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Il ğihād iracheno e la nascita dello Stato Islamico

1. Le tre “S” del Terrorismo: Studio, Significato e Storia

2.3 La concezione di Stato in seno al ğihād

2.3.1 Il ğihād iracheno e la nascita dello Stato Islamico

Tra i differenti distaccamenti regionali di AQ, quello iracheno si dimostrò fin da subito uno dei più radicati a livello territoriale e uno dei più temuti per l’efferatezza del suo modus operandi.

La cellula qaidista irachena si sviluppò sulle fondamenta costruite

dall’organizzazione guidata da Abu Muṣ‘ab al-Zarqāwī, Taḥwīd wa al-Ğihād.

L’obiettivo iniziale di Taḥwīd wa al-Ğihād era quello di condurre il ğihād in

Giordania, terra natia di Zarqāwī, per rovesciarne il governo ed instaurare lo Stato Islamico, non lontano dai piani ideali di Ẓawahiri in Egitto. Tale differenza, non tanto ideologica quanto pratico-strategica, fece sì che il giovane giordano non avesse

immediatamente aderito all’organizzazione di Bin Laden, per il quale invece la priorità era attaccare il nemico USA attraverso l’implementazione di un ğihād globale. La concezione di Zarqāwī della strategia del ğihād si fondava infatti sulla convinzione secondo la quale la conditio sine qua non di un ğihād internazionale vittorioso è quella di avere una base territoriale e amministrativa puramente islamica. Per ottenere ciò bisognava sconfiggere i governi locali corrotti e costituire lo Stato Islamico.

Rifiutato nel 2000 l’invito di Bin Laden, Zarqāwī fondò un piccolo campo di addestramento ad Herat, dove la tattica principale insegnata era l’attacco suicida.

99 A poco più di due anni dal suo arrivo in Afghanistan, il muğahid giordano non aveva ancora trovato le condizioni adatte per il rovesciamento del governo, colse quindi al volo l’occasione di un nuovo fronte aperto del ğihād, quello iracheno. Nell’agosto 200379, “l’ingresso di al-Zarqawi nell’area irachena, fu segnato infatti dai primi attentati kamikaze nel paese.” Il primo rivolto contro la Coalizione

Internazionale, aveva come target il quartiere generale dell’ONU a Baghdad;

nell’esplosione del camion-bomba persero la vita il capo della delegazione e diversi suoi membri. Il secondo fu contro la comunità sciita irachena: anche in questo caso un’auto-bomba lanciata contro la Moschea dell’Imam ‘Ali a Najaf, che uccise

l’ayatollah Muhammad Baqer al-Hakim. Così “(…) aveva dimostrato che il conflitto iracheno aveva due fronti, uno contro le forze della Coalizione e l’altro contro gli sciiti.”80 L’elemento settario fu caratterizzante dell’organizzazione di Zarqāwī: proprio attraverso la politica della fitna infatti egli cercò consenso popolare tra la comunità sunnita. Tuttavia i membri della sua organizzazione erano principalmente combattenti stranieri, che non avendo una conoscenza precisa del territorio e della popolazione, faticarono a intessere una rete autoctona di relazioni. Questa dinamica è stata ben

79 Periodo concomitante con l’operazione stabilita e approvata dalla Risoluzione ONU 1483 del 22 maggio 2003, definita

Iraqi Freedom o Antica Babilonia, che prevedeva il coordinamento della Coalizione Internazionale attiva durante la guerra

e le agenzie delle Nazioni Unite per favorire la ricostruzione del paese in ambito umanitario, politico e culturale. .

https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N03/368/53/PDF/N0336853.pdf?OpenElement

Questo impegno sul territorio venne interpretato da svariate milizie e gruppi radicali (in primis Taḥwīd wa al-Ğihād)

come un’occupazione deliberata del paese da parte di forze straniere imperialiste.

