3. Le tre “I” di Terrorismo: Identità, Ideologia, Informazione
3.1 Origini e sviluppi dell’ideologia jihadista
3.1.1 L’Islam: religione e stato
Per comprendere a pieno la dottrina del ğihād e le sue evoluzioni contemporanee è necessario fare luce sulla natura e sulle origini dell’Islam sunnita e sciita. Una tra le prime considerazioni da fare riguarda l’essenza ambivalente dell’Islam: esso infatti, in quanto religione e δόξα (credenza), concerne la sfera spirituale individuale ma, allo
stesso tempo, è stato legge, interesse (πρᾶξις) e sfera pubblica fin dalle sua nascita. Il
profeta dell’Islam, Muḥammad, ricopriva già dal periodo medinese un duplice ruolo: quello di messaggero divino e quello di leader politico di una comunità fondata su dettami sì religiosi ma relativi al bene comune (politico). Questa duplice sostanza della religione islamica non è mai mutata durante la sua evoluzione storica: i califfati
‘omayyade e ‘abbaside erano retti dai vicari del profeta (ḫulafā’), i quali ereditavano i medesimi poteri (eccetto quello profetico) di Muḥammad: dīn wa dāwla (religione e stato). Ugualmente è stato per tutte le dinastie ed i governi islamici a seguire, l’Egitto mamelucco, i selgiuchidi, i mongoli e gli ottomani. Il Regno Saudita e la Repubblica Islamica dell’Iran sono gli esempi contemporanei più evidenti della statualità
dell’Islam. “Il vero rischio in ambito musulmano, infatti, non è quello della teocrazia ma del cesaropapismo, essendo il potere politico a strumentalizzare la religione e non
149 viceversa (almeno in campo sunnita, che rappresenta circa il 90 per cento del mondo islamico).”127
D’altra parte anche molti movimenti insurrezionali in seno alle comunità islamiche sono caratterizzati da questa ambivalenza; Ḥamas, Ḥizbullāh sono gruppi di matrice religiosa ma la loro sostanza è profondamente politica.
Una caratteristica propria dell’Islam sunnita, che lo contraddistingue da quello sciita, è l’assenza di una gerarchia clericale e la preponderanza della scritturalità. Ciò comporta un’ampia libertà nell’interpretazione dei testi e quindi una grande varietà nell’ambito dell’ortodossia.
La dottrina del ğihād, come indica la stessa etimologia –sforzo, lotta per il
raggiungimento di un obiettivo-, ha natura rivoluzionaria: sia quello bellico, sia quello
irenico, prevedono infatti un cambiamento radicale, talvolta violento, delle condizioni contingenti. Tale processo rivoluzionario può essere rivolto verso un nemico esterno oppure verso uno interiore, spirituale. Questa distinzione appare già nella Sunna128: al-
ğihād al-‘aṣġar o bī al-ṣaif (il ğihād minore o armato), che può essere di tipo difensivo
e costituire un dovere cogente di ogni musulmano, o di tipo offensivo, condotto
127
P. Branca, Il califfato tra storia e mito, in P.Maggioni, P. Magri (a cura di), Twitter e Jihad: la comunicazione
dell’ISIS, I Edizione pdf, ISPI, Milano 2015. P.24.
128
«Siete usciti fuori nel modo migliore in cui si possa uscir fuori: siete passati dalla battaglia minore (al-ğihād al-
‘aṣġar) alla battaglia maggiore (al-ğihād al-‘akbar).» Essi dissero: «E cos’è la battaglia maggiore?»Replicò: «Lo sforzarsi (muğāhadat) dei servi di Allāh contro le proprie futili brame.»
150 dall’esercito contro il nemico almeno una volta all’anno. Gli obiettivi codificati dal
fiqh (diritto islamico) sono:
• gli infedeli, eccetto cristiani e ebrei (ahl al-kitāb, i popoli del libro) che pagano la tassa (ğizya) allo stato islamico.
• gli apostati, gli eretici e gli ipocriti129
. • I ribelli.
• I briganti.
Al-ğihād al-‘akbar, quello maggiore e definito anche ğihād al-nafs, (contro il proprio
ego) è di tipo irenico e spirituale, la cui dottrina e pratica viene sviluppata dal
taṣawwuf, la corrente mistica ed esoterica dell’Islam risalente all’XI secolo.
Secondo la dottrina classica del ğihād (IX-XIV secolo), entrambe le tipologie devono essere praticate, l’una non sostituisce l’altra, nonostante il ğihād maggiore abbia un valore teologico di differente rilevanza.
Particolare attenzione deve essere prestata alle condizioni storiche e politiche nelle quali i padri del ğihād hanno sviluppato il loro pensiero; per prendere coscienza del fatto che ogni teoria radicale e rivoluzionaria si evolve sulla base di dinamiche
relazionali di contrapposizione e dissenso nei confronti di uno status quo.
