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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.37 (1910) n.1908, 27 novembre

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.SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TE R E SSI P R IV A TI

Anno XXXVII - Voi. XLI

Firenze, 27 Novembre 1910

N. 1908

SOMMARIO: Sulla riform a d el Senato — D eve essere au m entatala circolazione bancaria? — G-. Terni, Il credito agrario nel M ezzogiorno e la Cassa di Risparm io del Banco di Napoli — P er una Banca coloniale italiana — RIVISTA BIBLIOGRAFICA : A vv. Enrico Soprano, D ella responsabilità civile e penale degli A m m inistratori di Società per azioni - Werner Sombart, Die Deutsche V olksw irt­ schaft im Nunzehten Jahrhundert - F. Anstey, Vice-Versâ —- RIVISTA ECONOMICA E FINANZIA­ RIA : Sul movimento nell’ emigrazione italiana - Un prestito dello stato di Maranhao - Lo sviluppo commerciale del porto dell’Havre - La statistica delle operazioni del Regno- Unito - Il bilancio della Turchia - Il movimento marittimo e commerciale del porto di Marsiglia — RASSEGNA DEL COM­ MERCIO INTERNAZIONALE : Il commercio della Francia — La situazione del Tesoro al 31 Ottobre 1910 — G li im m igranti nelle industrie degli Stati Uniti —- Cronaca delle Camere di com m ercio — M ercato M onetario e R ivista delle Borse — Società Commerciali ed industriali — Notizie com m erciali.

SULLA RIFORMA D EL SENATO

Evidentemente l’on. Luzzatti ha messo sul tappeto la questione della riforma del Senato, senza essersi prima assicurato che esistesse una sufficiente preparazione nel paese, e nell’ambiente politico, tale che promettesse una qualunque ac­ cettabile soluzione. Cosi gli studi che si sono intrapresi e le proposte che da più parti si vanno concretando, assumono davanti agli occhi di tutti un andamento tumultuario e scarsamente ponde­ rato; onde molto probabilmente si finirà col rin­ vio di ogni decisione a tempi più maturi.

E ’ egli possibile immaginare che una Com­ missione sia pure di competentissimi, concepisca e formoli in pochi mesi, come se si trattasse di un qualunque progetto di legge, le basi li una riforma che tocca i punti più delicati del nostro diritto costituzionale e mira a modifi­ care nient’altro che la costituzione della Camera vitalizia ? Argomenti di importanza ben inferiore a questo, hanno domandato più anni di studio, non tanto perchè la questione è complessa e de­ licata, quanto perchè non è ammissibile, senza perdere in serietà ed anche in dignità, che si­ mili questioni vengono sollevate inutilmente e siano indicate soluzioni che non incontrano poi il suffragio generale. Perciò si sogliono in mate­ ria così fatta, prolungare gli studi per sentire quale sia la disposizione degli animi, per accer­ tarsi che le proposte non sieno la espressione della mentalità di pochi individui, ma rispon­ dano al convincimento se non della unanimità, almeno della grande maggioranza degli uomini politici che hanno diritto di interloquire in pro­ posito. Ed appunto in tali circostanze' si suole progredire negli studi con una certa lentezza per aver tempo di tastare l’opinione pubblica, di far largamente discutere, quasi in via

preli-minai-e, le eventuali proposte, in modo che alla fine sia possibile concretare un progetto che rap­ presenti il convincimento generale.

Invece avviene che la Commissione incari­ cata dello studio di una questione così impor­ tante come la riforma del Senato, in pochi mesi formuli le sue conclusioni, senza aver lasciato che il pubblico, via via che gli studi procede­ vano, avesse campo di esprimere il proprio parere, e dando luogo persino alla stranissima anomalia che i giornali mettano in luce la relazione della minoranza, prima che si conoscano le proposte della maggioranza della Commissione.

Fino dal maggio decorso quando il Senato si occupò dell’ argomento e nominò la Commis­ sione, abbiamo nell’ Economista manifestata la persuasione che non se ne sarebbe fatto nulla, perchè la disposizione degli animi ci sembrava piuttosto contraria a qualunque riforma che, se fosse stata radicale avrebbe messo in pericolo il nostro regime costituzionale ; se fosse stata di lieve importanza non meritava il nome di ri­ forma, nè avrebbe presentato urgenza di sorta. I fatti stanno per darci ragione ed ormai è persuasione generale che il progetto dell’ on. Arcoleo sarà seppellito dalla quasi unanimità dei Senatori, che però troveranno modo di salvare la dignità della Commissione, del Relatore ed anche dell’ iniziatore on. Luzzatti, protestando la ne­ cessità di nuovi e più ampi studi.

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754 L ; ECONOMISTA 27 novembre 1910

del Potere esecutivo sulla nomina dei Senatori, ed anche un poco una procedura inquisitoriale, che non riusciva affatto simpatica.

E noi pure in più occasioni quando alla fine di giugno o di dicembre vedevamo il Senato approvare bilanci e disegni di legge senza di­ scussione a diecine per giorno, abbiamo rilevato che con tale quiescenza alle esigenze della Camera elettiva e del Governo, il Senato esautorava la propria dignità e dimostrava quasi inutile la propria funzione ; e quando nelle recenti nomine di nuovi Senatori abbiamo vista la Commissione per la verifica dei poteri procedere ad investiga­ zioni che esorbitavano assolutamente dalle necessità politiche, non abbiamo mancato di notare tutto il pericolo di un simile procedimento ed il nostro articolo trovò larga ripercussione nella stampa quotidiana; ma anche allora ci siamo limitati a domandare una riforma sul funzionamento del Senato, e non già una riforma sulla costituzione stessa della Camera vitalizia.

Allora come oggi pensavamo e pensiamo che la riforma del funzionamento del Senato sta nella sua stessa volontà, ove la Camera vitalizia si fosse qualche volta ribellata al poco rispetto che e la Assemblea elettiva ed il Governo le dimo­ stravano; se avesse ricominciato a studiare, come studiava una volta, le questioni che le venivano sottoposte; se avesse messo coi fatti una remora coll’uso invalso di affollare il Senato di innume­ revoli progetti di legge da approvarsi a tamburo battente, i lamenti sarebbero cessati ed il giu­ dizio poco benevolo che si soleva giustificata- mente esprimere sull’opera del Senato, si sarebbe modificato.

Ma il Senato continuò a brontolare e non volle mai reagire, col pretesto di non turbare l’andamento della cosa pubblica, come se non fosse già un grave turbamento il cattivo funzio­ namento di una delle due Camere.

Basterebbe ricordare le importanti e feconde discussioni che in altro tempo si facevano in Se­ nato in materia finanziaria, ed il silenzio quasi completo di questi ultimi anni per provare la decadenza del funzionamento di quel Consesso, che sembrava disinteressato della cosa pubblica.

Non è il caso ora di discorrere se il Senato debba essere in tutto ed in parte elettivo ; se il numero dei Senatori debba rimanere o no il­ limitato; se i Senatori funzionari dello Stato debbano essere ristretti ad un massimo insupe­ rabile. Abbiamo il convincimento che il tempo non mancherà certo per discutere tutti i parti­ colari di una riforma che rimarrà per lunghi anni allo stato di proposta ; ma possiamo bene esprimere 1’ opinione che il Senato ha il mezzo per far sentire il suo desiderio che nella scelta delle persone che debbono far parte della Camera Alta, il Governo deve ispirarsi, nel consigliare la Corona, a criteri elevati e generali e desistere alle esigenze elettorali e locali ed alle meno confessatili pressioni. E per raggiungere questo scopo il Senato non ha bisogno di respingere questo o quel candidato, la qual cosa impiccioli­ rebbe la questione, ma ha in tutto il complesso della sua funzione, quando voglia servirsene, mezzi più che sufficienti per far sentire e far pesare il suo risentimento ed il suo malumore.

Il Governo ha continuamente bisogno della condiscendenza del Senato nelle varie contingenze della vita parlamentare; basterà che faccia na­ scere nei Ministri la persuasione che il Senato non è disposto a dir sempre di sì, specialmente quando sia trattato con minor deferenza, ed i membri del Gabinetto comprenderanno subito, prima di compiere certi atti, che bisogna tener conto anche della volontà e degli umori della Camera Alta.

