La responsabilità ex art 96 c.p.c e l’abuso del processo
4.3. L’abuso del processo
All’interno dell’ordinamento italiano, differentemente dalla esperienza propria di altri paesi215, manca una norma cui legare la
215 In Svizzera, l’art. 128 del codice di procedura (Disciplina nel processo e malafede
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nozione di abuso del processo. Ciononostante, il tema è stato trattato nell’elaborazione giurisprudenziale, in articoli di dottrina, in monografie, in convegni, a partire dai primi studi di Giuseppe De Stefano, fino ai più recenti contributi di Michele Taruffo, Angelo Dondi, Francesco Cordopatri, Giuliano Scarselli, Maria Francesca Ghirga e Claudio Consolo. A siffatti apporti è da ricondurre anche l’inquadramento delle ipotesi di utilizzo improprio del processo sotto differenti gruppi216. In particolare, sarebbe possibile individuare una forma di abuso del processo nell’uso plurimo di uno strumento processale, diretto a ottenere l’effetto naturale conseguibile mediante un singolo giudizio; a titolo esemplificativo sarebbe questo il caso del frazionamento del credito, ove il creditore di un’obbligazione pecuniaria nascente da un unico rapporto obbligatorio parcellizza il proprio credito, richiedendone adempimenti parziali con plurime domande giudiziali217. Un’ulteriore ipotesi sarebbe riscontrabile nei casi in cui lo strumento processuale venga impiegato per il raggiungimento di un effetto altro e diverso rispetto a quello posto dal legislatore; in tal senso, è abusivo il contegno di chi si rivolga alla Corte
«Chiunque, durante il procedimento dinanzi al giudice, offende le convenienze o
turba l'andamento della causa è punito con l'ammonimento o con la multa disciplinare fino a 1000 franchi. Il giudice può inoltre ordinarne l'allontanamento. Per l'esecuzione di quanto da lui disposto, il giudice può far capo alla polizia. In caso di malafede o temerarietà processuali, la parte e il suo patrocinatore possono essere puniti con la multa disciplinare fino a 2000 franchi e, in caso di recidiva, fino a 5000 franchi. La multa disciplinare è impugnabile mediante reclamo».
In Francia, l’article 32-1 del code de procédure civile recita:
«Celui qui agit en justice de manière dilatoire ou abusive peut être condamné à
une amende civile d'un maximum de 3 000 euros, sans préjudice des dommages- intérêts qui seraient réclamés».
216
Scarselli G., Sul c.d. abuso del processo, in Riv. dir. proc., 2012.
217
Cfr. Cass., 15 novembre 2007, n. 23726, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 458; Cass., 27 maggio 2008, n. 13791, in Danno e resp., 2009, 518; Cass., 11 giugno 2008, n. 15476, in Foro it. Mass., 2008; Cass., 3 dicembre 2008, n. 28719, in Riv. it. dir. lav., 2009, II, 711.
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di Cassazione con regolamento di giurisdizione infondato, al fine di ottenere la sospensione del processo di merito218, ovvero il comportamento di chi proponga una domanda di accertamento con efficacia di giudicato di una questione pregiudiziale, in mancanza di un effettivo interesse e al sol scopo di distogliere il convenuto dal suo giudice naturale219. Un’ipotesi di abuso sussisterebbe, ad avviso di parte
della dottrina, in tutti i casi in cui la parte, nell’agire o resistere in giudizio, tenga un contegno non corretto ovvero meramente menzognero, reticente, dilatorio, superfluo220. Sul punto, la Corte Suprema ha ritenuto che spetti al giudice impedire comportamenti che siano di ostacolo a una regolare definizione del processo221; così è apparsa superflua la fissazione del termine per la notifica del ricorso per cassazione che fosse stato valutato inammissibile222 ovvero la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c. per l’integrazione del contraddittorio, la cui concessione comporterebbe non un beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti, bensì un aggravio di spese e un allungamento dei termini per la definizione del giudizio223. Un’ultima e residuale ipotesi scaturirebbe dall’esigenza di assegnare al giudice un potere discrezionale volto a sanzionare condotte
218
Cfr. Cass., 3 novembre 1986, n. 6420, in Il fallimento, 1987, I, 57.
