L’art 96 c.p.c e i danni punit
3.2. L’evoluzione dell’istituto dei punitive damages
L’istituto è andato sviluppandosi principalmente negli ordinamenti anglosassoni, pur potendone ravvisare le radici, secondo parte della dottrina, già nel diritto romano159. A quell’epoca, la responsabilità era, infatti, pensata come strumento sanzionatorio che fosse più afflittivo in presenza di un danno ingiusto. Le actio romane, inizialmente rivolte agli illeciti contro lo Stato, non consistevano in un mero risarcimento del danno, bensì nel pagamento in misura multipla dell’importo diretto a coprire il danno.
Le prime applicazioni dei punitive damages nel Regno Unito avvengono nel 1763, nei casi Wilkes v. Wood e Hukle v. Money. Con essi viene utilizzata per la prima volta l’espressione “exemplary damages” e, in particolare, dalla motivazione del Lord Chief Justice Pratt160 emerge non soltanto la volontà di accordare un risarcimento in favore del danneggiato, ma anche il fine di punire il responsabile, scoraggiare condotte future e, al tempo stesso, esprimere l’avversione della giuria nei confronti della condotta tenuta. In realtà, la dottrina ha osservato come a quell’epoca non vi fosse una vera e propria teoria dei punitive damages, ma soltanto a partire dal XIX secolo i giudici individuano alla base di essi la funzione deterrente e punitiva161. L’operatività dell’istituto si è estesa nei decenni successivi, fino a
159 Gallo P., Pene private e responsabilità civile, Milano, 1996, p. 37; Di Marzio M.,
I danni punitivi, l’elemento psicologico e le impugnazioni, cit., 2015.
160 Wilkes v. Wood, 98, English Reports, 489:
«A jury has it in their power to give damages for more than the injury received.
Damages are designed not only as a satisfaction to the injured person, but likewise as a punishment to the guilty, to deter from any such proceeding for the future, and as a proof of the detestation of the jury to the action itself».
161 Sullivan T.J., Punitive Damages in the Law of Contract: The Reality and the
67
quando lo spazio è stato contratto a seguito dei limiti imposti dalla House of Lords, nel 1964, con il caso Rookes v. Barnard. La camera dei Lord ha circoscritto l’applicazione alle ipotesi di violazione grave di diritti fondamentali dei cittadini ad opera dell’amministrazione dello Stato, ai casi in cui sia possibile riscontrare l’intenzione della parte di agire conseguendo un ingiusto guadagno e la somma diretta a compensare il danno subito non sia in grado di riequilibrare la situazione, ovvero ai casi previsti dalla legge. Nel 1993, con il caso AB and others v. South West Water Services Ltd, la Court of Appeal ha tenuto un atteggiamento ulteriormente restrittivo, andando a sostenere che il rimedio potesse essere ammesso esclusivamente per quei tort che, già prima del 1964, venissero sanzionati. Numerose critiche e incongruenze sono sorte dalla suddetta decisione, che lasciava diverse situazioni prive di vera giustizia. Ciò ha portato a sviluppare studi verso progetti di riforma e a un’apertura nei confronti dello strumento. In specie, fondamentale è stata la pronuncia del 2001, nel caso Kuddus v. Chief Constable of Leicestershire Constabulary, che ha affermato la legittimità dello strumento ove la condotta rientri in una delle categorie previste dal caso Rookes, a prescindere dal fatto che siffatti tort fossero ammessi prima del 1964. Emerge oggi, nel Regno Unito, una propensione diretta a controllare e determinare con cautela il campo applicativo dei punitive damages. Questi strumenti trovano maggiormente riconoscimento nei casi aventi ad oggetto gravi offese e sono diretti a esprimere il biasimo della società verso certi tipi di condotte162.
162
Benatti F., Correggere e punire dalla law of torts all'inadempimento del contratto, Milano, 2008, p. 15.
