NELL’OCCASIONE
DELLE FAUSTISSIME NOZZE
PIO VENE -SARTORI
"{t/a
</ un amica
2Ulo Sposo
PADOVA
COI TIM DI A. BIANCHI
Settembre 1854
A
FELICE \0B. PIOVERE
IL SUO
FEDELE GIUSEPPE L1MPEETIC0
ÌVom so se
giammai
in altricome
in noidue
avverossi cosìpienamente
quella nota espressione diOrazio a Mecenate:
i nostri
unanimi
- fuor di ogniesempio
-
Astri consentono
(Gargallo). La
fortu-maestri medesimi
, ecco che vuolecompie-
reintieramente
larassomiglianza
del no- stro vivere e de’ nostri instiluti,facendo
che tu giovane ti leghi inmatrimonio
nel-f anno medesimo
, in cui iomi
legai.A
me non rimane
checongratularmi
tecovivissimamente
, emeco rallegrarmi
di avereun amico,
di cui sottoogni
aspet-lo
devo compiacermi;
se è veroche
so-miglianza
di siiidj e di opinioni è fon-damento a vera
eferma
amicizia.Della
quale tido
publicosegno
, presentandoti
due a me Za
-
Sposa:
che se Ellapur
volesserimprove- rarmi
del noti offrirle nulla dimio
, pre- gala di osservare,
come
quei versiparlino
diimpressioni
sentileda me
incompa- gnia
del poeta; ed Ellaamerà pure
ve- derleadorne
diuna
veste, di cui io cer-tamente non
potea loro far dono.Conser- vami Cantico amore
e vivi felice.DigitizedbyGoogle
POSSAGNO ED IL LARIO
jaaaaaaa
DI
UNA GITA A BASSANO E POSSAGNO
MEMORIE
DI
UNA GITA
ABASSiNO
EPOSS AGNO
A
FEDELE GIUSEPPE LAS1PERTICO
(1849)
Sempre
gioconde le populee riveMi
fur delBrenta; ma
quel cielo azzurro,Que’
lenti clivi e l’orridamontagna, Donde sonando
si divalla ilfiume
Ad
innaffiar giardini e di operose Mille officine a volgere le rote, Agli occhi miei spettacolo piùvago Mai non
offrirche quando,
o dolceAmico, Teco
mirarlimi
fu dato.Amore,
Che
di tedolcemente mi
ragionaDa’
tuoi primi anni, d’inusata luceBassano
alguardo mi
veslia,Bassano
Di
poeti nutricee
di pittori.Dai
tarlativolumi
e dal noiosoDe’
retoriclamor
l’ingenuo
sensoMal
siapprende
del Bello, omio
Fedele.Nel
vastogrembo
di natura, all’ombra Di
vetusta foresta, olungo un
rioPer erma
vallemormorante
ei posa Cinto di arcane tenebre; elampeggia In
tele, inmarmi
all’anime
gentili.Perocché
lieve la celeste Idea,Siccome sogno che
al matlin si obblia,Dilegua
inavvertita,ove
allementi
Non
ridaadorna
dicorporee
forme.Giusto fu
dunque
il bel desio,che
noi Fervidiamanti
di Beltadeaddusse
A
visitarPossagno
e le ridenti Ville dell’alpeseminate
al piede;Ove
gioie sì candidegustammo,
Che ancor
l’innamorala alma
le sente.Come
ospite cortese in sulla soglia Fassi giulivo a vecchi amici incontro, Dietro ilgran
ponte in sulcammin
primieraDigitizedbyGoogle
Slava ad accorci la gentil Bassano.
O
delle Grazie e delleMuse
albergo,Avventurosa
terra!E
chimai
videLa
letizia de’ tuoi limpidi soli,E
la quieteche
il ceruleo vesproSpande
sui colli e sulle vecchie torri,Onde
il fianco hai munito, enon
intese Soavissimi fremili nelcore?