80 L. Napoleoni, ISIS. Lo stato del terrore. L’attacco all’Europa e la nuova strategia del califfato., Feltrinelli, Milano,

100 delineata da Brian Fishman che l’ha definita the gharib paradox (il paradosso dello straniero)81 , ovvero il fatto che l’ideologia di un gruppo jihadista debba da un lato attrarre una audience di massa, ma dall’altro mantenere la coesione interna e

difendersi dalle critiche. Si è spesso, se non di norma, verificata la condizione per la quale una strategia andò a scapito dell’altra, in rapporto inversamente proporzionale. Ciò accadde a Zarqāwī in Iraq quando si trovò a corto di risorse e di combattenti proprio a causa dell’origine prevalentemente straniera del gruppo. L’affiliazione del terrorista giordano ad AQ avvenne proprio in tale momento di instabilità, nel quale si manifestarono le condizioni propizie a questo “matrimonio di convenienza”. La guerra in Iraq fece coincidere i nemici delle due organizzazioni: il nemico lontano straniero, ovvero la Coalizione Internazionale e le forze USA, e il nemico vicino, il governo di Baghdad loro alleato costituito dall’establishment corrotto e apostata target di

Zarqāwī. Inoltre il gruppo in Iraq aveva bisogno dei fondi e delle risorse umane di AQ

per poter sopravvivere e operare. Nell’ottobre del 2004 il giordano giurò fedeltà a Bin Laden, ma ciò non significò mai una totale adesione all’ideologia e alla strategia operativa di AQ. Le relazioni tra il nucleo qaidista e AQI (al-Qā‘ida in Iraq) furono spesso complesse e le rotture, che sembrarono inizialmente temporanee, si rivelarono insanabili qualche anno dopo, quando il collante del nemico comune cominciò a svanire.

101 La situazione politica irachena giocò un ruolo fondamentale: nel 2005 la consistente affluenza alle urne della comunità sunnita, sia in occasione del referendum

costituzionale sia delle elezioni, venne considerata dal leader di AQI come una

minaccia esistenziale. Queste condizioni portarono Zarqāwī a modificare strategia e

modus operandi, focalizzando le proprie forze nella lotta settaria a partire dall’attacco

alla Moschea sciita di Samarra nel 2006, casus belli tra AQI e le milizie sciite: “Baghdad divenne l’epicentro di una spirale di terrore che si propagò al resto del paese.”82

A causa di varie sconfitte subite sotto i colpi della milizia sciita di Moqtadā’ Al-

Sadr, dell’Esercito al-Mahdi e la perdita di consenso a tra i gruppi jihadisti

internazionali, AQ centrale disapprovò le strategie intraprese dal distaccamento iracheno, richiamando Zarqāwī all’ordine83. Questi elementi concomitanti indebolirono fortemente AQI tanto da portare alla caduta della leadership del giordano: le fratture all’interno del gruppo facilitarono la fuga di notizie e

l’infiltrazione. La posizione di Zarqāwī fu svelata dall’intelligence giordana al comando statunitense. Dopo la sua morte, avvenuta nel giugno del 2006, il gruppo, sempre in collaborazione con AQ, prese il nome di ISI (Islamic State in Iraq) che sotto la nuova

82

A. Plebani, Origini ed evoluzione dell’autoproclamato “Stato Islamico”, in A. Plebani (a cura di) Jihad e terrorismo.

Da al-Qa’ida all’ISIS. Storia di un nemico che cambia.

http://www.ispionline.it/it/EBook/Jihad_e_Terrorismo/Jihad_e_terrorismo.pdf

83

Lo stesso al-Maqdisi, mentore di Zarqāwī, condannò le tattiche spietate del gruppo e la decisione di attaccare le forza sciite. Ibidem.

102 guida di Abu ‘Ayyub al-Maṣri e Abu ‘Umar al-Baġdādi, trascorse un periodo di

profonda riorganizzazione: gli obiettivi della nuova strategia erano l’irachizzazione dei membri e degli affiliati e il miglioramento e l’approfondimento della conoscenza del territorio per strutturarne efficacemente la gestione.

Tuttavia alcuni elementi, non tenuti in considerazione dalla nuova leadership, impedirono il successo della nuova linea strategica. Le forze politiche ed i gruppi di interesse locali opposero molta più resistenza rispetto alle previsioni al sostegno dell’ISI ed alla condivisione di uomini, risorse e traffici illeciti84. Nel frattempo le

dispute interne indebolivano il potere decisionale e limitavano l’operatività del gruppo. Le pratiche violente e l’uso indiscriminato del tafkīr erano considerate dalla

popolazione locale una “violazione delle leggi e dei valori tradizionali profondamente radicati nella società irachena.”85 Fu in questo momento che le forze statunitensi, unitamente alla Coalizione, riuscirono a collaborare con i capi tribali e costituire dei “consigli militari” locali (Mağālis al-Ṣaḥwa). Tale accordo noto come ṣaḥwa86

