Parere richiesto dal Ministro della giustizia sul d.d.l. approvato dal Consiglio dei Ministri in data 6 settembre 2002 recante “Abolizione dei Tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acque pubbliche”
(Deliberazione del 10 ottobre 2002)
Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 10 ottobre 2002, ha approvato il seguente parere:
“1. Il Ministro della giustizia ha chiesto, ai sensi dell’art. 10 secondo comma della 24 marzo 1958, n. 195, un parere sul disegno di legge governativo recante “Abolizione dei Tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acque pubbliche”.
Il sistema del contenzioso delle acque pubbliche, come è noto, venne introdotto con il r.d.l. 9 ottobre 1919, n.
2161 (poi recepito nel testo unico n. 1775 del 1933; ma si veda anche l’art. 64 del r.d. 30 gennaio 1941, n.
12) che, in sostituzione dell’unico Tribunale delle acque (composto da un presidente di sezione della corte di cassazione, che lo presiedeva, due consiglieri di Stato, due consiglieri d’appello e due membri effettivi del consiglio superiore dei lavori pubblici, con sede in Roma e competenza, in materia sia di diritti che di interessi, su tutto il territorio nazionale) previsto dal d.l.lgt 20 novembre 1916, n. 1664 (peraltro non convertito), istituì otto Tribunali regionali delle acque pubbliche (in seguito t.r.a.p.) presso le Corti d’appello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari, con giurisdizione sulle controversie in materia di diritti soggettivi (ora elencate nell’art. 138 del t.u. del 1933), e un Tribunale superiore delle acque pubbliche (in seguito t.s.a.p.), con sede in Roma, come giudice di appello contro le sentenze dei t.r.a.p.
e come giudice in unico grado sulle controversie in materia di interessi legittimi (indicate nell’art. 143 del t.u.).
I t.r.a.p. sono costituiti da una sezione della Corte d’appello alla quale sono aggregati tre funzionari dell’ex Genio civile e giudicano con l’intervento di tre votanti, di cui uno è il membro tecnico; l’ufficio di cancelleria è lo stesso della sezione della Corte d’appello presso la quale il t.r.a.p. è costituito.
Il t.s.a.p., che ha sede in Roma nel palazzo di giustizia dove siede la corte di cassazione, è composto da un presidente, che, ai sensi del d.l.c.p.s. 1° ottobre 1947, n. 1696, ha il “grado secondo, corrispondente a quello di procuratore generale della Corte di cassazione” e che svolge esclusivamente la funzione per la quale è nominato. E’ composto da quattro consiglieri di Stato, quattro consiglieri della Corte di cassazione e tre tecnici, membri effettivi del Consiglio superiore dei lavori pubblici, non aventi funzioni di amministrazione attiva. Ha un autonomo ufficio di cancelleria, la cui pianta organica, attualmente, prevede trentatré unità.
Come giudice d’appello il t.s.a.p. giudica con cinque votanti (tre magistrati di legittimità, compreso il presidente, un consigliere di Stato e un tecnico), mentre in unico grado giudica con sette votanti (tre magistrati di legittimità, tre consiglieri di stato e un membro tecnico). Il legame del t.s.a.p. con la Corte di cassazione è evidenziato non solo dall’unicità della sede, ma anche dal fatto che l’ammissione al gratuito patrocinio è deliberata dalla commissione presso la Corte (art. 208 del t.u.) e che per necessità di servizio il primo presidente può applicare temporaneamente all’ufficio di cancelleria del t.s.a.p. personale addetto ad altre autorità giudiziarie di Roma (art. 139, ult. comma t.u. del 1933).
Secondo la giurisprudenza e la dottrina assolutamente prevalente i Tribunali regionali hanno natura di sezioni specializzate della magistratura ordinaria (in tal senso è decisivo il richiamo dell’art. 64 ord. giud.), mentre il Tribunale superiore ha natura di giudice ordinario, quando giudica come giudice d'appello, e di giudice speciale quando giudica in unico grado.