Oh, son pur vaghe
le tue notti!Ed
io,De’
montanini zefiri allo spiroLungo
ilBrenta movendo,
arcani suoni Uscir da’ salci udia: di ViltorelliEra
la lira,che
allabianca luna
Ripelea l’inno ed alla notteazzurra.
Bella
Bassano! E
di perpetuo sertoAndrai superba; chè
in età di leveE
di argani sol vaga, alle arti apristi Splendido ostello e de’ tuoi figli alnome.
Slupor mi
prese e riverenza al core,Quando
in attiche sale accolte io vidiDe’
tuoiDa-ponle
le parlanti tele;
—
16—
Quando
infinitemi
ferir Iosguardo
Fantasie di natura, e stalattitiE
cristalli e piriti e rocce e lave,Di
secolo canuto ultimi avanzi;E
fronde io scorsi e chiocciole e conchiglie Già rivestite del rigor del sasso,E
vertebre di pesci: inclite spoglie.Che
alle convalli subalpine, ai gioghiDel
ventosoApennin Brocchi
rapiva, Dell’itala SofiaBrocchi
sospiro.Ahi
sventurato!E mentre
in sulle porle Dell’oscuro deserto allaNatura,
Che
ti fuggiva innanzi, il fluttuanteVelo
afferravi, degl’immiti soliTu
vittima cadevi, e co’ natantiOcchi
il bel cielo diBassan
cercavi.E
chinon
loama, ancor che
nato altrove,Questo
d’Italia bella angol ridente?Per monti
e valli, quanti il solne
scalda Dall’Ecla ardente alCaucaso
nevoso, Concittadinoamor
erra, e di pianteDigitizedbyGoogle
E
di fior fa tesoro adingemmarne
Botanico giardin. Mille al pensiero
D’
ignotimondi immagini
ridentiMi
balenaro, allorche
sulmio capo Stormir
l’arbore lidia,che
sulmeriggio Protegge
alnudo Americano
i sonni;E mandar
puri incensi allemie
nari Sentiva il fior,che
all’ indiche fanciulleSuol
cingere lachioma,
o co’pomposi
Petali rallegrar gli
ermi
dirupiDelFImalaia
e della Piata ilmargo.
O
corsi tempi! o delle sortiumane
Tenebrosa
vicenda!E
qui nel risoDi
questo cielo, inmezzo
ai fiori impressaDi
efferata tirannide stal’orma,
Che
di foschi pensier l’alma contrista.Vedi, Fedel, quel colle e quell’antica
Cadente
Le
pupille ei torcea sulla pianura Sottoposta, e calava orrido diarmi
Alle
pugne;
e nelsangue
e nellefiamme
Gli occhi figgeva orribilmente allegri.
È fama
ancor,che quando
amezza
notteEscon
gli spirti, e pallida la lunaFra
le nubi viaggia,un suon
di brandi,E
di tubeun
clangor la sconsolata Solitudine introni; a cui simesce
Delle rapile vergini illamento Fra
l’ulular delle accorrenti madri,E
de’ trafitti giovanetti il pianto.Foggiani,
fuggiam l’abbominanda
terra,Candido Amico.
II raggio mattutino,Che
i casolariimporpora
pendenti Dall’erettamontagna,
e desta al cantoLa
cingallegra, al belcammin ne
invita.Mira qua
e là per laverzura immensa Sparse
le ville biancheggiar; eBorso
E
sant’Jlaria, e quel, che l’arduo ponte Sulle rupi curvò,Crespan
solingo,DigitizedbyGoogle
Che
fra scuri burroni e valliorrende
Elegante tempietto apre aMaria Guardiana
dell'alpe; e di bei soli,E
di limpide fonti e di quieteII Pio conforta,
che
ilmaterno grembo
Coll’italico Fidia
ebbe comune.
Sacra
è la terrache
calchiamo, sacra,Fedel,
quest’aura, e le convalli e i poggiChe Possagno
coronano. FanciulloAl cupo
rezzo de’ castagni antichiQui
si assideaCanova,
desioseLe man tendendo
allaNatura;
e bella,Come
la vide l’Angiolo diUrbino,
Si svelavaNatura
al giovinetto.Qui canuto
rediva incompagnia
Delle Arti adulte, e splendido delubro.
