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Prospettive teoriche e misure legislative: alcune proposte

CAPITOLO 3. La segregazione di genere: approcci teorici e misure legislative

2. Prospettive teoriche e misure legislative: alcune proposte

Il tema della segregazione di genere può essere affrontato da diversi punti di vista. Tra questi, tuttavia, è possibile individuare alcune macro-classificazioni che rispecchiano orientamenti generali; ad esse si è fatto variamente riferimento durante il corso del presente lavoro, ma conviene qui richiamarle in maniera schematica.

Da un punto di vista strettamente teorico, è intanto possibile individuare tre prospettive ge- nerali, non necessariamente alternative l’una all’altra, al cui interno si sono sviluppati gli studi sull’identità di genere e sulla sua relazione con la scienza. Innanzi tutto le teorie neurobiolo- giche, che puntano verso le caratteristiche cognitive innate a ciascun sesso, riconducendo fe- nomeni di segregazione orizzontale alla naturale predisposizione di donne e uomini. In secon- do luogo l’approccio sociologico, secondo cui l’identità di genere è invece il risultato di una complessa interazione tra suggestioni esterne e aspetti interiori, cosicché a orientare la scelta formativa e di lavoro sarebbero fattori socio-culturali e psico-sociali. Infine, l’ottica epistemo-

Alaluf et al. 2003.

96

Cfr. Camussi, Leccardi 2005, pp. 115-116.

logica – presa in esame nel primo capitolo –, che ha forgiato un modello ideale di scienza dal quale, a causa delle distorsioni evidenziate dalle epistemologie femministe – prima fra tutte la nozione di oggettività –, ha contribuito a promuovere l’esclusione delle donne dal campo 98 della ricerca.

All’interno di questi indirizzi, si delineano poi specifiche ipotesi di intervento, dalla sem- plice rivendicazione dell’uguaglianza attraverso misure di equiparazione, salariale e di acces- so al lavoro, senza però mettere in discussione la struttura di base del sistema scientifico (femminismo liberale), a posizioni con una sfumatura più o meno marcatamente politica (femminismo socialista, afro-amercano, o coloniale), a visioni che puntano il dito verso il va- lore che la società assegna alla differenza (femminismo esistenzialista, psicoanalitico, radica- le) . Tutte queste teorie sono state di recente ricondotte a quattro filoni principali che, per 99 chiarezza, riportiamo100.

Il primo risale agli anni Settanta, quando le donne facevano il loro ingresso nelle universi- tà, accedendo così a un’alta formazione che avrebbe permesso loro di ricoprire ruoli di docen- za in tutti gli ambiti scientifici. Questo approccio rientra nel cosiddetto femminismo liberale e, come tale, pone al centro della sua visione l’uguaglianza sostanziale tra donne e uomini e l’idea che l’ambito scientifico sia gender-neutral, privo di pregiudizi, motivando la subalterni- tà delle donne con la mancanza di competenze tali da permettere loro il raggiungimento di una condizione di parità. La forte criticità connessa a questa proposta teorica sta nella convinzione di base che la disuguaglianza di genere nella scienza sia da ricondurre a problematiche ineren- ti all’educazione, alla socializzazione e alle aspirazioni delle donne, per cui la soluzione pro- posta starebbe nell’acquisizione, da parte loro, delle competenze necessarie per inserirsi nel man’s world, ossia nell’assunzione di caratteristiche, comportamenti e ritmi tipicamente ma- schili.

Esiste poi una prospettiva che, al contrario, enfatizza le differenze di genere, impostasi a partire dagli anni Ottanta sulla scia della teoria della conoscenza situata (cfr. par. 1.4.1), che attribuisce ai valori, di cui sono portatrici le donne, un peso decisivo per una rivisitazione epi- stemologica degli statuti della scienza. Questo approccio appare viziato però da una tendenza

Cfr. Sagebiel, Vázquez-Cupeiro 2010, pp. 1-4.

98

Per questa dettagliata classificazione cfr. Rosser 2005.

99

Cfr. Gendered innovations 2010.

riduzionistica, connessa a concezioni schematiche del femminile e del maschile che rischiano di indulgere in visioni stereotipate.

