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ACCESSO AI DIRITTI SOCIALI IN RAGIONE DELLA RESIDENZA PROLUNGATA NEL TERRITORIO DELL’UE: I CITTADINI DI PAESI TERZI

STRANIERI E DIRITTI SOCIALI NELLE FONTI SOVRANAZIONALI

3. IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA SOCIALE EUROPEA: UN BINOMIO POSSIBILE?

3.1. I DIVERSI LIVELLI DI TUTELA DEI CITTADINI DI PAESI TERZI NEL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA FRA MOLTIPLICAZIONE DEGLI STATUS E

3.1.2. ACCESSO AI DIRITTI SOCIALI IN RAGIONE DELLA RESIDENZA PROLUNGATA NEL TERRITORIO DELL’UE: I CITTADINI DI PAESI TERZI

LUNGO SOGGIORNANTI

Pur muovendo la cittadinanza dell'Unione da una concezione classica della cittadinanza (v.

supra Par. 2.1), già nel 2002 è stata ravvisata la necessità di estenderne la portata oltre il mero riferimento alle cittadinanze nazionali dei Paesi membri, proiettandola verso una forma più inclusiva sulla base della residenza. Nel solco di tale concezione si inserisce la direttiva 2003/109/CE che istituisce lo status di cittadino di paese terzo lungo soggiornante, inteso da taluna dottrina come “forma sussidiaria” di cittadinanza dell'Unione265.

Tale status dà diritto al soggiorno a tempo indeterminato sul territorio UE ed è subordinato alla residenza legale ed ininterrotta per un periodo di almeno cinque anni, a testimonianza del radicamento del richiedente nel paese ospitante, oltre che al possesso, per sé e i propri familiari a carico, di risorse stabili e sufficienti al sostentamento «senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato»e di un'assicurazione sanitaria266.

Ai titolari dello status di lungo soggiornante la direttiva conferisce alcuni diritti propri del cittadino UE: in particolare, l'art 11 stabilisce la parità di trattamento con i cittadini dell’Unione europea in materia di lavoro, istruzione e formazione professionale (compresa l'erogazione di assegni scolastici e borse di studio), riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli professionali, prestazioni sociali, assistenza e protezione sociale, agevolazioni fiscali, accesso a beni e servizi pubblici, tra cui l’accesso alla procedura per l’ottenimento di un alloggio e libertà sindacale.

Il senso di tale equiparazione è illustrato dal considerando 12 della direttiva, secondo cui la parità di trattamento «in una vasta gamma di settori economici e sociali», è lo strumento necessario perché lo status di soggiornante di lungo periodo costituisca «un autentico strumento di integrazione sociale».

265 Sul punto, e per un'analisi diffusa della direttiva in parola si veda, D. Acosta Arcarazo, The long-term residence

status as a subsidiary form of EU citizenship. An analysis of directive 2003/109, The Hague-London-New York, 2011. Si rinvia altresì a A. Farahat, “We want you! But...” Recruiting migrants and encouraging transnational migration

through progressive inclusion in European Law Journal, 6/2009, p. 716. Si deve ricordare che nel 2011 vi è stata la rifusione della direttiva in parola ad opera della Direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 11.05.2011, che modifica la direttiva 2003/109/CE per estenderne l’ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale.

266 Si vedano in proposito l’art. 4 par. 1 e l’art. 5 par. 1 lett a) e b) della direttiva 2003/109/CE. Una volta acquisito lo

status di lungo soggiornante, l'art. 12 par. 2 prevede che il cittadino di un Paese terzo non possa essere allontanato dallo Stato membro ospitante per mere ragioni economiche. L’art. 5 par. 2 conferisce agli Stati la facoltà di esigere il soddisfacimento di determinate condizioni di integrazione da parte dei richiedenti lo status di lungo soggiornanti. Molti Stati, tra cui l'Italia, si sono avvalsi di tale facoltà subordinando l'ottenimento di tale status alla previa verifica della conoscenza della lingua e cultura del paese ospitante. V. infra Cap. 4.