E crediamo che se la discussione prossima sulla riforma del Senato si chiuderà con una dichiarazione solenne che, per ora almeno, la mi­ gliore riforma consisterà nel dare al Senato una parte maggiore nella vita politica del paese, men­ tre dal canto suo il Senato è pronto ad assu­ merla, sarà tanto di guadagnato per tutti, e si eviterà qualche passo precipitato che può avere delle inattese conseguenze.

In questi cinque o sei mesi dacché la que­ stione è aperta, ci sembra si sia avuta la prova che il paese non è maturo ad una soluzione radicale su argomento di tanta importanza costituzionale. Nè le discussioni od interviste che videro la luce nei giornali e nelle riviste, nè le proposte, per quelle che se ne sa, della Commissione, nè la parte che l’opinione pubblica ha preso nel dibattito, valgono a persuaderci che sia proprio sentito ora il bisogno di una riforma di quel genere, col rischio di inventare una procedura per modifi­ care lo Statuto; la quale procedura ha tutto il pericolo di una costituente che può gettare il paese, che ha bisogno di pace e di tranquillità, in una grave agitazione.

Deve essere aumentata

la circolazione bancaria ?

---♦---III.

Ricordiamo prima di tutto quali sieno le disposizioni della legge che disciplina attual­ mente la circolazione, delle Banche di emissione e tanto più crediamo necessario ricordare le disposizioni della legge, in quanto vediamo che alcuni scrivono sull’ argomento senza completa conoscenza di quanto è stabilito dalla legge 31 dicembre 1907, n. 804, 1’ ultima legge che mo­ difica il Testo unico.

La circolaziono normale dei biglietti è fis sata ad un massimo di 908 milioni, di cui 660 per la Banca d’ Italia, 200 per il Banco di Na­ poli e 48 per il Banco di Sicilia ; al Banco di Sicilia però è concessa una maggiore circolazione di 10 milioni esclusivamente per operazioni di anticipazioni su fedi di deposito e di sconto a saggio di favore di note di pegno degli zolfi.

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27 novembre 1910 L ’ ECONOMISTA 755

presenta 548 milioni su una circolazione che, al massimo può arrivare a 908 milioni.

Su questa circolazione, che è convenuto di chiamare normale, le Banche debbono pagare, dedotto 1’ ammontare della riserva metallica, una tassa di lire 0.10 per cento.

Oltre tale circolazione normale ne è con­ cessa una « eccedente » di 69 milioni complessi­ vamente, di cui 50 alla Banca d’ Italia, 15 al Banco di Napoli, 4 al Banco di Sicilia, la quale è però soggetta ad una tassa eguale al terzo della ragione dello sconto e deve essere pure coperta da riserva metallica nella misura del 40 per cento.

E ancora è concessa un’ altra somma di cir­ colazione per altri 69 milioni, divisi come sopra, semprechè sieno coperti dal 40 per cento della riserva ; tale terza categoria di circolazione è soggetta alla tassa di due terzi della ragione dello sconto.

Una quarta categoria di circolazione è am­ messa dalla legge per altri 69 milioni, divisi pure come sopra, coperta dal 40 per cento di riserva metallica e tassata in misura della in­ tera ragione dello sconto.

E poi ogni ulteriore eccedenza sui complessivi 1115 milioni delle quattro categorie,od ogni somma di biglietti in circolazione che non risulti coperta col 4Ò per cento di riserva metallica, è soggetta alla tassa del 7 1[2 per cento.

E finalmente è ammessa una circolazione senza limiti tutta coperta da riserva metallica ed esente da ogni tassa.

Come si vede il sistema della nostra circo­ lazione bancaria è notevolmente complicato e vai la pena, per rendersene chiaro il concetto di rie­ pilogarlo in una specie di quadro:

Circola­

zione Riserva Tassa

1°. 908 milioni 40 0[0 L. 0.10 OpO, dedotta la riserva 2°. 69 » 40 0(0 1(3 della ragione dèlio sconto 3°. 69 » 40 0(0 2(3 id. id. 4°. 69 » 40 0(0 1’ intera ragione dello sconto

1115 »

5°. ulter. ecced. 40 ()|0: il 7 1[2 0|0

6°. non coperta dal 40 0(0 di riserva: il 7 1|2 0(0 7°. tutta coperta da riserva: esente da tassa.

Ora è naturale che le Banche tendano a destreggiarsi, in mezzo a simile sistema, per evi­ tare più che sia possibile le alte gravezze che colpiscono la circolazione al di là della loro quota sui 908 milioni, quando le circostanze richiedano di oltrepassare la circolazione normale.

La abbondanza delle riserve metalliche ha permésso una larga circolazione interamente co­ perta; ma è evidente che essa sostituisce la mo­ neta, che viene sottratta alla circolazione e non determina un aumento di medio circolante. Le Banche, quasi diremo, potrebbero fare gli sconti e le anticipazioni in oro e scudi pagabili a sca­ denza in oro o scudi ed invece, per molte ragioni che qui è inutile esporre, approfittano della legge ed operano con biglietti che sostituiscono la mo­ neta metallica : ma tale circolazione a piena co­ pertura non entra per nulla in quella funzione delle Banche di emissione che le autorizza a compiere sconti ed anticipazioni con biglietti co­ perti da portafoglio per il 60 per cento e da ri­ serva metallica per il 40 per cento.

Resta quindi la possibilità di emettere bi­ glietti per 1115 milioni con la copertura del 40 per cento; però di questa somma di biglietti si può dire che 977 milioni rappresentino ancora una possibile emissione, proficua per le Banche, che pagano la tassa di lire 0.10 fino a 908 mi­ lioni e di un terzo della ragione dello sconto per altri 69 milioni, ma al di là di tale cifra comin­ ciano le difficoltà fiscali, che sono già notevoli per gli ulteriori 69 milioni, che domandano una tassa di due terzi della ragione dello sconto, di­ ventano quasi proibitive per gli ulteriori 69 milioni che vogliono una tassa eguale a tutta la ragione dello sconto, e sono poi proibitivi assolutamente, quando per le successive eccedenze si domanda una tassa del 7 1[2 per cento.

Il legislatore in queste disposizioni ha se­ guito una via diversa da quella delle leggi pre­ cedenti ed anziché proibire semplicementeJa ec­ cedenza della circolazione ha voluto mettere la Banca nella necessità di far sentire alla clientela che in date circostanze non avrebbe potuto avere il danaro che a condizioni gradualmente sempre più onerose.

Certo è, che sembra una contrrdizione am­ mettere la possibilità di tale eccedenza della circolazione e nello stesso tempo aggravare tale eccedenza in misura tanto sproporzionata.

E tanto più sembra illogico, tale sistema, in quanto, quasi sempre, la necessità di oltre­ passare i limiti della circolazione normale è de­ terminata da condizioni, certo non favorevoli, del paese e quindi non dovrebbe essere ammesso che il Fisco avesse a guadagnare sulle difficoltà del mercato.

Per tutte queste considerazioni ed altre, che omettiamo, vi è ragione da chiedersi se, senza modificare notevolmente la legge vigente, e senza turbare il fondo delle sue complessive disposi­ zioni, non sia il caso di sopprimere una parte di quelle restrizioni, dando così alla circolazione delle Banche quella maggiore elasticità che è da tutti desiderata.

Non intendiamo qui di fare proposte con­ crete ma solo di accennare ad un concetto che valga ad avvicinarci per ora allo scopo di ren­ dere possibile che le Banche possano seguire con minor sforzo le vicende che il paese attraversa.