68
In ultimo, in siffatto contesto territoriale, si è palesata una chiusura verso il riconoscimento di sentenze straniere comminatorie di danni punitivi. Secondo gli studiosi, la disciplina di diritto internazionale privato e il Protection of Trading Interests Act, del 1980, si pongono quali obiettivi quelli di «limitare in patria l’applicabilità di norme straniere che prevedano i danni multipli o punitivi; vietare alle corti inglesi il riconoscimento di sentenze straniere di condanna e la loro applicazione; permettere che cittadini inglesi e società operanti in Gran Bretagna vadano in giudizio dinanzi alle corti inglesi per recuperare somme pagate all’estero in esecuzione di una sentenza straniera di condanna ai danni multipli»163. La dottrina spiega tale chiusura alla luce del «carattere penale delle condanne, o più esattamente» della «funzione sostitutiva assunta dall’attore, che agisce quale Private Attorney General, quale pubblico ministero»164. Ne deriva che, in mancanza di tale elemento caratteristico, è ammesso il riconoscimento della sentenza165.
L’istituto si è, inoltre, radicato negli Stati Uniti con il caso Genay v. Norris, del 1784 e il caso Coryell v. Colbought, del 1791. A partire dal XIX secolo, lo strumento ha trovato in tale contesto «un fertile terreno di applicazione»166, al punto che nel 1851 la Corte Suprema affermava
163
Tocci M., Il danno punitivo in prospettiva comparatistica, Bologna, 2014, p. 94. In tal senso anche Saravalle A., I “punitive damages” nelle sentenze delle Corti
europee e dei tribunali arbitrali, in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p. 874.
164 Broggini G., Compatibilità di sentenze statunitensi di condanna al risarcimento di
“punitive damages” con il diritto europeo della responsabilità civile, in Europa e
dir. priv., 1999, p. 489.
165Saravalle A., I “punitive damages” nelle sentenze delle Corti europee e dei
tribunali arbitrali, cit., p. 875.
166
Ponzanelli G., I punitive damages nell’esperienza nordamericana, in Riv. dir. civ., 1983, I, p. 452.
69
come la loro operatività «will not admit of argument»167, avendo avuto il ripetuto sostegno di decisioni giudiziarie168.
Nel contesto nord-americano, lo strumento viene oggi ampiamente utilizzato, specialmente nel settore della responsabilità di produttori e grandi imprese ovvero del contenzioso del lavoro, innanzitutto con l’intento di colpire il soggetto che abbia tenuto condotte che assumano carattere riprovevole, oltraggioso; inoltre, mediante una funzione deterrente, volta a impedirne il compimento in futuro da parte dello stesso autore o di ulteriori potenziali danneggianti; altresì con l’obiettivo di liquidare il danno patito. L’applicazione operata dai giudici statunitensi ha talvolta portato a risultati discutibili, soprattutto nell’ambito delle controversie qualificate come frivolous lawsuits169, il
che ha indotto la Corte Suprema, nell’ultimo ventennio, a restringere i confini di operatività dello strumento, avuto riguardo, in particolar modo, alla prescrizione di danni punitivigrossly excessive170. In specie, la giurisprudenza richiede che la condotta dannosa sia posta in essere con mala fede (malice), al fine di svolgere la funzione di punishment tipica dell’istituto. Nondimeno, in alcuni settori, in particolare in quello della responsabilità del produttore e della responsabilità automobilistica, è ritenuto sufficiente che il danno sia stato prodotto con gloss negligence. Nell’ambito della tort law, è la giuria che si pronuncia sulla concessione dei punitive damages, seppur l’organo debba
167 Letteralmente “non ammetterà discussioni”. 168 Caso Day v. Woodworth, 54, U.S., (13 How), 363.
169Letteralmente “cause frivole”: la pratica di proporre cause non meritevoli, con
limitate probabilità di successo o del tutto infondate.
170 Letteralmente “grossolanamente eccessivi”. Cfr. caso BMW of North America, Inc.
70
attenersi, nella quantificazione del risarcimento, alle restrizioni poste dalle leggi statali e dalle decisioni della Corte Suprema.