano invocati, ma è necessario che essi siano onesti, nel più rigoroso senso della parola. Ma se per averli tutti tali troppe sono le difficoltà in amministrazioni cosi vaste e complesse, è lecito chiedere che quando risultano non onesti, siano inesorabilmente dati in mano alla giustizia e nessuna mano pietosa, o nessuna solidarietà di corpo si affatichi a nasconderne le colpe. Così si darà coraggio ai buoni e si metteranno in re mora i pencolanti.
Finalmente noi vorremmo che il partito ra dicale si proponesse di penetrare in quei due santuari medioevali che sono l’esercito e la ma rina, eccellenti per molte lodevoli qualità, ma le cui amministrazioni, tutte racchiuse nel mistero e protette dalla frase: «conservare il prestigio», lasciano molto a desiderare. E necessario che l’occhio del pubblico entri in quelle amministra zioni e siano rinnuovate coraggiosamente ; è ne cessario che il Parlamento, il quale talvolta di scute delle mezze giornate per aumentare di mille lire il sussidio ad una povera scuola, sappia se si spendono bene i milioni che assorbono quelle due istituzioni.
Osiamo dire — perchè noi siamo radicali davvero — che se lo Stato arrivasse a fornire i cittadini di una rispettata e pronta giustizia, di |
una buona ed oculata polizia, di una retta am ministrazione, e di un esercito ed una marina, deve non si sciupino i denari, il suo officio sa rebbe già sufficiente. Tutto il rimanente, istru zione, lavori pubblici, agricoltura, industria e commercio, eco., possono essere affidati ai corpi locali od ai loro Consorzi, vigilati ed occorrendo sussidiati dallo Stato.
Si sente in animo l’on. Sacchi di additare al suo partito una meta simile, alla quale, sia pur gradualmente, pervenire ?
Se sì, egli deve comprendere che la stessa riforma tributaria, a cui così vivamente aspira il paese, diventa una questione secondaria, in quanto mano a mano si troverebbe nelle minori spese il margine per togliere le più gravi in giustizie che oggi si lamentano.
Se no — ci duole il dirlo — ma anche il radicalismo dell’on. Sacchi avrà lo stesso suc cesso di altri tentativi consimili ; — farà come i moderati, che da tanti anni discutono se si deve cominciare a sgravare il sale o le farine, e in tanto non sgravano nè l’uno, nè l’altro; o come i socialisti che lottarono per la abolizione del dazio sul grano, sapendo che avrebbero perduto, mentre avrebbero invece vinto certamente se avessero lottato per ottenerne una diminuzione.
Avremo cioè uno strumento di più nel con certo dei partiti; ma avremo sempre la stessa musica poco gradita alla nazione.
L i FEDERAZIONE LIBERO-SCAMBISTA
internazionale.
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nata, tenace propaganda, ohe si può credere di riuscire a orientare la pubblica opinione verso altre tendenze e idee che non sieno quelle dei nuovi e vecchi protezionisti.
Giustamente alla ultima riunione della So cietà di Economia politica di Parigi il De Moli- nari diceva che si tratta ora soltanto di sapere quali sono i mezzi più adatti da adoperare per propagare la convinzione che ci anima. Non dob biamo dissimularci, egli proseguiva, che la opinione pubblica è oggi indifferente in materia di libertà commerciale, quando non è ostile. La moltitudine non attribuisce a questa questione che una im portanza del tutto secondaria. Che cosa è ormai la vita a buon mercato, l’abbassamento dei prezzi delle necessità della vita in confronto dell’ Eldo rado che i socialisti promettono agli operai ? Nelle classi superiori, gl’ industriali e gli agri coltori non sono meno ipnotizzati dalle promesse non meno illusorie del protezionismo.
Questa condizione della opinione pubblica rende certamente difficile il nostro compito, ma non è una ragione per scoraggisi dall’ intra prenderlo. Che cosa dobbiamo dunque fare? An zitutto il conto della protezione, dal punto di vista del consumo. Noi dobbiamo mostrare ciò eh’ essa costa alla massa dei consumatori, cioè a tutti, di quanto i dazi sui grani, la carne e le altre derrate alimentari, i dazi sugli articoli di abbigliamento, sull’alloggio eco. rincarano la vita. Noi dobbiamo, in i breve, compilare il bilancio della protezione. È un bilancio anonimo che si aggiunge a quello dello Stato e in cambio del quale coloro che lo pagano non ricevono alcun servigio. Noi non ne conosciamo l’ammontare, perchè non figura nei documenti parlamentari, ma possiamo farcene un’ idea confrontando i prezzi delle cose necessarie alla vita in un paese di libero scambio e in uno di protezionismo. E ’ un confronto che ci sforzeremo di volgarizzare ed è accessibile a tutte le intelligenze.
Ma questo non basta, per quanto sia d’ in teresse generale. E il de Molinari osserva che all’ interesse generale dei consumatori invocato dai liberisti, i protezionisti oppongono l’ inte resse dei produttori, l’ interesse del lavoro na zionale. Il libero scambio, essi dicono, ha per oggetto di diminuire i prezzi delle cose neces sarie alla vita ; sta bene, ma a che servirà ai consumatori di potersi procurare a _ miglior mer cato il loro nutrimento, il loro vestito e il rima nente, se si tolgono loro i mezzi di pagare queste cose. I consumatori traggono dall’ agricoltura e dall’industria i redditi coi quali acquistano quelle varie cose. Se si espone l’agricoltura e 1 industria ad essere rovinate dalla concorrenza estera e con esse le popolazioni che ne vivono, quale vantag gio trarranno dal buon mercato ? La protezione non è altro che un’ assicurazione e quand’ anche essa esigesse un grosso premio sotto forma di rincaro, non bisognerebbe lesinarla, perche e la salvaguardia indispensabile del lavoro nazionale e per conseguenza dei mezzi di esistenza di tutte le classi della nazione.
Questo è l’argomento capitale dei protezio nisti ed esso e certamente di natura tale da fare un viva impressione sulie menti. Esso si fonua sulla pretesa impossibilità, in cui si trovano i
rami più importanti della produzione nazionale di sostenere la concorrenza estera. Era già il cavallo di battaglia dei protezionisti alcuni de cenni fa, quando vi era la concorrenza della Russia pei prodotti dell’ agricoltura e quella dell’ Inghilterra pei prodotti delle industrie ma nifatturiere e minerarie. Ma anche allora 1’ espe rienza dimostrò che i timori erano infondati, esagerati e in nessun’ altra epoca come dopo il 1860 la potenza produttiva, stimolata dalla concorrenza, crebbe e il commercio si sviluppò in misura così grande come nel periodo del li bero scambio sia pure limitato. Ed il de Molinari ha dato anche alcune cifre che ci spiace di non poter riprodurre.