Per modificare il meno possibile 1’ economia della legge esistente si potrebbe ad esempio sop­ primere le categorie di circolazione soggette alle tasse di un terzo, di due terzi, e della intera ragione dello sconto, facendone una sola catego­ ria soggetta ad una tassa moderata, magari esi­ gendo una maggiore percentuale di riserva ; ov­ vero, per restare in limiti ancora più ristretti nella modificazione della legge, concedere dopo i 1115 milioni un altra categoria di 70 milioni od anche di 100 che fosse soggetta alla tassa del 6 per cento, considerando che nei momenti anormali il saggio dello sconto si aggira intorno a quella cifra. Comunque si deliberi, è certo che le nuove condizioni della economia del paese esigono, non già un aumento della circolazione normale come alcuno domanda, ma un margine abbastanza largo perchè le Banche possano, quando la situazione normale cessa di esser tale, muoversi agevolmente

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Nessuno può negare che gli Istituti di emis­ sione italiani non abbiano in quest’ ultimo de­ cennio seguita una politica rivolta più a van­ taggio del pubblico che a loro proprio utile. La crise del 1907, le prestazioni per la conversione della rendita e per il collocamento dei due ultimi prestiti, sono a provare tutto il buon volere di quegli Istituti e tutta l’ opera prestata per il bene pubblico, talvolta senza altro compenso che quello di un dovere compiuto; non è quindi ra­ gionevolmente a temere che di una maggiore lar­ ghezza quegli Istituti possano abusare ; ma d’ al­ tra parte è deplorevole che per una eccessiva prudenza e per la preoccupazione di abusi, si mettano gli Istituti stessi nella difficoltà di fare tutto quello che potrebbero verso il mercato, nei momenti in cui esso manifesta maggiori bisogni.

Siamo stati sempre avversari delle situa­ zioni artificiali e delle fittizie prosperità che si creano a furia di biglietti di banca ; crediamo anzi che una circolazione ordinata e tenuta in limiti convenienti sia garanzia di regolarità del mercato, ma nello stesso tempo crediamo che la funzione delle Banche di emissione debba essere sempre in corrispondenza ai bisogni del paese ; e come questi bisogni non possono essere rigidi, così non debbono essere nemmeno rigidi i mezzi per sodisfarli.

Ma un’ altra questione fu discussa in questi giorni a proposito della circolazione bancaria, quella cioè che l’iguarda i depositi e ci propo­ niamo di dirne qualche cosa in un prossimo ar­ ticolo.

Il credito agrario nel Mezzogiorno

e la Cassa di Risparmio del Ranco di Napoli

In questi ultimi dieci anni che si è tanto dibat­ tuta la questione meridionale, tra i rimedi prin­ cipali si è accennato prima all’ istituzione, ad un’ adeguata diffusione poi del Credito Agrario; a dir vero le opinioni sono oggi alquanto modi­ ficate, per opera di due scrittori eminenti, l’ uno oltre che economista profondo conoscitore dei luo­ ghi ove ha trascorsa l’ intera sua vita, l’altro ge­ niale e dotto quanto il primo che per aver stu­ diato il problema del mezzogiorno attraverso pubblicazioni d’ ogni specie e i dibattiti parla­ mentari non ha per questo minore autorità in materia; intendiamo dire dell’ on. Nitti e di Luigi Einaudi. Il mezzogiorno, essi vengono sostenendo ed i loro scritti trovano ormai un’ eco di consenso in quella parte dell’ opinione pubblica che segue le vicende economiche del nostro Paese, il mez­ zogiorno non vedrà risorgere l’ agricoltura per virtù di leggi artificiose e applicate faticosamente, perchè l’ elemento locale non seconda gran che questa sorte d’ iniziative maturate nelle sale di Montecitorio, Esso viene redimendo lentamente le sue terre per virtù dell’ emigrazione in cui Yame- ricano si sostituisce con maggiori mezzi al pro­ prietario di prima, e. per ciò che si attiene al­ l’azione dello Stato questa sarà sopratutto proficua quando si rivolgerà a risolvere con mezzi idonei allo scopo, problemi colossali quali il rimboschi­ mento, la sparizione della malaria e le strade.

Le strade, i mezzi di comunicazione, ecco la ne­ cessità più grande forse del mezzogiorno, senza di che non si ha possibilità di commerci, di tra­

sporto di derrate e quindi di coltivazione pro­ ficua; tali in sostanza sarebbero anche le conclu­ sioni dell’ inchiesta parlamentare ' che ha già trovato i primi volgarizzatori e propagandisti nei due autori sunnominati. Fra tante grandiose e impellenti necessità, qual’ è dunque il posto che spetta al Credito Agrario come coefficente del resultato che si vuole e si deve ottenere, di spin­ gere l’ Italia meridionale a quella condizione di produttività,, la quale è elemento primo di vita civile? Non crediamo di errare affermando che solo allora risulta profittevole il credito all’agri­ coltura, che ha per substrato la mutualità e la cooperazione tra gli interessati, quando in primo luogo la proprietà sia in molto frazionata ed esista quindi come figura prevalente il piccolo agricoltore, in secondo luogo quando sussista altresì un gruppo di altre condizioni tra cui facilità di trasporti, mano d’ opera, riparo da danni alluvionali perio­ dici, uno stato di civiltà in cui s.ia attivo il sen­ timento del dovere di fronte alle obbligazioni assunte.

Sin quando questi vari elementi facciano difetto in una zona è inutile sperare miracoli nel Credito Agrario, che pure ha funzioni utilissime come sottrarre il contadino all’ usura, la quale è più feroce nei campi che nelle città, e renderlo appassionato alla sua terra nella sicurezza che una stagione avversa non lo costringerà ad emi­ grare. In altre occasioni abbiamo accennato ai risultati del Credito Agrario in altri paesi, ad esempio in Germania ed in Francia, ma si è ri­ flettuto che se tal ramo del credito ha preso diffu­ sione tanto vasta e ad esso sono stati devoluti mezzi grandiosi, di centinaia di milioni, si operava in località ove ognuna delle condizioni ricordate ha un’ impronta ben de finita. Nè si dica che la Ger­ mania è il paese della proprietà feudale giacché ac­ canto al grande latifondista trovarmi a migliaia i piccoli proprietari, e. sono questi precisamente che promossero quella mirabileorganjzzazione che servì d’ impulso e d’ esempio in ogni parte d’ Europa. Ciò abbiamo voluto rilevare prima di far un cenno di quanto si è fatto pel Credito Agrario nelle provincie del mezzogiorno, perchè solo te­ nendo conto dell’ ambiente, delle condizioni in cui trovasi quella terra che ebbe per secoli i governi peggiori può comprendersi come da un lato tale istituto non abbia avuto la facoltà di redimere un’ intera regione e come dall’ altro gli sforzi fatti dalla Cassa di Risparmio del Banco di Napoli per sormontare le difficoltà infinito che si para­ vano alla sua azione sieno stati realmente note­ voli, tanto da meritare la gratitudine della Na­ zione.

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27 novembre 1910 L’ ECONOMISTA 757

rivolgevano a lui per attingere quei larghi fondi coi quali avrebbero meglio esplicato l’ attività loro, ma era il Banco stesso costretto per dare praticità alla legge di mandar emissari nelle pro­ vinole a scopo di propaganda e far pressione sulle Casse rurali ed i Consorzi esistenti perchè questi si facessero organi attivi e si adattassero alle formalità legali per le iscrizioni in castelletti, magari d’ ufficio.

Dunque una grande difficoltà iniziale ha reso laboriosa l’opera del Banco ed essa non è mai venuta meno ; ne fanno prova le risposte avute da sindaci e da presidenti di consorzi alle circolari della Cassa di Risparmio e che vengono riportate nell’ultima relazione a prova dell’ indo­ lenza regionale e della poca fiducia che ancora si nutre sull’efficacia dei provvedimenti voluti dalla legge 1901. Tuttavia si è fatto moltissimo e grande lode va tributata a quel Direttore ge­ nerale Comm. Miraglia, che in otto anni seppe far rivolgere all’agricoltura il benefìcio di oltre 20 milioni, pur mantenendo immune da rischi seri le somme affidate a titolo di deposito alla Cassa di Risparmio del Banco e seppe resìstere alle pretese insistenti di quelle Società che chie­ devano prestiti per fini non contemplati dalla Legge. L ’ Istituto napoletano iniziando nel 1902 le sue operazioni non trovava che 162 Enti delle provincie che reputasse idonei alla concessione del credito, ed in quell’anno la somma dei pre­ stiti non ascese che a L. 143 mila ; nel 1908 gl’ istituti intermedi erano già 733 saliti poi nel 1909 a 764 coi quali vennero fatte opera­ zioni per L. 5,390,203, con una differenza in più rispetto all’ anno precedente di oltre mezzo mi­ lione.

