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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1442, 22 dicembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Alino X X V II I - V o l . X X X II

F iren ze, 22 Dicemìire 1901

N . 1442

La conversione dei debiti redimibili

—ìw/kVA/YAv-'—

Il Ministro del Tesoro ha presentato alla Camera il disegno di legge già annunziato nella sua esposizione finanziaria circa « la creazione di un nuovo consolidato 3 e mezzo per cento e provvedimenti per i debiti redimibili. »

La accoglienza che sin dal primo accenno ebbe tale proposta lascia credere che non tro­ verà opposizione alcuna e infatti ci sembra che questa volta le condizioni di conversione che si propongono ai possessori di alcuni debiti redi­ mibili e le generali condizioni del mercato, sia­ no tali da assicurare l ’ esito della operazione, se non nella totalità, almeno in gran parte.

È questo il secondo tentativo che vien fatto su questa via : il primo colla legge 8 marzo 1874 ; il secondo colla legge 22 luglio 1894 allegato L.

Tutti e due quei tentativi ebbero però un suc­ cesso scarso perchè la legge, pur mirando ad alleggerire il bilancio dalla spesa di ammorta­ mento e con ciò promovere un benefizio all’era­ rio, non avvertiva abbastanza che la conversione toglieva un benefizio ai portatori dei debiti redi­ mibili, i quali non vi potevano rinunciare senza un compenso.

È avvenuto che in qualche momento le dif­ ferenze dei corsi rendessero appetibile la con­ versione, ma in sostanza non furono molti quelli che vi accedettero.

Infatti, quando si pensa che i debiti redimi­ bili 3 0[0 sono del valore nominale di 500 lire, tranne i sette milioni e mezzo delle obbligazioni ferroviarie Lucca Pistoia, che hanno il valore no­ minale di 420 lire, e si pensa che erano quotati alla borsa intorno alle 300 lire, è evidente che al premio di rimborso di L. 200 i portatori non po­ tessero rinunciare, se non trovavano nella ren­ dita perpetua un conveniente correspettivo.

A parte la legge del 1874, la quale è stata emanata quando le condizioni del mercato erano così diverse dalle attuali; la emissione del con­ solidato 4,50 per cento netto, fatta colla legge Sonnino 1894 non ha dato, per ciò che riguarda la conversione dei debiti redimibili che scarsi ri­ sultati come si vede dal seguente prospetto della rendita consolidata 4,50 per cento emessa per la conversione di debiti redimibili :

1895- 96 Lire 4,057,311.08 1896- 97 » 3,427,318.06 1 897 - 98 » 766,499.78 1 898 - 99 » 1899- 900 » 1 9 0 0 - 901 » 1 901 - 3° sem. » 2.576.00 26,335.68 13,668.00 4.176.00 8,297,884.60

L ’ insuccesso della legge 1894 è dovuto spe­ cialmente al rapido miglioramento della economia del paese e quindi all’aumento notevole dei prezzi dei consolidati ; il 4,50 per cento raggiunse subito nel 1894 la pari e nel 1895 la sorpassò arri­ vando cinque anni dopo ad essere quotato a 112. Non poteva essere ricercato un titolo che aveva una così alta quotazione e che, dopo il 1° luglio 1900, poteva essere convertito.

Il Ministro del Tesoro proponendo ora che si sospenda la emissione del 4,50 per cento netto, non fa che dar sanzione allo stato di cose esi­ stenti ; già da tre anni la emissione di quel con­ solidato stava intorno al milione e la maggior parte riguardava conversione dei buoni del Tesoro a lunga scadenza; ecco infatti negli ultimi tre esercizi le cifre del consolidato 4,50 0[0 create:

Per conversione

dei buoni del Tesoro Totale creazione

1898- 99 260,472.04 1,098,276.39 1899- 900 1,224,946.72 1,773,020.26 1900- 901 1 ,2 4 3,189.48 1,324,229.23

Il Ministro del Tesoro on. Di Broglio ha compreso dove stava l’ errore della legge 1874 e più ancora della legge 1894; si dava un titolo perpetuo a parità di rendita, ma non si teneva conto del premio, perchè l ’ alto interesse del ti­ tolo lo portava facilmente alla pari e sopra la pari minacciandolo cosi della conversione.

Ora se i debiti redimibili 3 0[0 non solamente godono dell’ interesse normale, ma anche corrono l’ alea di un premio nel rimborso, quando il T e­ soro voglia veramente ottenere una larga con­ versione deve, non solamente offrire altrettanta rendita, ma tener conto del possibile premio di rimborso, il quale è tanto maggiore quanto è più rapida la estinzione del debito.

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nomiche e finanziarie del paese continuino a svol­ gersi normalmente.

Sono sei i debiti redimibili 3 0[0 che sa­ rebbero dal nuovo disegno di legge ammessi alla conversione in 3,50 per cento netto pagabile an­ che all’ estero :

Anno di Capitale estirpazione

Obbligazioni

ferro-viarie livornesi . . . 127,596,500 1953 2° Id. id. Lucca-Pistoia.

3° Id id.

Cavallermag-7,580,580 1954 giore-Alessandria. . .

4° Id. id. dette nuove

10,354,1,00 1956 (legge 1 8 8 5 )...

5° Id. id. Vittorio

Ema-1,120,827,000 1985 nuele...; 117,606,000 1961 6° Id. id. Savona-Acqui. 7,478,000 1964

Totale 1,391,442,080

I quattro primi titoli, oltreché soggetti alla imposta di ricchezza mobile, sono soggetti alla tassa di circolazione.

Le stesse considerazioni che abbiamo prima fatte sulle cause dello scarso successo della legge 1894 valgono, a nostro avviso, ad illumi­ narci sulle previsioni dei risultati che può avere il disegno di legge ora presentato.

I titoli che veramente affluiranno per la con­ versione in 3,50 per cento, saranno le obbliga­ zioni ferroviarie nuove, le quali hanno una sca­ denza di estinzione molto lontana, ancora 84 anni e ora godono di una piccola somma stan­ ziata per l’ammortamento. Come è noto, si tratta sempre di una annuita fissa un poco superiore nell’ inizio alla somma degli interessi, perchè la piccola eccedenza è consacrata all’ ammortamento to ; mano a mano che si effettuano i rimborsi scema la cifra destinata agli interessi ed au­ menta, essendo fissa l’ annuità, quella rivolta all’ ammortamento. Oggi pertanto le obbligazioni ferroviarie dette nuove, hanno proporzionalmente al loro numero una piccolissima quota di am­ mortamento perchè esso è cominciato solo dal 1896; l’ eventualità quin li del premio di rimborso è una piccolissima frazione che viene largamente compensata dal margine che presenterà il nuovo titolo tra il prezzo a cui sarà quotato ed il suo valore nominale.

Non così può prevedersi degli altri cinque de­ biti redimibili, i quali essendo di data più antica e di minore somma capitale, hanno una quota di ammortamento relativamente cospicua e quindi la possibilità di un premio notevole.

Suppongasi che il 3.50 per cento possa es­ sere quotato subito a 90 ; esso lascia un margine di 10 punti per arrivare alla pari ; le obbliga­ zioni Vittorio-Emanuele sono oggi quotate 348, quindi hanno un premio possibile di 152 lire, cioè più 43 punti per cento di margine. E si aggiunga che la somma destinata all’ammortamento va ra­ pidamente crescendo; era di 450.500 lire nel 1886-87 ed è ora di circa 740,000 lire. Non sa­ premo quindi comprendere la convenienza d’una conversione da parte dei possessori, fino a che il Tesoro non faccia loro patti migliori.

