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I rapporti tra l’art 96 c.p.c e l’art 2043 c.c.

Dall’analisi dell’art. 96 c.p.c. è possibile ricavare il carattere di specialità della responsabilità processuale aggravata rispetto al genus della responsabilità civile. Questa considerazione, a cui si è approdati a partire dalla metà degli anni ’8057, è riscontrabile dalla presenza di

57 Cfr. Cass., 18 gennaio 1983, n. 477, in Giust. civ. 1983, I, 1493; Cass., 6 febbraio

1984, n. 874, in Foro it., 1984, I, 1892; Cass., 19 settembre 1995, n. 9888, in Corr. giur., 1996, 308; Cass., 17 ottobre 2003, n. 15551, in Giust. civ. Mass., 2003, 10; Cass., 08 maggio 2015, n. 9309, in Foro it., 2015; v. anche Rossetti M., Il danno da

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alcuni elementi che contraddistinguono in senso di specialità la previsione citata, consistenti in una limitazione del presupposto soggettivo per l’applicazione della fattispecie, circoscritto, nel 1° comma, alla mala fede ovvero colpa grave e, nel 2° comma, anche alla colpa lieve e, inoltre, una restrizione quanto alla tipologia di danno, legato alla sola condotta temeraria. Secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalente, essendo l’azione di cui all’art. 2043 c.c. e quella di risarcimento danno per responsabilità processuale aggravata in un rapporto di genere e di specie, non è configurabile un concorso, anche alternativo, tra le stesse. Ne deriva che la responsabilità processuale aggravata, pur rientrando concettualmente nel genere della responsabilità per fatti illeciti, ricada interamente sotto la disciplina dell’art. 96 c.p.c. e sia escluso il ricorso all’art. 2043 c.c. in ogni ipotesi disciplinata dal suddetto art. 96 c.p.c.58.

La condanna per responsabilità processuale aggravata è legata alla perdita e al mancato guadagno determinati dall’agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave. Da questo punto di vista, è comprensibile la scelta di richiedere alla parte istante la prova sia dell’an che del quantum debeatur ovvero l’allegazione degli elementi di fatto desumibili dagli atti di causa59.

civile, cit., p. 863; Scarselli G., Lealtà e probità nel compimento degli atti processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, p. 91; Beghini R., Comportamento processuale e risarcimento del danno, Padova, 2003, p. 1; Di Marzio M., Boom di cause: l’antidoto lite temeraria, in Dir. giust., 2006, p. 45.

58Cfr. Cass., 8 giugno 1981, n. 3694, in Foro it. Mass., 1981; Cass., 3 giugno 1983,

n. 3799, in Foro it., 1984, I, 221; Cass., 26 novembre 1992, n. 12642, in Foro it. Mass., 1992; Cass., 27 luglio 1994, n. 7029, in Foro it., 1994; Cass., 17 ottobre 1994, n. 8464, inGiust. civ. Mass., 1994, 1231; Cass., 12 marzo 2002, n. 3573, in Giur. it. Rep., 2002; Cass., 17 ottobre 2003, n. 15551, in Giust. civ. Mass., 2003, 10; Cass., 20 luglio 2004, n. 13455, in Foro it., 2004, 48; Cass., 24 luglio 2007, n. 16308, in Giust. civ. Mass., 7-8; Cass., 3 marzo 2010, n. 5069, in Foro it. Mass., 2010; Cass., 23 agosto 2011, n. 17523, inGiust. civ. Mass., 2011, 9, 1244.

59 Cfr.Cass., 20 aprile 2004, n. 7583, in Foro it. Rep., 2004;Cass., 19 luglio 2004, n.

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Pur non essendo ammesso un concorso tra le azioni citate, non è da escludere che si possa fare ricorso all’art. 2043 c.c. qualora, per la struttura del processo, la previsione di cui all’art. 96 c.p.c. non sia applicabile. Segnatamente, in ipotesi cui risulti mancante uno degli elementi della responsabilità processuale aggravata, quali il presupposto soggettivo e la soccombenza, è possibile che la responsabilità aquiliana subentri alla responsabilità processuale aggravata, proprio grazie alla natura analoga60. Nondimeno, qualora l’azione venga modulata sul modello dettato dall’art. 2043 c.c., viene messa in discussione la posizione ricoperta dell’art. 96 c.p.c., quale baluardo e delimitazione dell’art. 24 Cost.