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Il par. 4 e il par. 5 del medesimo articolo stabiliscono che gli Stati possono decidere di restringere o ampliare il campo di applicazione della parità di trattamento con i cittadini nazionali tracciato dalla direttiva in materia di assistenza sociale e protezione sociale. In particolare, il par. 4 prevede che «gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali». La discrezionalità degli Stati in tal senso non è tuttavia assoluta. Al considerando 13, la direttiva prevede, infatti, che «la possibilità di limitare le prestazioni per soggiornanti di lungo periodo a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l'assistenza in caso di malattia, di gravidanza, l'assistenza parentale e l'assistenza a lungo termine. La discrezionalità e modalità di concessione di queste prestazioni dovrebbero essere determinate dalla legislazione nazionale».

Di conseguenza, se lo Stato dispone di una certa discrezionalità nel quantificare, ad esempio, l'ammontare del reddito minimo citato nel considerando 13, ciò non vale per la materia della prestazione: l’istituzione di provvidenze destinate alle categorie indicate (donne in gravidanza, genitori, malati e persone bisognose di assistenza di lungo periodo) implica che queste siano qualificate come prestazioni essenziali267.

Tale concetto è stato ribadito anche nel recente caso Kamberaj268 in cui la Corte di Lussemburgo si è pronunciata sull'accesso all'assistenza sociale da parte di cittadini di Paesi terzi titolari dello status di lungo soggiornante, anche alla luce del valore vincolante assunto dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Il caso riguarda il sig. Servet Kamberaj, cittadino albanese, titolare dello status di lungo soggiornante e residente nella Provincia autonoma di Bolzano, che nel 2009 si vede respingere la propria richiesta di sussidio per l'alloggio a seguito dell'esaurimento dei fondi stanziati per quell'anno in favore dei cittadini di Paesi terzi, compresi i lungo soggiornanti (il metodo di calcolo dei tali fondi prevedeva criteri differenti per i cittadini di Paesi terzi rispetto ai cittadini UE e italiani). A fronte del rigetto della propria domanda, il sig. Kamberaj si rivolge al Tribunale di Bolzano lamentando il carattere discriminatorio di tali criteri, che risulterebbero sfavorevoli verso i

267 Per un commento su questi profili cfr. D. Nazet Allouche, Quelle citoyenneté pour les ressortissants des pays tiers

dans l'Union européenne?, cit., p. 190, secondo il quale«le status ainsi défini peut paraître imparfait». Per un’analisi cfr. altresì W. Citti, Le categorie di cittadini di paesi terzi non membri dell’UE protetti dal principio di parità di

trattamento di cui al diritto dell’Unione europea (familiari di cittadini UE, lungo soggiornanti, accordi di associazione euro-mediterranei). Spunti e problematiche di attualità rispetto al diritto interno italiano e prospettive verso un nuovo concetto di “cittadinanza europea”, in www.asgi.it, 2012, pp. 24 e 25.

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cittadini extraUE nonchè in contrasto con la direttiva 2003/109/CE e con la direttiva 2000/43/CE in materia di discriminazioni, dirette o indirette, fondate sulla razza o sull’origine etnica269.

Adita dal Tribunale di Bolzano attraverso rinvio pregiudiziale, nella sentenza in oggetto la Corte di giustizia affronta aspetti di cruciale importanza in riferimento all’accesso all’assistenza sociale da parte dei cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti. Quanto stabilito dai giudici della Corte di Lussemburgo rileva, ai fini dell'oggetto di studio, sotto un duplice profilo. Innanzitutto, in riferimento ai criteri per l'erogazione del sussidio, la Corte afferma che l’art. 11 par. 4 della direttiva 2003/109 «deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di limitare la parità di trattamento della quale beneficiano i titolari dello status conferito dalla direttiva medesima, ad eccezione delle prestazioni di assistenza sociale o di protezione sociale concesse dalle autorità pubbliche, a livello nazionale, regionale o locale, che contribuiscono a permettere all’individuo di soddisfare le sue necessità elementari, come il vitto, l’alloggio e la salute». Inoltre, il riferimento alle prestazioni a titolo di reddito minimo deve essere interpretato alla luce dell’art. 34 par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che «riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale ed abitativa volto a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti». Ne risulta che, se la provvidenza di sostegno all’alloggio è finalizzata al perseguimento dello scopo enunciato nella Carta di Nizza, essa non può essere esclusa dalle prestazioni essenziali ai sensi dell’art. 11 par. 4 della direttiva270.