Queste due prospettive, pur nelle loro differenze costitutive, appaiono al fondo accostabili per il fatto che entrambe considerano ‘scienza’ e ‘genere’ due nozioni “cristallizzate”, date una volta per tutte, una sorta di a priori. Il primo, infatti, muove da una concezione della scienza come un ambito con regole proprie, inderogabili e assolute, cui i soggetti femminili, concepiti come strutturalmente diversi da esso, devono adeguarsi; per il secondo è invece la nozione di ‘femminile’ a costituirsi come un archetipo, che dovrebbe modificare, informando- lo, un mondo altrimenti plasmato.

L’alternativa a questi punti di vista è rappresentato dalle teorie co-costruttiviste, che all’op- posto guardano con scetticismo all’idea di una verità oggettiva, esterna alla coscienza e all’e- sperienza individuale101. Esse spostano l’attenzione sulle reciproche influenze tra scienza e genere, da intendersi come processi sociali che si determinano vicendevolmente. Secondo questa prospettiva l’identità di genere si forma contemporaneamente alla scienza (e alla tecno- logia, che ricopre un ruolo decisivo), tale che l’una non pre-esiste all’altra: la scienza deter- minerebbe i comportamenti, le opinioni, le idee e i valori degli individui e questi ultimi, a loro volta, porterebbero la scienza a mutare configurazione in accordo a nuovi bisogni. Il cyborg femminismo è in un certo senso la radicalizzazione di questa visione, come compendiato dalle parole di Haraway nel suo celebre Manifesto:

Nel mondo cyborg ci si preoccupa delle relazioni che uniscono le parti in un tutto, comprese la polarità e il dominio gerarchico. […] La cornice del mio bozzetto è costituita dall’entità e dal- l’importanza delle trasformazioni dei rapporti sociali collegati alla scienza e alla tecnologia in tutto il mondo. […] Si può ragionevolmente pensare a qualsiasi oggetto o persona in termini di smontaggio e riassemblaggio: nessuna architettura “naturale” vincola la progettazione dei siste- mi. […] Il confine tra mito e mezzo, strumento e concetto, sistemi storici di relazioni sociali e anatomie storiche di corpi possibili, inclusi gli oggetti di conoscenza, è permeabile. In realtà, il mito e il mezzo si costituiscono a vicenda. […] La politica dei cyborg è la lotta per il linguaggio, contro la comunicazione perfetta, contro il codice unico che traduce perfettamente ogni significa- to, dogma centrale del fallogocentrismo. Ecco perché la politica dei cyborg difende il rumore e invoca l'inquinamento, godendo della diffusione illegittima tra animale e macchina. […] La cul- tura alto-tecnologica sfida questi dualismi in modo intrigante. Nella relazione tra macchina e umano, non è ben chiaro chi sia l’artefice e chi il prodotto. Non è chiaro che cosa sia mente e che

Il pensiero costruttivista, germinato in ambito artistico ma proficuamente passato in quello epistemologi

101 -

cosa corpo in macchine che si risolvono in protocolli di codifica. Nella misura in cui conosciamo noi stessi nel discorso formale […] e nella pratica quotidiana […], scopriamo di essere cyborg, ibridi, mosaici, chimere (Haraway 1995, pp. 30-101).

Le posizioni più recenti assumono invece come proprio cardine il concetto di gendered in- novations, secondo cui il successo della ricerca è imprescindibile dall’assunzione di una pro- spettiva di genere che consenta di ampliare le conoscenze e migliorare i risultati. Occorre pre- cisare che questa concezione non lega necessariamente il raggiungimento di un simile obietti- vo al diretto coinvolgimento delle donne, ma ritiene che l’analisi di genere, quale risorsa per creare nuova conoscenza, fruibile da uomini e donne.

Negli ultimi anni questa prospettiva è stata euristicamente proficua e ha impresso una svol- ta decisiva agli orientamenti teorici così come alle iniziative pratiche. Essa rappresenta il pun- to di approdo di riflessioni e soluzioni succedutesi nel tempo, le quali hanno però manifestato risvolti problematici, sì da suggerire un esito che in qualche modo le superasse mantenendo comunque i loro contributi. Per esemplificare questo processo può essere utile rifarsi a quanto Peggy McIntosh (1983, p. 22), una delle voci più importanti del movimento femminista, scri- veva negli anni Ottanta a proposito dell’esclusione delle donne dall’universo culturale, oltre che prettamente scientifico. McIntosh offre infatti una ricostruzione molto chiara e schematica del rapporto tra donne e scienza articolandolo in cinque tappe, in cui, muovendo da una “sto- ria senza donne”, si approda a un mondo in cui il concetto di scienza è ridefinito includendo la donna. Il che non significa ambire a una scienza fatta da donne, propriamente il penultimo stadio, ma rappresenta un nuovo modello, inclusivo di tutti/e, uomini e donne, e che si confi- gura piuttosto come il superamento dialettico degli stadi precedenti.