2. Nella relazione che accompagna il disegno di legge l’intervento legislativo è motivato con le seguenti considerazioni:
- il sistema del contenzioso in materia di acque pubbliche si comprende e si giustifica solo in un contesto storico superato, come è dimostrato dalla circostanza che ha formato oggetto di tentativi di revisione e di adeguamento (elaborati dalla commissione ministeriale presieduta dal Pres. Ferrati, nominata nel 1966 e che ha terminato i lavori nel 1973, e da quella presieduta dal pres. Palazzolo, nominata nel 1989 e che ha terminato i lavori nel 1990);
- la revisione dei tale sistema è imposta dalla sesta disposizione finale e transitoria della Costituzione;
- il rito applicato davanti ai Tribunali regionali e al Tribunale superiore è obsoleto, basandosi sul c.p.c. del 1865; inoltre le sentenze emesse dal tribunale superiore della acque pubbliche (in seguito t.s.a.p.) sono
pronunciate da un giudice amministrativo in unico grado e soggette a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 cost.;
- il carico di lavoro del t.s.a.p. è esiguo, come emerge dai dati delle cause sopravvenute che negli ultimi cinque anni sono state, rispettivamente, 169, 193, 191, 198, 207, e, pertanto il funzionamento del sistema è molto dispendioso;
- la Corte costituzionale, con sentenza 3 luglio 2002, n. 305 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 139 e 143, 3° comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, recante il testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, nella parte in cui non prevede meccanismi di sostituzione del componente del t.s.a.p. astenuto, ricusato o legittimamente impedito e con sentenza 17 luglio 2002 n. 353 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 138 dello stesso testo unico, nella parte in cui prevede che siano aggregati al Tribunale regionale delle acque pubbliche (in seguito t.r.a.p.) tre funzionari dell’ex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante;
- possibilità di istituire un altro posto di presidente aggiunto della Corte di cassazione, a seguito della soppressione del posto di presidente del t.s.a.p., con conseguente razionalizzazione della distribuzione di competenze tra i presidenti aggiunti, uno per il ramo civile e l’altro quello penale.
L’intervento legislativo consiste nella soppressione del sistema speciale del contenzioso delle acque pubbliche, con deferimento delle controversie di cui all’art. 140 del t.u. del 1933, aventi ad oggetto situazioni giuridiche di diritto soggettivo, già attribuite alla giurisdizione del t.r.a.p., al Tribunale ordinario, in composizione collegiale, del capoluogo di distretto territorialmente competente, e di quelle di cui all’art. 143 dello stesso t.u., aventi ad oggetto situazioni di interesse legittimo e già attribuite alla giurisdizione in unico grado del t.s.a.p., al giudice amministrativo. Conseguentemente, per tutte le controversie in materia di acque pubbliche è previsto un doppio grado di giurisdizione (Tribunale - Corte d’appello; T.a.r.- Consiglio di Stato) e la ricorribilità per cassazione, ex art. 360 c.p.c. per le controversie su diritti e ai sensi dell’art. 362 c.p.c. per le controversie su interessi.
E’ prevista la soppressione del posto di presidente del t.s.a.p. e l’aumento di un altro posto di presidente aggiunto della Corte di cassazione. Per il personale amministrativo della pianta organica del t.s.a.p. è prevista l’aggregazione all’organico della corte di cassazione.
E’ infine prevista una disciplina transitoria per il graduale passaggio alla nuova disciplina 1.
3. Le considerazioni esposte nella relazione a giustificazione dell’intervento legislativo sono in larga parte condivisibili, mentre perplessità suscitano alcune soluzioni proposte.
Innanzi tutto, è certamente necessario e urgente intervenire per colmare le lacune normative create dalle due citate pronunce di illegittimità costituzionale. Infatti, a seguito della sentenza n. 353/2002 i t.r.a.p. non sono più in grado di funzionare, non potendosi più utilizzare i membri tecnici nominati sulla base della norma dichiarata costituzionalmente illegittima e non essendovi altra norma che consenta di nominare i nuovi componenti. Per effetto della sentenza n. 305/2002, inoltre, non possono essere svolti davanti al t.s.a.p. i giudizi di rinvio, per la mancanza di un numero di supplenti che possa sostituire il collegio che ha pronunciato la sentenza cassata.
Più articolato deve essere invece il discorso sull’economicità della struttura del contenzioso delle acque, in relazione alla scarsa entità delle cause che annualmente sopravvengono. In mancanza di dati sulle sopravvenienze e sulle definizioni presso i t.r.a.p., sono comunque sufficienti per effettuare una valutazione di economicità e funzionalità i dati relativi al t.s.a.p. che si riportano in nota 2. E’ incontestabile che il carico di lavoro non giustifica la previsione nella pianta organica della magistratura ordinaria di un posto di presidente a tempo pieno e di un autonomo organico di cancelleria del t.s.a.p., ma ad analoghe conclusioni non può pervenirsi per quanto riguarda i componenti del t.s.a.p. e dei t.r.a.p. che non sono impiegati in via esclusiva, continuando a svolgere le ordinarie funzioni alle quali sono addetti. Come già rilevato anche il personale amministrativo dei t.r.a.p. svolge le ordinarie funzioni di cancelleria della sezione di Corte d’appello. Né può trascurarsi che alla base dell’istituzione del sistema del contenzioso delle acque non ci fu
1 Il comma quattro dell’art. 4 del disegno di legge, senza che dalla relazione emerga alcuna speciale giustificazione, prevede che avverso le sentenze del t.s.a.p. è ammesso ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., mentre secondo l’orientamento giurisprudenziale pacificamente seguito attualmente è ammesso solo ricorso ai sensi dell’art.