(risveglio) consisteva nel sostegno logistico e militare da parte dei consigli tribali contro ISI in cambio di armi, denaro e impunità retroattiva per le precedenti azioni. Pertanto la ṣaḥwa non nacque in quanto movimento politico, e sebbene da essa si fosse costituita in seguito una coalizione politica, l’elemento economico fu il perno

84 A. Plebani, op. cit., p. 50. 85 Ibidem.

103 dell’accordo. I consigli tribali della regione di al-‘Anbār, infatti, si riunirono per

riconquistare il controllo delle risorse e dei traffici sottrattigli da ISI, e a questo scopo accettarono l’alleanza strategica con la Coalizione e il governo.

Il disimpegno statunitense a partire dal 2009 e la mancata integrazione politica promessa dal premier Nūri al-Maliki condussero al rientro della maggioranza dei combattenti della ṣaḥwa nei ranghi dell’ISI. Secondo la ricerca di Myriam Benraad

(riportata in nota 83), ISI sfruttò le rivendicazioni e le frustrazioni dei membri dei

Mağālis per reclutarli, offrendo loro denaro e la spartizione dei territori dell’Iraq

centro-occidentale.

All’interno dell’ISI nel frattempo si era verificato un cambio al vertice: il nuovo

āmir Abu Bakr al-Baġdādi intraprese una duplice politica, da un lato intensificò le

attività nelle roccaforti dell’Iraq nord-occidentale, dall’altro portò a compimento attacchi mirati in tutto l’Iraq, compresa la capitale. Il contesto del paese era allora segnato dall’acuirsi delle lotte settarie e dal ritiro statunitense: condizioni che, creando caos e vuoto di potere, lasciarono lo spazio necessario a ISI per rafforzarsi nuovamente sulla scena mesopotamica.

Ad ovest era da poco esplosa la rivoluzione contro il governo siriano di Baššār

Ḥāfiẓ al-Asad ed al-Baġdādi, comprendendo le possibilità che questa poteva offrire,

inviò sul terreno una divisione di suoi uomini sotto il comando di Abu Muḥammad

104 nota come Ğabhat al-Nuṣra. Tanto sul versante siriano quanto su quello iracheno, i combattenti di al-Baġdādi si rivelarono abilissimi nelle tecniche militari e nelle tattiche operative nonché attenti a non commettere gli errori che furono alla base della

sconfitta di AQI qualche anno prima. Quasi 2/5 delle risorse del gruppo venivano devolute in aiuti umanitari e beni di prima necessità per le popolazioni locali e in tribunali sciaraitici e forze di polizia per fornire un minimo di legalità, naturalmente “islamica”, nei territori sotto il loro controllo. Su entrambi i fronti si seguì la politica di integrazione di combattenti autoctoni, non solo nella fanteria ma anche in ranghi superiori, e si optò per trattative diplomatiche con i diversi šuyūḫ tribali. Unitamente a queste linee di politica interna, mirate a creare reti con realtà sociali ed economiche ben radicate nei rispettivi territori, una campagna di attacchi terroristici politici e di forte impatto mediatico contribuirono all’affermazione del gruppo anche a livello internazionale, attirando reclute e ingenti finanziamenti.

In Iraq l’ISI riuscì a mettere a segnò attentati altamente simbolici contro i membri della ṣaḥwa, del governo ed obiettivi istituzionali e strategici, come le carceri dove erano detenuti ex veri (o presunti) collaboratori del regime di Saddam (tra cui i ben addestrati membri dei servizi segreti, le famigerate al-Muḫabarāt). Questi uomini, non avendo la possibilità di rientrare a fare parte della società irachena e di riprendere una vita normale, scelsero di arruolarsi nell’ISI dietro ad una consistente remunerazione. Grazie a tali nuove acquisizioni, le abilità tattiche, operative e militari dell’ISI crebbero

105 ulteriormente e, nella primavera 2013, al-Baġdādi tentò di far confluire il Fronte al- Nuṣra sotto il suo comando, per ottenere i finanziamenti e il controllo dei territori al di là del confine. Ma al-Ğawlānī non si dimostrò affatto disposto a cedere il suo potere e rinunciare all’ampia autonomia di cui fino ad allora aveva goduto, così il progetto della costituzione dell’ISIS (Islamic State in Iraq and Sham) fallì e le incrinature latenti si trasformarono in uno scontro aperto tra Fronte al-Nuṣra, sostenuto da AQ ,

e l’ISI. Tale situazione preoccupò a tal punto la leadership qaidista che questa, alla

fine del 2013 mandò in Siria il Comitato del Khorasan,87 il quale era costituito dai migliori uomini dei servizi segreti di Ẓawahiri.L’obiettivo era quello di indagare sull’espansione dell’ISIS all’interno dei confini siriani per poter così escogitare una strategia da mettere in atto sul territorio in assistenza a Ğabhat al-Nuṣra.