Si dice bensì che le circostanze sono mu tate e che oggidì si tratta di far fronte a un pericolo che minaccia tutta l’Europa, compresa l’ Inghilterra, cioè alla concorrenza americana. Ma i liberi scambisti credono, come ben disse il valente direttore del Journal des Econom istes, che vi è un mezzo più sicuro di tutelare l’ in dustria della vecchia Europa contro 1’ annienta mento di cui si vuole sia minacciata per opera dell’America ed è il possesso d’ un mercato li bero, d’un mercato di libero scambio completo, che è precisamente il mezzo che ha permesso alla industria americana di fare quei progressi che l’ hanno resa così temibile. Bisogna adun que, invece di restringere i mercati dell’ Italia, della Francia, della Germania e degli altri paesi, abbassare le barriere mediante trattati di commercio o in altro modo, in attesa che sia possibile di sopprimerle. E questa estensione del mercato della industria europoa la preser verà dall’ annientamento meglio di quello che potrebbe farlo il blocco più stretto.
In presenza di questa nuova concorrenza e della recrudescenza del protezionismo ch’essa ha provocato, il momento pare opportuno per opporre alla coalizione degli interessi protezio nisti una federazione libero-scambista che in coraggi i fautori, oggi disseminati e senza forza della libertà del commercio ad associarsi, e che riunisca le loro associazioni in uno scopo co mune. E tale veramente può dirsi lo scopo dei libero-scambisti, perchè a differenza dei prote zionisti che considerano gli interessi di ogni na zione come opposti a quelli delle altre, essi cre dono che questi interessi si accordino e che il profitto dell’ una faccia il vantaggio e non il danno dell’ altra.
cese che possa profittare della protezione, ossia una persona su venti.
La Federazione libero-scambista internazio nale, ha uno scopo altamente nobile e utile da raggiungere ; essa deve proporsi di ottenere gradatamente risultati pratici in ogni paese, coll’ esercitare una influenza continua e attiva sulla pubblica opinione. Noi auguriamo che non le manchino le simpatie degli italiani e che possa aprire una larga breccia nelle alte mura glie erette dal protezionismo nel nostro e negli altri paesi.
Pretese assurde
Giorni sono si adunarono al Ministero dei lavori pubblici i rappresentanti dei conduttori di locomotive delle tre Società ferroviarie e la Commissione governativa pei turni di orario. Si trattava di discutere sulle richieste dei fer rovieri riguardo all’ orario, ma non fu concluso nulla, specialmente per l’ assenza delle contro parti interessate, ossia dei rappresentanti le So cietà ferroviarie. Mentre è da far voti che si giunga presto ad un accordo, non si può pas sare sotto silenzio una disposizione che non esi tiamo a dire aberrante contenuta nelle richieste dei ferrovieri. Ecco il testo preciso di quelle richieste :Art. 1. — Si computa come periodo di lavoro : a) il tempo occorrente all’ effettuazione dei treni, computato dal momento in cui il personale è obbligato a presentarsi in deposito (in armonia alle disposizioni regolamentari vigenti in ogni società esercente), a quello in cui è autorizzato a lasciarla, incluse tutte le soste di durata non superiore a quattro ore ;
b) il tempo impiegato per recarsi col treno ad una data località ad assumervi servizio e quello ne cessario per il ritorno ;
c) il tempo richiesto in servizio di manovre, o di rinforzi ;
d) il tempo impiegato in deposito per qual siasi lavoro attorno alla locomotiva assegnata al personale (come lavaggio, visita, eoe. ecc.) ;
e) la durata del tempo di riserva dove non esi ste 1’ accenditore (per la Mediterranea, fuochista not turno), va considerato come lavoro intero ; come pure intero va considerato il tempo di riserva, quan do si fa obbligo al personale di macchina di rima nere pronto sulla locomotiva j deve considerarsi alla metà il tempo di semplice riserva, calcolato dopo goduto il riposo dovuto pel servizio di treno già effettuato.
Art. 2. — La durata di una giornata di lavoro, computata in base al dispositivo dell’ art. 1, non deve mai superare le 10 ore.
Art. 3. — Non è ammessa nessuna deroga oltre il .massimo di lavoro od il minimo di riposo, stabi liti dalla presente legge, riposo che dev’ essere di 8 ore fuori residenza e 10 ore in residenza, salvo casi accidentali, quali sarebbero sviamenti, infortunii, allagamenti, ritardi eccezionali, eco. Ogni 24 ore non devono dare un lavoro superiore a 10 ore com putate come all’ art. 1 è disposto.
Art. 4. — Ogni turno, o periodo di turno, non potrà avere una durata maggiore di 10 giorni, di cui le ultime 36 ore dovranno essere d’ intero ri poso pel personale.
Ciò senza pregiudizio del congedo regolamen tare.
Il servizio di manovra permanente sarà fatto con turno di sette giorni e sette notti, al personale
spetterà un riposo ininterrotto di 24 ore nel pas saggio dal giorno alla notte e viceversa.
Disposizioni generali.
Ari. 5. — Chiunque proponga o accetti di oltre passare il massimo di lavoro stabilito dalla presente legge, sarà punito con l’ ammenda di lire 200 la prima volta e di lire 500 tutte le altre, senza pregiudizio delle pene comminate dall’ art. 314 del vigente codice penale, se, in conseguenza d’ un eccesso di lavoro, si rendesse imputabile di uno dei reati previsti e puniti da esso.
Art. 6. — Le società esercenti debbono affiggere i turni grafici in luoghi dove il personale interes sato possa prenderne visione. Quando ne venisse fatta domanda, esse dovranno darne copia anche al R. Ispettorato per le ferrovie.
Art. 7. — Ogni vertenza d’ indole tecnica ed am ministrativa che sorgesse fra personale ed Ammini strazioni ferroviarie, o con chi per esse, devono es sere sottoposte al giudizio dei probiviri o di un tri bunale professionale, eletto in parti proporzionali dagli interessati.
Art. 8. — Ispettori, nominati dal Regio governo, sorveglieranno che la presente legge venga dagli interessati osservata.
Una disposizione come quella data all’art. 5 è veramente rivelatrice di una tendenza che non sarà mai abbastanza deplorata. Nella manìa di regolamentare ogni cosa, si è giunti al punto di punire chi proponga o accetti di oltrepassare il limite massimo di lavoro stabilito per legge. E si tratta di ammende di 200 lire per la prima volta e di 500 lire per le altre. Non sappiamo se in altri paesi o anche in Italia sia stato mai pro posto niente di simile e non ci occorre saperlo, per dire francamente che queste sono vere e proprie aberrazioni. O’ è stata la schiavitù prima, la servitù poscia e il lavoro regolato minuta mente dagli statuti delle corporazioni ; ora non abbiamo nè schiavitù, nè servitù, nè corpora zioni, ma a quanto pare chi dirige il movi mento operaio tende a restaurare qualche cosa di simile se non addirittura alla schiavitù, certo al regime corporativo e servile. Lavorare per più di quel tempo che la legge, nella grande sa pienza del legislatore, ha creduto di fissare, è forse mai lecito e passibile ?
Bisogna essere, evidentemente, dei puri rea zionari per ammettere che una persona possa li beramente proporre o accettare di lavorare undici ore invece di dieci. A simili eccessi è bene dopo tutto che si arrivi, perchè ormai in questa corsa pazza verso la regolamentazione d’ ogni cosa, la salute non può venire che dagli eccessi. Quando gli operai avranno toccato con mano in quali la birinti di lesioni alla libertà individuale, di con traddizioni, di eccezioni e di divieti li hanno cacciati certi direttori più o meno spirituali del movimento operaio, si guarderanno bene dal la sciarsi dirigere da coloro, cui non par vero di chiudere l’ individuo entro il cerchio di ferro delle disposizioni generali limitatrici anzi an nientatrici della libertà individuale.