111 Cost.
2 I ricorsi iscritti dal 1992 ad oggi sono, rispettivamente, 149, 157, 184, 185, 191, 169, 196, 198, 199, 209 e, fino al 15 settembre u.s., 119. Negli stessi anni le sentenze pubblicate sono state: 128, 124, 72, 105, 93, 101, 123, 135, 144, 129, 115. Attualmente pendono davanti al t.s.a.p. 552 ricorsi.
una valutazione di tipo quantitativo, perché la creazione di un giudice specializzato per le controversie in materia di acque pubbliche venne giustificata non per il numero di tali controversie, ma per la considerazione della specialità della materia, caratterizzata da un contenzioso spesso di grande rilevanza economica e di estrema delicatezza per l’intreccio di questioni tecniche e di questioni giuridiche.
E’ del pari indubbio che la disciplina processuale dei giudizi davanti agli organi del contenzioso delle acque pubbliche non può ritenersi del tutto soddisfacente, anche se non è esatta l’affermazione contenuta nella relazione al disegno di legge, secondo cui nella materia di cui si tratta verrebbe applicato il c.p.c. del 1865, perché, secondo la giurisprudenza e la dottrina largamente prevalenti 3 il rinvio operato dall’art. 202 del t.u.
n. 1775 del 1933 al codice di procedura civile non deve intendersi come rinvio recettizio al c.p.c. del 1865, ma come rinvio formale al sistema processuale vigente. Lasciano indubbiamente insoddisfatti non solo l’esclusione del doppio grado di giurisdizione nelle materie di cui all’art. 143 del t.u. acque pubbliche o l’incoerenza sistematica derivante dalla ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso le sentenze del t.s.a.p., pronunciate nelle indicate materie (a fronte del ricorso per soli motivi di giurisdizione nei confronti delle decisioni del Consiglio di Stato), ma anche altri profili problematici, quale, per esempio, la disciplina della decorrenza del termine per impugnare le sentenze del t.r.a.p. e del t.s.a.p. dalla notifica del dispositivo ai sensi degli articoli 183 e 202 del t.u. e, in genere, alcune vistose differenze di disciplina (in tema di termini per la comparizione, di organi della notificazione, di poteri d’impulso) rispetto ai giudizi ordinari, giustificate da un’esigenza di celerità che non è del tutto coerente con la notoria complessità e, quindi, con la durata, dei giudizi in materia di acque e che, pertanto, potrebbero ritenersi ingiustificate rispetto alla compressione delle esigenze difensive che da tali differenze derivano.
Non è invece condivisibile l’affermazione della relazione al disegno di legge secondo la quale la revisione della disciplina del contenzioso delle acque sarebbe imposta dalla sesta disposizione transitoria della costituzione. La migliore dottrina4, infatti, ha osservato che, poiché il t.s.a.p. in sede di giurisdizione amministrativa (per il quale soltanto si può porre il problema) si trova funzionalmente nella stessa posizione del Consiglio di Stato, lo stesso deve ricomprendersi tra gli organi di giustizia amministrativa mantenuti in vita dall’art. 103 Cost. e quindi sottratti alla revisione prevista dalla citata disposizione transitoria.
4. Le esigenze di economicità e funzionalità indicate nella relazione al disegno di legge, come già rilevato, del tutto condivisibili, non impongono tuttavia la completa eliminazione del sistema del contenzioso delle acque pubbliche, ben potendo tali esigenze essere soddisfatte procedendo più semplicemente a interventi riformatori parziali, lasciando a una più approfondita meditazione la rivisitazione dell’interso sistema. E’
stata infatti da molte parti sottolineato che, seppure risalente nel tempo e certamente bisogna di alcuni interventi di adeguamento, la disciplina delle acque pubbliche, sia nella parte sostanziale che in quella relativa al contenzioso, anche grazie alla apprezzata giurisprudenza prodotta dai tribunali delle acque, ha raggiunto risultati positivi e apprezzati anche in ambito internazionale, costituendo un esempio di soddisfacente tutela dell’interesse pubblico sotteso al regime delle acque pubbliche. In particolare non è assolutamente superata e anzi è di grande attualità un modello di giurisdizione specializzata nella quale la presenza del componente tecnico, se non elimina il ricorso alle consulenze tecniche, opportuno anche per evidenti esigenze di tutela del contraddittorio nello svolgimento degli accertamenti, indubbiamente rende più sollecita e più consapevole la decisione in materie nelle quali, come si è già osservato, è costante l’intreccio tra profili tecnici e profili giuridici.