Più nel dettaglio McIntosh spiega che di fronte all’inveterata estromissione delle donne dal mondo del sapere (Fase 1), si è in un primo momento creduto che la soluzione fosse quella di esservi ammesse (Fase 2, “le donne nella storia”). In questo modo però, concedendo la possi- bilità di un accesso elitario e sporadico, il sistema è solo formalmente inclusivo, dal momento che non mette in discussione i criteri che lo presiedono, unico modo per produrre una sua ri- forma strutturale. È solo attraverso un passaggio intermedio, in cui vi è la presa di coscienza della effettiva problematicità della questione e si avvia una profonda riflessione sulle cause dell’esclusione femminile (Fase 3, “le donne come problema”), che invece si può aprire un nuovo capitolo. Dapprima, ponendo l’accento sulla diversità e sull’apporto che le donne pos-

sono dare al sapere proprio in virtù della loro specificità (Fase 4); in una fase più matura (Fase 5), puntando piuttosto a un modello culturale inclusivo. «A teacher doing work in Phase 5 de- velops inclusive rather than exclusive vision and realizes that many things hang together. A Phase 5 curriculum would help us to produce students who can see patterns of life in terms of systems of race, culture, caste, class, gender, religion, national origin, geographical location and other influences on life which we haven’t began to name. At the same time, Phase 5 curri- culum promises to produce students who can carry with them into public life the values of the private sphere, because inclusive learning allows them to value lateral functions rather than discredit them in the context of paid or public life» (ibid.).

Oltre che sul piano teorico, il superamento di condizioni segregative può e deve essere promosso attraverso politiche mirate in quanto, prima di tutto, è da considerarsi come esigen- za democratica102. Di recente è stata suggerita, l’articolazione in diversi ambiti, da quello del- la ricerca, con azioni volte all’accrescimento del sapere, a quello dell’innovazione, per la promozione e sviluppo di nuovi prodotti e processi, a quello delle risorse umane, il campo d’elezione per favorire un’equità nelle opportunità tra uomini e donne103. Un approccio top down (tipico degli anni Settanta) prevede misure e decisioni prese dall’alto, che si prefiggono determinati effetti; un approccio di tipo bottom up si incentra invece sulla creazione di proget- ti e l’implementazione delle reti di relazioni, avendo sempre presente la eterogeneità dei con- testi e le specificità dei destinatari. Ovviamente, a seconda della cornice di riferimento, il tipo di misure e la loro efficacia variano, delineando un quadro piuttosto eterogeneo. Il Gender Challenge in Research Funding precisa che «there is great variation across Europe in national gender equality policies and in how gender issues are taken into account in science and re- search policies». In generale, «the national policies on gender equality in research vary across Europe and are affected by the general gender equality framework» (p. 18). Vi sono i cosid- detti proactive countries, che attuano politiche più incisive e numerose, e gli inactive coun- tries, le cui iniziative sono invece modeste. I paesi del nord Europa, ad esempio, sono caratte- rizzati da una sostanziale “de-problematizzazione” della questione di genere, che risulta quin-

Cfr. Donne e scienza 1999, p. 4.

102

Cfr. Cozzens 2008, che però si riferisce nel dettaglio alla situazione americana.

di un tema assente nelle agende politiche a seguito di una già raggiunta proporzionalità della presenza femminile all’interno del mercato del lavoro.

L’Europa ha promosso almeno sin dagli anni Settanta iniziative volte a favorire pari oppor- tunità, tanto che questo tema è stato sempre considerato uno dei «pilastri fondamentali del “modello sociale europeo”» (Biancheri 2011, p. 16). Anche in questo ambito, tuttavia, come in quello teorico, è possibile individuare diverse fasi e prospettive, che hanno subito un’evo- luzione nel tempo104.