È ben vero che il nuovo titolo 3.50 per cento avrà gl’ interessi pagabili anche all’ estero; che

la conversione si farebbe in rendita netta con­ tro rendita netta, con la deduzione della sola imposta di ricchezza mobile e quindi con l ’ab­ buono della tassa di circolazione; che si concede­ rebbe anche un premio in maggiore rendita sino al limite massimo di 15 centesimi per ogni cento lire del nuovo capitale ceduto, da accrescersi fino al massimo di 20 centesimi, qualora si tratti di obbligazioni emesse in virtù della legge 27 aprile 1885 (cioè le obbligazioni ferroviarie delle nuove) e di operazioni per un importo non inferiore a L. 200,000 di rendita nuova ; che gli interessi del nuovo consolidato sarebbero paga­ bili a trimestri quando siano nominativi ; che infine sarebbe il nuovo consolidato immune da conversione fino al 30 giugno 1816; ma tutto questo, se agevolerà la conversione delle obbliga­ zioni ferroviarie dette nuove, non ci sembra suf­ ficiente per determinare quella degli altri cinque debiti redimibili.

E la prova la vediamo anche nel recente movimento dei prezzi.

Alla fine del novembre, quando non si cono­ scevano i particolari del progetto di legge, le ob­ bligazioni Vittorio Emanuele valevano 347 e le obbligazioni ferroviarie nuove 3 1 5 ; ora che scri­ viamo le Vittorio Emanuele valgono 349, le fer­ roviarie nuove 326 ; e cioè le prime hanno au­ mentato di 2 punti, le seconde di 11.

In ogni modo però anche se la conversione riuscisse soltanto p e r le obbligazioni ferroviarie nuove, non sarà poca cosa, nè piccolo vantaggio avere in circolazione oltre un miliardo di 3.50 per cento internazionale.

Onde va data lode all’on. Di Broglio non so­ lamente per il concetto generale informativo della legge, ma anche per le varie disposizioni che lo esplicano.

’ L i QUESTIONE MERIDIONALE A L L A CAM ERA

e il discorso delf'on. Colajanni

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22 dicembre 1901 L ’ E C O N O M I S T A 789

comprometta la situazione finanziaria dello Stato, che appena ora è uscita dal periodo della con­ valescenza, ma può assai facilmente, e molto più presto di quello che si crede, fare una grave ricaduta. Ma di ciò converrà trattare a parte in relazione appunto alla condizione vera della finanza, oggi minacciata da una corrente di nuove e forti spese, come già si legge nell’ esposizione finanziaria dell’ on. Di Broglio.

Alla Camera si sono avuti discorsi più o meno buoni su cotesta questione meridionale, e li diciamo più o meno buoni, perchè non sempre e in tutto si è serbata la giusta misura, si sono evitati certi pregiudizi, si è smessa la brutta abitudine di prendere le idee più o meno strambe di qual­ che solitario sociologo improvvisato per argomenti di cui valga la pena di occuparsi, come se fossero accettati e approvati da una maggioranza di scrittori tra i più autorevoli, o formassero il

credo di tutta una popolazione. Il discorso del­

l’ on. Colajanni, ad es., certo abile dal punto di vista dell’ oratore, non ci è parso davvero dei migliori eh’ egli abbia fatto. Oltre che ha ripe­ tuto meno bene ciò che il Nitti ha scritto nel libro N ord e Sud, ha fatto una discreta confu­ sione, come vedremo, tra cose assai disparate e ha dato giudizi, specie sul Nord, che se non gli hanno procurato osservazioni, perchè in certe ore la Camera ha i suoi beniamini, ai quali lascia dire quello che vogliono, come ha le sue antipatie per­ sonali, non cessano però di essere contestabilis­ simi e il più spesso non giusti.

Ma è da premettere che quella che doveva essere una discussione sulle condizioni del Mez­ zogiorno d’ Italia è stata in realtà una pura ac­ cademia per concludere con voti favorevoli a opere pubbliche. Ora se taluna di queste opere, come l ’acquedotto pugliese, è veramente neces­ saria e urgente, di altre si può proprio dire lo opposto e ad ogni modo la questione meridio­ nale, se noi non la comprendiamo male, è bene altra cosa della direttissima Roma-Napoli e di simili altri progetti. In un paese dove realmente si volesse studiare la questione e prendere prov­ vedimenti efficaci si sarebbe affrontata la discus­ sione dopo più maturi studi, compiuti sui vari punti che in questi ultimi tempi hanno formato oggetto di incomplete ricerche statistiche e di unilaterali considerazioni economiche, politiche e sociali da parte di coloro che hanno messo sul tappeto cotesta questione. Invece la Camera, con evidente impreparazione in tutti o quasi tutti i deputati e con una conoscenza superficiale negli stessi oratori che ne hanno trattato, ha inteso di esaminare un problema assai complesso e arduo e di risolvere una questione spinosa, oscura in più parti e ad ogni modo delicatissima e perico­ losa con voti e con propositi che, in generale, non corrispondono all’ indole della questione meridio­ nale. Che la Camera sia riuscita, con tutti i di­ scorsi dei suoi membri, a qualche cosa di pra­ tico e di veramente benefico, lasciamo giudici gli

stessi meridionali.

Ma detto questo, è del discorso del depu­ tato Colajanni che vogliamo occuparci. Tace­ remmo il vero, se non dicessimo eh esso ci ha fatto penosa impressione. Siamo anche noi po­ sitivisti e ci piace il linguaggio della sincerità ;

crediamo anzi di averne date prove sufficienti in questo nostro periodico, per poterci dispensare dall’insistere su questo punto. M a italiani unitari come siamo, profondamente convinti della necessi­ tà assoluta, pel benessere del paese, della sua unità politica e non meno convinti che ciò che occorre al paese è la libertà, perchè questa è la sostanza della vita politica, e che le questioni di forma politica non hanno ora di fronte alla libertà al­ cuna importanza, noi ci sentiamo offesi nel sen­ timento unitario da un discorso come quello del­ l’on. Colajanni, destinato più a rinfocolare ran­ cori che a gettare luce sulla questione meridio­ nale.

Non è il momento di scrivere la psicologia di questo deputato, uomo di coltura e d’ingegno non comuni, ma eccessivamente impressionista e le cui evoluzioni del pensiero non sono dav­ vero prevedibili ; ma è certo che l’on. Colajanni è un soggetto politico e uno scrittore degno di studio, proprio dal punto di vista psicologico. Egli nella questione meridionale ha assunto una posizione curiosa, almeno tale è la impressione che noi abbiamo avuto dalla lettura del suo ultimo discorso. Invece di mettere in luce i bisogni del Mezzogiorno, d’indicare, non già ripetendo i dati e le conclusioni del Nitti, ma con uno studio pro­ prio delle condizioni delle provincia meridionali, i difetti, le lacune, gl’inconvenienti che presenta la legislazione amministrativa, tributaria e sociale nei riguardi di quei bisogni e di quelle condi­ zioni, si è perduto dietro a confronti tra il Nord e il Sud, confronti sempre odiosi e nel caso suo spesso sbagliati. Per togliere al Sud il carico di certe critiche od almeno per attenuarne la portata, 1’ on. Colajanni ha fatto alla sua volta il processo al Nord e da buon pubblico ministero è andato a cercare tutto il male che uno spirito appassionato poteva dire del Nord, senza badare troppo se ca­ deva in errori e se accusava ingiustamente. La Camera lo ha applaudito e si capisce : gli uni, i meridionali, erano nello stesso stato d’animo del Colajanni; gli altri, i settentrionali, hanno lasciato libero lo sfogo dell’oratore per non parere di as­ sociarsi alle censure di quei certi sociologi im­ provvisati che parlano di un’Italia barbara, frase altrettanto infelice come quella dell’on. Ferri. Ma anche qui sarebbe interessante uno studio della condizione psicologica in cui venne a trovarsi la Camera durante la discussione sulle mozioni degli onorevoli Luzzatti e Salandra riguardo al Mez­ zogiorno d’Italia; se qualcuno lo farà, potrà ag­ giungere un capitolo interessante alla psico­ logia morbosa delle assemblee rappresentative politiche.