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che si applichino le pene comminate al citato articolo 314. Il quale dice testualmente così: « chiunque per imprevidenza, o negligenza, o per imperizia nella propria arte o professione, o per inosservanza di regolamenti, ordine o discipline, fa sorgere il pericolo di un disastro sulle strade ferrate, è punito con la detenzione da tre a trenta mesi e con la multa da lire cinquanta a tremila ;
e con la detenzione da due a dieci anni e con la
multa superiore alle lire tremila, se il disastro avvenga. » Sicché, se per combinazione sorga il pericolo di un disastro proprio subito dopo tra scorse le dieci ore di lavoro, per questo solo fatto il ferrovierie disobbediente agli statuti della corporazione potrebbe prendersi trenta mesi di detenzione pur non avendo mancato di prudenza, di diligenza ed essendo capace nel- 1’ arte sua.
Non insistiamo su queste manifestazioni morbose dello spirito regolamentario, ma cre diamo di poter dire che se coteste pretese dei ferrovieri incontrano opposizione negli enti inte ressati è naturale e logico che così sia. Prima d’ ogni cosa, per discutere seriamente bisogna abbandonare le pretese assurde.
IL COMMERCIO ITALIANO
nel decennio 1891-4900.
V il i.La esportazione dall’ Italia verso la Germa nia è andata notevolmente aumentando e l’ au mento fu ancora più cospicuo negli ultimi quattro anni come si è veduto nel prospetto pubblicato in principio del paragrafo V I di questi cenni sul commercio italiano.
Nel 1891 siamo appena ad una esportazione di 118 milioni, nel 1895 si oltrepassano i 150 mi lioni, e nel 1900 siamo a 221 milioni.
La prima categoria nel 1891 non aveva che due voci importanti di esportazione in Germania : circa cinque milioni in vino e sei milioni di olio
d’oliva. La nostra esportazione di vino andò oscil
lando secondo le seguenti quantità nel de cennio : 1891 Ett. 148,000 1896 Ett. 116,000 1892 » 261,000 1897 » 156,000 1893 » 161,000 1898 » 184,000 1894 » 107,000 1899 » 286,000 1895 » 134,000 1900 » 100,000
Nel. complesso quindii si vedono le influenze dei buoni o dei cattivi raccolti, ma sii può no-tare un leggero complessivo aumento.
Lo stessoi dicasi per F olio di oliva ebe ha dato : 1891 quint. 57,000 1896 quint. 47,000 1892 » 62,000 1897 » 35,000 1893 » 36,000 1898 » 27,000 1894 » 53,000 1899 > 38,000 1895 » 34,000 1900 » 18,000
Si vede cioè, che se il nostro raccolto lo permettesse, la Germania assorbirebbe anche 60,000 quintali del nostro olio d’oliva.
La seconda categoria non ha voci che me ritino di essere rilevate, tutta intera la catego ria ha oscillato tra un massimo di 400 mila lire ed un minimo di 190 mila.
Anche la terza categoria ha poco di note vole, se si toglie il tartaro di cui si esporta in Germania per una media di mezzo milione, e le
erbe, fiori e foglie medicinali fino a 700,000 lire.
Nella quarta categoria notiamo solo il som-
macco, per circa un milione e mezzo; le altre voci
non hanno importanza e la intera categoria non arriva a due milioni di esportazione.
Invece è notevolmente crescente la espor tazione della canapa greggia della quale diamo nel decennio il valore venduto alla Germania (in migliaia di lire). 1891 Lire 6,091 1896 Lire 8,575 1892 » 7,943 1897 » 10,980 1893 » 6,664 1898 » 8,047 1894 » 9,313 1899 » 8 656 1895 » 9,500 1900 » 12,006
Negli ultimi anni ha una iasportazione scente anche la stoppa ; è di 659 mila lire nel 1898 ed arriva a L. 1,239,000 nel 1900 ; i filati
di canapa greggi lentamente aumentano nel de
cennio e con qualche oscillazione fino ad 810 mi la lire.
Il totale della categoria oscilla negli ultimi anni tra i 10 ed i 15 milioni, ma la maggior voce è la canapa greggia.
La categoria del cotone non offre che il co
tone in bioccoli o massa per 588 mila lire nel 1900 ed i tessuti a colori e tinti che arrivane a L . 350,000
in media.
Nelle lane non vi è esportazione che delle gregge ed il movimento delle naturali o sudicie e delle lavate è il seguente nel decennio :
naturali o sudicie lavate 1891 58,000 16,000 1892 183,000 17,000 1893 106,000 310,000 1894 2,422,000 540,000 1895 2.314.000 1.847.000 315.000 532.000 1896 1897 811,000 24,000 1898 744,000 958,000 1899 839,000 804,000 1900 675,000 814,000
Queste cifre lasciano notare che dopo il 1896 siamo andati perdendo terreno per le lane su dicie, mentre è in aumento la esportazione di quelle lavate.
Nella stessa categoria va notato il crino di cui si esporta in Germania per quasi L. 400,000.
Molto importante è la categoria seta, che dà una cospicua cifra di esportazione ; lo pro vano le seguenti cifre del decennio per il com plesso della categoria.
1891 milioni 65.5 1896 milioni 91.9
1892 » 78.0 1897 » 103.4
1893 » 74.7 1898 » 114.0
1894 » 67.7 1899 » 142.3
Tra il primo ed il secondo quinquennio vi è una differenza di media esportazione note vole ; il primo dà 78 milioni di media, il secondo quinquennio dà 117 milioni.
Se decomponiamo quelle cifre complessive troviamo che le nostre vendite, riguardo alla categoria seta, alla Germania si limitano a tre voci principali : la seta tratta, i cascami, ed i tes
suti di seta colorati lisci.
La seta tratta semplice e quella addoppiata, che è la voce principale, hanno dato nel de-cennio :
Seta tratta Seta tratta
semplice addoppiata 1891 milioni 9.1 milioni 51.6 1892 » 9.0 » 64.3 1893 » 11.7 » 54.7 1894 » 8.6 » 53.8 1895 » 13.5 » 84.0 1896 » 20.9 » 65.3 1897 » 33.9 » 63.8 1898 » 40.7 » 66.1 1899 » 23.1 » 108.3 1900 » 40.8 » 80.1
È inutile far osservare l’aumento cospicuo specialmente della tratta semplice ; nel decennio la Germania comperò 212 milioni della nostra seta tratta semplice e 692 milioni della addop piata.
Nel 1900 la totale esportazione della nostra seta tratta semplice era di 168 milioni ; e di quella addoppiata 177 milioni. La Germania è per noi mercato di maggior vendita come appare dalle seguenti oifre del 1900:
Seta tratta semplice Svizzera 41 milioni Seta tratta addoppiata 70 milioni Germania 40 » 80 » Stati Uniti 34 » 9 » Francia 32 » 17 » Austria Ung. 10 » 3 »
Vengono poi i cascami di seta per circa 4 milioni, pure iu aumento ; ed i tessuti colorati
lisci, di cui la Germania comperò da noi per
circa 3 milioni nel 1900.
