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Disuguaglianza di genere e comunicazione scientifica

CAPITOLO 4. Comunicazione e genere nella scienza post-accademica

3. Disuguaglianza di genere e comunicazione scientifica

L’analisi della letteratura scientifica può rivelare molto a proposito delle questioni di genere nell’universo delle scienze perché i dati raccolti diventano indicatori diretti e assai attendibili della presenza e del ruolo femminile nel contesto della ricerca.

Uno studio estremamente significativo in merito alla posizione femminile nella comunica- zione della propria attività scientifica – benché per ammissione degli stessi autori limitato quel particolare settore della comunicazione scientifica rappresentato dagli articoli pubblicati sulle riviste specializzate – è stato condotto da Vincent Larivière, Chaoqun Ni, Yves Gingras, Blaise Cronin e Cassidy R. Sugimoto e pubblicato nel 2013 col titolo Global gender dispari- ties in science. La ricerca, che ha coinvolto ben 5.483.841 papers, è un’analisi bibliometrica che prende in considerazione tre fattori:

Tab. 1

Fonte: Global gender disparities in science 2013.

Gli esiti dell’indagine hanno confermato che le disuguaglianze di genere persistono nel- l’ambiente della ricerca scientifica, in quasi tutto il mondo, con un’intensità inversamente proporzionale al volume globale della produzione scientifica del Paese133.

relation between gender and research out-

put proxy: authorship on published papers

extent of collaboration proxy: co-authorship on published papers

scientific impact of articles proxy: number of citations

Curiosamente, la percentuale maggiore di autrici si riscontra nei Paesi dove la produzione scientifica è più

133

Emerge il dato che la media delle pubblicazioni delle donne è sensibilmente inferiore a quella degli uomini: globalmente, meno del 30% vs. più del 70% - ovvero, ad ogni articolo di un’autrice corrispondono 1,93 articoli di un autore.

Prevedibilmente, risultano esservi differenze a seconda dei settori disciplinari: la presenza femminile è maggiore nei settori di “cura” – confermando in tal modo un certo tipo di cono- scenza aneddotica in merito – e quella maschile negli ambiti tecnico-scientifici:

Our disciplinary results confirmed previous findings and anecdotal knowledge about fields asso- ciated with ‘care’. Specialties dominated by women include nursing; midwifery; speech, langua- ge and hearing; education; social work and librarianship. Male-dominated disciplines include military sciences, engineering, robotics, aeronautics and astronautics, high-energy physics, ma- thematics, computer science, philosophy and economics. Although disciplines from the social sciences show a larger proportion of female authors, the humanities are still heavily dominated by men (Larivière, Ni, Gingras et al. 2013, p. 212-213).

Si evidenzia inoltre la tendenza secondo cui le donne partecipano a un numero minore di collaborazioni internazionali:

For the 50 most productive countries in our analysis […[, female collaborations are more dome- stically oriented than are the collaborations of males from the same country (Larivière, Ni, Gin- gras et al. 2013, p. 213);

e che le loro ricerche esercitano un minor livello di attrattività, calcolato in termini di citazio- ni:

We analysed prominent author positions — sole authorship, first-authorship and last-authorship. We discovered that when a woman was in any of these roles, a paper attracted fewer citations than in cases in which a man was in one of these roles. The gender disparity holds for national and international collaborations (ibid.).

Questo fenomeno è definito “citation disadvantage” e, sottolineano gli autori, [it] is accentuated by the fact that women’s publication port-folios are more domestic than their male colleagues – they profit less from the extra citations that international collaborations ac- crue. Given that citations now play a central part in the evaluation of researchers, this situation can only worsen gender disparities (ibid.).

Una questione ancor più ampia riguarda la rappresentazione delle donne e degli uomini ad opera dei mezzi di comunicazione. I media esercitano un potere smisurato, non solo in quanto istituzioni culturali che selezionano i fatti che poi essi stessi rappresenteranno come informa- zioni, ma anche e soprattutto in quanto nel farlo hanno facoltà di “plasmare” la percezione della realtà da parte del grande pubblico, di fatto stabilendo o rafforzando le divisioni sociali e le relazioni gerarchiche – o indebolendo quelle esistenti. Per questo motivo, l’analisi dei me- dia è – in generale – altamente rivelatrice delle dinamiche sociali in generale, e a fortiori di quelle legate alle disparità di genere. Il più esaustivo progetto di monitoraggio dell’informa- zione da questo punto di vista, su scala mondiale (sono coinvolti infatti ben 114 paesi), è il Global media monitoring project, un’iniziativa nata in seno alla Beijing declaration and plat- form for action prodotta dalla storica IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite del 1995134. I dati raccolti da allora vengono aggiornati e pubblicati ogni cinque anni: il report più recente è datato novembre 2015 e costituisce la rappresentazione più completa e più valida delle differenze di genere nel sistema di produzione e diffusione dell’informazione. Il con- fronto con le edizioni precedenti consente inoltre di valutare i cambiamenti avvenuti nella stampa, radio, televisione e nuovi media, da vent’anni a questa parte, per quanto riguarda:

- lo spazio dedicato a tematiche scientifiche;

- la distribuzione della presenza femminile tra i vari mezzi di comunicazione; - le tipologie di ruolo ricoperto (da semplici intervistate a esperte professioniste).

L’elemento più preoccupante evidenziato dal Global media monitoring report 2015, rias- sunto nella sezione “People in the news” (p. 8), è che, dopo un lento ma costante aumento del- la visibilità delle donne nel decennio 1995-2005, gli anni successivi sono stati di stagnazione

In questa circostanza, a proposito della tematica “Donne e media”, viene sottolineata l’importanza del 134

- l’accesso e della partecipazione delle donne alle nuove tecnologie e ai mezzi di comunicazione al fine di favorire una rappresentazione femminile non stereotipata, e vengono individuati fra gli altri i seguenti obiettivi strategici: «Increase the participation and access of women to expression and decision-making in and through the media and new technologies of communication», «Promote a balanced and non-stereotyped portrayal of women in the media» (cfr. Beijing declaration and platform for action, consultabile on line: http://www.un.org/womenwatch/ daw/beijing/platform/media.htm#diagnosis). Nel 2010 è stata costituita nelle Nazioni Unite un’unica agenzia per l’uguaglianza di genere e l’empowerment della donna, denominata ONU-Donne (UN Women), che riunisce le precedenti agenzie ONU dedicate a tematiche analoghe e concentra il suo lavoro su tre principali grandi obietti- vi: l’eliminazione di ogni discriminazione contro le donne e le ragazze; l’empowerment delle donne; il raggiun- gimento della parità fra uomini e donne come partners e come beneficiari di iniziative volte allo sviluppo, alla tutela dei diritti umani e alle azioni umanitarie. Nella sezione “Women and media” del sito dell’agenzia è ricor- dato che «the media plays a significant role in perpetuating and challenging social norms that condone discrimi- nation or violence against women. It can objectify women but also show-case strong women leaders and prota- gonists who can become role models for their audience» (http://www.unwomen.org/en/news/in-focus/csw/featu- re-stories).

e nel 2015 le donne hanno rappresentato solo il 24% delle persone menzionate a vario titolo nelle notizie135. In particolare, è possibile tracciare il tasso di presenza femminile, relativa- mente ai vari mezzi di comunicazione, per quanto concerne le notizie relative a scienza, tec- nologia, ricerca e innovazione – che, di per sé, hanno occupato nello stesso anno soltanto l’8% dello spazio disponibile – ed evincerne che le donne sono state coinvolte in un esiguo 25% dei casi, e soltanto in una minima parte come protagoniste. Infatti, si è assistito negli ul- timi cinque anni a una lieve regressione della percentuale di donne che ricoprono un ruolo di esperte: principalmente, alle donne è richiesto di raccontare le proprie esperienze personali e «in whatever capacity they appear, men are more likely to be portrayed as persons in positions of power» (Global media monitoring report 2015, p. 35). E tuttavia, negli ultimi dieci anni, i maggiori progressi (con un incremento del 9%) verso la parità di genere sono stati rilevati proprio nelle notizie riguardanti la scienza e la salute, dove si registra il gap minimo in assolu- to. È interessante anche osservare che la relativa invisibilità femminile nei media tradizionali si è propagata anche all’ambito delle piattaforme digitali, e anche in questo caso la presenza femminile è massima (in Europa e nelle Americhe) quando si affrontano temi legati alla scienza e alla salute.

Gli ambiti in cui – piuttosto prevedibilmente – le donne risultano godere di maggior visibilità degli uomi

135 -

ni risultano essere: «beauty contests, models, fashion, cosmetic surgery; family relations, inter-generational con- flict, parents; birth control, fertility, sterilization, termination; women politicians, women electoral candidates; other stories on science; women’s participation in economic processes; women’s movement, activism, demon- strations, etc; family law, family codes, property law, inheritance; gender violence based on culture, family, inter- personal relations, feminicide, harassment, rape, sexual assault, trafficking, female genital mutilation; human rights, women's rights, rights of sexual minorities» (Global media monitoring report 2015, p. 34).