E ’ notevole sopratutto il genere delle Asso­ ciazioni di appena 10 nel 1902 a responsabilità illimitata, mentre alla fine del passato esercizio ammontavano a 71.

Le iscrizioni in castelletto, assegnate per buona parte d’ ufficio, riguardavano ultimamente 457 istituti, e mettevano a disposizione un fondo di 12 milioni, con un aumento sul 1908 di L. 1,185,000. La re'azione c’ informa che in otto anni di esercizio si ebbero sofferenze, detratti i ricuperi, che nell’ ultimo esercizio sommarono a L. 23,526 per L. 90,530, cifra davvero non im­ pressionante di fronte al totale delle operazioni di più che venti milioni ; nel 1909 poi le soffe­ renze verificatesi pari a L. 2,464 sono rispetto al collocamento nella proporzione del 0,45 % mentre per lo sconto ordinario la percentuale fu del 0,084. Anche atteso questo divario la per­ centuale non sembra eccessiva e devesi tener conto del fatto che le perdite si riferiscono quasi sempre a prestiti diretti, come si è visto per le sofferenze subite dalla Cassa di Risparmio del Banco di Sicilia. Gli utili lordi depurati delle sofferenze, ammontano a L. 330,966 « lo che conferma — dice la relazione —— che questa forma di credito è tutt’ altro che un lucro per la nostra Cassa di Risparmio ». Ma è d’ uopo accennare qui ad una lacuna che non permette di fissare le cifre degli utili netti. Quante sono le spese d’amministrazione? Vedemmo che per la Cassa di Risparmio del Banco di Sicilia esse pur contenute in limiti rigorosi, insieme agli interessi

passivi fanno sì che le operazioni della Sezione rappresentano un deficit con qualche pregiudizio del fondo ad essa assegnato se non si adotteranno radicali provvedimenti ; pel Banco di Napoli le cose procedono diversamente, per fortuna, e si parla invece di utili : ma non è indicata la cifra dell’ utile netto. Un altro rilievo che non crediamo fuori di luogo è quello relativo al servizio delle ispezioni; durante il 1909 furono fatte sole 6 ispezioni a istituti intermedi; poca cosa invero per 764 istituti affidati, di cui 104 attivi. Dob­ biamo ricordare che la Cassa di Risparmio del Banco di Sicilia la quale opera in territorio ben più ristretto ne fece eseguire nello stesso eserci­ zio ben 92.

Una difficoltà analoga a quella riscontratasi in Sicilia si è presentata nelle provincie del mez­ zogiorno circa la natura degli istituti intermedi a mezzo ai quali potesse praticarsi il credito agricolo; non dappertutto si trova esistente la forma tipica del Consorzio, della Cassa rurale o del Monte frumentario; in vari luoghi v’ hanno solo Casse di prestanze, che pei loro statuti non hanno facoltà di assumere prestiti mediante il risconto di cambiali e lo sconto diretto. Perciò la Direzione si è indotta a far pratiche perchè codeste Casse fossero autorizzate, a mezzo di ap­ posita legge, ad assumere la veste di enti inter­ medi ; è riforma che s’ impone, e che non può es­ sere attuata se non con provvedimento legislativo. E ’ da segnalare infine la larghezza di vedute degli amministratori della Cassa di Risparmio nel volere che l’esercizio del Credito fosse talora oppurtunamente diretto a sollievo delle crisi agri­ cole che si sono accentuate in questi ultimi anni non limitando l’attività sua alla sovvenzione pei lavori agricoli ordinari ; così in tre anni si con­ cesse alla proprietà fondiaria, travagliata spe­ cialmente nelle Puglie dalla crisi vinicola, una somma di L. 1,097,154.

Le cifre ricordate sono sufficienti a far rite­ nere che l’opera della Cassa di Risparmio del Banco di Napoli è stata per quanto possibile alacre e vasta; lo sarà di più ae varieranno col tempo pei provvedimenti dello Stato e per l’ef­ ficace cooperazione degli abitanti, le condizioni del Mezzogiorno.

G. Te r n i.

Per una Banca Coloniale Italiana

Nella Rassegna Nazionale del 1° Novembre l’ avv. Arminio Giovanni Mallarini di Genova propugna con molto vigore l’istituzione di una Banca Coloniale Italiana. Qui faremo una breve analisi del suo scritto, perchè ci paiono giusti quanto importanti i concetti da lui svolti, anche se in qualche punto, come poi diremo, sarebbe bene venissero maggiormente precisati.

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758 L ’ ECONOMISTA 27 novembre 1910

nostra razza; l’esortazione ad impedire ohe masse intere di emigranti nazionalizzati privino la patria di grandi forze umane ed economiche, che tanti prodotti del lavoro italiano entrino nei mercati mondiali con marche straniere, e che tanta ope­ rosità italiana all’estero non dia i risultati di cui sarebbe capace perchè non provvista di ben ordinati sostegni finanziari ; e infine il consiglio di procedere con metodi concordi, con unità d’intenti e con forze saldamente associate, sono dicerto idee nobilissime, ma non nuove, sono atte ad infor­ mare ogni più accettabile proposta, ma non la costituiscono ancora in modo concreto.

Al concreto però viene l’autore, suggerendo di dar vita a una Banca Coloniale, che abbia sede in Italia, ma operi fuori del Regno e- in gran parte, fuori d’Europa, che consti di capitali nazionali e privati, ma implichi l’ingerenza dello Stato, da una parte come esercizio di vigilanza, dall’altra come largizione di favori e privilegi.

L ’ azione della Banca dovrebbe essere —- così a grandi linee — quadripartita: svolgersi cioè, in vario modo secondo i luoghi: 1°) nel bacino del Mediterraneo; 2°) nelle due Americhe; 3°) nel­ l’estremo Oriente; 4°) nelle nostre Colonie di di­ retto dominio. Fermiamoci specialmente su questa parte, che ci sembra la più completa dell’intero lavoro.

Malgrado l’inerzia o la timidezza della po­ litica estera dell’Italia, a poco per volta in Le­ vante i traffici italiani si sono ringagliarditi. Per esempio, nella Turchìa europea e asiatica nel 1909 esportammo in filati e tessuti di cotone più che Francia e Germania messe assieme. In quei paesi i nostri commerci s’incamminano verso un’era di prosperità, e devesi riconoscere che adesso il R. Governo apprezza ed appoggia laggiù le ini­ ziative italiane. Qualcosa si è incominciato a fare anche nel Montenegro, ma è soltanto un principio, un segno del lavoro vastissimo che si potrebbe compiere nel Mediterraneo. Tale è anche l’opera iniziata lodevolmente qua e là dal Banco di Roma, che però fa risaltare il bisogno e la mancanza d’ un poderoso Ente finanziario appositamente creato.

Nell’Estremo Oriente non abbiamo quasi tradizioni; eppure non vi mancano energie ita­ liane, ma isolate, abbandonate a sè stesse. Sor­ reggendole, potremmo crearci colà poderose ric­ chezze, comma fanno altri europei e gli americani. Ad Hankow, che con oltre un milione d’abitanti, sul Yangtzè, a 600 miglia da Shangai, è com­ mercialmente una specie di Amburgo dell’Estremo Oriente, dal 1892 altre nazioni d’ Europa, ma non la nostra, e anche il Giappone e gli Stati Uniti, hanno concessioni ed impiantano fabbriche a vapore ed elettriche d’ogni sorta. In quel mondo che si rinnova e dove si fanno grassi affari, noi abbiamo un console di 3“ classe, pochi conna­ zionali e spediamo qualche cassa di Fernet e di mortadella! Eppure in Cina si potrebbe fare un lucrosissimo lavorìo economico, dal commercio delle sete alla partecipazione a costruzioni fer­ roviarie e al rifornimento di navi a quel Go­ verno. Mà sarebbe indispensabile laggiù una Banca Italiana. Ben diretta, essa prenderebbe parte al rinnovamento economico della Gina. Dove non potesse intervenire direttamente, indicherebbe

i migliori affari ai nostri capitalisti. Servirebbe dunque a intensificare colà i traffici italiani pri­ vati, e intanto farebbe lucrosi affari per proprio conto. Per prestiti di danaro, contro deposito di merci, i cinesi pagano volentieri l’8, il 10 anche il 12 °/0. Di fatti in Gina le Banche, le quali inoltre emettono biglietti propri, procurandosi un largo giro di capitali, dànno ai loro azionisti lauti dividendi.