Poco c’ è da dire sulla 9“ categoria che com plessivamente oscilla tra un valore di 2 milioni e mezzo a 3 ; le radiche per spazzole la cui espor tazione non arriva però al milione; e le treccie
di paglia per cappelli che sebbene con oscillazioni
segnano un certo aumento, essendo nel 1900 a circa 780,000 lire.
Più misera ancora è la 10a categoria carta e
libri, che dà una esportazione nel 1900 di circa
600,000 lire.
Giunge a oltre 3 milioni e mezzo la cate goria delle pelli. Indichiamo: per mezzo milione le pelli fresche di bue e vacca ; per 200,000 lire le pelli di vitelli e capretti ; più cospicue le espor tazioni in Germania delle pelli di agnelli sempre crude ; tutte le altre voci della categoria non hanno importanza; solo notiamo le calzature, di cui la Germania compra per 600,000 lire.
Nulla di notevole nella categoria dei mine- vali e metalli, se si eccettua l ’argento in verghe
0 in polvere, la cui esportazione verso la Ger
mania fu molto oscillante, ma che è arrivata nel 1899 a due milioni e mezzo di lire; nel 1900 si limita a 1,206,000 lire.
La categoria 13“ è andata crescendo, specie negli ultimi anni, spingendosi da media di 3 milioni a 7.2 milioni.
Sono tra le voci più importanti : — il marmo
greggio per 855 mila lire; lo zolfo che ha dato
nel decennio in valore (migliaia di lire) : 1891 Lire 1,327 1896 Lire 1,407
1892 » 1,867 1897 » 2,198
1893 » 1,403 1898 » 3,080
1894 » 1,254 1899 » 3,082
1895 » 1,137 1900 » 3,361
Sono più numerose le voci di qualche im portanza nella 14a categoria,-la quale più inte ressa la agricoltura.
Nel 1900 esportammo in Germania quasi un milione di lire in patate ed è una voce che ha dato una esportazione per la Germania molto crescente negli ultimi quattro anni.
Gli aranci e limoni nel decennio diedero : 1891 Lire 617,000 1892 » 889,000 1893 » 1,000,000 1894 » 808,000 1895 » 1,813,000 1896 Lire 2,064,000 1897 » 1,811,000 1898 » 2,175,000 1899 » 2,355,000 1900 » 2,227,000 Pure notevole l’esportazione dell’ uva fresca, ne diamo qui il movimento per alcuni anni del decennio :
Uva fresca Uva fresca
1892 Lire 1,817,000 1898 Lire 2,387,000 1894 » 1,069,000 1900 » 1,551,000 1896 » 1,340,000
Esportiamo in Germania da 5 a 7 milioni di mandorle, un milione di noci e nocciuole, quasi un milione nel 1900 di panelle di noce, e circa 3 milioni di legumi e ortaggi freschi ; queste ultime due voci con notevole aumento nel decennio.
Il movimento del pollame vivo fu : 1891 Lire 2,157,000 1896 Lire 3,540,000
1892 » 2,699,000 1897 » 4,101,000
1893 » 2.962,000 1898 » 3,505,000
1894 -» 2,655,000 1899 » 3,814,000
1895 » 3,866,000 1900 » 3,252,000
E le uova di pollame diedero nel decennio 1891 Lire 3,809,000 1896 Lire 5,975,000
1892 » 4,480,000 1897 » 8,882,000
1893 » 6,131,000 1898 » 9',235,000
1894 » 6,103,000 1899 » 8,191,000
1895 » 5,884,000 1900 » 11,125,000 L ’ aumento costante di questa cospicui esportazione è evidente da queste cifre.
Notiamo che la nostra esportazione di uova
di pollame nel 1900 era di 50 milioni di lire di
cui 18 nella Gran Brettagna, 11 in Germania, 8 nella Svizzera, 5 nel Belgio, 3 in Francia, 2 nell’Austria Ungheria.
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Ed ecco ora il solito prospetto che riassume le categorie e le voci principali nei due anni 1892 e 1900 (in migliaia di lire) :
VOCI 1892 1900 (migliaia di lire) I ... Vino in botti . . Olio d ’ oliva . . . 5,990 6,437 12,824 3,300 1,828 3,909 I I ... .128 209 I l i ... 2,440 2,722 Tartaro... I V ... 1,268 1,1 CO 537 1,799 V ... 8,0(19 . . . 15,312 Canapa greggia Stoppa... V I ... .. 7,947 7,831 12,006 1,239 1,216 Cotone in bioccoli o in massa. . . . 7,119 588 V I I ... (108 2,719 V i l i ... 78,049 129,685
Seta tratta
sem-plico greggia. . 9,084 40,845 Id. d. addoppiata. 64,359 80,136 Cascami filati. . . Tessuti colorati 1,570 2,150 lisci... 1,055 3,158 Oggetti misti. .. 2,101 200 I X ... 1,308 . . . 3,792 X ... 387 009 X I ... Pelli crude di 2,470 3,750 a g n e lli... 1,383 1,512 X I I ... 325 3,011 X I I I ... 3,570 5,282 Z o lfo ... 1,867 1,407 X I V . . . ... Aranci, limoni e 12,385 22,308 c e d r i... 889 2,227 Uva fresca... 1,817 1,551 Erutta fresche. . 527 3,371 M andorle... 3,500 . . . 5,032 Noci e nocciole. 808 1,024
Semi non oliosi. 1,451 770
Legumi ortaggi . 1,237 3,104 X V ... 10,072 17,735
Porci oltre i20kg. 1,413 —
Pollame vivo. . . 2,699 3,252 Uova di pollame 4,480 11,125 X V I ... Oggetti da colle-1,055 1,029 3,264 zione moderni. 644
Riassumendo : erano nel 1892 ben 19 voci che oltrepassarono il milione di esportazione per la Germania, e di queste cinque superarono i cin que milioni ; nel 1900 troviamo pure 19 voci che superano il milione e di queste pure cinque su perarono i cinque milioni.
PER LA RIFORMA DEI DAZI FISCALI
(Vedi i numeri I486, 1436 e 1437 dell'Economista).Come si scorge dall' esame delle cifre, la quota per abitante del consumo di grano in Italia si mantiene pressoché costante, almeno fino a quando il prezzo non si elevi in modo straordi nario per contingenze speciali del raccolto mon diale. Durante l’ esercizio 1896-97 vi fu poco bisogno di grano estero : il che si spiega prin cipalmente con l’ abbondanza del raccolto indi geno nel 1896, il quale, per la prima volta, su però il mezzo centinaio di milioni di Ettolitri (51.180.000) e fu tale da integrare la quantità, disponibile per il consumo interno, la quale, nel precedente esercizio, era discesa al di sotto delle proporzioni normali.
Il reddito doganale (già depresso per la ec cezionale produzione indigena, la quale rese meno necessario il grano estero) diminuisce an cora nel 1897-98. Non ne fu causa la produ zione italiana, che anzi fu una delle piu scarse che siasi mai conosciuta ; ma la riduzione e successiva abolizione del dazio di confine (17 mag- gio-30 giugno 1898) imposto al Governo.