La dottrina non ha mancato di individuare le ragioni sottostanti alla scelta del legislatore di dettare, accanto alla previsione generale collocata in materia di responsabilità civile, una regola volta a determinare il risarcimento dei danni da lite temeraria, giungendo a inquadrare il tema sotto differenti prospettive. Secondo parte della dottrina61, comportando la responsabilità processuale aggravata il

risarcimento del danno ingiusto, sarebbe opportuno delineare un divario tra la forma di responsabilità extracontrattuale e quella di cui all’art. 96 c.p.c. Infatti, l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. non può arrecare danni ingiusti, ma sono proprio la mala fede e la colpa grave a qualificare come tali i danni medesimi. L’art. 96 c.p.c., pertanto, perseguendo la finalità di superare i limiti

it. Mass., 67; Cass.,12 dicembre 2005, n. 27383, in Foro it., 2005; Cass., 15 aprile 2013, n. 9080, in Giust. civ. Mass., 2013.

60 Monateri P.G., La responsabilità civile, cit., p. 876.

61 Ripepi, C., Concorso di norme e concorso di azioni nelle responsabilità per spese

e danni nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1987, p. 381; Di Marzio M., Vita nuova per il danno da lite temeraria (in attesa che l’ennesima riforma rimescoli le carte), cit., p. 1590.

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propri della responsabilità civile, disciplina condotte che in quella sede non determinerebbero alcuna forma di risarcimento. Un diverso inquadramento delle ragioni alla base della soluzione adottata dal legislatore è offerto da chi sostiene che probabilmente la fattispecie in esame, anche in mancanza di una previsione legislativa speciale, sarebbe ugualmente riferibile all’ipotesi generale dell’illecito aquiliano, seppur potendo suscitare dibattiti e contrasti. Tale considerazione muove dall’idea per la quale l’eventuale esercizio abusivo del diritto sancito dall’art. 24 Cost. determina il superamento del confine di liceità demarcato da quest’ultimo62.

1.7. I rapporti tra l’art. 96 c.p.c. e l’art. 88 c.p.c.

L’art. 88 c.p.c. rubricato «Dovere di lealtà e probità», al suo 1° comma statuisce il dovere delle parti e dei loro difensori di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. La responsabilità processuale aggravata comporta la condanna della parte che abbia tenuto un comportamento abusivo, emulativo, contrario alla buona fede e la qualificazione in siffatti termini del contegno adottato dalla parte è subordinato al necessario accertamento di un presupposto soggettivo in capo alla stessa. Ne consegue che la violazione dei doveri di lealtà e probità si realizza qualora il soggetto persegua finalità estranee al processo o al singolo atto, a favore di un diverso interesse altrimenti non conseguibile, integrando così un comportamento connotato da mala fede processuale.

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Sebbene sia evidente l’esistenza di un contatto tra l’art. 96 c.p.c. e l’art. 88 c.p.c., non altrettanto chiaro è il legame intercorrente fra gli stessi. Parte della dottrina sostiene che la responsabilità processuale sia un’ipotesi specificamente determinata dal legislatore di violazione dei doveri di cui all’art. 88 c.p.c., andando a integrare una condotta contraria alla buona fede63. Altri tendono a tracciare una distinzione tra

le due previsioni, attenendo l’art. 96 c.p.c. all’an dell’attività processuale, intesa nella sua «globalità e sinteticità» e l’art. 88 c.p.c. al quomodo dell’agire o del resistere in giudizio64. In questo ambito, si pone poi la posizione di chi identifica l’accertamento della responsabilità ex art. 96 c.p.c. come contenente in sé la violazione dell’art. 88 c.p.c., pur non considerando tale corrispondenza come reciproca. In specie, un’eventuale condotta della parte in grado di integrare i presupposti di cui all’art. 96 c.p.c. e conseguentemente condannare la medesima al risarcimento dei danni può essere, al contempo, qualificata come illegittima ex art. 88 c.p.c. Nondimeno, impercorribile appare il ragionamento inverso, secondo il quale una qualsiasi violazione dei doveri di lealtà e probità cui ciascuna parte è tenuta costituisca un comportamento dal quale far derivare una condanna per responsabilità processuale aggravata65. I giudici di legittimità si sono allineati a tale soluzione, volendo sottolineare come l’eventuale condanna per lite temeraria, conseguente all’inosservanza del dovere di lealtà e probità, non possa discendere dal sol aver prospettato tesi giuridiche riconosciute errate dal giudice, ma è

