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CAPITOLO 1. Il rapporto tra genere e scienza: la prospettiva storico-culturale

5. L’indagine scientifica e l’approccio di genere

L’introduzione di una prospettiva di genere nella ricerca scientifica è tema quanto mai attuale; raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Commissione Europea, essa è imprescindibile per l’avanzamento delle scienze, in qualunque loro branca. La posizione della Commissione Europea – che sarà analiticamente presa in esame nel terzo capitolo – è molto chiara su questo punto: le gendered innovations devono integrare «sex and gender ana- lysis into all phases of basic and applied research to assure excellence and quality in outco- mes» (Gendered innovations 2013, p. 9).

Cfr. Merchant 1980; Barca 2008.

L’invito, ovviamente, è di prendere in considerazione diversi fattori senza enfatizzarne nes- suno, al fine di procedere a un’indagine quanto più possibile attendibile e obiettiva . Tuttavia 36 è indubbio che quello di genere è stato un punto di vista lungamente trascurato o, se si vuole, assunto solo in un’ottica parziale. Nel rapporto del 2013 Gendered innovation. How gender analysis contributes to research realizzato dalla Commissione Europea, si denuncia come la ricerca abbia perlopiù utilizzato come modello normativo il genere maschile, applicando sulle donne le conoscenze così acquisite attraverso l’introduzione di una sorta di ‘variante’, stu- diando in altre parole le donne come «deviations from that norm» (EC 2013, p. 31). Come si è cercato di dimostrare sin qui a livello teorico, e come si intende adesso sostenere apportando alcuni esempi concreti, la prospettiva maschile è stata pressoché egemone nel campo delle scienze, con grave detrimento, almeno in alcuni casi, dei risultati conseguiti. Spesso, infatti, considerare il fattore di genere unitamente ad altri aspetti ad esso intrecciati permette, ad esempio, ai ricercatori di sviluppare interventi più ampi e avere una maggiore consapevolezza delle patologie e di quali siano gli strumenti per arrivare a una diagnosi e cura appropriate.

Cerchiamo di chiarire meglio il tema a cominciare dal caso più critico, quello – ovviamen- te nell’ambito della medicina di genere – delle scienze mediche , in cui è capitato che il pre37 - giudizio di genere portasse alla messa a punto di farmaci calibrati sull’uomo e nocivi per le donne, oppure a condurre studi di malattie omettendo i sintomi lamentati da donne.

Le donne, ad esempio, mostrano un rischio maggiore rispetto agli uomini di sviluppare il cancro sul lato destro del colon, che è associato a forme più aggressive di neoplasia se compa- rate al cancro sul lato sinistro . C’è inoltre da registrare che, essendo le tecniche diagnostiche 38 basate sulla fisiologia maschile dell’organo, le peculiari caratteristiche fisiologiche femminili comportano spesso una diagnosi ritardata. In generale, le differenze tra uomini e donne influi- scono sulle varie tipologie di cancro e per questo è necessario risalire ai fattori biologici legati al sesso che influenzano la formazione del tumore. Molti di questi fattori potrebbero essere studiati sugli animali ma, anche in questo ambito, la ricerca opera soprattutto su cavie di sesso maschile, laddove l’inclusione di cavie di sesso femminile consentirebbe di investigare i mec-

Cfr. Holdcroft 2007.

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Per una panoramica sulla prospettiva di genere nelle scienze mediche, cfr. Da Esculapio a Igea 2007 e

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Biancheri 2014.

Cfr. Hansen, Jess 2012.

canismi molecolari dello sviluppo del tumore, le risposte allo stress ambientale, l’efficacia dei trattamenti e i modi in cui questi possono differire da sesso a sesso. Un’eccezione è rappre- sentata dall’immunologia , ma complessivamente, per le ricerche di laboratorio, si riscontra 39 che negli articoli scientifici il sesso delle cavie o quello delle cellule è omesso. 40 41

Il dato offerto dalla cardiopatia ischemica è anch’esso molto significativo. Nonostante sia tra i principali responsabili delle morti femminili in Europa e negli Stati Uniti, la patologia in oggetto è stata ritenuta prettamente maschile, con conseguente sotto-rappresentazione, a livel- lo diagnostico, delle donne. L’inserimento delle variabili di sesso e genere e l’attenzione ai contesti etnici e sociali dai quali provengono i pazienti hanno invece contribuito a ridefinire sintomi, diagnosi, prevenzione e trattamenti della malattia.