La quota di consumo non fu mai cosi bassa, essendo stata di soli 92 chili, mentre la più bassa che si incontra nel periodo considerato non scende sotto i 109 chili. Causa di questo feno menale restringimento del consumo del grano fu 1’ alto punto a cui giunsero e si mantennero i prezzi. Al rialzo di questi contribuirono : I o al- 1’ estero : la scarsità del raccolto mondiale ; la condizione speciale, nella quale si trovarono gli Stati Uniti d'America, che, avendo conseguito un raccolto esuberante di grano in confronto a quelli generalmente scarsi degli altri paesi, po terono imporsi ai mercati europei ; la colossale speculazione organizzata e per qualche tempo durata negli stessi Stati Uniti, per la quale in genti quantità di grano vennero concentrate in mani di pochi ; e le perturbazioni indirette del mercato causate dalla guerra ispano-americana 2° all’interno: tutte le nominate cause associate a una produzione pessima e alla speculazione sorta per sfruttare le speciali condizioni del paese. Le condizioni anormali dei raccolti del grano nel 1897 si possono rilevare dal seguente prospetto. (Vedi il prospetto num. 5).
Nel 1898-99 piccola quantità di grano è im portata dall’ estero, essendo stata copiosa la produzione interna. La quantità del grano per ogni abitante, rimasta a disposizione del consu mo, dall’ estremo livello di 92 kg. risale a 119; ma questa quota, pur superando parecchie del periodo preso ad esaminare, appare intrinseca mente molto debole quando si pensi alle propor zioni che avrebbe dovuto assumere dopo una quota così bassa come quella del 1897-1898.
*
* *
la diminuzione dei prezzi, la quale ha attutito gli effetti dell’ aumento del dazio. Si potrebbe a prima vista pensare che, non avendo il dazio fatto dimiuuir molto il consumo del grano di fronte agli altri prodotti, sia possibile, con utile dell’ Erario e senza danno dei consumatori, con servar la tariffa all’ altezza attuale.
Senonchè le condizioni 'degli odierni popoli civili non consentono un paragone tra il grano e gli altri prodotti fiscali, perchè per questi non esiste un livello minimo del consumo, che invece si riscontra in quello.
Nella scala dei bisogni ne troviamo alcuni, la cui intensità è tanto leggera che possono an che rimanere insoddisfatti: tali sono i bisogni di lusso, che contribuiscono a render più elevato e
di frumento e quante invece negli anni prece denti. (Vedi il prospetto N. 6).
E ’ certo che dal 1871 ad oggi sono aumen tati i salari nominali non solo, ma altresì i sa lari reali, perchè i prezzi sono diminuiti. Nel 1871 erano necessarie 183 ore di lavoro per guada gnarsi una somma uguale al prezzo di 100 chi logrammi di frumento: nel 1890 bastavano 92 ore. Nel 1898 il numero delle ore è risalito a 105 in relazione al rincaro dei prezzi del frumento, ma per acquistare un quintale di grano si richie deva un tempo molto minore che non nel 1871. Onde naturalmente il consumo del frumento avrebbe dovuto aumentare, e se questo fenomeno non si verificò, si deve semplicemente all’ altezza dei dazi. Pro spetto N. 5. A n n i R u s s ia F r a n c ia ¿r a P ’ti -t-0 co p *3 .5 ’3
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f-4 © $ S p a g n a I t a li a I n g h il te r r a R u m e n ia B u lg a r ia S ta ti U n it i C a n a d á A r g e n t in a I n d ia P ro d u z io n e m o n d ia le M I L I O I V I D I f f i T 1 O L I T 1 4 I 1891 45 77 57 30 25 50 26 » » 228 22 14 75 da 700 a 800 1892 78 110 69 40 26 41 22 » » 192 19 21 96 * 730 * 850 1898 119 98 66 39 31 48 18 21 13 147 16 33 90 » 775 890 1894 114 122 69 39 39 43 22 15 13 171 17 22 ■ 84 » 925 » 945 1895 123 120 69 86 29 41 13 24 15 174 21 19 74 * 875 » 900 1896 126 120 64 39 25 51 21 25 16 159 14 10 90 » 790 * 870 1897 108 87 46 39 30 31 20 13 11 222 22 19 87 » 755 •» 810più fino il godimento della vita materiale e pei quali non esiste un minimum di soddisfazione. Se scendiamo un poco, troviamo i bisogni di esi stenza, i quali, secondo la loro importanza fisio logica e sociale possono esigere una pronta e necessaria soddisfazione o no. Il consumo dei prodotti necessari alla soddisfazione dei primi, presenta un minimum sotto il quale non si può andare senza rinunziare all’ esistenza; il consumo invece dei prodotti necessari ai secondi non ha un livello fisso, perchè, servendo questi ad ele vare le condizioni di vita dell’ uomo, variano con esse e sono quindi suscettibili di abbassamento. Il fenomeno adunque del grano non va trattato alla stessa stregua di quello del petrolio e molto meno dello zucchero, del caffè, dello spirito, per chè il livello minimo del consumo di questi, quali beni di secondo o terzo grado, non si può determinare. Perciò il constatare che il consumo medio e più minimo del grano è invariato, non può suggerire una conservazione del dazio, ma potrà farci lamentare cheil consumo nonsia aumen tato. Infatti quando si pensi che le mercedi de gli operai oggi sono molto superiori da quelle che erano venti o venticinque anni fa, si ricono scerà che lo stato del consumo dovrebbe essere ben diverso da quello che attualmente abbiamo constatato. La seguente tabella indica quante ore di lavoro sieno oggi necessarie per un quintale
Adunque il constatare che il consumo del grano si sia conservato in uno stesso livello, non significa che il dazio sia ben applicato, giacché con altri segni, diversi da quello della contra zione del consumo inferiore al minimum, ci si ri vela lo stato di saturazione cui si è giunti : non è lungo tempo che col sangue degli affamati ci ammonì la Sicilia che è ora di finirla, e il Set tentrione non meno che il Mezzogiorno d’ Italia parlarono con voce di dolore. Sarebbe un delitto continuare per quella via che s’ è intrapresa, de litto perchè si andrebbe a colpire direttamente i figli del lavoro, quelli che mentre sono gravati in modo enorme nei loro salari, cioè nell’ unica loro risorsa, contribuiscono però nella misura re lativamente massima alle spese dello Stato. Sono infatti le imposte indirette di consumo quelle che oggi, per effetto dello svolgimento storico e per la noncuranza dei governanti, i quali hanno a larga misura abusato della loro bella caratteri stica di esser pagate all’ insaputa del contribuente rappresentano la parte massima delle entrate dello Stato.
24 novembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A 731
cosi da raggiungere la proporzione media di 45 circa per 100. Invece le rimanenti entrate, cbe negli anni solari 1882 e 1883 rappresentavano scarsamente il 60 per 100 delle totali, discesero ad una media di 55 per 100.