Tornando al discorso dell’on. Colajanni è evidente, anzitutto, che quando si parla di distri­ buzione delle imposte dirette e si credo di pro­ vare la loro sperequazione, paragonando tra loro ciò che pagano città di differenti condizioni eco­ nomiche, ma di eguale o quasi eguale popolazione, si riduce a termini così semplici il confronto che non è possibile venire a nessuna conclusione si­ cura e positiva.

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l’esempio della imposta sui fabbricati, sul quale il Colajanni si è fermato. È possibilissimo che due città, pur essendo a un grado differente di ricchezza, paghino la medesima somma per im­ posta sui fabbricati e per trovare questi casi non occorre neanche di andare a cercarli nel Nord e nel Sud per contrapporli, perchè si possono trovare in una stessa regione.

La imposta colpisce i redditi delle case, os­ sia i fitti, i quali non ostante la differente pro­ sperità economica delle due città possono essere eguali e forse anche minori nella città più ricca, ivi essendo maggiore, per l’abbondanza dei capi­ tali, la possibilità di svolgere la industria delle costituzioni urbane. Per tal modo la imposta in di­ scorso può rendere la stessa somma e in ciò non vi ha nulla di anormale, ma la pressione tributaria è sensibilmente differente, perchè nella città più industre e quindi più ricca viene ad assorbire una quota minore del reddito complessivo dei contribuenti. E quello che si nota per la imposta sui fabbricati può ripetersi per altre imposte, che pure non sul reddito totale dei cittadini, ma su una porzione di esso, spesa in un determinato modo, vanno a cadere. Nè si dimentichi che per fare qualche confronto serio tra città e città nei riguardi della imposta sui fabbricati, bisogne­ rebbe tener conto di molti altri elementi, oltre quello troppo semplice del prodotto della impo­ sta ; bisognerebbe tener conto del movimento e della composizione della popolazione, della of­ ferta di abitazioni, e di altri elementi ancora.

Certo è che non basta il paragonare riguardo alla imposta sui fabbricati Como con Potenza, Na­ poli con Milano e così via per poter far credere che la sperequazione delle imposte esiste tra Nord e Sud e a danno di quest’ ultimo. Pari­ mente, i confronti relativi alla imposta sui ter­ reni fondati sulla superficie delle provincie che si paragonano non hanno senso. Torino ha 10 volte la superficie di Napoli e paga solo circa 1,800,000 lire in più dei 4,527,000 lire che paga la metropoli meridionale per imposta sui terreni; ecco una delle tante scoperte di questi nuovi Que- telet, ma ha fatto il calcolo l’on. Colajanni della superficie coltivabile e coltivata della provincia di Torino? Ha esaminato il grado e le specie di col­ tura delle due provincie ? Per un professore di Statistica certi facili confronti non sono ammis­ sibili, a meno che non voglia mettersi a far con­ correnza al Mulhall, statistico inglese del quale è stata messa in luce più volte la grande fan­ tasia e la facilità con cui compila le sue tavole statistiche.

Noi facciamo queste osservazioni al discorso dell’on. Colajanni, perchè crediamo che uomini del suo valore non dovrebbero cercare l ’effetto alla Camera o nella stampa con paragoni non sufficientemente studiati ; e molte altre osserva­ zioni si potrebbero fare a questo proposito, se non fosse materia per la quale occorrerebbe un discorso a parte.

Piuttosto domandiamo all’ on. Colajanni : perchè non ha tenuto conto che certe tendenze a sottrarsi al pagamento delle imposte sono co­ muni a tutte le popolazioni ? Come si può le­ gittimamente dire che « per iniziare la questione morale, noi ci troviamo di fronte a questo con­

trasto : che gli onestissimi settentrionali frodano lo Stato, mentre i meridionali pagano regolar­ mente le imposte » quando è noto che non si è voluta stabilire nella legislazione tributaria la nullità degli atti non registrati perchè avrebbe principalmente colpito il Mezzogiorno d’ Italia ? Si può essere d’accordo con l’on. Colajanni quando deplora gli effetti dannosi pel Sud che deriva­ rono dal cambiamento della politica doganale ; ma è veramente strano che sia il neo-protezio­ nista on. Colajanni quegli che viene a deplorare che la conseguenza (della rottura dei rapporti commerciali con la Èrancia) « fu la interruzione degli scambi commerciali nostri e fu la nostra rovina ». Anche questo egregio deputato eviden­ temente pensa che il protezionismo sia utile solo quando avvantaggia gl’ interessi della propria regione e fa mostra di disconoscere le ragioni che hanno spinto il settentrione o meglio e pur troppo! solo qualche piccola parte del settentrione a combattere il dazio sul grano, quando dice che dopo ottenuto il trattato con la Svizzera « in pieno protezionismo, cominciarono dal set­ tentrione gli amori liberisti, ma semplicemente agrari, che ho combattuti. »

E quando pure dice « che di fronte alla politica doganale dello Stato, il Mezzogiorno e la Sicilia sono stati condannati a comprar caro e a vendere a buon mercato » dimentica proprio quel dazio sul grano ch’egli più volte ha ripetuto essere necessario mantenere proprio pel Mezzo­ giorno.

Ma non vogliamo, nè possiamo proseguire in questi appunti sul discorso Colajanni. Ricono­ sciamogli pure il merito di aver confuso le cat­ tive operazioni bancarie, gli affari disgraziati con le disonestà amministrative, anzi con la delin­ quenza, mettendo in un fascio i frodatori, setten­ trionali o meridionali che siano, con gli uomini d’ affari sfortunati e pei quali si potrà parlare di azioni colpose, ma non dolose; riconosciamogli pure il merito di aver difeso il Sud attaccando il Nord; in fondo tutto questo e il resto non impedi­ ranno al Nord di avanzarsi sempre più sulla via del progresso civile e del benessere, nè tutto quello ch’egli disse in un discorso da vero federalista po­ trà mutare i termini della questione meridionale, la quale resta precisamente racchiusa in questi li­ miti: Come agevolare, favorire, accelerare il mi­ glioramento morale, intellettuale ed economico delle provincie meridionali? Come impedire che il Sud non sia sfruttato, non già dal Nord che davvero non si- può dire l ’ abbia sfruttato, ma dalle camarille locali? E quali sono le ne­ cessità più urgenti, qual’ è la condizione sine

qua non per il progressivo elevamento, sotto

ogni aspetto, delle condizioni sociali del mezzo­ giorno? A talune di queste domande hanno dato risposta gli oratori della Camera, non escluso lo stesso on. Colajanni; ma bisogna pur riconoscere che è mancato il discorso che veramente appro­ fondisse la questione meridionale.

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ci facciamo illusioni; se i meridionali — e del resto non essi soli, perchè ci sono al centro e al nord zone che non presentano differenze notevoli col Sud — non praticano il detto « chi si aiuta, il ciel li aiuta », temiamo che lo Stato costruirà delle ferrovie, farà delle leggi nuove, metterà in opera provvedimenti d’ ogni sorta, ma il pro­ blema meridionale resterà insoluto.

LA POLITICA PROTEZIONISTA ITALIAN A

Vi sono in Italia tre manifestazioni della politica protezionista che meritano in modo spe­ ciale d’ essere seguite e studiate e sono il dazio sul grano, la protezione dello zucchero e quella della marina mercantile. In ciascuna di queste tre applicazioni del protezionismo si può facil­ mente vedere a quali errori sia condotto lo Stato quando vuole assolutamente favorire interessi particolari, quando, invece di stimolare il pro­ gresso economico con mezzi giusti e liberali, vuole appigliarsi a quegli espedienti che già la politica mercantilista ha messo in opera con risultati il più spesso illusori e non senza prepa­ rare le cause di mali maggiori.

Ad esaminare quelle tre forme di protezio­ nismo ci invita ora un breve scritto del prof. Erasmo Malagoli, che ha dato alle stampe anche una eccellente traduzione del libro del Pierson : Problemi fondamentali di economia politica, del quale avremo occasione di occuparci quanto pri­ ma, perchè 1’ opera del Pierson merita d ’ essere segnalata ai nostri lettori. Ma pel momento è appunto di alcune note dal Malagoli aggiunte a quel libro e raccolte anche a parte, che inten­ diamo di occuparci. Oppurtunamente egli ha narrate le vicende di quella triplice protezione : al grano, agli zuccheri e alla marina e ha mo­ strato gli effetti che ne sono derivati.