Infine, l’intervento legislativo, nell’ abrogare il vigente sistema del contenzioso sulle acque ripropone un sistema di riparto della giurisdizione sulla base della natura delle situazioni giuridiche soggettive dedotte che, nell’evoluzione normativa, appare recessivo rispetto al riparto per materie (sul quale è fondata la disciplina del contenzioso delle acque), anche per le note difficoltà applicative che si incontrano nell’individuazione in concreto della natura di tali situazioni, difficoltà che alimentano il contenzioso sulla giurisdizione che incide pesantemente sulla durata dei giudizi.
A questo atteggiamento di prudenza che il Consiglio ritiene opportuno seguire, spinge proprio la valutazione dei risultati delle due commissioni di studio istituite nel 1966 (commissione Ferrati) e nel 1989 (commissione Palazzolo), citate nella relazione al disegno di legge.
La commissione Ferrati, che ha presentato due diverse relazioni finali (e quindi distinti articolati), nel 1972 sul contenzioso e nel 1974 sulla disciplina sostanziale delle acque, pur prendendo le mosse dall’ esigenza di
3 Cass. n. 15140/2001, 6093/1982, 5693/1981; CONTE, Tribunali delle acque, voce dell’Enc. del dir., XLV, 58;
VACIRCA, Tribunali delle acque pubbliche, voce dell’Enc. giur. Treccani, 8; PRATIS C.M., Tribunale regionale delle acque pubbliche, voce del Nuov.mo Dig. It., Torino 1973, 714; SGROI V., Sistema processuale in materia di acque pubbliche e rinvio alle norme del codice di procedura civile, Giust. civ. 1973, I, 562
4 PRATIS C.M., Tribunale superiore delle acque pubbliche, voce del Nuov.mo Dig. it., XIX, 722.
adeguamento della disciplina del contenzioso e di snellimento e a aggiornamento delle norme processuali, si è mossa con un’impostazione, per così dire, conservativa, avendo ritenuta “comprovata la persistente attualità dell’esigenza che la cognizione di ogni controversia nella particolare materia sia affidata ad un giudice specializzato, con la partecipazione ai collegi giudicanti di tecnici qualificati ed in secondo luogo . . . (dell’) opportunità della riunione in un unico organo giurisdizionale, pur con differente articolazione dei suoi componenti, della duplice funzione di giudice ordinario e di giudice amministrativo.” (relazione sul contenzioso pag. 4). E anche nella relazione finale del 1974 (pag. 1) la commissione ha ritenuto importante ribadire che “la disciplina giuridica stabilita nel testo unico del 1933 fornisce uno strumento legislativo di già comprovata esperienza tanto nella prassi amministrativa quanto nell’interpretazione giurisprudenziale di circa mezzo secolo” con la conseguenza che “parso opportuno procedere alla riforma mantenendo quella intelaiatura che in buona sostanza ha retto all’ esperienza e si è dimostrata idonea allo scopo per il quale era stata allestita.”
In estrema sintesi, la commissione proponeva un sistema di giurisdizione, che costituiva la replica, a livello di giudice di primo grado, del modello del t.s.a.p. nel senso che diciotto Tribunali regionali, presso altrettante corti d’appello (composti dal presidente della corte, da un presidente di sezione, da due consiglieri d’appello, da tre magistrati del T.a.r. e da due funzionari tecnici dell’amministrazione dei lavori pubblici) avrebbero dovuto operare come sezione specializzata della corte d’appello sulle controversie su diritti soggettivi e come giudice amministrativo per le controversie su interessi legittimi; nel primo caso il collegio sarebbe stato composto da due giudici ordinari e un membro tecnico, nel secondo da due giudici ordinari, due magistrati del T.a.r. e un membro tecnico. L’appello avrebbe dovuto proporsi al t.s.a.p., con sede in Roma e con un proprio ufficio di cancelleria, composto da un presidente effettivo e un presidente supplente (da scegliere tra i presidenti di sezione della corte di cassazione), quattro consiglieri di cassazione, quattro consiglieri di Stato e tre tecnici, membri effettivi del consiglio superiore dei lavori pubblici. Il collegio competente a giudicare sugli appelli avverso le sentenze dei t.r.a.p., come giudice ordinario, sarebbe stato composto da tre magistrati ordinari, un consigliere di stato e un tecnico, quello competente sugli appelli avverso le sentenze del t.r.a.p., come giudice amministrativo, avrebbe dovuto essere composto da tre magistrati ordinari, tre consiglieri di Stato e un tecnico. Il ricorso per cassazione contro le sentenze del giudice ordinario avrebbe dovuto ammettersi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., quello contro le sentenze del giudice amministrativo, ai sensi dell’art.