Devesi adunque alle imposte sui consumi se l’ amministrazione dello Stato ha potuto inscrivere nei propri bilanci cifre sempre più notevoli. E non poteva esser diversamente, dal momento che, invece di pensare a costituire su basi durevoli un solido sistema tributario, a quella fonte si ri corse tutte le volte che fu necessario di trovar sollievo a deficienze del bilancio, che sembrano passeggere e sono invece oramai croniche. E che si sia giunti ad uno stato di depressione fenome nale lo si rileva facilmente, solo che si confronti le entrate gabellarie previste con quelle accer ta te: mentre sino al 1885-1886 avevano superato — e anche notevolmente — le previsioni, in tutti gli esercizi successivi, non solo non pervennero ad uguagliarle, ma vi rimasero al di sotto per
cifre talvolta ragguardevoli. Il che, se può avere altre cause occasionali, dipende senza dubbio dal fatto che a tale fonte non si può più attingere in misura maggiore.
E qui facciam fine ritornando al principio da cui siamo partiti, che cioè, se di nuovi milioni la finanza italiana avrà bisogno, non è dai dazi sul grano che potrà ritr&rli. Che se ciò avverrà, 1’ economia pubblica, percossa ogni momento pro prio nel punto più debole, dove minore dovrebbe essere la pressione, non arriverà mai ad adagiarsi in uno stato di quiete, ad avviarsi verso una vera e progressiva rigenerazione. Gli altri prodotti fiscali forse sarebbero in grado di sopportare nna maggiore pressione sotto certe condizioni: il male sarebbe minore: invece nei riguardi del grano, lungi dal rallegrarci che il consumo non sia di minuito, dobbiamo dolerci che non sia potuto au mentare, e studiare quindi i mezzi che ci aprino una via diversa, quella via, che conduce alla abo lizione della tassa sulla fame.
Prospetto N. 6.
Confronto tra le mercedi medie e il prezzo medio del frumento e calcolo del numero delle ore di lavoro occorrenti per guadagnare una somma equivalente al prezzo di 100 chilogrammi di frumento.
A n n o M erced i p e r o g n i o r a di l a v o r o P r e z z i m ed i d i un q u in ta le d i fru m en to O re d i la v o r o n ecessa rie p e r com p ra re un qu in ta le d i f r u m e n t o A n n o M erced i p e r o g n i ora di l a v o r o P r e z z i m e d i di u n q u in ta le d i fru m en to Ore di la v o ro n ecessa rie per com p ra re un qu in ta le di fru m en to
Lire Lire Lire Lire Lire Lire
1871 1.71 31.36 183 1890 2.53 23.29 92 1878 1.83 36.96 202 1891 2.51 25.29 101 1876 1.99 29.49 148 1892 2.50 24.81 99 1880 2.21 32.99 149 1893 2.50 25.53 86 1882 2.26 26.24 116 1894 2.52 19.22 73 1884 2.82 22.29 96 1895 2.52 20.77 82 1886 2.37 22. 06 93 1896 2.54 22.56 89 1888 2.42 22.17 92 1897 2.55 26.00 102 1889 2.47 23.59 95 1898 2.58 27. 01 105 (fine). Lu i g i Ni n a.
(Rivista (Economica
Il collocamento degli operai. — Il debito pubblico del- V Inghilterra. — La concorrenza dei carboni ameri cani ai carboni inglesi. — La Cassa Nazionale per la vecchiaia degli operai.
11 collocamento degli operai. — Una delle istituzioni più provvide ed efficaci per gli operai e senza dubbio quella che ha per scopo di collocarli. L’ aumento di qualche centesimo nelle mercedi, la diminuzione di qualche mezz’ ora nella giornata di lavoro, sono tutti vantaggi più o meno insensibili, li’ essenziale per un operaio di qualunque ramo sta nella continuità del lavoro che gli assicura 1’ esi stenza tranquilla della famiglia. . .
Ora vediamo un po’ , mentre da noi fioriscono le Camere di lavoro, intese più che altro ad organiz zare o dirigere gli scioperi, come nella piu grande democrazia del mondo, come negli Stati Uniti si sia provveduto in modo semplice e pratico a questo pre cipuo bisogno delle classi operaie.
In 12 Stati del Nord-America esistono agenzie private di collocamento, soggette a speciali disposi zioni di legge ; ma nonostante queste speciali dispo sizioni si è riconosciuta la necessità di sottrarre le classi operaie a siffatte agenzie organizzate natural mente a scopo di lucro, creando pubblici uffici di collocamento.
Fu lo Stato dell’ Ohio che tracciò il principio di tali uffici, votando nel 1890 una legge, che ordinava di istituire in ognuna delle cinque principali città dello Stato un pubblico ufficio gratuito di colloca mento.
Nel 1896 lo Stato di New-York approvava a sua volta una legge che organizzava un simile ufficio nella grande città.
Seguì lo Stato di Nebraska con lègge del 1897 e ora tutti gli Stati dell’ Unione hanno istituito gli uf fici gratuiti di collocamento.
Il sistema adottato dall’Illinois per 1’ istituzione di siffatti uffici à il più completo, epperò riassumiamo le disposizioni della legge che regola questa materia.
Il Governatore nomina un sopraintendente, un assistente ed un segretario per ciascun ufficio, con lo stipendio rispettivamente di 1200, 900 e 800 dol lari all’anno. Tali somme e quelle d’impianto e man tenimento degli uffici sono pagata coi fondi forniti dall’ erario dello Stato.
11 sopraintendente di ciascun ufficio deve rice vere e registrare in appositi libri il nome, l’indirizzo e la natura dell’impiego o dell’assistenza, desiderati da chi domanda impiego od assistenza.
-La legge impone al sopraintendente di mettersi in relazione con i principali industriali, commer cianti e padroni, e di assicurarsi la loro costante cooperazione.
Ogni soprintendente può anche spendere fino a 400 dollari all’ anno in avvisi pei giornali locali.
La legge fa pure obbligo a tutti gli ispettori delle industrie e delle miniere di fare il possibile per agevolare il collocamento dei disoccupati.
Essi devono far sapere immediatamente al so printendente dell’ ufficio di collocamento gratuito qualunque opportunità d’impiego sia venuta a loro cognizione, indicare la nutura del lavoro, la causa della scarsezza di braccia ed assicurare in ogni modo possibile agli uffici di collocamento la coo perazione dei padroni delle fattorie e delle mi niere.
L ’ opera di questi uffici è assolutamente gratuita. Nessuna tassa o compenso può essere imposto, nè direttamente, nè indirettamente.
Il contegno di un ufficio di collocamento in casi di scioperi è quello della neutralità, nel senso che durante lo sciopero non è resa ostensibile la lista di coloro che domandano lavoro alle fabbriche chiu se, che possono del resto provvedersi del personale come meglio credono.
Era le istituzioni che si vanno studiando e svol gendo nell’ interesse delle classi operaie, questa è di notevole vantaggio, anche perchè mette di fronte e bilancia la domanda e l’ offerta di lavoro. Questa, se così si può chiamare, mediazione del lavoro, non è del resto nuova, senonchè, a cagione della spe ciale costituzione del lavoro e della diversa im portanza economica di altri tempi, scarso era in al lora il bisogno di provvedere con organi propri a tale funzione.