Consideriamo dapprima il dazio sul grano. Nel 1895 il dazio viene portato a lire 7,50 il quintale e dopo d’ allora il reddito finanziano di quella imposta, è stato il seguente: nel 1895-96 milioni 63.8, nel 1896-97 milioni 32 2, nel 1897- 98 milioni 33.7, nel 1898-99 milioni 27.3, nel 1899-900 milioni 40.5. Sicché non tenendo conto del 1898-99 perchè il gettito relativamente molto basso di quell’anno è dovuto a riduzioni ed esen­ zioni temporaneamente concesse per mitigare le conseguenze dolorose di un scarsissimo raccolto, dalle cifre suddette appare che il minimo pro­ vento goduto dall’ erario dopo l’ ultimo inaspri­ mento del dazio fu superiore ai 32 milioni.

Quali gli effetti del dazio ? Un lieve au­ mento di produzione c’ è stato, ma osserva giu­ stamente il Malagoli « se il dazio ha stimolato e stimola alquanto la produzione ciò dipende unicamente da questo, che esso mantiene alto il prezzo dei grani sul mercato interno ; infatti, la differenza tra il prezzo dei mercati esteri e quello dei nostri corrisporde presso a poco al dazio d’ entrata più l’ aggio dell’oro e il nolo. Dunque, se non ci fosse il dazio i nostri pro­ duttori dovrebbero vendere il loro grano ad un

prezzo inferiore all’attuale almeno di 8 o 9 lire per quintale. E se indaghiamo a chi giova il dazio sul grano risponderemo con lo stesso Ma­ lagoli ai proprietari fondiari ed anche agli affit­ tuari d’oggi con contratto di locazione anteriore al 1894. Ma esso giova anche ad un’altra classe : ai mugnai in grande, ai grandi molini, come fu più volte dimostrato.

Infatti il dazio sul grano porta seco neces­ sariamente quello sul frumento macinato, sulla farina; però invece di 9 lire al quintale di farina come dovrebbe essere, posto che un quintale di farina, rappresenta un 120-125 chilogr. di grano, 10 si è fissato in lire 12.50 per proteggere i mu­ lini nazionali contro quelli esteri molto più per­ fezionati dei nostri.

Così l’effetto innegabile, certo, del dazio sul grano, è un largo profitto assicurato ai grandi molini ed ai grandi proprietari fondiari, ma non a tutti i proprietari, bensì a quelli soli che pro­ ducono molto più di quanto consumano, cioè a pochi. Il Malagoli confida tuttavia che Vutopia

del pane a buon mercato sia destinata a diven­

tare realtà. E certo lo diverrà, ma quali e quanti sacrifici dovranno essere sostenuti prima che lo diventi ? Ecco il punto più grave, perchè è chiaro che intanto, per opera dei protezionisti agrari, la massa della popolazione soffre proprio nell’ ali­ mentazione principale. La coltura del frumento, diceva 1’ on. (luicciardini, è o dovrà rimanere la coltivazione principale del rostro paese e può e deve farsi in modo da supplire ai bisogni del mercato nazionale e dare profitti e rendite senza bisogno di dazi. Auguriamoci che questo si av­ veri, ma intanto come giudicare la politica eco­ nomica dello Stato, che per avere qualche die­ cina di milioni l’anno sfrutta i cattivi raccolti, e procura guadagni abusivi ed una minoranza di produttori ?

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792 L ’ E C O N O M I S T A

22 dicembre 1901

pio del Belgio e dell’ Olanda all’ accertamento diretto quello indiretto, preventivo, stabilendo che la quantità di zucchero da assoggettare al- l’ imposta dovesse essere determinata non a pro­ duzione compiuta, mediante pesatura, ma prima dell’ estrazione dello zucchero dal succo delle bietole in base alla densità di questo, calcolando per ogni grado del densiinentro centesimale e per ogni ettolitro, un rendimento di 1500 gram­ mi di zucchero greggio.

È chiaro, scrive il Malagoli, che fissando un rendimento legale, tutta la quantità effettiva­

mente ottenuta oltre il medesimo veniva lasciata

immune dall’ imposta, e ne risultava così in so­ stanza una proporzionale diminuzione del tasso percentuale dell’ imposta o, meglio, veniva assi- curato ai fabbricanti un profitto in ragione della quantità di prodotto che sapessero sottrarre al

fisco. ,.

Ne derivò quindi naturalmente una gara di studi, di diligenze e di perfezionamenti tecnici per ottenere dai succhi la maggior possibile quantità di zucchero, e poi dopo i successi — specialmente dopo il ritrovato della cristalliz­ zazione in movimento —- fu un accorrere febbrile di capitali — nazionali e stranieri — all’ ingran­ dimento di fabbriche esistenti e all’ impianto di nuovi e grandiosi zuccherifici. La produzione si estese e si intensificò. Il rendimento effettivo, superiore già fin dal 1883 al legale, andò man mano crescendo fino a sorpassare in questi ul­ timi anni, di oltre un terzo, in media, quello fis­ sato dalla legge del 1877, arrivando anzi secondo i dati raccolti dall’ Amministrazione finanziaria, al di là di 2100 grammi; qualche fabbrica avrebbe perfino ottenuto 2200 e 2300 grammi! Così la quantità media di prodotto sottratta al fisco ar­ rivava circa al 28,58 0[0 della produzione effet­ tiva. Ecco il premio coperto, ecco la protezione nascosta che si aggiunse a quella palese del 1877. Si capisce facilmente che le fabbriche in queste condizioni si moltiplicarono : erano 2 nel 1894, sono ora 33 quelle che lavorano.

La produzione nella campagna 1900-901 ri­ sultò di quintali 601,254 contro 230,526 quintali nella precedente campagna 1899-1900, contro 6358 quintali dieci anni prima. E queste cifre dimo­ strano infondate le previsioni pessimista di co­ loro che dopo elevato il coefficiente di rendi­ mento dei sughi a 2000 grammi sostenevano che le fabbriche sarebbero state costrette a chiudere. In realtà, come nota anche il Malagoli, la prote­ zione attuale dello zucchero, tenuto conto del maggior rendimento del greggio estero (7,77 0[0) e dell’ aggio sull’ oro a carico dell’ importatore risulta superiore a lire 20 per quintale, pur nel­ l’ ipotesi che il rendimento effettivo corrisponda esattamente al presente.

Ma data una eccedenza media effettiva del 5 0[0, la protezione sale realmente al di la di 23 lire con un premio coperto di oltre 3 lire per quintale fabbricato, premio derivante dall’ accer­ tamento.

Ora la conseguenza di una simile protezione è facile a prevedere. Fra non molto avremo an­ che noi una produzione di zucchero superiore al consumo interno e allora scoppierà la crise per sovra-produzione e le solite invocazioni allo

Stato perchè intervenga con premi, restituzioni di imposte, ecc. non mancheranno e probabilmente riusciranno a ottenere altri sacrifici a carico del­ l’erario, ossia di tutti. _ '

Per la marina mercantile si è avuto pure una protezione rovinosa e sotto l’aspetto econo­ mico e sotto quello finanziario.

