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Cenni di economia terrorista: evoluzione e teorie

1. Le tre “S” del Terrorismo: Studio, Significato e Storia

1.4. Nuovi e vecchi schemi del terrorismo: tra divergenza e continuità Storia del

1.4.1 Cenni di economia terrorista: evoluzione e teorie

Nonostante l’accento posto dai media ricada principalmente sull’aspetto ideologico e religioso, il terrorismo ha molto più a che fare con il narcotraffico, il mercato nero e la finanza illegale che con la “guerra santa”. I gruppi terroristici hanno spesso avuto quale principale preoccupazione quella di reperire i fondi per mantenere

l’organizzazione della propaganda, per gestire le relazioni interne e progettare ed attuare gli attacchi. Tutto ciò richiede un ingente flusso di risorse, spesso illegali e

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Tuttavia gli attentati condotti con armi di distruzione di massa si contano sulle dita di una mano, l’esempio più

53 quindi instabili. Esiste quindi una vera e propria economia terrorista e degli studi ad hoc che saranno approfonditi nell’ultima parte del secondo capitolo. Qui di seguito viene riportata brevemente la storia dell’economia del terrorismo e le sue

caratteristiche più rilevanti.

Dal punto di vista finanziario il terrorismo ha percorso il medesimo iter storico del sistema capitalistico formale.

STATE SPONSORED TERRORISM a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso si identifica l’inizio della fase del terrorismo sponsorizzato e finanziato da Stati o istituzioni legate a stati come l’IRA, strumentalizzata dal governo irlandese in funzione anti-britannica. Anche negli anni ’80 e dopo la caduta del muro la tattica della sponsorizzazione di gruppi radicali locali in un’ottica imperialistica continuò ad essere adoperata da USA e URSS ai confini delle relative sfere d’influenza.38 Come venne portato alla luce anche dalla Contras Operation (o Iran-Contras affair o Irangate).39

Il Nicaragua sandinista, legalmente contrastato dal Congresso statunitense, NEL 1985-86 subiva la guerriglia dei Contras, illegalmente finanziati dall’amministrazione

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Il caso più famoso è quello del movimento islamico estremista dei Taliban, sostenuto, addestrato e finanziato dal governo statunitense in chiave anti-sovietica negli anni’80. Nel 1998 Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, domandava retoricamente:“ Che cos’è più importante rispetto alla storia del mondo? I Talebani o la caduta dell’Impero sovietico? Un pugno di esaltati islamisti o la liberazione dell’Europa centrale e la fine della guerra fredda?”. In M. Graziano,” Guerra Santa e Santa Alleanza. Religioni e disordine internazionale ne XXI secolo.” Il Mulino, Bologna, 2014-

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54 di Reagan che, per per reperire i fondi senza informare il congresso, vendette

illegalmente armi al pur odiato Iran per la crisi (1980) degli ostaggi; soldi che

potrebbero essere andati a Ḥizbullāh (fedele alleato della Repubblica Islamica) , che pure aveva preso ostaggi USA, tra i quali il capo dell’Ufficio della CIA a Beirut.

TERRORISM PRIVATIZATION: segue la fase di privatizzazione e diversificazione degli investimenti, legata alla finanziarizzazione dell’economia negli USA e in Europa, all’affermarsi del neoliberismo che – con liberalizzazione dei mercati e

privatizzazioni – ridimensiona il ruolo della politica e degli Stati.

Contemporaneamente compaiono nuove figure sulla scena economica mondiale: le potenze petrolifere della penisola arabica. L’economia del terrore comincia a sganciarsi dalle casse pubbliche e differenzia le proprie fonti di finanziamento. Attività legali e illegali si sovrappongono, dove quelle legali hanno funzione di copertura e di

riciclaggio: controllo del sistema privato di trasporti in Irlanda del Nord da parte dell’IRA.

Iniziano a crearsi legami commerciali tra varie organizzazioni terroristiche (OLP, Brigate Rosse e IRA per il commercio di armi nel Mediterraneo), che aprono la strada ad un altro fondamentale cambiamento nel sistema economico sia formale sia

informale.

TERRORISM TRANSATIONALISATION AND DEREGULATION: a partire dagli anni novanta, la globalizzazione dei mercati, la deregolamentazione della finanza

55 e le pratiche di delocalizzazione e decentralizzazione dei processi produttivi ha

investito anche le associazioni terroristiche e tutta l’economia sommersa e informale. L’integrazione dell’economia del terrore, del crimine e di quella illegale diventa effettiva anche a livello finanziario. Al-Qā‘ida è la più famosa organizzazione che più ha tratto vantaggio dalla grande trasformazione innescata dalla fine del bipolarismo. Il fatto che il terrorismo abbia, oggi come mai prima, a che fare soprattutto con

l’economia, come spiega Loretta Napoleoni in “Terrorismo S.P.A”40, è ben noto e

comprovato. Esiste infatti una vera e propria economia sommersa internazionale (criminalità organizzata, terrorismo e finanza illegale) parallela al sistema capitalistico in vigore che, secondo dati precedenti all’11 settembre 2001, ammontava ad un bilione e mezzo di dollari (millecinquecento miliardi).41

I terroristi sono dotati di una mens oeconomica e fondano le loro azioni e la loro organizzazione sul calcolo razionale di costi e benefici, non solo per quanto riguarda strategie militari o tattiche offensive ma anche relativamente a fundraising, al

riciclaggio di denaro sporco e a dinamiche finanziarie off-shore.

La maggior parte dei membri e degli affiliati si occupa principalmente di

fundraising, gestione delle risorse e delle reclute. La propaganda, dal canto suo,

diventa così una strategia di marketing, l’etichetta del “brand terrorismo”: è il

packaging accattivante che deve convincere i consumatori che quello è il migliore

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L. Napoleoni “Terrorismo S.P.A”, Il Saggiatore, Milano, 2008.

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56 prodotto, sulla base della domanda del mercato globale. Ne sono la prova le

competizioni tra i gruppi terroristici come Fatah e Ḥamas negli anni ’80 in Palestina, gruppo SI e Al-Qā‘ida attualmente.

Le (proto)-rivoluzioni, che nel 2011 hanno scosso diversi paesi del mondo arabo a maggioranza musulmana, rifugi e aree operative di AQIM (Al-Qā‘ida in Magreb), SI e altri gruppi terroristici di matrice islamica, si pongono in evidente controtendenza rispetto alla preponderanza dell’influenza economica e criminale sulla politica e l’interesse comune. La politica ha infatti tentato di riconquistare la leadership su un’economia e un potere profondamente corrotti. Quest’ondata di presa di coscienza democratica da parte della popolazione (tunisina, siriana, libica, yemenita) ha

preoccupato i leader terroristi per due principali motivi: innanzitutto

democratizzazione e trasparenza sono condizioni dannose per un’organizzazione che fonda la propria stabilità sulla frustrazione, sulle rivendicazioni ignorate delle persone e su un’economia illegale; in secondo luogo le proteste pacifiche e l’associazionismo propositivo hanno dimostrato che esiste un'alternativa alla violenza per ottenere il potere contrattuale e sedersi al tavolo delle opportunità.

Purtroppo il fallimento post-rivoluzionario ha lasciato vuoti politici fecondi per l’ideologia radicale: il “prodotto terrorismo” non ha più avuto concorrenza sul mercato acquistando così l’opportunità di aprirsi al franchising.

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