Invidiato all’
Arno
ed all’Olona,0 mole
Salve! Stridendo la folgore acula
Torce
altrove il suo volo, e s’innabissa Delle valli a destar l’eco profonda.E
tu, miticaDea, che
dall’OlimpoE
da’ lauri vocali di Elicona Impaurita all’ululo fuggistiDelle nordiche larve, ospite asilo
A’
vaganti tuoiNumi
ed alleMuse
Trovasti di quel
Grande appo
lacuna
Su
questo colle.Di
suaman
fatica, I modelli qui stan degli spirantiMarmorei
simulacri, ond’ei le reggieOrnò
diEuropa. 0 mio
dolcecompagno!
Quanto
popol di Eroi,quanto
di Ninfe,I lavacri d’IIisso
abbandonando,
V
itale rivead
abitarsen venne!
Vedi
la giovaneltaEbe,
leggiadraDel
nettare ministra,che
diOlimpo Scende
veloce; lascivettaun’aura La
veste addietro le respinge, e svela Dellemembra
divine ogni contorno.DigitizedbyGoogle
Vedi
la Ninfa,che
sorpresa albagno
I bei veli raccoglie, e si rilira
Paurosa
guatando.Ecco
le Grazie,Che
le braccia conserlc in dolceamplesso Disegnano
sui fior lente carole.Su’ nivei lini posa Cilerea,
Velando
gli occhi;Amor
tocca la cetraSoavemente
e le lusinga i sonni.Sorgi, candida
Dea,
sorgi e co’ baciSpegni
le truculente ire diMarte:
Assai di
sangue
il suol giàbebbe;
assaiSparser
ne’ freddi talami di piantoTenere
spose.Di
gentili affettiMaestro
èAmore, che
di Psiche al colloII destro braccio avvolge, e la farfalla
Nata
del cielo a trasvolar pe’ fioriSulla
palma
le posa. In allo scoteLa
Danzatrice i crotali sonanti,E chiama
a pace ed a letizia ilmondo.
E
tuTardor
delle battaglie indarnoSpiri da’ folgoranti occhi, o de’
Franchi
— 22 —
Invitto Condoltier.
Pensosa Europa
Lo
scoglio addita inmezzo
almar
remolo,Ove
il tuo sol si ascose; incertaancora
Se danno
ilsuo
sparir fosse o ventura.Più generoso
Eltòr,che
dalle bracciaDi Andromaca
si scioglie e stringeilbrando Per
la patria cadente incontro al truceTelamonio;
e di lauroanco
più belloVa
cinto ilFabio
american,che
calca Col piè la spada e sul papiro eternoSegna
libere leggi alNovo Mondo.
Ma
della terragP
infiniti guai,Chino
i ginocchi e leman
giunte, al CieloNarra
ilgran
Sesto.Nel
diffuso a tergoAureo paludamento,
e nella fronteDi
pietade atteggiata e di speranza,Maestosa
diDio Paura
sfavilla.Finché
del Bello negliumani
coriSpenta, Fedel,
non
è lafiamma,
alPurna,Che
racchiude il Divin, pianto ecorone Tribuleran
le genti, e la favillaDigitizedbyGoogle
Ne
trarranno, che eternaanima
infondeAI
pensiero mortai.Mesto
rimiriL’italo
Genio
chi laman
profanaStese il lauro a sfrondar,
che
unicoavanza Ai
nostri Grandi, e inverecondo a’mani Di Canova
insultò! Francia sorrida,E
sorridaÀlhion
diun
vii livore Alla stizzaimpotente; ma
sugli occhiItalia
vergognando
abbassi il velo;Italia
che
de’ suoi figli si lagna,Più che
quellenon
fan de’ figli altrui.DI
UNA GITA SUL LAGO DI COMO
DigitizedbyGoogle
MEMORIE
1)1
Ili GITA SUL LAGO
DICOMO
ALLO STESSO
(1854)
Oh!