La legge del 1885 istituiva per un decen­ nio premi per la navigazione e il trasporto di carbón fossile e per le costruzioni e le ripara­ zioni. L ’effetto fu uno sviluppo artificiale della industria navale, che costò allo Stato 3 6 ,623,4Jb lire in dieci anni, cioè fino al 1896, quando con la legge 23 luglio 1896, aboliti i premi pel tra­ sporto di carbón fossile, si aumentarono quelli per le costruzioni. Di male in peggio : dopo quat­ tro anni dalla applicazione di quella legge del 1896 lo stato delle cose non è cambiato. « J^m- cacia nulla o quasi, per lo svolgimento del com­ mercio marittimo; eccitamento artificiale dell in­ dustria delle costruzioni navali precursore di crisi; favoreggiamento involontario del sindacato (lei ferri ; questi sono gli effetti della legge del 1896 secondo la relazione della Commissione parla­ mentare. Il naviglio mercantile non premiato e cresciuto in proporzione maggiore del premiato. Tre quarti del nostro commercio marittimo con l’estero sono esercitati da navi straniere.... Dun- que, dice ancora quella relazione, il premio 1 navigazione, come dimostrano le cifre delle com­ pre fatte all’estero, non ha esercitato un influenza decisiva sullo sviluppo della nostra marina e ha

n l l h h I P . f l U f i

peso incomportabile. » . .

Non faremo la storia degli sforzi e dei ten­ tativi per modificare la legge del 1896, perche e nota, essendo storia recentissima. Ricorderemo che per la protezione alla marina mercantile si è riusciti con la legge 16 maggio 1901 a mettere un freno a quella protezione. . . .

Il totale generale degli stanziamenti in bi­ lancio per ogni esercizio finanziario è ridotto da 10 milioni di lire a 8 milioni a partire dall eser­ cizio 1901-1902 e fino all’ esercizio 190&-1J06 ; negli esercizi successivi lo stanziamento sara stabilito in ragione degli impegni assunti senza mai poter superare gli otto milioni.

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22 dicembre 1901 L ’ E C O N O M I S T A 793

Rivista §ibliografìca

Dott. Giovanni Lorenzoni. — La c(¡operazione agra- no, nella Germania moderna. Saggio descrittivo e teorico. Voi. I ; Le varie forme della cooperazione agraria. — Trento, Soo. tip. ed. trentina, 1901, pag. XXIII-3G5 (L. 6).

« Nei tempi nostri, scrive il valente autore di questo libro, assistiamo ad un singolare pro­ cesso di organizzazione delle classi economiche. Gli operai, la grande e la piccola industria, gli agricoltori, il grande ed il piccolo commercio ed in un certo senso anche i consumatori ed i capi­ talisti si organizzano, ciaschedun gruppo in tri­ plice modo : politico, amministrativo ed econo­ mico. Si direbbe quasi che le classi, come eser citi nemici, si uniscano in disciplinate falangi per combattere con maggior speranza di suc­ cesso, la grande lotta economica ». E poiché uno degli Stati più interessanti per studiare questo fenomeno è la Germania e sopratutto la classe agricola tedesca, così il dott. Lorenzoni ha vo­ luto occuparsi della cooperazione agraria nella Germania moderna, ossia della organizzazione econòmica della classe agricola quale si mani­ festa nelle molteplici forme di società agrarie che abbiano per oggetto principale un’ impresa economica.

Grandissima è la importanza delle coopera­ tive rurali tedesche ed è veramente utile cosà che la letteratura economica italiana siasi arric­ chita di questo eccellente studio, chiaro e com­ pleto. Il primo volume ora pubblicato non tratta che delle forme varie della cooperazione agraria, ossia delle associazioni agrarie di credito, di quelle per la compera di scorte agrarie, per ri­ durre il prezzo della forza di lavoro, per la pro­ duzione, per la vendita di prodotti, per la com­ pera del suolo e per l ’assicurazione.

Ma in un secondo ed ultimo volume l’autore si propone di esporre analiticamente e sintetica­ mente le caratteristiche principali, comuni a tutte le cooperative agrarie e di esaminare i problemi generali, economici e sociali, cui esse danno luogo. Quando sarà uscito questo secondo volume sarà anche più facile di formarsi un concetto esatto e completo della cooperazione agricola nella Ger­ mania ; intanto possiamo dire che il primo vo­ lume interessa non solo i fautori della coopera­ zione, ma anche tutti coloro che vogliono cono­ scere la vita economica della Germania mo­ derna.

Ch. Seignobos. — La méthode historique appliquée aux sciences sociales — Paris, Alean, 1901, pag. 322.

E la prima volta che uno storico francese tenta di descrivere le condizioni del metodo so­ ciale, studio che finora pareva riservato ai soli filosofi. L ’ autore analizza il complesso di studi riuniti sotto al termine imperfettamente definito di scienze sociali ; la demografia, la statistica, la storia delle dottrine economiche e sopratutto il gruppo delle scienze economiche descrittive. Egli mostra come le scienze sociali si confon­ dono con le scienze storiche e sono soggette alle stesse condizioni di metodo per la neces­

sità di impiegare l’ osservazione e di appog­ giarsi su documenti di cui lo studio critico si impone. Nel corso di questo lavoro il Seignobos è stato condotto a trattare parecchie delle que­ stioni più controverse : la natura della società e dei fenomeni sociali, la coscienza collettiva, il carattere obiettivo della sociologia, il mate­ rialismo storico, l ’ impiego del metodo biolo­ gico nella spiegazione della evoluzione sociale, la teoria delle razze e dei climi.

Questo libro è scritto in una lingua sem­ plice e famigliare, in termini sistematicamente tolti a prestito dal linguaggio comune, per evi­ tare di dissimulare sotto espressioni astratte o metaforiche i fatti di osservazione volgare che costituiscono essi soli la materia della storia e delle scienze sociali. Esso offre pure un inte­ resse considerevole per 1’ aspetto nuovo dal quale presenta questo studio e mostra il par­ tito che possono trarne gli storici al pari dei filosofi e degli economisti e tutti quelli che possono interessarsi alla scienza dei fenomeni sociali.

Rivista (Economica

La concentrazione industriale e il socialismo marxista — L ’ importazione delle macchine in Ita liaLa popolazione di CandiaFjsportazioni italiane in Norvegia.

La concentrazione industriale e il so­ cialismo marxista. — È ammesso generalmente che 1’ industria e il commercio vanno ogni di più concentrandosi.

Le piccolo e medie case, si dice, scompaiono e sono assorbite dalle case gigantesche.

Invece di una folla di piccoli filatori, se ne ve­ dono alcuni grandissimi ; invece di meschine fonde­ rie, come esistevano mezzo secolo fa, si scorge una ventina o una trentina di immense Società metal­ lurgiche.

il somigliante avviene nel commercio ; i grandi magazzini di novità, di prodotti chimici eco. appar­ tengono ad una sola ditta. Questi fatti colpiscono gli occhi, senza parlare delle Società cooperative; e si conclude che nella società moderna con le mac­ chine e la divisione del lavoro, non vi è più posto che per le Società anonime.

Il piccolo e medio industriale individuale, per grande che sia, sarebbe destinato ad una graduale eliminazione.

Gli Stati Uniti coi loro enormi trusts appaiono a molti come il termine necessario della evoluzione industriale.

Carlo Marx, ha esposto alcune diecine di anni fa, questa sedicente evoluzione fatale. Ebbene, i fatti hanno dimostrato che codesta concezione di una necessaria concentrazione di tutta l’ industria umana in un numero sempre minore di mani, è erro­ nea perchè è incompleta.

È vero che in molti casi, per alcune industrie molto complicate le quali richiedono una grande forza meccanica e una divisione di lavoro spinta al­ l’ ultimo punto, la concentrazione avviene, e in questi rami di produzione al piccolo e medio industriale ri­ mane di fatto poco posto. Oggi non si può più con­ durre una filatura di cotone con 100,000 lire, nè un alto forno con 1 milione, nè una raffineria con 2 o 3

milioni.

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794 L ’ E C O N O M I S T A 22 dicembre 1901

nulla eliminata e nemmeno seriamente minacciata

dalla concorrenza. . . . . . .

In Francia, per esempio, gli industriali ed ì com­ mercianti che nel 1872 erano 1,568,628 nel 1900 sali­

vano ad 1,752,315. . . . . , .

