DÉGUISÉES DE PRÉFERENCE NATIONALE”
3. DIRITTO DEGLI STRANIERI E DIRITTI SOCIALI NELL’ESPERIENZA ITALIANA
3.4. REGIONI E DIRITTI DEGLI STRANIERI: TRA DECENTRALIZZAZIONE ED EFFETTIVITÀ
3.4.2. L'ACCESSO DEGLI STRANIERI ALLE PRESTAZIONI SOCIALI REGIONALI TRA RADICAMENTO TERRITORIALE ED ESCLUSIONE
Nel quadro della politica di contenimento della spesa pubblica, alcune Regioni hanno previsto di subordinare l'accesso alle prestazioni assistenziali al requisito della residenza qualificata sul territorio regionale (talvolta richiesto a tutti i beneficiari, talvolta solo agli stranieri) o alla titolarità dello status di lungo soggiornante (ovviamente per i soli cittadini di Paesi terzi)757.
Si pensi alla legge regionale n. 7 del 2005 della Regione Lombardia, che subordina l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica alla condizione di cinque anni di residenza (o all’attività lavorativa) in regione e, più recentemente, alla legge provinciale n. 12 del 2011 della Provincia autonoma di Bolzano nonché alla legge regionale n. 8 del 2011 della Regione autonoma Trentino Alto Adige758, che prevedono il medesimo requisito di residenza limitandolo ai soli cittadini non appartenenti all'Unione europea.
Analogamente, la legge regionale n. 44 del 2011 della Regione Calabria e la legge provinciale n. 25 del 2012 della Provincia autonoma di Trento dispongono che solo i cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti possono beneficiare delle provvidenze economiche a sostegno di soggetti non autosufficienti.
Tali normative hanno suscitato da subito numerose perplessità in relazione ai profili discriminatori posti in essere da vincoli assai restrittivi nell’accesso a provvidenze finalizzate al sostentamento della persona. In tale prospettiva, particolare attenzione merita poi il caso della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, esempio paradigmatico della rideterminazione dei caratteri della cittadinanza sociale secondo logiche di appartenenza e criteri escludenti759. Ci sembra che il senso di tale affermazione possa essere colto se presentato nell'ambito di una più generale disamina del filone giurisprudenziale sviluppatosi dal continuo confronto tra Stato e Regioni in merito alla legittimità costituzionale degli interventi legislativi in materia di stranieri e prestazioni
757 Sebbene alcune Regioni abbiano previsto anche la condizione della cittadinanza italiana o europea, a seguito delle ripetute declatorie di illegittimità da parte della Consulta per contrasto con l’art. 3 Cost (sentt. 432/2005 e 40/2011) in linea con la giurisprudenza delle Corti di Strasburgo e Lussemburgo, da quanto ci risulta nei sistemi regionali di welfare tale criterio non è stato riproposto. Nonostante ciò, deve rilevarsi la sussistenza della clausola di cittadinanza per la fruizione di alcune prestazioni assistenziali a livello nazionale e locale. Su questi profili, amplius, F. Biondi Dal Monte,
Lo stato sociale di fronte alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della persona, cit., p. 13 ss.
758 Rispettivamente in tema di integrazione degli stranieri e di assegno familiare regionale.
759 Come osserva F. Scuto, si tratta di una delle Regioni che si è maggiormente contraddistinta per l'adozione di norme restrittive in materia di accesso ai servizi sociali dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, in ID., Le Regioni e
l’accesso ai servizi sociali degli stranieri regolarmente soggiornanti e dei cittadini dell’Unione, in Diritto,
189 sociali regionali.
3.4.2.1. IL CASO DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
Fra le diverse legislazioni regionali su questo tema, paradigmatico ci sembra il caso del Friuli Venezia Giulia. Nel 2009, la legge regionale n. 24 aveva modificato la precedente legge regionale n. 6 del 2006 relativa al Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei
diritti di cittadinanza sociale (contrasto alla povertà, sostegno del reddito familiare e diritto sociale all’abitazione), riformando il sistema di welfare regionale sulla base del criterio dell’autoctonia e della consanguineità. Se la legge del 2006 stabiliva che tutti i residenti in regione potevano accedere a siffatto sistema, la modifica legislativa operata nel 2009 prevedeva la restrizione della platea dei beneficiari ai soli cittadini di Stati membri dell’Unione europea residenti in regione da almeno trentasei mesi, subordinando così l’assegnazione e l’erogazione dei benefici ad un combinazione di requisiti di cittadinanza e di anzianità di residenza. Per altro verso, però, si introduceva una deroga al possesso del vincolo della residenza per i discendenti di emigranti dell’attuale territorio del Friuli Venezia Giulia che intendessero farvi ritorno.
Le legge del 2009 è stata impugnata dal Governo e censurata dalla Consulta nella sentenza n. 40 del 2011. Ad avviso della Corte, le prestazioni in discorso «per la loro stessa natura, non tollerano distinzioni basate né sulla cittadinanza, né su particolari tipologie di residenza volte ad escludere proprio coloro che risultano i soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che un siffatto sistema di prestazioni e servizi si propone di superare perseguendo una finalità eminentemente sociale». Si rischia così di precludere in modo assoluto l’accesso alle prestazioni da parte di intere categorie di persone, senza alcuna ragionevole correlabilità tra le condizioni positive di ammissibilità al beneficio e i requisiti che costituiscono il presupposto per l’accesso alle provvidenze. Le disposizioni impugnate agiscono quindi in contrasto con il principio di eguaglianza e di ragionevolezza, violando gli artt. 2, 3 e 38 Cost. Inoltre, pongono in essere una discriminazione, diretta e indiretta, in danno dei cittadini italiani, dell'Unione europea e di Paesi terzi che non risiedono in regione da almeno trentasei mesi760.