63 La China S., Diritto processuale civile, Milano, 1991, p. 502.

64 Mandrioli C., Dei doveri delle parti e dei difensori, in Comm. Allorio, I, Torino,

1973, p. 963.

65Scarselli G., Lealtà e probità nel compimento degli atti processuali, cit., p. 91;

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necessario l’accertamento del presupposto soggettivo della mala fede o della colpa grave, nel senso della consapevolezza o dell’ignoranza dell’infondatezza delle tesi stesse66. Non essendo sufficiente la

violazione dei doveri di cui all’art. 88 c.p.c. per dedurre la responsabilità processuale aggravata, ne deriva che l’affinità tra le due disposizioni non spinge sino a una sovrapposizione delle medesime.

1.8. La domanda

Le forme di responsabilità processuale aggravata previste dal 1° e 2° comma dell’art. 96 c.p.c. presuppongono l’istanza di parte, in aggiunta a un adeguato riscontro degli elementi probatori occorrenti. Tale soluzione è conforme ai principi generali della responsabilità risarcitoria e al carattere di specialità rispetto all’illecito aquiliano, escludendo che il giudice possa provvedere d’ufficio67. Il riferimento

contenuto nell’art. 96, 1° comma c.p.c. alla possibilità del giudice di provvedere “anche d’ufficio”, deve essere inteso come l’eventualità che il giudice liquidi il danno da responsabilità processuale aggravata nel caso in cui la parte abbia omesso di provare l’ammontare dello stesso, e non anche come la facoltà del giudice di pronunciarsi ex officio in mancanza dell’istanza di parte. Al riguardo, è da richiamare la già citata ordinanza del 23 dicembre 200868, in cui la Corte costituzionale si è

66 Cfr.Cass., 26 gennaio 2004, n. 1369, in Foro it., 2004; Cass., 10 marzo 2005, n.

5329, in Giust. civ. Mass., 2005, 4; Cass., 21 maggio 2007, n. 11757, in Foro it. Mass., 2007; Cass., 30 giugno 2010, n. 15629, in Foro it. Rep., 2010; Cass., 2 aprile 2015, n. 6675, in Foro it., 2015.

67Andrioli V., Commento al codice di procedura civile, cit., p. 267; Scarselli G., Le

spese giudiziali civili, Milano, 1998, p. 385; Gasperini M.P., Dei fatti illeciti: art. 2043 c.c., art. 96 c.p.c., Torino, 2011, p. 577.

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pronunciata dichiarando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 24, 111, 1° e 2° comma Cost., dell’art. 96, 1° comma c.p.c., nella parte in cui stabilisce che la condanna per lite temeraria necessiti della istanza di parte.

Ove la domanda appaia priva di alcun supporto probatorio necessario, ne consegue l’improponibilità della stessa. Infatti, il potere del giudice di provvedere ex officio alla liquidazione del quantum di danno non sottrae la parte dall’onere di allegare gli elementi probatori necessari, pertanto la parte, che richiede il risarcimento, deve dimostrare l’esistenza di un specifico nocumento della propria sfera giuridica come conseguenza della condotta processuale dell’altra parte, pena la dichiarazione di improponibilità della domanda risarcitoria che risulti generica69. La richiesta di risarcimento dei danni per responsabilità aggravata può essere proposta per la prima volta anche all’udienza di precisazione delle conclusioni, poiché non attiene al merito della controversia e non determina alcuna modifica del tema principale della lite, ma ha ad oggetto esclusivamente le conseguenze della risoluzione della medesima. Di conseguenza, la soluzione non determina alcuna violazione dell’art. 183 c.p.c., così come non rileva l’eventuale mancata accettazione del contraddittorio ad opera della controparte. Infine, non è escluso che la parte abbia la possibilità di valutare la fondatezza della richiesta solo al termine della fase di trattazione70. L’udienza di precisazione delle conclusioni deve essere considerata come l’ultimo momento utile per la formulazione della domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., ne discende che quest’ultima

69 Cfr. Cass., 18 gennaio 1983, n. 477, in Giust. civ., 1983, I, 1493; Cass., 19 luglio

2004, n. 13355, in Giust. civ. Mass., 2004, 7-8.

