• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 4. Comunicazione e genere nella scienza post-accademica

1. Dall’accademia alla post-accademia

Se nel secondo dopoguerra, e per tutto il periodo della Guerra fredda, la ricerca è guidata da un numero relativamente ristretto di istituzioni per lo più pubbliche, impegnate in progetti teo- rici dei quali si preconizzano indubitabili applicazioni socialmente utili – la cosiddetta big science116 – a partire dagli anni Settanta si assiste a un progressivo incremento dei finanzia- menti privati che trascina la ricerca fuori dal contesto protetto delle accademie e determina una condizione di fortissima interazione fra università, industrie ed enti pubblici.

Più in generale, nel suo saggio del 2000 intitolato Real science. What it is, and what it means, il fisico e saggista John Ziman sostiene che il modello di scienza complementare alla pratica della ricerca accademica, emerso all’incirca un paio di secoli fa, è stato ampliato, o

In genere gli storici collocano la nascita di quello “stile” di fare ricerca scientifica comunemente noto come

116

big science nel periodo della Seconda guerra mondiale, e in particolare la individuano nel Progetto Manhattan (varato dagli Stati Uniti nel 1942-45), guidato di J.R. Oppenheimer, il quale riunì a Los Alamos centinaia di fisi- ci, chimici, ingegneri e tecnici altamente qualificati per realizzare la bomba atomica.

addirittura sorpassato, da una nuova modalità di produzione della conoscenza, che egli defini- sce “post-accademica”117:

In less than a generation we have witnessed a radical, irreversible, worldwide transformation in the way that science is organized, managed and performed. […] In calling this culture ‘post-aca- demic’ I am not suggesting a total repudiation or reversal of traditional goals. On the contrary, this term indicates continuity as well as difference. The continuity is so obvious that many people assume that nothing has really changed. Post-academic science is born historically out of acade- mic science, overlaps with it, preserves many of its features, performs much the same functions, and is located in much the same social space – typically universities, research institutes and other knowledge-producing institutions. But although academic and post-academic science merge into one another, their cultural and epistemic differences are sufficiently important to justify the new name» (Ziman 2000, pp. 67-68).

Le motivazioni sottostanti a questo mutamento sono tanto “esterne” – fattori politici, eco- nomici e industriali – quanto “interne” all’ambiente scientifico.

La prima è la spinta verso la collettivizzazione della pratica della ricerca, laddove la scien- za accademica si è sviluppata, al contrario, in una cultura scientifica individualistica. Que- st’impulso ha origine in ultima istanza nello stesso progresso scientifico, nella misura in cui esso ha accumulato competenze e tecniche che, da un lato, hanno portato alla formulazioni di questioni troppo complesse da poter essere risolte individualmente e, dall’altro, hanno reso disponibili strumenti più potenti e più costosi (che dunque rendono indispensabile una siner- gia di risorse) e mezzi di comunicazione che facilitano livelli di collaborazione fino a quel momento inimmaginabili. Non si tratta soltanto della crescente proporzione di scienziati che si riuniscono in un network per motivi contingenti: gli stessi problemi in discussione – da quelli pratici a quelli più teorici – hanno carattere essenzialmente interdisciplinare.

Un secondo elemento consiste nel fatto che la scienza accademica si è finora sviluppata sull’assunto che ci saranno sempre gli spazi e le risorse necessari per supportare le ambizioni intellettuali dei ricercatori, ma questo presupposto è ormai stato invalidato da una sempre mi- nore disponibilità dei governi, degli enti e delle fondazioni a finanziare progetti economica- mente impegnativi, al punto che «Unfamiliar words like ‘accountability’ and ‘efficiency’ are

La tesi di Ziman è che qualunque epistemologia è intrinsecamente e inevitabilmente condizionata dal con

117 -

testo entro il quale si svolge la ricerca scientifica (nella stessa misura in cui lo influenza a sua volta) e che dun- que questo slittamento stia impercettibilmente provocando un mutamento sostanziale nelle teorie della cono- scenza e nell’etica della ricerca: per un approfondimento di questo tema, che esula dagli interessi di questo capi- tolo, si rimanda a Ziman 2000.

heard in academia» (Ziman 2000, p. 72). Ciò introduce un ulteriore fattore, ovvero una mag- giore attenzione verso le possibili applicazioni pratiche della ricerca teorica: «In effect, post- academic science is under pressure to give more obvious value for money. Many features of the new mode of knowledge production have arisen ‘in the context of application’ – that is, in the course of research on technological, environmental, medical or societal problems» (Ziman 2000, p. 73). In realtà, sottolinea Ziman, non è tanto la suddetta pressione – alla quale nem- meno l’accademia tradizionale ha mai potuto sottrarsi completamente – a rappresentare un elemento di originalità del contesto post-accademico, quanto la sua esplicitazione: gli scien- ziati debbono cioè essere consapevoli in prima persona della potenziale utilità pratica delle proprie ricerche. Ma questo richiede che “esperti” – scienziati – e “non esperti” – la società – condividano lo stesso concetto morale di utilità: in conclusione, la scienza post-accademica non può esimersi dall’assumersi una responsabilità sociale mai detenuta prima in egual misu- ra.

