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CAPITOLO 7. Conclusioni

1. La genesi della ricerca

Da un punto di vista euristico, abbiamo ritenuto indispensabile far precedere la ricerca vera e propria da una fase di studio dedicata ai vari aspetti culturali che hanno contribuito a costituire il contesto contemporaneo, a partire dalla lettura femminista del rapporto fra genere e scienza, alla riflessione di genere sul linguaggio fino alla triade costituita da genere, comunicazione e scienza. A nostro parere, sarebbe stato infatti impossibile, oltreché presuntuoso, pretendere di avvicinarsi alla questione senza delineare un quadro ragionato, ancorché come si può imma- ginare non esaustivo, dell’ambito teorico entro cui ci saremmo mossi. Ancor più indispensabi- le risulta questa panoramica, quando si consideri che la scienza contemporanea è un ambito fluido e in continuo movimento, in cui le varie situazioni sono influenzate da una moltitudine di fattori e agenti che spesso non possono essere “incasellati” in uno schema inamovibile. Al- trettanto necessario è stato studiare in profondità la storia e la politica aziendale di L’Oréal, per comprendere i meccanismi che regolano l’assegnazione e la gestione del Premio. Soltanto successivamente è stato possibile passare alla fase di indagine vera e propria, costituita dalle interviste vagliate nel cap. 6, e analizzarle per tentare di capire, dalla voce delle scienziate vincitrici, la reale posizione delle donne che fanno scienza in questi albori del XXI secolo.

Le interviste hanno rappresentato l’occasione per squarciare il velo sull’incontro fra due universi nell’immaginario comune distanti e quasi opposti: quello della ricerca pura, della speculazione scientifica, e quello della speculazione commerciale, che rappresentano i due fronti entro cui si collocano il Premio L’Oréal e l’azienda stessa. E questo incontro non è af- fatto casuale, bensì al contrario ci sembra espressione del contesto scientifico contemporaneo: un contesto nato e caratterizzato da un continuo intersecarsi e contaminarsi di ricerca pura e

ricerca applicata, di interessi puramente teorici e interessi commerciali, in cui la pratica scien- tifica deve talvolta conciliare la produzione della conoscenza con il rispetto delle dinamiche commerciali ed economiche. Il Premio può appunto essere considerato come un esempio chia- ro di nuove forme di finanziamento alla ricerca, rispondenti a nuove regole che sono diverse da quelle tradizionalmente tipiche dell’accademia.

Che la scienza di oggigiorno sia per la scienziata contemporanea un habitat più favorevole rispetto alle rigide strutture del panorama tradizionale è anche la tesi della biologa italiana (nonché rapporteur per il nostro Paese del “Bio-natural and technical expert group” del grup- po di curatori e curatrici del report She Figures 2015) Flavia Zucco, la quale sottolinea che il dovere, da parte di chi fa scienza, di rendere conto dei propri risultati ad una società che li fi- nanzia e si aspetta di ottenerne in cambio un qualche tipo di vantaggio, richiede una mentalità nuova e globale, dinamica e in grado di prestare ascolto ad esigenze variegate. Ironizza Zucco che proprio quegli stereotipi per colpa dei quali le donne sono state a lungo ingiustamente escluse dalla scienza – la presunta inadeguatezza della mente femminile di rivolgersi al pen- siero astratto e l’altrettanto presunta incapacità di dedicarsi interamente ad una “missione” per «i ruoli e condizioni fisiologiche che le “fanno” diverse» (Zucco 2015, pp. 80) – potrebbero divenire ora addirittura valutati positivamente. Le qualità indispensabili dello scienziato con- temporaneo, oltre naturalmente al talento, sono la flessibilità, la diplomazia, la curiosità, la motivazione, la dedizione, il senso di responsabilità217, e le donne hanno dimostrato di rispon- dere eccellentemente a questo profilo: «Esse hanno visioni ampie ed integrate del mondo; hanno menti capaci di valicare confini disciplinari con originalità e libertà; hanno intuizione ed immaginazione (la scienza non è solo razionalità); ed infine hanno mostrato un forte senso di responsabilità nei confronti del loro lavoro e della società» (Zucco 2015, pp. 82). Inoltre, essendo «un soggetto nuovo nel mondo della scienza […] risultano, come tali, meno contami- nate dai modelli culturali dominanti», sono estranee alle pratiche tradizionali e per questo mo- tivo sono in grado di muoversi con naturalezza e flessibilità in un contesto caratterizzato come mai prima d’ora dalla “fluidità” (ibid.).