La mediazione del lavoro, invece, diventò im portante nella seconda metà del secolo X IX allor ché, conquistata la libertà industriale, con rapida vicenda si sono trasformate le industrie e andò di minuendo quella certa stabilità di lavoro, nella quale si trovavano gli operai delle antiche corpo- razioni.
Di qui la disoccupazione di masse di lavoratori, specialmente industriali, e la necessità di una nuova legislazione, di cui la legge americana, sopra rias sunta, è il saggio schematico più semplice e più perfetto.
È certo che l’ on. Zanardelli, il quale sta stu diando la nuova legislazione del lavoro terrà conto di questo sistema che ci sembra il più pratico.
Tale disposizione è stata presa per non interve nire nei conflitti fra capitale e mano d’ opera, a be neficio di una delle due parti contendenti : essendo massima assoluta del Governo americano di aste nersi da qualunque intromissione nel campo libero della concorrenza e del lavoro.
Affinchè il lavoro dei diversi uffici di collocamento possa procedere in modo uniforme o sia organica- mente centralizzato, ogni soprintendente deve rife rire ciascuna settimana all’ ufficio governativo di statistica del lavoro, il numero di coloro che hanno chiesto occupazione, il numero delle domande non soddisfatte, il numero dei posti desiderati e quello delle persone che occorrono per ogni industria od occupazione — e il numero e la natura dei posti occupati durante la settimana.
L ’ufficio governativo di statistica del lavoro, ri cevute queste liste, fa stampare le informazioni così raccolte da ciascun ufficio, e ne spedisce due copie ad ogni soprintendente, il quale ne tiene una per sè e l’altra la affigge nei locali di ufficio. Copie di tali informazioni sono pure spedite ad ogni ispet tore delle industrie e delle miniere.
Oltre questi rapporti settimanali, ciascun soprin tendente deve fare una relazione annuale all’ ufficio governativo di statistica, dimostrando il lavoro
com-________________________________________
piuto dall’ ufficio di collocamento e le spese so stenute.
Queste relazioni sono pubblicate ogni anno dal l’ ufficio centrale, raccolte in volume.
Il debito pubblico dell’ Inghilterra. —
Dalla relazione annuale testé pubblicata sulla situa zione del debito pubblico inglese, che comprende il lungo periodo dall’ esercizio 1825-36 al 1900-901, to gliamo alcuni dati interessanti che tracciano, si può dire, la storia finanziaria dell’ Inghilterra negli ul timi 65 anni.
Per quanto riguarda il periodo 1863-881, basterà dire che il debito pubblico inglese era stato ricon dotto (eccettuati i prestiti locali) da 816,385,000 lire sterline a 745,259,000, con una diminuzione cioè di 71.126.000 lire sterline, nella proporzione di 4 mi lioni all’ anno.
Durante gli anni che seguirono, l’ ammortamento funzionò attivamente. Da 745,259,000 lire sterline alla fine del 1881 il debito scese a 685,954,000,^ in un de cennio, alla fine del 1891, con una diminuzione di 59.305.000 lire sterline, ossia 6 milioni circa all’anno. Questa proporzione della discesa restò costante fino alla fine del 1898, alla quale data 1’ ammontare complessivo del debito era di lire sterline 638,266,000. Tuttavia durante questo periodo dei nuovi debiti per la guerra e per Ja marina furono contratti an nualmente. Nel 1899 1’ ammontare del capitale rim borsato per ammortamento fu relativamente scarso ; non fu cioè che di 3,250,000 lire sterline e ciò perchè 2 1|2 milioni circa del fondo di ammortamento furono impiegati per provvedere alle spese di nuovi servizi del governo a Londra.
Pertanto, nel 1900, il Cancelliere dello Scacchiere, sotto pretesto che il Debito veniva ammortizzato troppo rapidamente, pose mano al fondo di ammor tamento e lo ridusse di due milioni di lire all’ anno. Qualche mese più tardi, l ’ inizio della guerra sud africana lo costrinse ad arrestare completamente il funzionamento del detto fondo di ammortamento e a prenderne in prestito una somma considerevole per cuoprire le spese della campagna.
Busultato di ciò fu che il debito passò da635,040,000 lire sterliue a 639,165,000 e nei primi mesi del 1901 salì a 705,724,000 lire sterline. Sotto 1’ influenza poi dei prestiti votati per la guerra, il debito è aumentato, durante l’ esercizio ora in corso, di 65 milioni di lire sterline di modo che al 31 marzo p. v., cioè.alla fine; dell’ esercizio 1901-902, l’ammontare del debito inglese sarà di 770 milioni di lire sterline ; somma questa che supera di 25 milioni circa quella che risultava alla fine del 1881 ed è di soli 14 milioni inferiore a quella del 1871.
Cosi, in poco più di 2 anni e mezzo, 1’ aumento del debito avrà quasi annientato le riduzioni fatte nei 30 anni precedenti e quando la pace sarà ristabi lita sarà ben difficile al governo inglese di ripren dere il lavoro di riduzione in una proporzione più rapida di quella seguita precedentemente.
La concorrenza dei carboni americani ai carboni inglesi. — La questione della concor renza dei carboni americani continua a dare luogo ad una controversia delle più animate e i pareri sono, in proposito, più differenti che mai.
Da una parte l’ Iron and Goal Trades Review do manda intorno a ciò che è divenuta tale concorrenza di fronte ai costi attuali dei noli da Cardiff verso i soli punti minacciati dai carboni americani, il Me diterraneo e il Baltico. Alla quale domanda il Mo niteur des intérêts matériels risponde di sapere che da quattro, o . cinque settimane furono trattate circa 200.000 tonnellate di carboni americani pel Mediter raneo e che due « steamers » sono stati noleggiati a Filadelfia per trasportarle in Europa. D’altra parte, il Fairplay del 3 corrente, scrivere quanto segue :
« Si possono, ora acquistare carboni americani a 8 se. alla tonn. resi franco bordo ai porti degli Stati Uniti situati sull’ Atìantico, e, come il nolo di questi porti pel Mediterraneo è disceso a 9 se. questi carboni costano da 17 a 18 se. cif., mentre i carboni di Cardiff si vendono a questo stesso prezzo franco bordo e il nolo e 1’ assicurazione debbono essere ag giunti, ciò che porta il prezzo cif. a 23 se. circa, ossia a 5 se. al disopra del prezzo del combustibile americano.
no-24 novembre 1901 L ’ E C O N O M IS T A 733
leggiatori non potranno continuare a trasportare carbone dagli Stati Uniti fino ai porti del Mediter raneo per 9 se., ma tale differenza di 5 se. permet terebbe ai noli americani di giungere a 14 se. prima di sopprimere la concorrenza americana.
« D’ altra parte, se i noli, aumentassero sino a 14 se. per gli Stati Uniti, non è certo se restereb bero a 5 se. 6 d. per Cardiff e se il nolo rialzasse, per esempio, a 9 se. per Cardiff, i carboni americani avrebbero ancora un vantaggio di 2 se. 6 d. per tonn.