Nell’America meridionale la Banca Coloniale Italiana troverebbe largo campo d’azione anche nelle repubbliche del Cile, del Brasile, del Perù, ecc.; ma specialmente nell’Argentina, dove vive un milione e mezzo di nostri connazionali. In gran­ dissima parte essi sono modesti lavoratori, per altro non scarseggiano neanche gli abbienti. Nel solo distretto consolare di La Piata, su 228 mila italiani si trovano quasi 35 mila proprietari d’immobili pel valore di 300 milioni di lire nostre. E non parliamo di quell’altra ricchezza che è l’allevamento del bestiame. Quegli italiani, se la Banca avesse filiali nei vari centri argentini, se ne servirebbero per tutti i loro rapporti con la madre patria. Pur avendo un capitale assegna­ tole dal suo statuto, in quei paese essa potrebbe non tenerlo come effettivamente versato, poiché si può calcolare che avrebbe sempre tanti depositi in conto corrente per una sessantina di milioni. Un ramo speciale della sua attività potrebbe poi essere il credito ipotecario, laggiù molto redditizio.

In quanto agli Stati Uniti dell’ America del Nord, dove abbiamo 1,354,000 italiani e d’onde si mandano ogni anno in Italia oltre 400 milioni di lire, opina l’autore che il lavoro della Banca avrebbe successo purché limitato, diretto soltanto a ben studiati scopi di tutela finanziaria dei no­ stri emigranti, e che non sarebbe prudenza pro­ porsene altri.

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27 novembre 1910 L ’ ECONOMISTA 759

Altrettanto e forse più vi sarebbe da fare nella Somalia italiana. Oggi lo sfruttamento agri­ colo di quelle ricchissime terre procede con grande lentezza, ma le concessioni attuali e le future ne svilupperebbero la fertilità nei modi più proficui, quando sapessero di poter contare su un adeguato credito. Alla Banca che lo largisce, la valoriz­ zazione di quei territori servirebbe di garanzia. Essa poi potrebbe nella Somalia assumere l’opera di canalizzazione dei fiumi, nell’ Eritrea invece quella tanto necessaria delle riserve d’acqua. E in genere sarebbe atta e chiamata ad eseguire,'con proprio tornaconto, sia lavori pubblici, sia lavori e impianti necessari ai privati, che ora non ne hanno i mezzi, per ciò che concerne i commerci, l’agricoltura e le industrie, specie quelle ohe sono sussidiarie alla agricoltura o che ne derivano.

Ma se il compito è così vasto e molteplice, è evidente che occorrono non solo concordia d’ in­ tenti, larghezza e praticità di vedute, unità di direzione, ma anche solidità d’impianto, o in al­ tri termini abbondanza di capitali.

Di fatti l’avv. Malìarini dichiara necessario che l’Istituto di cui parla sia subito forte di molte diecine di milioni. E dice che, con una direzione unica in Roma, essendo il suo campo d’azione quadripartito come si è spiegato poc’ anzi, dovrebbe avere sedi nei più idonei centri dei paesi esteri, filiali e succursali dove maggiore sia la probabilità di buon successo, una burocrazia limitata al solo necessario, compartecipe però agli utili netti nell’intento di spingere i funzionari a dare alle operazioni profìcue il massimo incre­ mento. Altre caratteristiche sarebbero l’impar­ zialità, il nessun favoritismo, l’aprire credito a chi dia buone garanzie materiali, o in dati casi anche soltanto morali, il non voler affatto imporre i propri usi bancari nei paesi non europei, ma in­ vece adattarsi agli ambienti. La sagace conoscenza dei diversi ambienti e il trarre profitto, dovreb­ bero appunto essere criterio principalissimo; giac­ ché i privati sovventori del capitale si sentireb­ bero sicuri quando fosse notorio che l’Istituto ha tanta avvedutezza, che in certe regioni restringe il proprio lavoro a rimesse di titoli e a poche aperture di crediti, in altre invece, dove il danaro è scarso e la concorrenza quasi nulla, procede animoso nei più larghi e lucrosi affari. Del resto la Banca Coloniale Italiana, scrive l’avv. Malla- rini, dovrà quasi ignorare vi sieno le Borse.

E perchè? Perchè nel concetto dello scrittore le sue azioni dovrebbero servire non alla specu­ lazione, ma come investimento di capitali, come collocamento degli averi di piccoli capitalisti, dei risparmi di molte famiglie, che non a torto, stanche del caro della vita e del tenue interesse dato dalla Rendita di Stato e dalle Casse di R i­ sparmio, anelano a possedere qualche titolo che renda un po’ più, purché di piena sicurezza. D ’altra parte egli riconosce che in Italia oggi il capitale è giustamente diffidente, perchè corre un periodo nel quale ognuno ha imparato a proprie spese ad essere cauto, epperò reputa indispensa­ bile la garanzia dello Stato e quindi la sua in­ gerenza ; ingerenza legittima perchè esercitata in contraccambio dei privilegi che lo Stato medesimo conferirebbe alla Banca.

E questa, o almeno ci sembra, la parte meno

matura del progetto. Di fatti viene esposta in modo alquanto generico. « Come v ’ha una Banca d’Italia, alla quale lo Stato se diede privilegi impose doveri ; come vuoisi e 3Ì sta per fondare una banca del Lavoro; così urge, a difesa e so­ stegno delle molteplici attività economiche Italiane all’estero, che sorga una Banca Coloniale italiana controllata dal Governo e con privilegi e doveri speciali ». Il solo privilegio di cui vien fatto un cenno esplicito è quello, d’altronde tutt’altro che piccolo, di emettere carta moneta, beninteso nei soli nostri possedimenti coloniali. « Ed onde avere adeguato compenso al suo lavorìo, dovrebbe avere in Eritrea e per ciò che concerne la Somalia (e può di riflesso risguardare Etiopia) specialissimi privilegi finanziari dal Governo, dal diritto di emissione di carta moneta nelle nostre colonie dirette, a privilegi fiscali. E non paia irrisione o sogno questo accennare a carta moneta, perocché gli inglesi in India preferiscono, per ragioni po­ litiche, che gli indigeni abbiano carta moneta, anziché oro ». Qui possono nascere dubbi circa la possibilità d’attuare una tal proposta, trattan­ dosi di paesi dove lo Stato italiano, per far cosa pratica, ha dovuto rispettare la base monetaria trovatavi in uso, che è il tallero di Maria T e­ resa. Ma non insistiamo su ciò. Diciamo piuttosto, riguardo ai privilegi fiscali, che non si vede bene quali possano essere. Forse qualche mitigazione d’ imposte e tasse. Esenzione da ogni imposta e tassa no, non sarebbe giusto, mentre non ne vanno esenti le altre Banche, neppure quelle di emissione.

Ma ciò che più resta nel vago, è l’ingerenza governativa. In che modo dovrebbe esercitarsi ? In che limiti? Varie forme di ispettorato sono altre volte riuscite poco efficaci. Non dimenti­ chiamo che la Banca dovrebbe avere bensì un centro in Italia, ma anche molte Sedi, per ne­ cessità autonome in un certo grado, sparse per il mondo. Uno Statuto può vietare parecchie ope­ razioni, ma quali mai si potranno imporre all’atto pratico volta per volta? Si noti che lo Stato do­ vrebbe intervenire « a garantire la serietà tecnica, morale, finanziaria del nuovo Istituto ». Anche tecnica? Non possiamo ammettere che devono far parte dell’amministrazione o direzione centrale alquanti funzionari dello Stato; se no, dove se n’anderebbe quella libertà e elasticità di movimenti quella agilità che è propria delle imprese private?