219 Cfr. Cass., 16 gennaio 1993, n. 530, in Giur. it., 1993, I, 1920; Cass., 5 agosto
1998, n. 7681, in Foro it., 1998; Cass., 6 marzo 2001, n. 3248, in Foro it., Rep., 2001; Cass., 10 luglio 2002, n. 10039, in Foro it., 2002; Cass., 14 novembre 2003, n. 17208, in Foro it., 2003; Cass., 8 maggio 2004, n. 8781, in Foro it. Mass., 2004; Cass., 12 luglio 2005, n. 14578, in Foro it., 2005.
220
Dondi A.-Giussani A., Appunti sul problema dell’abuso del processo civile in una
prospettiva de jure condendo, cit., p. 195.
221
Cfr. Cass., 3 novembre 2008, n. 26373, in Foro it., 2009, 88; Cass., 19 agosto 2009, n. 15985, in Foro it., 2009, 154; Cass., 8 febbraio 2010, n. 2723, in Giust. civ. Mass., 2010; Cass., 18 febbraio 2010, n. 3830, in Foro it., 2010, 1794; Cass., 23 febbraio 2010, n. 4309, in Foro it., 2010, 1794.
222 Cfr. Cass., 3 novembre 2008, n. 26373, in Foro it. Rep., 2009, 88. 223 Cfr. Cass., 8 febbraio 2010, n. 2723, in Giust. civ. Mass., 2010.
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processuali abusive. In questo senso, muove il filone interpretativo ad avviso del quale il legislatore avrebbe introdotto l’art. 96, 3° comma c.p.c. per scoraggiare l’abuso del processo e salvaguardare l’efficienza e funzionalità della macchina giudiziaria. Se, nella visione tradizionale, gli estremi dell’abuso venivano colti in un giudizio impiegato al raggiungimento di scopi estranei a quelli che istituzionalmente gli appartengono, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 23726, del 15 novembre 2007224 contribuisce a fornire una configurazione anche in termini di utilizzo dello strumento processuale con modalità dilatorie e pregiudizievoli, a danno della controparte e della macchina giudiziaria. Il giudice di legittimità affronta il contrasto giurisprudenziale sorto in materia di frazionamento del credito, nascente da unico rapporto obbligatorio, in plurime richieste giudiziali. La decisione interviene, infatti, su una questione dibattuta da decenni tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la cui prima pronuncia è fatta risalire al 1956225 e l’occasione trae spunto
dall’iniziativa di una società creditrice che, non avendo ricevuto il pagamento di somme dovute ex contractu, ha espresso contestualmente quattro procedure monitorie. Le Sezioni Unite rigettano i ricorsi della società, ad avviso della quale il giudice a quo avrebbe errato con il ritenere contraria a correttezza e buona fede la parcellizzazione in plurime e distinte domande di un unico credito pecuniario. Allontanandosi dal precedente orientamento, che rendeva operativa la prassi della domanda di adempimento parziale con riserva di azione per il residuo226, la Corte di Cassazione nel 2007 asserisce che, pur in
224 Cass., 15 novembre 2007, n. 23726, in Foro it., 2008, I, 1514. 225 Cass., 30 gennaio 1956, n. 270, in Giur. it., 1957, I, 399. 226 Cfr. Cass., 10 aprile 2000, n. 108, in Foro it. Rep., 2000, 16.