Ziman aggiunge inoltre che, in passato, i finanziamenti erano assegnati in maniera generica alle organizzazioni di ricerca, le quali poi provvedevano a spartirli tramite commissioni appo- site formate in larga parte da scienziati, dimodoché in ultima analisi la comunità scientifica poteva mantenere una significativa autonomia nell’utilizzo delle risorse economiche; allo sta- to attuale, invece, accade sempre più spesso che un gruppo di ricerca debba elaborare propo- ste per progetti specifici che vengono candidati e valutati in maniera diretta per un finanzia- mento, e ciò lo rende simile in tutto e per tutto a una piccola impresa commerciale: «Competi- tion for real money takes precedence over competition for scientific credibility as the driving force of science» (Ziman 2000, p. 76).

Se per scienza accademica si intende l’insieme delle pratiche che concretizzano le norme funzionali del communalism, universalism, disinterestedness, objectivity, originality e skepti- cism, come individuate dal sociologo statunitense Robert Merton118, la scienza post-accade- mica mostra caratteristiche in certa misura opposte119.

• Laddove il luogo privilegiato della scienza accademica è la comunità di individui, la scienza post-accademica si struttura in network i cui membri costituiscono gruppi profes-

Cfr. Merton 1973.

118

Cfr. Gibbons et al 1994.

sionali anche molto eterogenei. Inoltre, la norma del communalism prescrive che i risulta- ti raggiunti dalla scienza accademica siano considerati public knowledge, mentre la cono- scenza post-accademica è “di proprietà” nella misura in cui i suoi meccanismi di diffu- sione devono sottostare a interessi commerciali o politici: ciò implica la possibilità che alcuni risultati scientifici rimangano inaccessibili.

• La norma accademica dell’universalism prescrive, da un lato, che la scienza non compia discriminazioni di alcun tipo, dall’altro – e come conseguenza – che le proposizioni scientifiche debbano esser valide a prescindere dal contesto culturale in cui vengono enunciate. Se questo rimane in linea di principio valido, è altrettanto vero che la scienza post-accademica è organizzata intellettualmente intorno alla soluzione di problemi speci- fici piuttosto che rivolta alla produzione di conoscenza astratta, e dunque non è guidata da una tendenza alla generalità bensì dalla necessità di influire su una situazione determinata nel tempo e nello spazio, perciò i suoi interessi sono locali piuttosto che globali.

• Il principio del disinterestedness, che richiede agli scienziati di valutare le proprie idee in modo impersonale e neutrale e si ricollega direttamente con la richiesta di objectivity, è in realtà piuttosto controverso anche nel contesto accademico e dunque non stupisce che in quello post-accademico – in cui gli interessi economici e politici sono così intrinsecamen- te intrecciati a quelli scientifici – risulti ancora più incerto. Tuttavia il discrimine fra i due modelli non è una mera questione quantitativa: si tratta, nell’un caso, di prefiggersi il va- lore scientifico come meta ideale (per quanto impossibile di fatto sia mantenerlo incon- taminato da altri fattori), nell’altro di elevare gli interessi economici e politici allo stesso livello.

•Un’altra caratteristica che distingue il modello accademico da quello post-accademico è che, se è vero che in generale ogni ricerca scientifica ha sempre preso le mosse da un dubbio, da una lacuna, da una situazione di criticità, è altrettanto vero che nel contesto contemporaneo il problema non sorge spontaneamente ai ricercatori ma viene loro asse- gnato dai finanziatori. La scienza accademica seleziona le ricerche meritevoli di essere intraprese in base all’originality e al superamento dei controlli messi in atto dalla comuni- tà scientifica stessa – per esempio attraverso il meccanismo delle peer review –, la quale con il suo organised scepticism offre le migliori garanzie sulla validità dei propri risultati; la scienza post-accademica, invece, premia le ricerche dirette verso problemi ben posti,

che minimizzino il rischio di sprecare risorse.

Si può concludere dunque che la scienza si è industrializzata: il che vuol dire non già sem- plicemente che alcune istituzioni di ricerca sono passate sotto l’egida del settore economico privato, bensì che sono entrate a far parte della pratica scientifica un certo numero di elementi in linea di principio ad essa culturalmente estranei. In altre parole, alla scienza non si richiede più di produrre, astrattamente, conoscenza, bensì di costruirla in accordo con gli interessi poli- tici, commerciali ed economici di tutte le parti sociali interessate (cfr. ancora Ziman 1996 e Ziman 2000).

Non si tratta tanto del passaggio da un “vecchio” a un “nuovo” metodo di produzione della conoscenza, quanto di una trasformazione che affonda le sue radici nella storica distinzione fra “ricerca pura” e “ricerca applicata”: «a distinction that was embodied institutionally in the gap between academic science carried out in universities and industrial science carried out in industrial laboratories» (Ziman 1996, p. 76, corsivo nostro). La scienza post-accademica, nota Ziman, risulta avere moltissimo in comune proprio con la pratica tipica delle scienze applicate – medicina, ingegneria… – che negli anni Sessanta del secolo scorso fu etichettata come scienza industriale: gemella e antitetica, appunto, alla scienza accademica, proprietary, local, authoritarian, commissioned ed expert, in un rovesciamento quasi completo delle norme mer- toniane. Sostene Ziman che la scienza post-accademica nasce proprio come “versione post- industriale” della scienza applicata: «Postindustrial science differs from earlier forms by sub- stituting “market” competition for “command” management, but it is actually based upon the same principles» (Ziman 1996, p. 76)

Vedremo nel cap. 7 che l’organizzazione post-accademica è stata da alcuni salutata come un contesto eccezionalmente favorevole a un più deciso ingresso delle donne nell’ambito del- la ricerca scientifica, ma finora i dati concreti non si sono rivelati all’altezza delle aspettative.