Non escludiamo punto che a questi dubbi e quesiti possano darsi soluzioni e risposte esau­ rienti, ma ci piacerebbe, poiché il soggetto lo merita, vederle rese pubbliche e ben motivare ; altrimenti un complesso di proposte di non poca entità può essere in sé stesso pregevole, ma tale non risulta abbastanza.

R

ivista

B

idlioqrafica

A v v . E n rico S oprano. - Della responsabilità ci­ vile e penale degli Amministratori di Società per azioni con larghi massimari di giuri­ sprudenza. — Torino, Fratelli Bocca, 1910, pag. 251 (L. 8).

(8)

dell’ammi-^60 L ’ ECONOMISTA 27 novembre 1910

Distrazione nelle Società per azioni e spiega e critica le norme che le regolano, entra in materia considerando nella prima parte la responsabilità penale e civile degli Amministratori di Società per azioni. Nella seconda parte, che ci è sem­ brata la più importante e quella nella quale l’Au­ tore dimostra meglio il suo acume giuridico e la sua larga preparazione, tratta delle «attribuzioni e doveri degli Amministratori che danno luogo alla responsabilità ». L ’ultima parte riguarda la prescrizione delle responsabilità civili e penali.

Questo lavoro è stato.presentato al concorso aperto per tale tema dall’Ordine degli Avvocati di Napoli, ma l’Autore, quando il padre suo venne chiamato a far parte di detto Ordine, volle ritirarsi per un senso di delicatezza dal concorso, Però il Prof. Pessina in una breve introduzione premessa al volume, dichiara : « non è soltanto l’ampiezza della materia ciò che forma il pregio di questa monografia. Essa offre argomento a rite­ nere nel giovane Autore un valoroso giurista, do­ tato di animo scientifico ed addomesticato anche coi problemi attuali della scienza economica ». Ed accennando alle cause per le quali l’Autore si ritirò dal concorso, aggiunge che il Consiglio dell’ Ordine ha accettato la rinunzia «m a non potè toglier al giovane giurista il premio morale dovuto al mèrito intrinseco del lavoro ».

W e rn e r S om bart. - Die Deutsche Volkswirtschaft im Neunzehten Jahrhundert - 2te Auflage. — Berlin, Georg Bondi, 1909, pag. 609 (M. 10).

Una idea certo grandiosa è stata quella di raccogliere ed analizzare in un volume tutto il progresso economico della Germania conseguito nel secolo scorso, ma pochi scrittori avrebbero saputo concepire e svolgere quella idea cosi fe­ licemente come ha saputo farlo il Sombart.

In quattro libri l’Autore ha divisa la sua opera; nel primo libro descrive la vita econo­ mica germanica cento anni or sono, e comincia con la descrizione interessantissima di un viag­ gio compiuto attraverso la Germania al principio del secolo scorso; e prosegue con ampi ragguagli sulla vita esteriore economica, con cenni intorno alla distribuzione della ricchezza, alla differenza tra la proprietà immobiliare e la vita professio­ nale, e tra il concetto reazionalista e quello par- ticolarista ; terminando colle notizie sulla interna organizzazione economica del paese, come la co­ stituzione agraria e quella dei commerci e delle industrie.

Nel secondo libro l’Autore espone gli ele­ menti della nuova vita economica tedesca ; trac­ cia prima le linee generali delle forze impulsive confrontando le vecchie colle nuove, e rilevando il ritmo dello sviluppo capitalistico. Questo capitolo per rapidità di sintesi e per ricchezza di osservazioni appare veramente magistrale. Quindi sviluppa tali concetti generali esaminando partitamente : la terra, la popolazione, il diritto, la tecnica.

Il terzo libro tratta della genesi della mo­ derna economia, e sono temi svolti sulle Banche e le Borse, sul Commercio, sui trasporti, sulla produzione industriale, sulla Agricoltura; e ter­ mina il terzo libro un magistrale capitolo sulla economia tedesca nel mercato del mondo.

L ’ ultimo libro ha per titolo le caratteristiche della nuova società, ed è costituito dalla espo­ sizione di una serie di raffronti tra i fattori prin­ cipali della vita civile; comincia colle relazioni tra la economia e la coltura, e seguita con quelle tra le professioni e la proprietà, e tra le diverse classi sociali.

Questo bellissimo lavoro, che è già all’ottavo migliaio, e che vorremmo trovasse imitatori per l’ Italia,, dimostra quasi ad ogni pagina che la caratteristica del X I X secolo sta nello sviluppo dei fatti economici, sviluppo che mai in nessun luogo nè in alcun tempo venne così altamente raggiunto. Il volume è seguito da numerosi do­ cumenti e dati statistici che danno la prova delle conclusioni a cui nei vari capitoli viene l’illustre Autore.

P. A n stey . - Vice-Versd. Trad. dall’ inglese di Bernard Derosna. — Paris, P. V. Stock, 1910, pag. 346 (3 fr. 50).

Questa ristampa della pregevole traduzione francese del graziosissimo romanzo inglese di Anstey merita favorevoleaccoglimento. il lavoro nella veste francese nulla perde della sua fre­ schezza o originalità. La trama è lieve e for- s’anche ingenua per i gusti latini.

Un talismano trasforma un padre commer­ ciante ne] suo figlio collegiale e viceversa, e questa faVola offre il mezzo all’Autore di rica­ mare una fine satira dei collegi privati inglesi e dei criteri educativi della borghesia. Le av­ venture e le peripezie che si succedono tengono sempre desta la curiosità del lettore, quasi da non accorgersi della inverosimiglianza dei fatti, tanto grande è l’effetto ottenuto con semplicità

di mezzi e di stile. J.

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

— Pubblichiamo i soliti dati statistici men­ sili sul movimento nell’ Emigrazione Ita­

liana nell’ ottobre 1910.

Nell’ ottobre 1910 si imbarcarono nei porti italiani e all’ Havre 29,044 emigranti italiani (ol­ tre a 1,978 stranieri), diretti a paesi transocea­ nici, così divisi per paesi di destinazione : 7,515 per gli Stati Uniti. 20,833 pel Piata, 680 pel Brasile, 26 per altri paesi.

Nel corrispondente mese del 1909 erano par­ titi dagli stessi porti 33,603 emigranti italiani (oltre a 2,703 stranieri), così divisi per paesi di destinazione: 13,130 per gli Stati Uniti, 19,418 pel Piata 957, pel Brasile, 98 per altri paesi.

Nell’ottobre 1910 sono quindi partiti per le Americhe 4,559 emigranti italiani in meno che nello stesso mese del 1909 ; la diminuzione si è verificata in 5,615 emigranti per gli Stati Uniti, 277 per il Brasile e 72 per altri paesi ; per il Piata si ebbe invece un aumento di 1,405.

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27 novembre 1910 L ’ ECONOMISTA 761

Nel mese di ottobre 1909 il numero degli emigrati italiani di ritorno nei porti italiani era stato di 9.775, così divisi per paesi di prove- vieuza: 6,102 dagli Stati Uniti, .1,843 dal Piata, 1,782 dal Brasile e 48 da altri paesi.

In complesso quindi si è avuto nel decorso mese di ottobre in confronto del corrispondente mese del 1909, un aumento di 1,135 nei rimpatri di emigrati; l’aumento sì è verificato dagli Stati Uniti nella misura di 1,823, o da altri paesi di 4, mentre dal Piata e dal Brasile si ebbe in­ vece una diminuizione rispettivamonto di 40 e di 652 emigrati in confronto del corrispondente mese dell’anno precedente.

Nei primi dieci mesi del 1910 dai porti ita­ liani e dall’ Havre sono partiti per paesi tran­ soceanici 270,548 emigranti italiani oltre a 18,792 stranieri), così distinti per paesi di destinazione : per gli Stati Uniti 199,737, pel Canadà 627, pel Piata 63,225, pel Brasile 6,399, per altri paesi 560.

L ’emigrazione italiana transoceanica è quindi diminuita nei primi dieci mesi del 1910 di 21,619 in confronto dello stesso periodo del 1909, La diminuzione delle partenze si è verificata per gli Stati Uniti nella cifra di 28,914, per il Brasile di 757 e per altri paesi di 115. Pel Piata si ebbe invece un aumento di 7,540 emigranti (ol­ tre i partiti direttamente pel Canadà), in con­ fronto coi primi dieci mesi dell’ anno precedente. Il numero degli emigrati transoceanici ita­ liani sbarcati nei porti italiani, nei primi dieci mesi del 1910 fu di 103,263, così divisi per paesi di provenienza: 54,083 dagli Stati Uniti, 39,317 dal Piata, 9,167 dal Brasile e 696 da altri paesi.