Inizialmente si è agito soprattutto sul piano del diritto, elaborando misure legislative speci- fiche per garantire un uguale accesso alla sfera produttiva, medesime condizioni lavorative, salariali e previdenziali. L’approccio eminentemente de jure, però, oltre ad essere viziato per- ché assume implicitamente che le istituzioni siano gender-neutral e sottostima il peso delle relazioni di potere, si è rivelato insufficiente per un’azione che applichi con efficacia il diritto sostanziale. Si è dunque presto imposta la necessità, per completarne l’efficacia, di affiancare alle iniziative sul piano del diritto anche le cosiddette azioni positive, ossia interventi pratici per contrastare in concreto le situazioni che impediscono il realizzarsi dell’uguaglianza tra lavoratori e lavoratrici.

Dominate negli anni Ottanta è stata la cosiddetta women’s prespective, l’idea cioè che le donne, in quanto gruppo svantaggiato, siano soggetti bisognosi di particolari trattamenti e di misure specifiche finalizzate all’incremento della loro presenza in tutti i settori, come ad esempio le quote, volte ad assicurare la partecipazione femminile in comitati scientifici, orga- ni decisionali, commissioni di selezione e reclutamento, gruppi di ricerca.

In tempi più recenti, invece, parallelamente all’affermarsi della prospettiva delle gender innovations, si è sviluppata una gender perspective, orientata alla promozione di azioni – sia legislative che positive – per il rinnovamento dell’organizzazione della società basate su una più equa distribuzione delle responsabilità, per mezzo della definizione di tools e strumenti volti a politiche gender-sensitive. La gender perspective ha infatti come obiettivo generale l’integrazione della parità in tutti i sistemi, le istituzioni, le strutture e le politiche.

L’uguaglianza di genere necessita di interventi in molti campi105, e si basa su alcuni punti fondamentali perseguiti negli ultimi anni a livello di norme, misure e direttive per ottenere un

Cfr. Booth, Bennet 2002.

104

Cfr. Rees 2002.

miglioramento dell’empowerment 106 attraverso quote e procedure specifiche, programmi di mentoring, stanziamento di risorse e premi per la ricerca delle scienziate e l’attenzione alle relazioni formali e informali. Dal 1996 è stato ufficialmente adottato un approccio che si basa sul mainstreaming di genere, strategico e a lungo termine, per la promozione della parità di genere e la sua integrazione sistematica in tutte le politiche, i processi e i progetti. Si tratta di un approccio trasversale e presente in ogni fase di intervento, per garantire un maggior rispet- to di tutti i punti di vista e dei soggetti coinvolti. L’EIGE precisa che il gender mainstreaming «should be seen as a continuous process – a systematic effort to integrate gender at all levels, in all areas and into all stages of policy making and implementation processes»107. Esso si muove su un doppio livello: quello dell’inclusione della prospettiva di genere nei vari settori disciplinari e quello della rappresentanza delle donne al loro interno, sia come soggetti bene- ficiari che come operatrici attive, dai gradi più bassi a quelli più alti della gerarchia lavorativa. Presupposti per il mainstreaming di genere sono ovviamente un quadro giuridico appropriato e l’impegno politico.

Tuttavia, misure destinate unicamente alle donne si sono rivelate complessivamente ineffi- caci. Si è visto ad esempio che i programmi di mentoring hanno un effetto positivo a livello individuale mentre il loro impatto da un punto di vista strutturale resta inefficace. Ciò che emerge è l’esigenza di promuovere un cambiamento della cultura scientifica nel suo comples- so in modo da svincolarla da un paradigma maschile. A tal proposito, è importante ricordare che le politiche per la parità di genere sottolineano anche l’importanza del dibattito e dello scambio di esperienze, quale momento imprescindibile di confronto e di elaborazione di pro- poste e soluzioni. Tali iniziative rientrano tra quelle promosse anche attraverso i programmi quadro che si sono succeduti evolvendo, come abbiamo descritto, da una semplice fotografia della presenza delle donne nella ricerca letta soltanto in percentuali quantitative fino ad elabo- rare concetti e strategie che implicano un coinvolgimento di tutte le discipline.

L’incremento delle opportunità di accedere e rimanere in ruoli strategicamente rilevanti.

106

Cfr. http://eige.europa.eu/gender-mainstreaming/what-is-gender-mainstreaming.