70 Cfr. Cass., 1 febbraio 1974, n. 282, in Giur. it., 1974, I, 1024; Cass., 7 luglio 2009,

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è inammissibile qualora proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale, la quale d’altronde svolge una funzione meramente illustrativa delle ragioni già addotte dalle parti nei precedenti atti processuali. La richiesta può essere formulata anche nel giudizio di appello e nel giudizio di legittimità, tuttavia per i soli danni posti in essere in tali gradi di giudizio71.

L’art. 96 c.p.c. non è applicabile nei confronti del convenuto rimasto contumace, in quanto la condanna per responsabilità processuale aggravata presuppone un comportamento attivo ovvero omissivo della parte durante lo svolgimento del processo. Ove il convenuto sia rimasto contumace, pur in presenza di una valutazione di fondatezza della domanda dell’attore, non può esser condannato ex art. 96 c.p.c.

1.9. La competenza

La natura della responsabilità processuale aggravata impone che la domanda possa essere conosciuta e decisa dallo stesso giudice competente per il merito della causa. L’art. 96 c.p.c. non contiene una norma sulla competenza, ma disciplina un fenomeno che si inserisce in un processo in corso e ne fa derivare la necessità di una pronuncia ad opera del medesimo organo investito della decisione della causa cui il contegno processuale della parte si riferisce72.

Secondo la tesi prevalente, il giudice ha una competenza funzionale esclusiva e inderogabile a pronunciarsi sull’an e sul quantum

71 Sul punto si rimanda alla trattazione specifica contenuta nel paragrafo 1.9.

72 Carrato A., Come e davanti a quale giudice si propone la domanda di responsabilità

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debeatur73. Lo stretto legame tra l’istanza di parte e il processo in cui il fatto costitutivo si è realizzato impedisce che la pronuncia possa essere fatta valere in un diverso giudizio74, sicché è esclusa tanto la separazione tra la domanda sull’an e quella sul quantum debeatur, quanto la condanna generica con rinvio a un autonomo giudizio per la liquidazione del danno75. Una parte minoritaria della dottrina scredita

la tesi suddetta, sostenendo che l’art. 96 c.p.c. non individui una regola di competenza e che, ove non vi sia stata una rinuncia al risarcimento ovvero una pronuncia di rigetto, la domanda per responsabilità processuale aggravata possa essere proposta anche in un separato giudizio. Tale opportunità acquista un particolare peso qualora la temerarietà si manifesti esclusivamente al termine della causa76, contesto in cui la posizione prevalente non consentirebbe di pronunciare condanna ex art. 96 c.p.c. Muovendo da tale constatazione, la tesi dominante consente eccezionalmente di avanzare la domanda anche in un autonomo giudizio, derogando al principio del simultaneus

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Cfr. Cass., 21 aprile 1965, n. 703, in Foro it. Mass., 1965; Cass., 23 aprile 1971, n. 1174, in Giust. civ., 1971, I, 1011; Cass., 17 giugno 1974, n. 1763, in Resp. Civ. prev., 1974, 128; Cass., 17 ottobre 1997, n. 10169, in Foro it. Mass., 1997; Cass., 23 febbraio 2000, n. 2055, in Foro it., 2000.

74 Cfr. Cass., 17 giugno 1963, n. 1612, in Giust. civ., 1963, 2396; Cass., 10 dicembre

1963, n. 3127, in Giust. civ. Mass., 1963; Cass., 17 marzo 1966, n. 759, in Giust. civ. Mass., 1966; Cass., 9 aprile 1984, n. 2266, in Dir. fall., 1984, II, 754; Cass., 15 dicembre 1990, n. 8336, in Foro it. Mass., 1990; Cass., 23 aprile 1997, n. 3534, in Foro it. Rep., 1997, 38; Cass., 12 novembre 2003, n. 17016, in Giust. civ. mass., 2003; Cass., 26 gennaio 2004, n. 1322, in Giur. it, 2004, I, 2041; v. anche Rossi R.,

La liquidazione equitativa del danno, in Vettori G. (a cura di), Il danno risarcibile,

Padova, 2004, p. 1504; Luiso F.P., Diritto processuale civile, I, Milano, 2011, p. 433.