Fra questi rimpatriati sono compresi 3,131 respinti, subito dopo il loro arrivo od in seguito, dagli Stati.Uniti, in forza delle leggi locali sulla immigrazione, e 6,773 considerati indigenti, per­ chè rimpatriati su richiesta delle Autorità con­ solari o dalle Società di patronato, con biglietti a tariffa ridotta. Di questi indigenti ritornarono dagli Stati Uniti 3,171, dal Piata 1,658, dal Bra­ sile 1,828 e infine dal Centro America 116.

Nei primi dieci mesi del 1910 si è avuto quindi in confronto coi primi dieci mesi del 1909 un aumento di 9,334 nei ritorni. Dagli Stati Uniti rimpatriarono 14,223 emigrati italiani in più dei primi dieci mesi dell’ anno precedente; dal Piata, dal Brasile e da altri paesi si ebbe invece rispettivamente una diminuzione nei ri­ torni di 2,766, di 2,101 e di 22 rimpatriati ita­ liani.

Nei primi dieci mesi del corrente anno si è avuto, quindi, rispetto al corrispondente periodo di tempo del 1909 una diminuzione notevole nel numero delle partenze (21,619), ed un aumento nel numero complessivo dei ritorni (9,334). Spe­ cialmente rilevante è la diminuzione di partenze per gli Stati Uniti (28,914).

Pei paesi del Piata si è verificato un au­ mento nell’ emigrazione ed una diminuzione nei ritorni. Pel Brasile sono diminuite tanto le par­ tenze che i ritorni.

— Si hanno notizie d’ un prestito dello

Stato di Marantao (Stati Uniti del Brasile)

di 20 milioni di franchi. Esso consisterà in 40,000 obbligazioni di 500 franchi 5 per cento

oro, che metterà presto in sottoscrizioni la Banca Argentina e Francese.

Esso servirà specialmente a varie costruzioni ferroviarie dello Stato, a canalizzazioni d’acque ed altre imprese d’ utilità pubblica.

— Ecco alcuni dettagli sul forte sviluppo

commerciale del porto dell’Havre.

Fra i (attori commerciali del porto di Havre primeggia il cotone. Nel 1909 vi giunsero ton­ nellate 252,442 sopra tonn. 332,678 introdotte in tutta la Francia. La cifra di 252,442 tonn. ha sorpassato di 80,326 quella avutasi nel 1908, ed è stata superiore di oltre 100,000 tonnellate alla media degli ultimi 10 anni.

Dopo il cotone viene il caffè. Su 139,511 tonnellatt introdotte in Francia nel 1909, 101,995 tonn. giunsero all’ Havre.

Per il cacao il mercato dell’ Havre conserva il primato in Francia; l’importazione di questo porto raggiunse la cifra di 452,952 quint. sopra un introduzione totale di 530,802 quint. L ’anno 1909 è il migliore dell’ ultima decade tanto per la importazione che per 1’ esportazione. Anche il pepe è un prodotto che entra in Francia quasi soltanto dal porto, dell’ Havre, dove nel 1909 ne giunsero 41,107 quintali sopra una totale intro­ duzione di 55,615 quintali.

Il thè come quasi tutti i prodotti, vide nel 1909 aumentare largamente la sua importazione; l’aumento è stato di circa 125,000 chilogrammi sopra un’ importazione totale all'Havre di chilog. 825,300. Più di metà del caucciù importato in Francia nel 1909, è giunto all’ Havre dove — su 15,275,100 chilogrammi introdotti in Francia — se ne sono sbarcati 8,323,600 chilog.

Nel complesso le importazioni del porto di Havre raggiunsero nel 1909 una cifra totale di 2,221,967 tonn. contro tonnellate 2,189,523 nel 1908. Quanto alle esportazioni, esse segnarono un considerevole progresso che raggiunse nel com­ mercio geuerale 876,614 tonn. e nello speciale 379,258 tonn. Queste cifre sono superiori a quelle — pure eccezionalmente favorevoli — dell’ anno 1907; cifre simili a quelle del 1909 non s’erano mai raggiunte altra volta nel porto dell’ Havre. Il movimento passeggeri vide cessare a sua volta la stasi di cui aveva sofferto nel 1908. Con la fine della crisi americana la corrente d’ emigra­ zione verso gli Stati Uniti è aumentata consi- derevolmonte. Anche il numero dei passeggeri di cabine diretto agli Stati Uniti subì nel 1909 un. certo incremento.

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l’aper-762 L ’ ECONOMISTA 27 novembre 1910

tara al commarcio dei « quai » sud del canale di Tantarvile, di cui circa 80,000 metri quadrati saranno fra breve coperti.

—■ E ’ stato firmato tra il Credito mobiliare francese e il rappresentate ufficiale della Repub­ blica boliviana un prestito boliviano. L ’emis­ sione che porta su 34 milioni lj2 di franchi avrà luogo, si dice, il 30 novembre.

— I giornali inglesi pubblicano la stati­

stica delle operazioni del Regno-Unito du­

rante il primo semestre del 1910.

I depositi ed i conti correnti ascendevano al 30 giugno scorso a 952 milioui di lire sterline, contro 904 milioni ed 880 milioni al 30 giugno 1909 e 1908. Questa cifra costituisce dunque un record malgrado le circostanze avverse che hanno impedito che fosse anche più elevata.

Ecco tale statistica pel Regno-Unito esclu­ sivamente : A um. o 1909 1910 diminuz. Capitali degl’istituti di credito Riservo Capitalizzazioni ai corsi del mercato Depositi

Contante in cassa Prestiti, etc. Attivo totale

(in migliaia di lire ster.) 78,834 80,307 — 1,473 49,475 48.213 + 1,232 231,600 241,332 — 9,732 952,288 904,352 + 47,636 281,635 278,381 + 3,354 611,325 569,572 + 42,553 1,177,064 1,128,659 + 48,406

La diminuzione dei capitali delle banche è il risultato delle fusioni. Le altre cifre dei bilanci sono in aumento.

Nel progetto del bilancio della Turchia per l’esercizio finanziario 1910-911 le entrate sono valutate a lire turche 28,612,970 e le spese a 35,007,446 lire turche. Le entrate superano di 2,597,877 lire turche, quelle dell’esercizio prece­ dente e le spese presentano un aumento di 2,009,280 lire turche, con una diminuzione sull’ anno pre­ cedente di 326,050 lire turche.

Nella relazione che accompagna il progetto di bilancio si dichiara che in esso sono previste le spese necessarie per la riorganizzazione del­ l’ esercito e di tutti i rami dell’amministrazione. La relazione annunzia un progetto di legge re­ lativo all’ imposta sui brevetti ; e aggiunge poi che la principale difficoltà che si oppone all’ au­ mento dei dazi doganali consiste nella clausola del trattato relativo alla ferrovia di Bagdad per la quale l’ avanzo che si verificherà in seguito all’aumento dei dazi doganali servirà a garantire la costruzione della ferrovia di Bagdad. Tale con­ dizione non è accettata dalle Potenze non inte­ ressate alla costruzione di tale linea.

Nella relazione inoltre è detto che l’ aumento progressivo delle entrate del debito pubblico è sufficiente ad assicurare la costruzione dei tron­ chi della ferrovia dei Bagdad non ancora costruiti e per conseguenza la Compagnia delle ferrovie non perderebbe nulla rinunziando alla clausola di cui si è parlato, e renderebbe cosi un importante servizio alla Turchia.

La relazione aDnunzia quindi un nuovo pro­ getto di legge relativo al bollo e il monopolio dei petroli, ed accenna alle trattative per l’

istitu-tuzione del monopolio dell’alcool e alla pooposta di un progetto di tasse sul tabacco, relativamente a tale argomento fa notate che l’amministrazione del debito pubblico si è dichiarata contraria al sistema delle banderole e favorevole al sistema del monopolio.