Nonostante la mediazione di Ẓawahiri, le distanze tra i due āmir si dimostrarono incolmabili ed AQ si trovò così costretta a delegittimare formalmente l’ISI all’inizio del 2014. La superiorità delle forze di al-Baġdādi permisero al gruppo di occupare gran parte dei territori controllati dal distaccamento siriano, tra i quali la roccaforte di

Raqqa. Da questo momento in poi si registrò un inasprimento negli atteggiamenti e

nelle azioni del gruppo ISIS,88 che consolidò con la violenza e la strategia del terrore il

87 http://foreignpolicy.com/2016/08/18/the-greatest-divorce-in-the-jihadi-world/

88

Dopo la sconfitta di al-Nuṣra e l’acquisizione dei territori siriani la sigla cambiò per specificare l’estensione geografica

106 controllo sulle aree di recente annessione, ma allo stesso tempo si inimicò molti

gruppi ribelli polarizzando il modus operandi e sfruttando la rigida logica tafkīr “o con noi, i puri e veri musulmani, o contro di noi, apostata scomunicato e quindi legalmente eliminabile”.

Contemporanea alla rottura tra al-Nuṣra e ISI fu quella del patto sociale iracheno e la recrudescenza degli scontri etno-settari. Dopo la repressione violenta delle

manifestazioni della comunità arabo-sunnita da parte di al-Maliki, la tensione interna al paese era giunta al pari di quella registrata durante la guerra civile. Il gruppo

terroristico seppe sfruttare abilmente tali attriti riuscendo nuovamente ad infiltrarsi in modo vantaggioso nelle fluide dinamiche tribali. Un background di tal genere fornì agli uomini di al-Baġdādi la spinta perfetta e i giusti legami per annettere ulteriori territori chiave quali: al-Anbār, Fallūğa e Ramādi. Inoltre gli strateghi di ISI seppero applicare la tattica inventata da Zarqāwi nota come la cintura di Baghdad89 quale geniale diversivo della principale manovra focalizzata invece su Moṣūl.

La presa della seconda città dell’Iraq aveva delle ragioni strategiche ben precise, oltreché storiche per l’ISIS: la presenza di ingenti depositi militari a nord, le risorse finanziarie (450 milioni di dollari )depositate nelle banche e il controllo sulle aree più ricche di petrolio del paese. Il successo di questa azione militare, oltre che dalla tattica

89 Si trattava della tattica per conquistare Baghdad attraverso il suo isolamento conquistando le cittadine della sua

provincia nota come la “cintura di Baghdad”. In L. Napoleoni, op. cit., p. 28.

107 diversiva suddetta, fu deciso dalle non-resistenze locali e dall’appoggio di altri gruppi ribelli. Moṣūl venne infatti presa senza quasi alcuna opposizione, permettendo così ai combattenti dell’ ISIS di avanzare sulla linea sud-est verso Tikrit, lungo il fiume Tigri, dove sono localizzate le principali dighe e centrali elettriche del paese90 il cui controllo è vitale per la regione.

La proclamazione della fondazione dello Stato Islamico o Califfato venne

strategicamente fatta in seguito alla presa di nodi fondamentali delle risorse e delle infrastrutture dell’Iraq e l’estensione dei territori occupati, pur non essendo

particolarmente vasta, includeva aree strategiche nel cuore del paese ed a cavallo con il confine siriano.

Le principali dighe e centrali idroelettriche sul territorio iracheno. Focus sulla diga di Moṣūl. Fonte: IBT.

108

Carta: territori sotto controllo diretto (in nero), sotto attacco (in rosso) e supporto a SI (in marrone) 2015. Fonte: ISW.

2.3.2

Lo “Stato Guscio” e la politica di consolidamento