La preponderanza della dottrina bellica rispetto a quella irenica si è concretizzata periodicamente, nelle fasi storiche in cui il mondo arabo e islamico si è trovato sotto
129
In arabo: Al-Kuffār, al-Murtadīn wa al-Munāfiqīn. “ Oh voi che credere non prendete come alleati i vostri padri e i
vostri fratelli se preferiscono la miscredenza alla fede.” Corano 9:23, (a cura di) G. Mandel, K.Fuad Allam. UTET, Milano, 2016.
151 attacco oppure in espansione. La cristallizzazione e la definizione giuridica di questa dottrina avviene infatti nel periodo compreso tra l’inizio delle Crociate e l’invasione mongola del Medio Oriente.
Il principale teorico del ğihād armato fu Ibn Taymiya, teologo, giurista e polemista vissuto in Egitto a cavallo tra XIII e XIV secolo. Nacque in Siria durante l’invasione mongola e visse sotto il governo mamelucco egiziano come profugo. Il suo pensiero, anche se interno alla scuola giuridica Ḥanbalita, risulta decisamente anticonformista e ricopre un ruolo particolarmente importante nella costituzione dell’ideologia jihadista contemporanea. A differenza di altri teologi suoi coevi, egli affronta le più spinose questioni relative al ğihād (come la morale musulmana in guerra) non soltanto da un punto di vista accademico ma con precisi riferimenti alla realtà storica, mostrando il suo concreto impegno nel ğihād. La centralità dell’aspetto bellico è accompagnata dall’indagine profonda dell’essenza dell’Islam e del pericolo di apostasia e di ipocrisia derivante dalle recenti conversioni dei dominatori mongoli. Egli, affermando che i mongoli (musulmani) dovevano essere ritenuti il primo nemico da combattere, prima ancora dei cristiani, fondava e apriva la strada alla dottrina del tafkīr e della
legittimazione del ğihād contro i governi musulmani corrotti ripresa poi con vigore da
Sayyid Qutb negli anni ’50 del XX secolo.
Parallelamente alla dottrina jihadista si sviluppa alla fine del XVIII secolo, una
152 sue origini e fondamenti: il Waḥḥabismo. Nato in seno alla comunità sunnita, questa dottrina sostiene una tradizione scritturale rivelata e infallibile (Corano e Sunna) quale fonte ed espressione ultima di autorità. Molti elementi di questo pensiero in seguito confluirono nella dottrina dell’Islam radicale degli anni sessanta e settanta del secolo XX sostenuti anche dall’Arabia Saudita che cominciò ad investire ingenti risorse nel proselitismo, in tutte le più svariate manifestazioni.
La ripresa e la fioritura dell’interpretazione bellica del ğihād avvenne in concomitanza con l’espansione coloniale in Medio Oriente e Nord Africa alla fine della Prima
Guerra Mondiale, grazie ad appelli e fatāwa al ğihād difensivo da parte dell’Impero Ottomano. Seguì negli anni ‘20 un “risveglio islamico” che vide la nascita dei movimenti intellettuali dei Modernisti e dei Fratelli Musulmani con Rašīd Riḍā e
Ḥasan al-Banna insieme allo sviluppo del pensiero originale e anticonformista del
l’intellettuale e politico egiziano Sayyid Quṭb130. Le fil rouge che unisce questi
130
Sayyid Quṭb nacque in Egitto nel 1906, studiò letteratura all’Università del Cairo, Dār al-‘ulūm, la stessa dalla quale
uscì al-Bannā. Finiti gli studi venne assunto al Ministero dell’istruzione e contemporaneamente si dedicò al giornalismo e
collaborò per un periodo con il premio Nobel Nağīib Maḥfūẓ. All’inizio della prima guerra israelo-palestinese, egli venne
mandato negli Stati Uniti dal Ministero per studiare il sistema educativo americano. L’esperienza all’estero radicalizzò profondamente le sue posizioni nazionaliste e polarizzò ulteriormente la sua visione del mondo, pubblicò qui la sua prima
opera di critica “al-‘Adāla al-Iğtimā‘iyya fī al-Islām” (La giustizia sociale nell’Islam). Al rientro aderì alla Fratellanza
Musulmana accrescendo il suo impegno nelle attività. Per le sue dichiarazioni anti-governative e nazionaliste, venne
incolpato dell’attentato contro Nāṣir nel 1954.Venne così incarcerato insieme a molti altri membri della Fratellanza,
dichiarata associazione illegale. Trascorse in carcere 12 anni, durante i quali scrisse le sue due opere più importanti:“Fī Zilāl
al-Qur’ān” (All’Ombra del Corano), un commentario al Corano in cui nega la possibilità di una vita liberà e morale al di
fuori dell’Islam; Ma’ālim fī al-ṭarīq (Le pietre miliari)in cui le aperte critiche e accuse di ğahiliyya (ignoranza della
rivelazione muhammadiana) e di apostasia rivolte ai governi e alle società musulmane , si accompagnarono ad una dottrina
sempre più radicale e violenta del ğihād. Uscì dal carcere nel 1964, grazie all’intercessione presso Nāṣir da parte del
153 pensatori è il recupero delle radici (da cui radicalismo) dell’Islam e la loro
reinterpretazione in chiave moderna.