La legge di finanza autorizza il Ministro dei Lavori pubblici a concludere un contratto per la irrigazione della Mosopotamia.

— Da un recente rapporto del vice-console in Marsiglia sul movimento marittimo e com­

merciale del porto di Marsiglia nel decorso

anno 1909, si rilevano le seguenti notizie : Arrivarono 8496 navi, di cui 5596 francesi con un tonnellaggio complessivo di 9,143,711 ton­ nellate.

Le merci sbarcate ammontarono a tonnellate 4,728,423 ed a 205,704 passeggieri.

Partirono 8516 davi, di cui 5620 francesi, con 9,152,604 tonnellate; 2,483,332 tonnellate di merce imbarcata e 195,563 passeggieri imbarcati.

Di 18,296,315, ammontare del tonnellaggio totale delle navi in arrivo ed in partenza, 9,916,944 spettano alle bandiere straniere e 8,379,311 alla francese.

Le navi italiane sbarcarono: 225,336 tonn. di merci e 806 passeggieri ; imbarcarono tonn. 159,983 di merci più di ogni altra bandiera e 1179 passeggieri.

Le merci maggiormente importate dall’ Ita­ lia furono: bitume, lavagne, selce, spirito, zolfi, oggetti per collezioni, materie tessili, vegetali, canne, marmi, frutta fresca e secca, legumi fre­ schi, salati, prodotti vegetali e tinture.

Quelle esportate in Italia: pietre e terre la­ vorate, minerali di platino, ferro lavorato, con­ cimi chimici, celluloide, olii fissi, carrozzerie, im barcazioni, prodotti industriali, saponi, colle e albumina.

Il commercio della Francia. — La D i­

rezione generale delle Dogane pubblica il qua­ dro del commercio della Francia cogli altri paesi e le colonie durante il mese di ottobre :

Mese d’ottobre.

Importazioni 1910 Differ, sul 1909 (Migliaia di franchi) Sostanze alimentari 127,916 + 41,619 Materie necessarie all’ industria 287,909 ___ 47,069 Oggetti fabbricati 102,914 -h 3,071 Totale Lire 518,799 + 2,319 Esportazioni 1910 Differ, sul 1909

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27 novembre 1910 L’ ECONOMISTA 763

Primi dieci mesi. Importazioni Sostanze alimentari Materie necessarie all’ industria Oggetti fabbricati 1910 Differ, sul 1909 (Lire) 911,521 + 162,618 3,385,936 1,085,054 16,662 4- 125,905 Totale 5,332,511 4" 271,861 Esportazioni 1910 Differ, nel 1909

(Migliaia di franchi) Oggetti alimentari Materie necessarie all’ industria Oggetti fabbricati Colli postali 633,755 1,479,449 2,403,102 381,602 + + + Totale 4,897,908 15,052 103,562 155,068 30,7 »0 274,648

Il mese di ottobre fu dunque poco favore­ vole per il commercio estero francese. Bisogna registrare una diminuzione delle importazioni e delle esortazioni. Il fatto caratteristico di que­ sto mese sta nell’aumento considerevole dell’ im­ portazione dei prodotti alimentari che sono in aumento su quelli del 1909 (ottobre) e nella di­ minuzione sensibile degli stessi prodotti nelle esportazioni, dovuta alle cattive raccolte di que­ st’anno.

LA SITUAZIONE DEL TESORO

al 31 o t t o b r e 1910 Ecco bre 1910: Pondo di cassa Crediti di Tesoreria Insieme Debiti di Tesoreria Situaz. del Tesoro

Al 31 ottobre 1910 380,933,157.17 '786,569,097.14 1,367,502,254.31 847,795,740.15 4- 519,706,514 16 DARE

Incassi (versamenti in Tesoreria) Pondo di cassa alla chiusura

dell’esercizio 1909-10 In conto entrate di bilancio In conto debiti di Tesoreria In conto crediti di Tesoreria

423,475,077.60 1.002.073.837.31 1.451.711.217.31 100,675,030.49 Totale 2,977,935,162.71 AVERE — Pagamenti

In conto spese di bilancio Decreti di scarico

Decreti Ministeriali di pre­ levamento

In conto debiti di Tesoreria In conto crediti di Tesoreria

681,690,823.57 33,861.77 15,071,100.— 1,236,233,704.42 463,972,515.78 Totale dei pagamenti

a) Pondo di cassa al 31 ot­

tobre 1910

2,897,002,005.54 280,983,157.17 Totale 2,977,935,162.7L

Ecco la situazione dei debiti e crediti di Tesoreria : al 31 ottobre 1910 DEBITI

Buoni del Tesoro Vaglia del Tesoro

Banche — Conto anticipaz. statutarie Cassa depositi e prestiti in conto cor­

rente fruttifero

Amministrazione del Debito, pubblico in conto corrente infruttifero Amministrazione del Fondo culto in

conto corrente infruttifero Cassa depositi e prestiti in conto cor­

rente infruttifero

Ferrovie di Stato — Fondo di riserva Altre Amministraz.

conto corrente fruttifero Id. IL infruttifero Incassi da regolare

Biglietti di Stato emessi per l ’art. 11 della legge 3 marzo 1898, n. 47 Operazione fatta col Banco di Napoli

per effetto del l’art. 8 dell’allegato

B alla legge 7 genn. 1897 n. 9

situazione del Tesoro al 31

otto-Differenza +- miglioramento — peggioramento della situazione del Tesoro) 4- 157,458,079.57 4- 363,297,485.29 -+- 520,755,564.86 — 215,477,512.89 4- 305,278,051.97 92,811,500.— 62,954,748.86 85,000,000.— 261,348,147.18 18,225,698.59 173,397,140.70 12,262,631.75 1,794,237.07 75,159,719.11 22,497,796.89 22,500,000 -19,844,070.— Totale 785,221,560.06 CREDITI

Valuta aurea presso la Cassa depositi e prestiti: Legge8agosto 1895,n. 486 Legge 3 marzo 1898, n. 47 Legge 31 dicem. 1907, n. 804 (art. 10) Legge 31 dicem. 1907, n. 804 (art. 11)

Amministraz. del Debito pubblico per pagamenti da rimborsare Id. del Fondo pel culto Id. Cassa depositi e prestiti Id. Altre Amministrazioni Id. Obbligazioni dell’Asse ecclesiastico Deficienze di Cassa a carico dei con­

tabili del Tesoro Diversi

Operazione fatta col Banco di Napoli

al 31 ottobre 1910 80,000,000.— 22.500.000. -60.000. 000.— 1,816,920.— 199,697,184.79 25,234,691.54 169,801,618.73 92,870,428.53 1,710,342.67 113,593,790.88 19,844,120.— Totale 786,569,097.14 Prospetto degli incassi di bilancio verificatisi presso le tesorerie del Regno nel mese di ottobre 1910 ed a tutto il mese stesso per l ’esercizio 1910-911 comparati con quelli dei periodi corrispondenti dell’ esercizio prece­ dente.

Incassi — Entrata ordinaria. Categoria I. — Entrate effettive :

Redditi patrimon. d. Stato mese di ottobre 1910 3,091,509.32 + differenza sul 1909 ‘ 2,217,644.12 Imposta sui fondi ru

stici e sui fabbricati 30,430,155.66 4 255,401.55 Imposta sui redditi

di R. M. 44,895,268.47

_

848,128.48 Tasse in amministr.

del Ministero delle

finanze 80,945,632.60 + 498,498.11

Tassa sul prodotto d. movimento a grande e piccola velocità s.

ferrovie 5,919,404.66 + 5,640,151.31 Diritti delle Legaz.

e Consolati all’ estero

_

Tassa sulla fabbricaz.

degli spiriti e birra 16,091,606.76 + 6,491,126.68 Dogane e dir. maritt. 32,522,038 62 + 3,867,999.82 Dazi interni di cons.

esclusi quelli delle

città di Nap. e Roma 7,593,781.91 4,772,177.02 Dazio consumo della

città di Napoli

_

Dazio consumo della

città di Roma 1,629,845.92

_

88,337.86

Tabacchi 25,400,866.07 1,340,273.10

231,527.12

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