Pur consapevole del rischio che le sue parole possano essere accolte come stereotipi, Zucco individua alcune differenze di genere nell’attività scientifica, che renderebbero le donne più adeguate al contesto scientifico attuale: per esempio, il concetto di “carriera” si fonderebbe

Zucco fa riferimento al già citato rapporto NAS 2007.

per gli uomini con quello di “competitività”, per le donne con quello di “competenza”, ciò che le agevolerebbe nella collaborazione di gruppo; poi, il tempo per gli uomini sarebbe valutato in termini di costi mentre per le donne in termini di qualità del lavoro prodotto, cosa che au- menterebbe la loro flessibilità; inoltre gli uomini concepirebbero la gerarchia come acquisi- zione di potere, le donne come acquisizione di responsabilità; infine, le donne sarebbero più capaci di raggiungere i propri obiettivi progredendo in autonomia, senza mettere in campo la componente aggressiva che al contrario caratterizza il comportamento maschile. Zucco argo- menta che una più incisiva presenza femminile nella pratica scientifica è diventata al giorno d’oggi tanto più opportuna in nome di una maggiore responsabilità della scienza verso gli in- dividui e verso la collettività, nella misura in cui l’implementazione tecnologica richiede estrema attenzione alle proprie implicazioni sociali. E conclude con ottimismo: «Saranno pro- prio loro [le donne] a consolidare percorsi virtuosi per garantire un futuro alla conoscenza in tutta la sua ricchezza e complessità» (Zucco 2015, pp. 79).

Ma se, da un lato, si ha la percezione di un contesto sempre più women friendly – tanto che il professor Bernard Meunier, presidente dell’Accademia delle scienze di Parigi, ha potuto recentemente dichiarare con entusiasmo al Monthly Digest de L’Oréal: «We have gone from no female Academy members 40 years ago to 13% today and in 20 years we will be at 40% or 50%»218 – dall’altro le statistiche rivelano che questa percezione non è in realtà sostenuta da fatti concreti. Il report Women in science. International survey, realizzato nel 2015 da Opinio- nWay per la Fondazione L’Oréal, rende noto, per esempio, che «bien qu’ils imaginent une communauté majoritairement composée d’hommes, les Européens ne mesurent pas l’ampleur du problème et surestiment la part des femmes»: per citare solo qualche dato, il campione in- tervistato crede che in Europa la percentuale della presenza femminile ai vertici accademici in ambito scientifico sia del 28%, quando in effetti si attesta sull’11%219. In altre parole, il van- taggio che in linea di principio la scienza contemporanea sembrerebbe trarre da un accesso più robusto delle donne alla carriera scientifica, non appare in pratica affiancato dalle necessa- rie trasformazioni, nella struttura ancora essenzialmente e androcentrica della suddetta carrie-

Cfr. http://www.monthly-digest-loreal.com/en/article/de-la-feminisation-de-la-science-entretien-avec-le- 218 president-de-lacademie-des-sciences/. Cfr. http://fondationloreal.com/documents/-cb8f7077-101d-4c0f-a35e-36ad554aca83/download?lang=en 219 e http://www.opinion-way.com/pdf/sondage_opinionway-matriochka_pour_la_fondation_l_oreal_-_les_femme- s_en_sciences_-_septembre_2015.pdf.

ra, che lo renderebbero possibile. A supporto di questa considerazione, notiamo che anche nel report She Figures 2015 si osserva che il cambiamento al quale la pratica scientifica è andata incontro potrebbe sembrare foriero di una più equa partecipazione dei generi, ma che in realtà questa non si verifica a causa di dinamiche e meccanismi che, per quanto diversi e apparen- temente non discriminatori, risentono essenzialmente della loro origine “maschile”: in un cer- to senso, il pregiudizio che sembrerebbe uscito dalla porta rientra, non visto, dalla finestra:

A recurrent theme is the drastic change that scientific practice is experiencing and the obsole- scence of individualistic reward criteria as science becomes increasingly complex and collective. From this point of view, it is argued that scientists of both sexes (and science itself) would bene- fit from systems of recruitment, assessment and promotion that took this collective dimension more properly into account. This trend may be seen as consistent with a certain degendering of scientific institutions, driven by the fact that many young women and some young men nowa- days appear to want a more balanced life and are not willing ‘to pursue research as the main aim of life’.

However, these wishes collide with increasing competitive pressures in the academic institu- tions and R&D systems. Under current managerial approaches, the move towards greater trans- parency and accountability in academic assessment procedures is coupled with increasing com- petition for research funding among institutions and individuals. Whilst the literature in Germa- ny, Austria or Switzerland explores the ways in which these new approaches might serve to fo- ster gender equality in academia, the UK literature, where managerialism has been in place lon- ger, focuses rather on its gendered impact on the academic profession. The professionalisation of hiring and selection procedures on the basis of transparent and gender-blind performance criteria can be viewed as a challenge to traditional academic practices of patronage and nepotism. Ho- wever, this trend is parallel to the intensification of work and individual competition and may exacerbate gender differences in career outcomes. Genderblind performance criteria are not ne- cessarily gender-neutral: bibliometric indicators reflect the bias in favour of the past and the bias in favour of position in the network of relations. Furthermore, the use of such criteria is currently associated with elitist strategies in the allocation of scientific resources, which work against wo- men and minority groups (She Figures 2015, p. 20).