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mancanza di una previsione processuale diretta a escludere la tutelabilità frazionata di un credito, il contegno presuppone l’esistenza di un interesse meritevole di tutela. Conseguentemente, in tale ricostruzione non rientra il caso in precedenza esaminato dalle Sezioni Unite, che riguardava la richiesta di pagamento per frazione, finalizzata ad adire un giudice inferiore rispetto a quello che sarebbe stato competente a conoscere dell'intero credito. Secondo la Corte, «frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contratto ma anche nell'eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenere l'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale». La nozione di abuso del processo è letta sotto la duplice prospettiva privatistica e pubblicistica. Da un lato, un utilizzo dello strumento processuale diretto a perseguire fini ulteriori rispetto a quelli che gli sono propri e, dall’altro lato, un effetto inflattivo riconducibile alla moltiplicazione di giudizi che si pone in contrasto con il principio del “giusto processo” e con la garanzia della sua “ragionevole durata”. Proprio questa prospettiva pubblicistica spiegherebbe l’adozione, da parte delle Sezioni Unite, della sanzione consistente nell’inammissibilità della domanda, la quale andrebbe a frenare
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l’accesso generalizzato al sistema giudiziario. Atteso che la giurisdizione non costituisce una risorsa illimitata, la proposizione di azioni infondate causerebbe un pregiudizio tanto alla parte, costretta a sostenere il peso dei costi e tempi processuali, quanto all’intera macchina giudiziaria. La conseguenza sanzionatoria, però, non convince appieno, risultando difficile un riscontro al di fuori dell’ipotesi di frazionamento giudiziale del credito e rendendo non corretto lo stesso inquadramento della figura come causa di inammissibilità227. Sotto la prima angolazione, l’analisi, a titolo esemplificativo, di alcune fattispecie mostra la difficile estensione dell’impedimento processuale. Darebbe luogo ad abuso del processo il contegno di chi faccia valere un diritto con domanda separata e oltre i tempi previsti per riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa principale, allo scopo di costringere l’organo a disporre la sospensione del processo; in tal caso, la sanzione della declinatoria in rito appare eccessiva, potendo la situazione esser ricondotta all’istituto della continenza di cause. Si è altresì parlato di esercizio abusivo del processo nel caso in cui il ricorrente introduca con rito sommario una controversia, con l’esclusivo intento di imporre alla controparte una difesa in tempi più brevi; in modo simile alla prima esemplificazione, il rimedio potrebbe essere più correttamente ricondotto alla remissione in termini, mediante il quale far salve eventuali decadenze maturate nel rito prima del mutamento. Rimane, oltre a ciò, una necessaria valutazione della tecnica adottata dalle Sezioni Unite per sanzionare l’abuso nell’ipotesi di frazionamento giudiziale del credito. Nonostante non siano mancate pronunce volte a riaffermare il principio consacrato
227 Montanari M., Note minime sull’abuso del processo civile, in Corr. giur., 2011, 4,
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nel 2007228, parte della dottrina ha ravvisato nella ricostruzione talune incongruenze229. Gli studiosi hanno rilevato che non sarebbe sempre agevole individuare ex ante la circostanza che il creditore abbia inteso proporre domanda frazionata di un credito unitario, ma siffatto elemento emergerebbe con la successiva richiesta avente ad oggetto la diversa porzione del credito e, dunque, la sanzione dovrebbe colpire proprio la seconda domanda. Tuttavia, tale opzione non integrerebbe, a ben vedere, una vera e propria forma di rigetto in rito, atteso che mancherebbe il carattere della non parzialità della domanda, presupposto necessario per la riproposizione della medesima. È stato, inoltre, posto l’accento sulle conseguenze prodotte dalla declinatoria in rito, la quale sicuramente andrebbe a colpire la parte che agisce in giudizio perseguendo uno scopo improprio, però non anche colui che è chiamato a effettuare una valutazione in merito alla fondatezza degli atti processuali compiuti, ossia l’avvocato230. Da questo punto di vista,
è evidente come la sanzione non sia in grado di disincentivare adeguatamente possibili scelte non corrette del difensore. Parte della giurisprudenza successiva alla decisione del 2007 denota l’incapacità della soluzione di scoraggiare contegni abusivi. In tal senso, si è mossa la Corte di Cassazione nel 2010231, ad avviso della quale «non è l'accesso in sé allo strumento che è illegittimo, ma le modalità con cui
228
Cfr. Cass., 27 maggio 2008, n. 13791, in Danno e resp., 2009, 518; Cass., 11 giugno 2008, n. 15476, in Foro it. Mass., 2008; Cass., 3 dicembre 2008, n. 28719, in Riv. it. dir. lav., 2009, II, 711; Cass., 20 novembre 2009, n. 24539, in Giur. It., 2010, 1875.