se potessi, qua! Iosogna
il core,Eleggermi un
ostello,ove
nascosoA’
biechi di fortuna occhi veglientiTrar
sereni i miei dì;non TApcnnino,
Nè
le Alpi varcherei, candidoAmico,
Incerto delcammin; ma
sulle rive Dilettoso del Lario, in quell’immenso Di acque
teatro e dimarmoree
ville,Come
stanca alcione,mi
vedresti Raccogliere lepiume;
e fra que’ pini,E
fra que’ lauri,che
a Pariniun tempo
Liberali fur di
ombre
e di ghirlande,Posarmi oscuro;
e nell’obblio giocondoDi
ogni corsa vicenda e dime
slesso, Suimargini
bealiaddormentarmi.
Dal dì
che
leco, omio
diletto, il locoAvventuroso
visitai, già volliSon
quattro soli; lamia
giovinalma Ne’
domestici lutti esercitataDisperò
della gioia: enondimeno Ancor
le avvivatrici aure del lagoSento
battermi in fronte;ancor mi
allettaDi
que’dì lamemoria,
e la ritrosaAnima
all’obbliato inno richiama.Sei bello, o Lario! Dagli aerei gioghi,
Che
i castagni coronano, losguardo Innamorato
per la molle chinaDi
giardini distinta e di palagiScende
al cenilo letto,ove
ti stendiCome
in culla di fior.Cento
torrentiA
te dalle riposteurne
tributoVersan
di latteespume;
hai delTivano Fausto
a’commerci
il soffio, e dellaBreva
All’alito giocondo ti
addormenti
DigitizedbyGoogle
In sul meriggio. Il pescator dall’onda
Leva
le reti, chefumar
rimiraIl
povero
abituro, ove Io attendeLa
famigliuola al desco; e sospettosoVolge
lo sguardo, se diVal-Menaggio
Si sollevi la grigia nuvolettaNunzia
delnembo. Perocché
nell’oraChe
più splendido taci, e sulle riveNon
tremolauna
canna, escerombando Talora un
vento dalle oblique forre,Che
la tua faccia a rabbuffar si getta,E
di subita notte i cieliammanta.
Ahi! che sempre
edovunque
infido è’l riso Della beltade.AI
trapassar leggeroDelle nebbie,
che
il voibagnan
nell’onda,La
pavoncellacon
acuto strido Balle ivanni
atterriti a ripararsiNel cavo
delle rupi. Irrequieto,Come
serpe ferito, e dispumanti
Iridi sinuose orrido il dorso,
II Iago si contorce, e
va ruggendo
— 30 —
I moli
ad
investir;mentre
di squilleLamentoso
sull’onde un suon
sispande
Misto alfremer
de’venti; e le consortiTremanti
pe’ mariti alzan lepalme
AllaDonna
del Ciel, cui sul BisbinoArdon lampadi
eterne, e tavoletteVotive ornan
l’altare.Oh
! l’ ire acqueta,E
negl’imi tuoi talami rientra,Bellissimo de’ laghi; e a
me, che
siedoSovra
la punta di Bellagio intentoA contemplar
la tua beltade, arridi.Come
candide perle allembo
inserteDi
clamide regai, gli orli del lago Nitide villeingemmano, e
dell’alpiLontan
lontano sull’azzurro fondoSfuman
leggere,come
sogno.A
destraScorgo
di nerimarmi
Olcio fecondo,E Lierna
eVarenna,
a cui di oliviSusurrano
alle spalle aeree selve.Ecco Moreatc
c l’arduo sasso apertoA’
cocchi trasvolanli, opra di regi;DigitizedbyGoogle
E
Bollano torrito, e la Pioverna,Che
tonante precipita espumosa Nel
profondo burron.Da
questi lidiUscia di Grossi a spaziar pel lago, Allettata dall’
aure
e dalla luna,La
fantasticaMusa;
e diLimonta La
pendice cantava,ove
già stelleDi Ermelinda
la rocca, e degli accorsi Menestrelli l’allegro innosonava
Per
le sale dorate: ora sul colleSiede
il silenzio, e fra gli scogli al bassoL’onda
si lagna della bella estinta,E
del vate perduto.Ove
se’ gito,Che
più l’auranon
ti ode, o de’lombardi
Cigni il piùmesto
e più gentil? SedutiLaggiù
ne’ corallini antri del lago Tristi iGenj
ripetono i tuoi carmi,E
di roseo lichene—
32—
Sdegnosa
di allraman,
teco è sepolta.Che
se de’ finti lai stanca, e pentitaDel suo
lungo vagar fra le britanneE
le galliche nebbie, a’ noti fonti L’itala poesia torni, o Fedele,Qui novo Pindo
enova Tempe;
i vatiQuà
trarranno diAusonia
a ber lafiamma.