L ’ aumento del numero degli industriali e dei commercianti, malgrado la concentrazione d alcuni rami d’ industria e commercio, è un fenomeno che si verifica non solo in Francia ma dappertutto.

Questa dimostrazione chiaramente fatta da Le­ roy Beaulieu nel suo Saggio sulla distribuzione delle ricchezze, è stata ripresa in Germania da Bernstein nel suo libro : Socialismo teorico e democrazia sociale

pratica. . . . .

Il Bernstein, inutile ripeterlo, e un socialista, di­ scepolo di Marx, ma dissidente. Senza ripudiare completamente il vangelo del maestro, egli presume di portarvi delle correzioni. La tesi di Karl Marx, dalle critiche di Bernstein, esce assai malconcia. Non che gli argomenti del Bernstein siano nuovi e peregrini : ma uscendo dalla bocca e dalla penna di uno scrittore socialista, acquistano un valore parti­ colare.

La prima parte del libro di Bernstein è con­ sacrata alla dimostrazione, che dovunque e parti­ colarmente in Inghilterra e in Germania, il numero dogli industriali e dei commerciali ti va crescendo.

Nella industria tessile, per esempio, in Inghilterra esistevano 9891 febbriche nel 1896 appartenenti a 7900 intraprenditori diversi, e nel 1870 non esistevano che 5968 fabbriche. Di questi esempi se ne potrebbero accumulare a iosa.

Più interessante tuttavia è ricercare la causa che malgrado la concentrazione manifesta di talune operazioni industriali e commerciali, fa si che il nu­ mero dei commercianti e industriali aumenti sempre. Ora, questa causa, o meglio, queste cause sono pa­

recchie. . . . ,.

In primo luogo, molte operazioni industriali o commerciali, si sono staccate dalla p r o d u z i o n e do­ mestica. durante lo scorso secolo, per erigersi in mestieri e commerci speciali. Citiamo alcuni esempi.

Anzitutto il panificio : una volta in Francia e in Germania, in tutte le case coloniche e 1attorie, come ancora avviene in Italia, si faceva il pane per il proprio consumo, e non nelle campagne soltanto ma nelle borgate o nelle piccole città. Ugualmente av­ veniva per la lavanderia.

Oggi il panificio e la lavanderia non si fanno piu in casa, e sono sorti una quantità immensa di fornai, lavandai, imbiancatrici e stiratrici.

Questa evoluzione che ha separato dalla produ­ zione domestica per costituirle in mestieri indipen­ denti, un grande numero di operazioni è un fatto importante, ma quasi niente avvertito.

Egualmente dal punto di vista commerciale, ogni piccolo o medio produttore, agricolo o altro, cer­ cava di collocare egli stesso i propri prodotti ; egli perdeva molto tempo in corrispondenza o per re­ carsi alle fiere e ai mercati ; oggi degli accaparratori percorrono lo campagne per acquistare sul posto il vino, il bestiame, il grano ecc. e sono altrettanti commercianti nuovi.

Ecco una prima causa ; ve n’ è una seconda. Qua­ si tutte le invenzioni dell’ ultima metà del secolo X IX , meno quella del vapore, sono favorevoli alla piccola e media industria, sia per gli impianti, sia quanto meno per le riparazioni ; così la fotografia, le suonerie elettriche, la luce elettrica, le automobili ; è tutta una fioritura di piccole e medie industrie affatto nuove.

In terzo luogo la popolazione essendosi arric­ chita e raffinata, ha bisogno di prodotti nuovi accu­ rati che convengono perfettamente a degli impianti medi ; si conti ad esempio il moltiplicarsi dei fioristi e di tutte le altre piccole e medie industrie di lusso 0 di agiatezza, nelle grandi città.

Si aggiunga che i piccoli motori a gas, ad aria compressa, ad elettricità, rendono sempre piu favo­ revole la situazione dei piccoli e medi, industriali.

Ciò che specialmente si fabbrica in grande sono 1 prodotti di prima fabbricazione, che importano grandi macchinari, e che conservano il carattere di

materie prime. .

Non sono dunque tutte le industrie e tutti ì com­ merci che si concentrano, ma solamente alcuni; se non si guarda che a questi e si chiudono gli occhi

sugli altri che pullulano in una quantità di piccole e medie industrie nuove, si ha una idea incompleta della evoluzione moderna.

Quando invece si esamina attentamente, si com­ prende meglio l’aumento dei piccoli e medi indu­ striali e commercianti, e ci si convince che il fon­ datore del preteso socialismo scientifico, il Marx sul quale tanto si discute a vanvera, non era che un so­ lenne mistificatore.

L’ importazione delle macchine in Ita­ lia. — Nei dieci mesi dell’ ultimo quinquennio 1 im­ portazione di caldaie e di macchine in Italia è cosi divisa, a seconda dei paesi di provenienza :

1897 1898 1899 [quintali) 1900 1901 Austria-Ungli. 8,152 6,978 28,022 52,152 39,376 B elgio... 7,578 7,781 10,815 12,300 12,531 Francia... 8,886 10,037 13,443 14,536 13,285 Germania... 70,010 82,724 113,443 169,781 150,313 Inghilterra.... 102,754 99,981 117,407 152,120 147,151 Svizzera ... 28,400 29,981 37,547 60,349 35,215 Stati Uniti.... — — 16,114 26,188 24,042 Altri paesi.., . 7,813 — - 5,135 4,148 Totale. 233,053 242,495 338,565 492,561 426,061

La popolazione di Candia. — Uno dei pri­ mi atti del Governo di Candia fu quello di ordinare un censimento della popolazione dell’ isola.

La popolazione totale è di 301,273 abitanti, dei quali 153,559 maschi e 147,714 femmine. Poca diffe­ renza.

La superficie dell’ isola essendo di <,800 km. q., la densità media della popolazione risulta di 36. 62 abitanti per chilometro.

Malgrado l’ occupazione turca fino al 189<, la po­ polazione cristiana è aumentata considerevolmente. Vi sono infatti 267,266 cristiani, 33,281 musulmani^ 726 israeliti.

In confronto al censimento del 1881 si e consta­ tato un aumento di 61,982 cristiani e di 79 israeliti : vi fu invece una diminuzione di 39,953 musulmani, che abbandonarono in gran parte l’ isola.

Esistono in Creta due città di oltre 20,000 abi­ tanti : Eraclea (Candia) 22,401 e la Canea 20,972, ed altri cinque Comuni da 5000 a 10.000 abitanti.

Esportazioni italiane in Norvegia. —

Un rapporto consolare avverte che sarebbero possi­ bili esportazioni italiane in Norvegia a buone con­ dizioni. Anzitutto mele. Di regola i negozianti nor­ vegesi comprano questo articolo ad Amburgo, ma ne importano anche dal Tirolo e forse dall’ Italia.

Quest’ anno, stante i raccolti scarsi degli altri paesi, gli esportatori italiani potrebbero fare m .Nor­ vegia ottimi affari, purché offrano un genere di pri­

ma qualità. . .

Tanto in Norvegia che in Svezia la produzione di patate quest’anno è scarsa e pessima. I nostri esportatori quindi potrebbero fare quest’ anno nei due paesi ot imi affari, importandovi patate.

In Norvegia il vino sino a 28 gradi di alcooli- cità paga 16 centesimi il chilogiamma di dazio, il trasporto dall’ Italia a Cristiania, per mare, costa 5 centesimi per litro. Sarebbe quindi possibile intro­ durre i nostri vini pel consumo popolare.

In questi ultimi anni degli speculatori introdus­ sero in Norvegia, sotto il nome di vino di Porto, delle miscele formate con della cattiva acquavite con 1’ alcoolicità di 22 gradi.

Il popolo cominciò a farne grande uso, sostituen­ dolo, con economia, all’ acquavite, compensando con la maggiore quantità la minore forza ; ora il Governo si oppone energicamente ad una tale speculazione.