La Corte ha poi sottolineato che, al considerando 13, l'utilizzo dell'avverbio “almeno” nell'elenco delle misure incluse tra le prestazioni essenziali di cui all'art. 11 par. 4 indica il carattere non esaustivo di tale elencazione. Quindi, l'esclusione dei sussidi per l'alloggio da tale elenco non implica che questi non costituiscano prestazioni essenziali in riferimento alle quali non possono esistere deroghe al principio della parità di trattamento271.

Seguendo questo percorso argomentativo la Corte giunge ad affermare che «Nei limiti in cui il sussidio di cui trattasi nel procedimento principale risponde alla finalità enunciata nel citato articolo della Carta, esso non può essere considerato, nell’ambito del diritto dell’Unione, come non

269 La Corte scarta tuttavia tale ipotesi ricordando che l'art. 3 par. 2 della direttiva 2000/43/CE esclude dal proprio ambito di applicazione «le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all’ingresso nonché alla residenza dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi e degli apolidi», in CGE, Kamberaj, § 49-50.

270 CGE, Kamberaj, § 92. Va rilevato che la Corte ha assegnato al giudice nazionale l'onere di stabilire se il sussidio per l'alloggio rientri tra le prestazioni essenziali, dato che sia l'art. 11 par. 1 lett. d) della direttiva sia l'art 34 par. 3 della Carta fanno riferimento alla legislazione nazionale. In riferimento alla portata dell’art. 34 par. 3 applicato al caso di specie si veda anche European Commission, 2012 report on the application of the UE Charter of fundamental rights, Luxembourg. 2013, p. 70, reperibile in http://ec.europa.eu/justice/fundamental-rights/files/charter_report_2012_en.pdf.

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compreso tra le prestazioni essenziali ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109».

Sotto altra prospettiva analitica, la Corte ha desunto senza difficoltà la disparità di trattamento posta in essere dai criteri elaborati dalla Provincia autonoma di Bolzano: la parità di trattamento in materia di assistenza e protezione sociale sancita dalla direttiva deve essere interpretata nel senso di non permettere ad una normativa nazionale o regionale di riservare al soggiornante di lungo periodo un trattamento diverso da quello riservato ai cittadini nazionali residenti nella medesima provincia o regione nell’ambito della distribuzione dei fondi destinati al sussidio per l'alloggio272.

Se l’ampia discrezionalità concessa agli Stati nel derogare al principio di eguaglianza di trattamento ex art. 11 par. 2, 3 e 4 presenta diversi profili di criticità, va rilevato che la Corte di giustizia ha individuato una serie di limiti in capo agli Stati nell'esercizio di tale discrezionalità273, tentando di arginare la “condizionalità finanziaria” dei diritti sociali dei soggiornanti di lungo periodo. Si intende fare riferimento, in particolare, all'effetto utile della direttiva 2003/109/CE, in base al quale l'ambito di applicazione del principio di non discriminazione non deve essere ristretto a tal punto da pregiudicarne l'obiettivo (l'integrazione sociale nei paesi ospitanti), e all'art. 34 della Carta di Nizza, che prescrive l'obbligo per gli Stati membri di garantire a tutti il soddisfacimento delle necessità essenziali274.

3.1.3. RIFUGIATI, TITOLARI DI PROTEZIONE SUSSIDIARIA E APOLIDI. FRA

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