La
sacrafiamma che
fa gl’inni eterni,Quando
cantan la patria.Oh,
se de’tuoiRomiti
orti ilprofumo,
e de’ cadentiTuoi
ruscelli il susurro entro ilmio
verso Si trasfondesse,amico
Lario! PariAll’italico onor, per quante terre
Fende Apennino,
volerebbe il cantoChe
orumile
serpeggia e dell’amicoVergognando
si appressa al fido orecchio.Dalle valli di Colico ingioconde,
Ove
l’onda ristagna e di maligniVapor Paure
contrista, a più feliciRive
discende desioso il lago,E con
tepido fluito illembo estremo
DigitizedbyGoogle
Di
tue falde a baciar corre,o
pupilla Delle acque,Tremezzina. A
più gentileContrada non
invia l’italo soleIl
suo lampo
vital,benché
LiguriaDi sue
ville si vanti, e nell’azzurro Pelago,che
già piacque alle Sirene, Si specchi Mergellina.Erme
vallette,Fidato asilo all’usignuol, colline
Coronate
di aranci, erocche
anticheDi
cortesia già fatte albergo; intantoChe
alfindustre tepor di ospiti serreLe
insubri ninfeeducano
lapompa
Delle
Inde
primavere, e la fragranza Involata dal vento erra pel lagoA
molte miglia.Chi
ti vide e puote,Tremezzina,
obbliarti?A’
tuoi secreli Ricoveripensando
il cittadinoLe quando
*4
—
34—
Volonteroso, e rabbattuto spirto Nell’ingenua beltà della
Natura
Desta
e rinfranca.E
qui da’ Cisalpini Forsennati tumulti,onde
de’ prodiGiacque sommerso
ilbuon
volere, in porlo Si raccoglievaSommariva;
e le ArtiContendean
collamadre
ad abbellirgliLa
solinga dimora.O
qual dimano
Al Possagnese
uscivi, oPalamede,
Bello dimaschia
giovinezza!0
qualeDal
ciel novellamente,Amor,
scendevi All’amplesso di Psiche!E
di cavalli,Che
al clangor delletrombe
ertis’impennano,
E
di guerrieriche
in catene avvintoTraggon
l’Indico fiume, a’muri
intornoCorrono
imarmi
istoriati;appare
La
regai Babilonia, e sulle porte,Tra
la folta de’carri e le bandiereOndeggianti
nell’aure, alto su tutti Ilmacedone Eroe
ch’entra in trionfo.Tanta
possa largian emuli i fatiDigitizedbyGoogle
— 35 —
Al
danese scalpel!Nè
le pupilleSenza
piantomirar
ponilo i tuoi casi Nelle tele del veneto CorreggioEspressi, o Giulietta. Impietosito
Accusa
il core la sorgente faceDeirinvido
mattili,che
il tuoRomeo
Istiga alla partenza.