« Ciò che da tutto questo risulta è che il carbone costa ancora troppo caro a Cardiff e che i salari non possono restarvi, come sono ora, a 70°/o ai 4' sopra della media dei dieci anni, che precedettero l’ ultimo boom. A provarlo si ha la circolare ultimamente pub blicata da uno dei principali noleggiatori del Paese di Galles nella quale si offrono da Filadelfia alla Rochelle, all’ Havre. Bordeaux e Marsiglia 25,000 tonn. nei dodici prossimi mesi. »
Il Moniteur des intérêts matériels soggiunge ancora — e questo merita rilievo — che nella discussione dei prezzi dei carboni inglesi ed americani, la que stione della qualità del combustibile è lasciata sin golarmente nell’ ombra e che un nolo di 9 se. deve certamente costituire i noleggiatori degli Stati Uniti in perdita a meno che non abbiano un scolo dì ri torno eccezionale ; ma a 5 se. ü d. pel Cardiff i pro- rìetari di « steamers » non debbono, essi pure, fare rillanti affari.
La Cassa Nazionale per la vecchiaia degli operai. — L’ on. Luzzatti, giorni sono, a Co- negliario, ha pronunciato un discorso davanti a que gli operai.
Cominciando, egli si allieta dell’ iniziativa sorta a Conegliano per la costruzione di case popolari e riassume il suo discorso di Lodi che congiunge l’ ac quisto della casetta colla assicurazione sulla vita
Qui fra tanta folla, fra tanto popolo vero, par lerà dello statò della Cassa nazionale per la vec chiaia agli operai e sul modo di accrescerne la dote.
È la più democratica, sana e santa istituzione sorta in Italia a favore del popolo.
Quando, sotto il Ministero Rudinl, la promosse insieme a Guicciardini, ministro del commercio e benemerito di questa istituzione, il Ministro del te soro fu largo di assegni, ma sapeva, come sapevano Guicciardini e Carcano, lo strenuo relatore di que sta legge, che crescendo il numero degli assicurati bisognava cercare altri mezzi.
Se l’ entrata della Cassa fosse tale da permet terle di dare otto ovvero dieci lire all’ anno ad ogni iscritto, ogni operaio versando fino dai 25 anni una lira al mese liquiderebbe a 115 anni una lira al gior no, il che vuol dire che, se si potesse riuscire fin da oggi per tutti gli operai raggiungenti 1’ età di 25 anni a mettere da parte una lira al mese, fra 40 anni non vi sarebbero più vecchi miseri.
È questo ideale a cui dobbiamo convergere ; quindi bisogna accrescere il patrimonio della Cassa, perchè possa offrire il concorso da tì a 10 lire, pio- niamo 8 lire all’ anno. Oggidì la cassa ha un patri monio poco più di 12 milioni. Colle nuove risorse al decimo anno dalla sua fondazione 1’ entrata della Cassa sarà di poco superiore a tre milioni annui che basterebbero a dare una assegnazione di dieci lire all’ anno a 300 mila operai inscritti, oppure, ndu- cendo le assegnazioni a solo sei lire, a 500 mila ope rai inscritti. Bisogna crescere 1’ entrata di tre mi lioni annui subito, ciocche permetterà fra 10 anni di dare un concorso di circa otto lire ad un milione di operai iscritti.
Ebbe sempre cure che per la Cassa nazionale, e per nessun’ altra istituzione sociale, intacchisi il pa
reggio del bilancio dello Stato, i cui benefici si sen tono particolarmente da coloro che lavorano. Ma poiché la Santa Sede continua a rifiutare la dota zione annua di oltre tre milioni iscritta regolar mente nel bilancio, che si prescrive per un quin quennio per legge comune, pare a lui che sino al giorno in cui la cattedra apostolica domandi la ri scossione, questo appannaggio non debba andare a beneficio del bilancio, che non ne ha piu bisogno.
È più rispondente ai santi fini di osso che per due milioni e mezzo si volga ad accrescere la dote
della Cassa pensioni per gjli operai ed il resto si as segni in aiuto al clero più povero.
È lecito sperare ne esulti 1’ animo buono e ve nerato del Pontefice che, non volendo riscuotere ap pannaggi dovutigli, gioirà pensando alle benedizioni di tanti vecchi che per tal modo otterranno una maggior pensione.
L’ oratore non si dissimula la gravità di questa proposta, ma è pronto a difenderla sotto tutti gli
aspetti. *
L’ oratore indica anche alcuni minori cespiti e termina dicendo che i popoli hanno le istituzioni sociali che si meritano e che l’ Italia non può la sciare intiSichire la Cassa nazionale pei vecchi ope rai, che rappresenta uno dei grandi doveri della pa tria verso i veterani del lavoro.
LE IDEE DELL’ on. WOLLEMBORG
sulla riforma tributaria.
La Nuova Antologia del 15 novembre pubblica un articolo dell’on. Leone Wollemborg sul suo disegno di riforma tributaria.
L’ on. Wollemborg, riassunti per sommi capi i punti principali della riforma finanziaria da lui pro posta quando era ministro delle finanze, ricorda che tale riforma mirava ad una trasformazione e ad un riordinamento dei sistemi finanziari dello Stato e locali, fondati sullo sviluppo delle forme superiori dell’imposta, in sostituzione di quelle più empiriche antidemocratiche e antieconomiche ; e sulla indipen denza tributaria dei Comuni con una razionale at tribuzione distinta di cespiti tra essi e lo Stato.
Passa in seguito a dimostrare che le imposte personali convengono allo Stato e le imposte reali ai Comuni e cita, in sostegno della sua tesi, la ri forma prussiana del 1893, escogitata dal ministro Miquel.
L’ on. Wollemborg propone la cessione ai Co muni dell’imposta fondiaria erariale, per la quale le imposte fabbricati e terreni diventerebbero esclusi vamente locali.
La perequazione secondo l’ on. Wollemborg, non è attuabile se non nell’ ambito ristretto dei Comuni.
Accennata la opportunità di creare un fondo collettivo,, autonomo, per provvedere agli abbuoni d’ imposta fondiaria per infortuni, tratta della finanza pagata provinciale.
Riguardo all’ imposta mobiliare, l’ on. Wollem borg, propone una divisione dell’attuale imposta di ricchezza mobile. Lo Stato seguirebbe a percepire l’imposta dell’intere categorie A 1 è A 2 (Capitali) non ché quella B per quanto riguarda Società anonima ed Enti morali e invece cesserebbe di percepire quella dai privati delle categorie B, C e D.
In compenso ai Comuni verrebbe data una fa coltà d’imposizione corrispondente, a mezzo di cin que imposte dirette reali: terreni, fabbricati, eser cizi industriali e commerciali, esercizi professionali, stipendi e pensioni.
Il beneficio di tale trasformazione sarebbe co stituito, per il contribuente, dalla necessaria mi gliore ripartizione delle imposte, che farebbero i Comuni ; mentre rimarrebbe integro il provento to tale delle imposte medesime, senz’alcun aumento del carico esistente.
L’ on. Wollemborg prova di quante e quali ga ranzie sarebbero assistiti gl’interessi dei Comuni e quelli di tutte le classi dei contribuenti e spiega la facilità del passaggio dal regime attuale a quello che propone.
Relativamente all’ abolizione dei dazi di con sumo, che è urlo dei fini della riforma, 1’ on. W ol lemborg dimostra la impossibilità finanziaria di astenersi da ogni imposizione sui consumi.