Un ulteriore e proficuo campo di applicazione della prospettiva di genere è quello nutrizio- nale, dove, caso raro ma non unico , il modello sotto-rappresentato è quello maschile. 42 L’OMS ha rilevato che le malattie non trasmissibili (MNT), come le malattie cardiovascolari, i tumori e il diabete, sono oggi la principale causa di morte e che i fattori di rischio modifica- bili, come una dieta non sana, l’inattività fisica e l’uso del tabacco, ne sono i principali re- sponsabili (WHO 2011). Ancora, il sesso, oltre all’età, all’attività fisica, allo status socio-eco- nomico e allo stile di vita, influenza la tipologia e la qualità degli alimenti di consumo, e quindi è una variabile di assoluta importanza nello stabilire le relazioni tra alimentazione e patologie connesse con la dieta, ovvero le diet-related chronic diseases (DRCD).

Allargando lo sguardo ad altri ambiti, è emblematico l’esempio delle cinture di sicurezza, un dispositivo adattato all’utenza femminile a posteriori. Le normali cinture, infatti, non erano idonee per donne in gravidanza e per questo gli incidenti stradali rappresentavano una delle principali cause di morte fetale . Risalgono solo ai primi anni del 2000 i crash test e le simu43 - lazioni al computer con manichini, come quelli creati nel 2002 da ricercatori americani, dotati di utero, placenta e liquido amniotico.

Cfr. Bergman, Schachter, Karelus et al. 1992; Meier, Chang, Chan et al. 2009.

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Cfr. Beery, Zucker 2011.

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Cfr. Taylor, Vallejo-Giraldo, Schaible et al. 2011.

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Un caso simile è quello dell’osteoporosi; cfr. Klinge 2010.

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Cfr. Weiss, Songer, Fabio 2001.

Più curioso, ma non meno sintomatico, è quanto accade nei sistemi di traduzione automati- ca, come Google Translate, che presentano ancora un tasso di errore elevato dovuto all’ecces- sivo uso di pronomi maschili, a sua volta determinato da algoritmi tarati di default sul genere maschile e che non sono in grado di determinare l’effettivo genere dei nomi.

Infine, uno sguardo al campo della divulgazione scientifica, in cui si riaffaccia la cifra pro- priamente culturale del tema che stiamo trattando. Nonostante i testi, quelli di biologia ad esempio, abbiano subito notevoli modifiche a seguito dell’incorporazione di nuove conoscen- ze, non è raro imbattersi in un linguaggio o in immagini metaforiche di fatto superati dalle acquisizioni scientifiche, ma testimoni, nondimeno, di un retaggio duro a morire, in cui l’ele- mento femminile si connota come passivo mentre la dimensione dell’attività appare preroga- tiva di quello maschile. Senza bisogno di risalire agli albori di questi schematismi (invero molto antichi), ricordiamo, per rimanere ancorati ai giorni nostri, che fino agli anni Ottanta si qualificava il ruolo dello spermatozoo come attivo e quello dell’ovulo come passivo, senza considerare la funzione svolta dal sistema riproduttivo femminile nel trasporto di ovuli e di sperma, così come nella stimolazione e nella preparazione degli spermatozoi al concepimento. Ancora, in alcuni testi di batteriologia, nello spiegare il processo di coniugazione batterica entro il quale i batteri si scambiano materiale genetico, il batterio donatore era designato come maschio e quello ricevente come femmina . 44

A questi casi giova affiancare, in chiusura, quello di più immediata percezione contenuto in un noto testo universitario di fisica , dove, per spiegare il fenomeno del cosiddetto infinito 45 regresso, si ricorre alla fotografia di una ballerina posta in mezzo a due specchi piani la cui immagine genera un’infinita serie di riflessi sempre più piccoli. È solo un esempio, tra i molti possibili, di come le modalità di trasmissione dei contenuti scientifici rimandino spesso, più o meno consapevolmente, a un diverso coinvolgimento da parte di uomini e donne, gli uni par- tecipi, se non fautori, di quei contenuti, le altre estranee o, addirittura, funzionali ad essi.

Cfr. Spanier 1995.

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Il testo in questione è: H. Benson, University Physics. Revised Edition, New York, John Wiley & Sons,

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