362.
Anche la commissione Palazzolo si è mossa in un’ottica di conservazione della struttura di un sistema del contenzioso delle acque speciale, separando i problemi della disciplina del contenzioso, da quella del diritto sostanziale. La scelta della commissione è stata quella di imboccare la strada del perseguimento del massimo di unità della giurisdizione possibile, preservando il carattere specialistico dell’intervento giudiziario in materia di acque. A tal fine anzi si è proposto di ampliare la sfera della giurisdizione comprendendo anche le controversie sul risarcimento dei danni da lesione dell’ambiente idrico.
Il progetto prevedeva la creazione di un t.r.a.p. presso ogni Corte d’appello, composto dal presidente della corte o da un presidente di sezione, quattro consiglieri d’appello, due giudici del T.a.r., due laureati in ingegneria, nominati su proposta dei Consigli giudiziari, sentite le facoltà universitarie di ingegneria e gli ordini professionali. Il t.r.a.p. avrebbe deciso con cinque votanti (tre magistrati ordinari, un magistrato amministrativo e un tecnico) sia in materia di diritti che di interessi legittimi. L’appello avverso le sentenze dei t.r.a.p. si sarebbe dovuto proporre davanti al t.s.a.p., avente sede presso la Corte di cassazione, composto da un presidente, con funzioni identiche a quelle di un presidente aggiunto della corte, un presidente supplente, otto consiglieri della Corte di cassazione, sei consiglieri di Stato, tre professori universitari, di prima o seconda fascia, in materia di ingegneria idraulica. Il collegio sarebbe stato composto da cinque giudici ordinari, tre consiglieri di Stato e un professore universitario. Il presidente avrebbe potuto essere collocato fuori del ruolo della code di cassazione a sua richiesta.
5. Tirando le fila del discorso il Consiglio ritiene che sia necessario e urgente colmare le lacune createsi a seguito degli interventi della Corte costituzionale sulla composizione del Tribunale delle acque. E’ del pari urgente, in considerazione delle gravi e crescenti difficoltà operative della Corte di cassazione, l’intervento teso a eliminare la disfunzionalità rappresentata dalla previsione di un presidente del t.s.a.p. a tempo pieno e di un autonomo (e pletorico) ufficio di cancelleria per un organo che ha un carico di lavoro che non giustifica tali soluzioni ordinamentali. L’eliminazione del posto di pianta organica di presidente del t.s.a.p., consentirebbe di prevedere un altro posto di presidente aggiunto, al quale potrebbero essere affidate le funzioni di presidente del t.s.a.p, mentre il riassorbimento di un cospicuo organico di personale amministrativo allevierebbe la cronica carenza di tali figure professionali. Alle esigenze di funzionamento del t.s.a.p. potrebbe provvedersi con la destinazione di personale amministrativo della Corte, in misura
adeguata alle effettive esigenze.
Per quanto riguarda i componenti supplenti del t.s.a.p. è già stato presentato alla Camera dei deputati un progetto di legge da parte dell’on. Pecorella (Atto Camera n. 2786) che propone di nominare un numero pari ai componenti titolari. Su tale proposta può convenirsi.
Per quanto invece attiene ai componenti tecnici dei t.r.a.p., la soluzione più semplice appare quella proposta dalla commissione Palazzolo sopra illustrata (nomina di laureati in ingegneria su proposta dei Consigli giudiziari sentiti gli ordini professionali e le facoltà universitarie).
Un più generale riassetto del sistema del contenzioso e delle norme procedurali potrebbe essere oggetto di separate valutazioni sulle quali dovrebbero influire la considerazione che la giurisdizione specializzata sulle acque ha costituito un’esperienza largamente positiva, apprezzata anche in sede internazionale, avendo offerto adeguata tutela agli interessi pubblici coinvolti nella disciplina delle acque, che costituiscono ancora, e anzi sempre di più, una risorsa essenziale per la vita civile e una componente fondamentale dell’ecosistema.”