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22 dicembre 1901 L ’ E C O N O M I S T A 795

Il traffico Italo-A rgen tin o nel 1900-1901

La relaziono annuale della Camera di Commer­ cio Italiana in Rosario di Santa Fé, rende conto del movimento dei traffici fra l ’ Italia e l’ Argentina du­ rante l’ anno fiscale, che corre dal Io luglio 1900 al 30 giugno 1901.

Il complesso della nostra importazione colà, nel 1900 fu di 14,924,498 pesos oro (il pesos equivale a circa un dollaro, Lire 5 italiane), superando di 1,144,426 (equivalenti a Lire 5,722,130) quella del

i m .

Cosi l’ Italia occupa ora il terzo posto dopo la Germania, malgrado la grave crisi finanziaria com­ merciale ed economica che da tempo affligge l’ A r­ gentina ; mentre la importazione di altri paesi dimi­ nuì per un totale di 3,365,602 che rapprosenta appunto la diminuzione della importazione generale del 1900 nell’ Argentina in confronto al 1899.

Da ciò risulta che i nostri prodotti conquistano sempre più il posto che meritano, svegliando l’ al­ larme' delle altre nazioni esportatrici, specialmente della Spagna, la quale dopo la perdita dei mercati di Cuba e delle b'ilippine, procuja di estendere la esportazione dei suoi prodotti nei migliori men ati esteri, compresa l’ Argentina, ove cerca di agevolare in tutti i modi lo smercio dei prodotti similari ai no­ stri, tra i quali predominano il vino, l’olio, il riso ed in generale le derrate alimentari.

In vista di questa concorrenza, la nostra Camera di Commercio in Rosario, ripete ai nostri produt­ tori ed esportatori, che se vogliono mantenere la su­ premazia nell’ Argentina, debbono lottare con armi efficaci, abbandonando le gretterie e i malintesi ri­ sparmi, e soprattutto accettare gli usi commerciali vigenti e cioè: non pretendere il pagamento delle fatture a pronti contanti, o tutto al pià alla conse­ gna delle polizze di carico ; imitare le principali ditte europee ed americane, mandando sempre buoni ed intelligenti commessi viaggiatori, forniti d’abbon­ danti, completi campionari, coll’ incarico di studiare il paese, ed in special modo d’ informarsi personal­ mente se vogliono rendersi esatto conto della impor­ tanza commerciale di quella piazza e delle conseguenti necessità che il suo rapido progresso ogni giorno moltiplica.

L’ Argentina abitata da un milione di italiani, è destinata ad un grande avvenire anche pel nostro commercio.

* ★ ★

Nonostante la calma commerciale e la diminu­ zione dell’ importazione generale, dovuto alle circo­ stanze sopra ricordate, è degno di nota cue la im­ portazione italiana sdaziata in Rosario nel 19U0 su­ però di 591,4:71) pesos oro quella del 1899 e che quella del primo semestre dell’anno corrente superò di molto l’altra del periodo corrispondente 1900, nonché quella del Becondo semestre del medesimo anno, come lo dimostrarono le seguenti cifre :

1900 (pesos) I a semestre~1901

Io semestre 758,042 800,742 -+- 42,780

2° » 738,483 800,742 -+- 62,259

Nella importazione italiana in Rosario, nell’ ul­ timo semestre, comparata con quella del secondo se­ mestre 1900, risultano specialmente i seguenti arti­ coli, la cui quantità sarebbe superiore assai, se si aggiungessero tutti gli altri, che, per risparmiare tempo, gli importatori fecero venire nei loro vapori postali a sdaziare a Buenos Aires, per riceverli a mezzo della ferrovia.

Ecco il quadro comparativo:

semestre 1900 1° semestre 1901 Riffe, in più nel 1901

Vino da pasto fusti 11,360 18,328 6.968

Olio d'oliva casse 14,921 24,905 9,984

Riso raffinato fusti 14,347 25,000 10,653

Formaggio cotti 596 1,344 348

Prodotti alimentari. » 1,102 2,010 908

Conserva pomidoro •» 777 1,578 7:i8

Zolfo sacelli 55Ü 2,097 1,547

Talco y> 1,500 2,724 1,224

Marmo lastre 2,120 4,528 2,408

A questi, che sono i generi principali, se ne ag­ giungono altri 120 sbarcati dai 40 vapori provenienti nei primi sei mesi del 1901 dai porti ital.ani. Era le altre merci, oltre le poche enumerate sopra, notiamo : Vermouth casse 4333, Marsala fusti 298, liquori, grappa, paste alimentari, funghi secchi, frutta sec­ che, legumi, pesci salati, tonno, acciughe, sardelle, mortadella e salami, olive, prodotti chimici e farma­ ceutici, carburo di calce, acque minerali, tessuti di cotone, cordami, refe greggio e spago, vernice da scarpe, casse smontate, candele steariche, aoqua di fior d’arancio, gomme, placche fotografiche eco.

* ★ ★

Dal qua irò dettagliato, che lo spazio non ci per­ mette di riprodurre, si rileva chiaramente lo straor­ dinario aumento della nostra importazione nella ac­ creditata e solida piazza di Rosario, la seconda del- 1’ Argentina, che è anche la chiave del commercio interno della Repubblica

Questa importazione in realtà è maggiore di quella che figura nella statistica doganale, perchè, come si detto, molti importatori, per loro conve­ nienza, preferiscono riceverla coi vapori postali, sdaziarla in Buenos Aires, o per mezzo della ferro­ via averla a Rosario, anziché con i vapori che la ca- # ricano a Genova per Rosario, e che arriva, tiasbor data a Buenos Aires, con un ritardo di dieci, quindici e fino trenta giorni.

Questo inconveniente potrebbe eliminarsi ; infatti nell’ ultimo semestre entrarono d’ oltre mare nel porto di Rosario, centinaia di vapori inglesi, tedeschi o di altre nazionalità e soltanto 9 italiani, dei 40 tutti pro­ venienti da Genova, con carico italiano per Rosario, risultando così che 31 l’avevano trasbordato a Buenos Aires.

La Camera di commercio di Rosario insiste sulla necessità di un servizio di navigazione a vapore fra Genova e Rosario. All’ uopo ha diretto fino dal mese di luglio una nota alla Camera di commercio di Ge­ nova facendo appello alla sua valida cooperazione presso le Società italiane di navigazione.

A quella nota ha allegato i documenti dimostranti che le nostre Società saranno sempre le preferite, e non mancherà loro il carico di ritorno, purché auto­ rizzino i loro agenti a contrattare i noli a prezzi con- veniei ti, tali da poL-r competere colle Compagnie straniere, quand’ anche al principio non si coprissero le spese, e sa del resto molto improbabile per non dire impossibile.

Infatti nel 1900 entrarono in Rosario 538 vapori con 887,662 tonnellate di registro, dei quali 367 in­ glesi, 97 tedeschi, 25 spagnuoli, il resto di diverse nazionalità e soltanto 22 italiani, e ne partirono 565 in complesso, tutti carichi.

Finalmente la relazione osserva che insignificante è il movimento del nostro Museo commerciale, mal­ grado le continue richieste di campionari fatte dalla Camera in Italia.

Tutto il contrario di ciò che fanno i produttori stranieri, i quali ne spediscono degli splendidi, co­ stosi, abbondanti, ben condizionati e franchi da ogni spesa, pure di far conoscere e apprezzare i loro ar­ ticoli.

I commercianti d’ Italia che si rifiutano di man­ dare campioni corrispondenti alla fama che l’ arte e P industria italiana hanno saputo acquistarsi dopo lunga lotta compiono, senza volerlo, un atto poco patriottico, e danneggiano i loro stessi interessi.

LEGISLAZIONE SULLE CASE DELLE CLASSI OPERAIE

nella Gran Brettagna.

(Leggi 18 agosto 1890, 24 agosto, 1893, 25 agosto 1894 e 8 agosto 1900).