Ah!
bello in terraLoco
alcunonon
6,dove
siamula La rimembranza
di pietosi eventi;Ove una
pinta tela, o diamorose Note
incisauna
pietra, i corsi giorniNon
richiami al pensiero e alciglioilpianto.Passan
lenubi
fuggitive, o Lario, Sull’azzurra tua faccia,nò
vestigioPiù
lasciano di sè.Le
antiche etadi Tal tu Vedesti in turbinosa fuga Passar sulle tue rive,orma
lasciandoQuale
su le lasciali le nubi.Orobi Furo
ed Argivi,che
Corinto e DelfoE Lcnno
eDori abbandonando,
a questi Lidi veniro, e le novelle sediCol patrio
nome
designar;chè
belloNon
era questo cielmen
del nativo.Quel nome appena
or resta. Altre favelle, Altri canti a ridir di queslimonti L’eco
apprese.Ove son
le rilucenti Regali logge diCaninio? E
gliampi Suburbani
lavacri, allegriognora Di
argentee linfe e di tepenle sole?Le
argutechiome
sul deserto loco Agita alvento
il salice.Ma quando Giace
più piano e trasparente il lago,Il pescalor,
che
col legnello il lidoRadendo
va, gli occhiaguzzando
al fondoGiura
infrantiveder
plinti e colonneDel
tolto giornoancor
frementi.Ah!
colpa Sol dell’edace età fossero, o Icario,Le
tuemine; nè
fraternepugne,
E
disangue
assetati odi immortaliTorno
col volo e squallidosuo
portoNarrasse
al peregrin;Torno
ricettoDi
rematori, e dicommerci
ed’armi
DigitizedbyGoogle
— 37 —
Emula
aComo un
dì, priache
del IagoLecco
sorgesse sul sinistrocorno Domatrice
del ferro.Invan
distendi Taciturno la cerula tua coltreL’antico lutto a ricovrir;
chè
l’alma Si fa dolente, econ
brivido guataLa
quetaonda che
ride, e tante volveGiù
nel fondo incompiante ossa de’ figli.Ai
pensósi silenzi e della notteA’
mestiGeni
amica, ecco la villaChe
da Plinio sinoma. Appiè
dell’ertoNero
dirupo, ove più tace il Iago,Di
antichi lecci opaca e di cipressiLe
cureaccenna
ancor,che
disgomento
Slringean l’anima insonne al Regicida.Nè
l’auroragiammai, nè mai
la videIl divo sol dall’arduo calle; e
mentre
Della luna al chiaror ridon pe’lidiLe
sue sorelle, in buiomanto
avvolta Ella plora suH’acque.Odi
profondoIl fonte
mormorar, che scema
e cresceObbediente
al variar dell’ore,Come
fluitomarino;
odi ilrimbombo Laggiù
nel Iago dell’ondache
casca Dall’ allo sasso, e diminuta spuma
Il lento
capo
asperge a’ sonnacchiosi Fioretti della riva. InosservatoDal
boschetto de’ lauri esceuno
Spirto,Melanconico
Spirto, e sulla pietraTorna
a sedersi,onde
altre volle ilguardo
l'enea lunga oraimmobile
sull’onda.Che
iltramonto
indorava; e lasdegnosa Cura molcea che
gli ruggiva in core.Ugo
infelice!E
sul britanno suolo,Allor
che
a’ tuoimorenti
occhi laspeme
Fuggitiva arridea l’ultimo vale,Forse
delLario
la serenaimmago
Ti
stava innanzi; ememore un
pensiero.Di
questeacque
e de’ dolci anni perduti L’ affanno ti accrescea dell’ora estrema.Non
all’Elba, Fedel,nè
diPosdammo
Alle regali ville,
ove
li trasseDigitizedbyGoogle
— 39 —
Quella
che
viencompagna
a’tuoi verdi anni Intensa sete di saper, cotantoLargì
Natura
de’ suoi doni.Almeno
Ella a’ mesti
non
neghi il suo sorriso,Se
volge il tergo la fortuna.E
questeRomite
piagge ch’io cantai, lacalma Di
questo azzurro pian, le isole, i portiVedrai
più vaghi arriderti, seun
giornoA
salutarlimoverai con
quella,Che
rinfiora i tuoi dì, dolceCompagna, Di
cui core più schietto le divineSue
bellezze a sentirnon
fè Natura.DigitizedbyGoogle