75 Cfr. Cass., 9 aprile 1984, n. 2266,in Dir. fall., 1984, II, 754; Cass., 27 giugno 1990,

n. 6542, in Giust. civ., 1991, I, 346; Cass., 15 dicembre 1990, n. 8336, in Foro it. Mass., 1990; Cass., 23 aprile 1997, n. 3534, in Foro it. Rep., 1997, 38; Cass., 29 marzo 1999, n. 2967, in Giust. civ. Rep., 1999, 8112, 57.

76Tedoldi A., Tutela risarcitoria e tutela restitutoria in caso di omessa notifica

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processus77. Tale eventualità è concessa per ragioni non inerenti all’inerzia della parte, ma legate alla struttura del processo, segnatamente, laddove sussista un’impossibilità di richiedere il risarcimento ex art. 96 c.p.c. davanti al giudice competente per il merito della causa. La proponibilità dell’azione è ammessa qualora il procedimento non pervenga, per un qualunque motivo, alla sua naturale conclusione ovvero i danni si producano in una fase in cui non è più possibile richiedere tempestivamente la decisione degli stessi. Di conseguenza, in alcuni casi eccezionali e laddove sussistano tutti gli elementi di cui all’art. 96 c.p.c., è possibile che la responsabilità sia accertata in un giudizio autonomo e separato.

In forza del principio di accessorietà funzionale, la richiesta può essere formulata per la prima volta con l’atto di appello, ma tale domanda deve essere proposta per i soli danni dovuti a contegni tenuti dalla controparte nella fase di gravame78. Ad avviso della tesi dominante, la regola secondo la quale l’azione non possa essere fatta valere mediante un giudizio separato deve essere applicata per ogni grado, purché limitatamente ai danni maturati in quella fase. Ne consegue che l’eventuale domanda proposta in sede di appello che abbia ad oggetto nocumenti patiti durante lo svolgimento del processo di primo grado sia inammissibile. Qualora la richiesta sia effettivamente formulata per la prima volta in appello e in assenza di riferimenti al giudizio di grado precedente, dovrà intendersi come relativa ai soli

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Cfr. Cass., 27 maggio 1987, n. 4731, in Giust. civ. Mass., 1987, 1342; Cass., 6 novembre 1987, n. 8223, in Foro it. Rep., 1987, 42; Cass., 20 marzo 2006, n. 6116, inGiust. civ. Mass., 2006, 3.

78 Cfr. Cass., 25 luglio 2006, n. 16975, in Giust. civ., 2007, I, 639; Cass., 21 aprile

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danni successivi alla pronuncia del giudice a quo79. Se in primo grado la domanda è tesa a valutare il merito di una iniziativa indebita della parte, nel secondo grado, invece, è diretta a sanzionare specificamente la temerarietà del gravame, valutando, perciò, il contegno processuale tenuto dalla parte stessa durante l’appello80.

Data l’applicabilità del principio di competenza funzionale anche al giudizio di legittimità, la richiesta può essere formulata per la prima volta nella sede medesima e deve riguardare soltanto comportamenti tenuti in quel grado di giudizio, con esclusione di quelli maturati nei precedenti81. La domanda deve essere proposta con il controricorso, e non mediante le memorie ex art. 378 c.p.c. o nel corso dell’udienza di discussione orale, pena l’inammissibilità della stessa. La ragione sottostante è quella di garantire il rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa dell’altra parte, al fine di esercitare la facoltà didepositare memorie di replica82. La richiesta contenuta nel controricorso deve prospettare la temerarietà della lite in rapporto a tutti i motivi del ricorso, in quanto il giudice deve valutare l’esito della controversia nella sua interezza83. La domanda deve essere supportata da un adeguato riscontro deduttivo e probatorio, è richiesta, infatti,

79 Cfr. Cass., 16 marzo 1981, n. 1470, in Rep. Giur. it., 1981, 51.

80 Cfr. Cass., 26 marzo 2013, n. 7620, in Foro it. Mass., 2013; Cass., 27 agosto 2013,

n. 19583, in Foro it. Rep, 2013.