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796 L ’ E C O N O M I S T A 22 dicembre 1901

(unhealthy areas) situata in un distretto sanitario urbano. La seconda parte si riferisce alle abitazioni e alle loro dipendenze prese isolatamente (unhealthy dwelling houses), siano esse situate in un distretto urbano, ovvero in un distretto rurale. La terza parte concerne le case destinate ad alloggiare gli operai

[worlcing classes lodging houses). La quarta parte con­ tiene disposizioni supplementari. La quinta e sesta si occupano rispettivamente dell’ applicazione della legge in Iscozia e in Irlanda. La settima ed ul­ tima detta alcune disposizioni abrogatorie e tran­ sitorie.

Soppressione degli alloggi insalubri.

a) Per zona insalubre (unhealthy area) la legge intende un gruppo di case che per vizi di costru­ zione, per esiguità di locali o per la loro cattiva di­ stribuzione possono danneggiare la salute delle per­ sone che vi abitano, o quella dei vicini. Per rimediare a questi danni la legge regola una procedura che si inizia con un rapporto ufficiale (officiai representation)

compilato dal medico del servizio di sanità (medicai officer of hcalth), d’ ufficio o sopra ricorso del giudice di pace o degli abitanti, e diretto all’ autorità sani­ taria locale. Questa redigerà un progetto prelimi­ nare (sch.eme) corredato da piani è rilievi, al quale sarà data pubblicità, con facoltà a chiunque di esa­ minare i relativi documenti. Saranno fatte le ne­ cessarie notificazioni ai proprietari e agli affittuari degl’ immobili da espropriare: quindi l’ autorità su­ periore, Segretario di Stato o Ufficio centrale del Governo locale, emetterà una decisione per l’ appro­ vazione provvisoria del progetto (confirmation o f prooisional order). Il parlamento dara infine la sua

sanzione definitiva.

b) Le formalità invece stabilite dalla seconda parte della legge per le case insalubri prese isolata- mente (unhealthy dwelling houses) sono le seguenti.

In seguito a rapporto ufficiale del medico del servizio di sanità, 1’ autorità sanitaria locale pratica un’ inchiesta, e se da questa risultano fondati i re­ clami avanzati per motivo di una casa ritenuta in­ salubre, l’ autorità locale può ottenere dalla Corte di giurisdizione sommaria un decreto di chiusura della casa, con divieto di abitarla sotto sanzione di pena­ lità peouniarie non superiori a 80 lire sterline. A questo decreto può tener dietro una ingiunzione di eseguire certi lavori per rendere la casa abitabile, con fissazione di termini al proprietario per delibe­ rare. Questi ha facoltà o d’interporre appello avanti alla Corte delle sessioni trimestrali (couit o f quarter scssion), oppure di procedere ai lavori di risana­ mento e di restauro che gli sono imposti dall’ auto­ rità looale; egli può anche demolire o far demolire l’immobile in conformità all’ ordine di demolizione.

Formalità per il regolamento delle indennità (settlement of compensation).

a) Quando l’ acquisto o l’ espropriazione dei ter­ reni si affettua in seguito a una procedura fatta in virtù della prima parte della legge, quella cioè ri­ guardante le zone insalubri (unhealthy areas) le re­ gole relative alla determinazione dell’indennità sono quasi conformi a quelle stabilite in materia di espro­ priazione per causa di pubblica utilità dai lands clauses Acts. Un perito arbitro (arli/ror) è nominato dall’ autorità superiore; egli è competente a decidere sui reclami dei proprietari di terreni compresi nel perimetro dei lavori intrapresi dall’ autorità sanita­ ria. Avanti a lui si svolge una procedura in con­ traddittorio (proceedings o f arbitration), nella quale ò ammissibile la prova testimoniale. La sentenza

(airard) che chiude il procedimento viene depositata presso l’autorità superiore, e, in copia, presso 1’ au­ torità locale. Di questo deposito vien fatta comuni­ cazione alle parti interessate con invito di far valere i loro diritti. L’ indennità stabilita vien pagata a cura dell’ autorità locale.

In alcuni casi, limitatamente determinati, allor­ ché 1’ indennità da pagare eccede 1000 lire sterline, si può produrre appello contro la decisione dell’ ar­ bitro avanti al giuri.

b) Per quanto riguarda le misure prese dall’ au­ torità locale in relazione agli immobili isolati, che formano oggetto della seconda parte della legge

(unhealthy dwelling houses), nell’ interesso della salu­

brità pubblica, è stabilita una distinzione fra le case che sono per loro natura inadatte all’ abitazione umana (buildings unfit f o r human habitation) e quelle che, senza avere questo carattere, nuociono alla cir­ colazione e rinnovazione dell’ aria dello case vicine (iobstructive buildings). La chiusura e la successiva demolizione-delle prime non danno luogo ad alcuna indennità a profitto del proprietario. Anzi, se i la­ vori sono eseguiti d’ ufficio, l’ autorità locale ha il diritto di rimborsarsi sul prezzo dei materiali di de­ molizione. Se poi si tratta di abbattere obstructive buildings, il proprietario deve essere indennizzato dell’ espropriazione, e se desidera conservare il ter­ reno, l’indennità sarà proporzionata alla perdita su­ bita per effetto della distruzione della casa.

Lavori da eseguire.

a) L’ espropriazione di un gruppo di case, in re­ lazione alla prima parte della legge (unhealthy area),

per cura dell’autorità sanitaria locale è il lavoro pre­ liminare per il risanamento di un quartiere. Le re­ lative operazioni devono modellarsi sopra un- piano di miglioramento (improvement scheme) approvato dal Parlamento; esse ' importano la distruzione o il re­ stauro delle case esistenti, l’ apertura o l’ allarga­ mento delle strade, la canalizzazione delle acque, la fognatura e infine la costruzione di nuove case in conformità alle disposizioni dettate per l’ alloggio degli operai senza ricovero. Nella contea e nella città di Londra, il progetto deve provvedere all’ al­ loggio delle famiglie operaie sprovviste di asilo a causa dell’ espropriazione. A tal fine sull’area o nelle vicinanze delle case abbattute devono essere prepa­ rati ed edificati locali convenienti (suitable dwellings)-,

però 1’ autorità superiore può dispensare dall’ ob­ bligo di ricostruire abitazioni operaie per più della metà delle persone prive di alloggio, come pure può esser permesso al municipio di erigere le nuove co ­ struzioni fuori del perimetro delle espropriazioni. Nelle altre località è lasciata la più grande latitu­ dine alle autorità e all’ Ufficio del governo locale per determinare le misure opportune per assicurare l’ al­ loggio degli operai espulsi in seguito ai lavori di demolizione.

Per intraprendere e condurre a termine ì lavori di cui si tratta, l’autorità locale può alienare o lo ­ care la zona espropriata imponendo all’acquirente o al locatario un capitolato d’ oneri che garantirà la rigorosa esecuzione del piano ufficiale ; essa può anche concedere i lavori, in condizioni determinate, a Corporazioni, a Società o a privati, oppure l’ au­ torità può eseguire essa stessa i lavori in virtù di un permesso speciale, che non è però necessario per i semplici lavori di demolizione e di viabilità.

b) La seconda parte della legge non rende ne­ cessari lavori di utilità pubblica in seguito alla di­ struzione di case insalubri isolate (buildings unfit for human habitation) o di edificii ingombranti (ob- struetive buildings). La loro area resta nuda, oppure i proprietari potranno riedificare soltanto le costru­ zioni stabilite secondo, le regole dell’ igiene, senza danneggiare in verun modo il godimento dell’ aria alle caso più vicine.

Tuttavia, se 1’ autorità locale ritiene che esten- den io il perimetro delle espropriazioni, potrebbero soddisfare voti legittimi con 1’ apertura di una via, con la creazione di un giardino o di una piazza, con r erezioue di case operaie, redige un piano di massima dei lavori riconosciuti necessari e, ottenu­ tane T approvazione dall’ Ufficio del governo locale, e, ove occorra, dal Parlamento, procede alle espro­ priazioni nelle forme ordinarie regolate dai lands clauses Actes.

Fondi per le spese

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