229Cossignani F., Improponibilità della domanda frazionata e limiti oggettivi del
giudicato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, p. 1500; Montanari M., Note minime sull’abuso del processo civile, cit., p. 561; Romualdi G., Dall'abuso del processo all'abuso del sistema giustizia, Torino, 2013, p. 26.
230 Romualdi G., Dall'abuso del processo all'abuso del sistema giustizia, cit., p. 26. 231 Cfr. Cass., 3 maggio 2010, n. 10634, in Corr. giur., 2011, 3, 369.
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è avvenuto». Ne consegue che «al riscontrato abuso dello strumento processuale non può […] conseguire la sanzione dell'inammissibilità dei ricorsi». Parimenti le Sezioni Unite, nel 2014232, hanno così pronunciato: «tale abuso non è sanzionabile con l’inammissibilità dei ricorsi, essendo illegittimo non lo strumento adottato ma la modalità della sua utilizzazione, imponendosi tuttavia, per quanto possibile, l'eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano»233. Queste
decisioni propendono per l’utilizzo degli ordinari strumenti previsti dall’ordinamento per reprimere comportamenti sleali, contrari alla buona fede e idonei a compromettere i valori del giusto processo e di ragionevole durata. All’interno della giurisprudenza di merito è possibile riscontrare due diversi filoni. Un primo indirizzo, allineandosi alla pronuncia del 2007, ribadisce che la domanda debba essere azionata per intero, pena la declaratoria di improponibilità della medesima234. Un diverso orientamento propende per l’applicazione della previsione di cui all’art. 96, 3° comma c.p.c. quale conseguenza della condotta abusiva tenuta dalla parte235.
4.3.1. L’applicazione dell’art. 96, 3° comma c.p.c.
La disposizione introdotta nel 2009 consentirebbe al giudice di sanzionare contegni processuali abusivi. Vi è chi sostiene che la ratio
232 Cfr. Cass., 30 aprile 2014, n. 9488 in Foro it., 2014.
233 In tal senso anche Cass., 30 giugno 2015, n. 13413, in Foro it, 2015; Cass., 26
settembre 2016, n. 18782, in Foro it., 2016.
234 Cfr. Trib. Napoli, 1 aprile 2008; Trib. Roma, 11 dicembre 2008; Trib. Genova, 9
aprile 2009; Trib. Roma, 12 gennaio 2010; Trib. Milano, 4 febbraio 2010; Trib. Milano, 8 marzo 2010.
235
Cfr. Trib. Prato, 6 novembre 2009; Trib. Roma, 11 gennaio 2010; Trib. Pordenone, 18 marzo 2011; Trib. Lamezia Terme, 12 luglio 2011.