81 Cfr. Cass., 17 agosto 1990, n. 8363, in Il Fallimento, 1991, 247; Cass., 17 marzo

1999, n. 2389, in Giust. civ. Rep., 1999, 8112, 56; Cass., 2 aprile 2003, n. 5087, in Riv. it. dir. lav., 2003, II, 774; v. anche Mazzola M.A., Responsabilità processuale

e danno da lite temeraria, Milano, 2010, p. 63.

82 Cfr. Cass., 13 giugno 1985, n. 3552, in Foro it. Rep, 1985, 41; Cass., 17 agosto

1990, n. 8363, in Il Fallimento, 1991, 247; Cass., 13 dicembre 1990, n. 11831, in Foro it. Mass., 1990; Cass., 19 gennaio 1991, n. 522, in Foro it., 1991; Cass., 14 novembre 2003, n. 17300, inForo it. Rep., 2003, 76; Cass., 27 novembre 2007, n. 24645, in Giust. civ. Mass., 2007; Cass., 11 ottobre 2011, n. 20914, in Foro it. Rep., 2011, 61.

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anche in questa sede, la prova sia dell’an che del quantum debeatur o la possibilità che tali elementi siano desumibili dagli atti di causa84. Inoltre, presupposto affinché il ricorso possa considerarsi temerario è la erroneità in diritto dei motivi dedotti e la «consapevolezza della non spettanza della prestazione richiesta» o dall’evidenza di «un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali»85.

La norma trova applicazione, come osservato in precedenza, oltre che nel processo di cognizione, nei processi cautelari ed esecutivi. In materia di procedimenti cautelari ante causam e, in particolare, nello svolgimento di un processo di natura anticipatoria, può essere formulata una domanda di risarcimento, contestualmente al rigetto dell’azione, per aver il ricorrente richiesto una misura mancante del fumus boni iuris ovvero del periculum in mora; soluzione analoga deve essere percorsa in tema di misure cautelari conservative, ove già con l’istanza di rigetto il giudice è chiamato a liquidare le spese e i compensi, oltre che a pronunciare un’eventuale condanna ex art. 96 c.p.c. Una diversa conclusione è raggiunta qualora l’istanza cautelare conversativa sia accolta, poiché il giudice non è chiamato a provvedere sulla richiesta di risarcimento danni di cui all’art. 96 c.p.c. e alla liquidazione di spese e compensi, ma tale decisione è assunta in sede di giudizio di merito. Prima dell’introduzione della regola definita come “strumentalità attenuata”, la domanda era proponibile solo di fronte al giudice di merito, e non anche durante lo svolgimento del processo cautelare. Una deroga al principio di competenza funzionale si presenta

84 Cfr. Cass., 5 maggio 2003, n. 6763, in Foro it., 2003; Cass., 12 dicembre 2005, n.

27383, in Foro it., 2005; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3388, in Giust. civ. Mass., 2007, 2; Cass., 8 giugno 2007, n. 13395, in Foro it. Mass., 2007, 49.

85 Cfr. Cass., 10 agosto 2002, n. 12149, in Giust. civ. Mass, 2002, 1530; Cass., 14

ottobre 2005, n. 19976, in Foro it. Mass., 2005; Cass., 26 giugno 2007, n. 14789, in Foro it. Mass., 2007.

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nell’eventualità in cui la parte, che abbia ottenuto una misura cautelare conservativa ante causam, non provveda a instaurare il giudizio di merito, poiché il soggetto contro cui tale misura è stata emessa può far valere la responsabilità a norma dell’art. 96 c.p.c. in un separato e autonomo giudizio86. Secondo parte della dottrina, un eventuale rigetto o accoglimento della domanda di condanna per lite temeraria, non avendo carattere di definitività, non preclude la possibilità di far valere tale diritto nel susseguente giudizio di merito ovvero in sede autonoma87, mentre, un orientamento più restrittivo, ammette la proposizione nel successivo reclamo e non anche di fronte al giudice del merito, in ragione della autonoma rilevanza del procedimento