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dell’abuso andrebbe ricercata non soltanto nel comportamento disfunzionale al processo a danno delle parti in causa, ma altresì nel contegno teso a interferire con l’effettività della tutela giurisdizionale236. In altri termini, l’abuso del processo si caratterizzerebbe ed esprimerebbe in relazione al dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e ai principi del giusto processo, tramite la violazione del principio di correttezza e buona fede posto a tutela dei contendenti237. Vi è poi chi identifica l’abuso nell’attitudine dannosa dell’attività processuale, pregiudicante il corretto esercizio del diritto di difesa dell’avversario. Ne consegue che, ad avviso del primo orientamento, il contegno debba essere caratterizzato dal presupposto del dolo ovvero della colpa grave238, mentre, per il secondo indirizzo, la determinazione dell’attività abusiva prescinderebbe dalla rilevanza dell’elemento soggettivo. Nell’uno e nell’altro caso, il presupposto dell’abuso del processo è il medesimo, nel senso di una attività che produrrebbe effetti sull’amministrazione della giustizia in termini di rallentamento e, dunque, di inefficacia della tutela dei diritti, i quali ricadono su ogni cittadino che abbia chiesto la tutela delle proprie posizioni soggettive all’autorità giudiziaria. Le condotte abusive produrrebbero un danno indiretto all’erario, dovuto all’allungamento dei tempi di definizione dei procedimenti e diretto al litigante, a causa
236Cfr. Cass., 12 marzo 2015, n. 4930, Foro it., 240; Cass., 17 luglio 2015, n. 15030,
Foro it., Rep. 2015, 239; Cass., 22 febbraio 2016, n. 3376, Foro it., Rep., 2016, 129; Cass., 19 aprile 2016, n. 7726, in Foro it., Rep., 2016, 23; Trib. di Piacenza, 22 novembre 2010, in Guida al dir., 2011, 3; Trib. Varese, 21 gennaio 2011, in Giur. mer., 2011, 2698; Trib. Bari, 29 maggio 2015, Foro it., Rep. 2016, 67.
237Comoglio L.P., Abuso del processo e garanzie costituzionali, cit., p. 319.
238Cfr. Cass., 30 luglio 2010, n. 17902, in Foro it., 2011, I, 3134; Trib. Varese, Sez.
dist. Luino, 23 gennaio 2010, in Foro it., 2010, I, 2229; Trib. Roma, Sez. dist. Ostia, 9 dicembre 2010, in Il Sole 24 Ore, 2010; Trib. Oristano, 17 novembre 2010, in Foro it., 2011, 2200.
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dei ritardi negli accertamenti239. Nonostante tale elemento comune, i due indirizzi sono da ricondurre alla diversa natura riconosciuta alla responsabilità processuale aggravata ex art. 96, 3° comma c.p.c.: da un lato, una responsabilità di tipo risarcitorio che consentirebbe di richiamare una omogeneità tra la nozione di abuso del processo e quella di lite temeraria, dall’altro lato, una responsabilità a carattere sanzionatorio, nella formula del danno punitivo, la quale viene a tradursi in una «sanzione d’ufficio»240 .
L’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale ha, pertanto, portato a qualificare l’art. 96, 3° comma in termini di «sanzione di ordine pubblico»241, diretta a punire la parte soccombente che impieghi il processo per fini estranei, in violazione dei canoni del giusto processo. Pur tuttavia, alcuni autori asseriscono l’inidoneità di siffatta sanzione a colpire l’esercizio abusivo dell’attività processuale. Viene constatata la non conformità tra la rilevanza pubblicistica degli interessi oggetto di tutela e la condanna prevista a favore della sola parte vittoriosa in giudizio, non anche dello Stato242.
239 Cfr. Trib. Varese, Sez. dist. Luino, 23 gennaio 2010, in Foro it., 2010, I, 2229;
Trib. Varese, 16 febbraio 2011, in Giust. civ., 2011, I, 2969; Trib. Pistoia, 8 novembre 2011.
240 Cfr.Trib. Varese, 30 ottobre 2009, in Giur. merito, 2010, 2, 431; Trib. Rovigo,
Sez. dist. Adria, 7 dicembre 2010, in Altalex; Trib. Roma, Sez. dist. Ostia, 9 dicembre 2010, in Il Sole 24 Ore, 2010.
241 Fradeani F., La lite temeraria attenuata dell’art. 96, comma terzo c.p.c.: prime
applicazioni, 2010, in Enc. giur. Treccani.
242 Romualdi G., Dall'abuso del processo all'abuso del sistema giustizia, Torino,
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