A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della Corte costituzionale, e con l’avvio della procedura di messa in mora (ex art. 258 TFUE) da parte della Commissione europea per i contenuti discriminatori delle norme impugnate, i criteri di ammissione al sistema di diritti di
760 Corte. Cost., sent. 40/2011, in Giur. Cost., 2011, p. 529. Per un commento si veda R. Nunin, Sull'illegittimità
costituzionale della limitazione territoriale delle prestazioni assistenziali (nota a Corte Costituzionale 9 febbraio 2011, n. 40), in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1/2012, p.155 ss. Cfr. anche F. Corvaja, Cittadinanza e
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cittadinanza sociale sono stati riformulati con la legge regionale n. 16 del 2011761. La nuova legislazione prevede requisiti differenziati, da una parte, per gli stranieri extraUE che non siano lungo soggiornanti né rifugiati o titolari della protezione sussidiaria e, dall’altra, per i cittadini italiani, dell’Unione europea e di Paesi terzi titolari degli status sopracitati. Nonostante il richiamo all’art. 41 T.U., per i primi è richiesta una residenza qualificata in Italia di almeno cinque anni ed in regione di almeno ventiquattro mesi, al contrario, ai secondi è richiesto solo di essere residenti sul territorio regionale da almeno due anni.
Il Governo ha nuovamente impugnato le disposizioni regionali innanzi alla Corte costituzionale.
Nella recente sentenza n. 222 del 2013762, il Giudice delle leggi ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il regime di accesso differenziato alle provvidenze sociali istituito dalla l.r. 16/2011, inserendosi così nel solco già tracciato dalla sentenza n. 40 del 2011 nonché dalle più recenti pronunce emanate nel 2013. Infatti, lo stesso orientamento è stato espresso dalla Consulta in riferimento alla legittimità costituzionale della disparità di requisiti per cittadini e stranieri poste in essere dalle leggi della Provincia autonoma di Bolzano763, della Regione Trentino Alto Adige764, della Provincia autonoma di Trento765 e della Regione Calabria766.
La sentenza n. 222 del 2013 costituisce dunque solo l'ultimo tassello di quel filone giurisprudenziale in cui la Corte, secondo un’impostazione ormai consolidata, ritiene che la combinazione di requisiti inerenti la cittadinanza, la residenza prolungata sul territorio (con alcuni distinguo che si vedranno infra) o lo status di lungo soggiornante, previsti per la sola categoria dei cittadini di Paesi terzi integri la violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost767.
I profili da evidenziare nella pronuncia in parola sono molteplici: innanzitutto, accomunando prestazioni di natura assai diversa attraverso un’unica previsione indiscriminata del requisito della residenza quinquennale quest’ultima «non viene apprezzata nelle sue ragioni giustificatrici,
761 La novella legislativa interviene modificando i requisiti di accesso in riferimento a contributi economici straordinari per temporanee situazioni di emergenza individuali o familiari, all'attribuzione di assegni una tantum, agli interventi di sostegno della natalità e delle adozioni di minori a favore dei nuclei familiari, alle misure relative all'edilizia convenzionata, agevolata e di sostegno alle locazioni, nonché alle provvidenze per il diritto allo studio. Per una disamina: V. Tallini, Errare humanum est, perseverare autem diabolicum: brevi considerazioni sulla (nuova) legge del
Friuli Venezia Giulia n. 16/2011 in materia di accesso alle prestazioni sociali da parte degli stranieri, in
www.forumcostituzionale.it, dicembre 2011.
762 Corte cost., sent. 222/2013, in www.giurcost.org.
763 Corte cost., sent. 2/2013, in Giur. Cost. 2013, p. 84 ss.
764 Corte cost., sent. 133/2013, in www.giurcost.org.
765 Corte cost., sent. 172/2013, in www.giurcost.org. Cfr. A. Lollo, [Corte cost. n. 172 del 2013]Continua il processo di
universalizzazione dei diritti sociali, in www.dirittiregionali.org, 30.07.2013.
766 Corte cost., sent. 4/2013 in Giur. Cost. 2013, p.136 ss.
767 Giova ricordare che, a seguito della pronunce della Consulta, i criteri di accesso al sistema regionale di diritti di cittadinanza sociale in Friuli Venezia Giulia sono stati riformulati con la l.r. n. 22 del 27.12.2013 Norme intersettoriali
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provvidenza per provvidenza» e risulta irragionevole e sproporzionata rispetto a quanto disposto dall’art. 41 T.U. Inoltre, conformemente a quanto già espresso nelle sentenze n. 432 del 2005, n. 40 del 2011 e n. 4 del 2013, si ribadisce che le «esigenze di risparmio correlate al decremento delle disponibilità finanziarie conseguente alle misure statali di contenimento della spesa pubblica» (circostanza su cui pone l’accento la difesa della Regione) non esentano il legislatore regionale dall’obbligo di operare scelte «in ossequio al principio di ragionevolezza»768.
In questa occasione, la Corte replica altresì l’iter argomentativo in riferimento al giudizio di ragionevolezza applicato al criterio della residenza: operando un distinguo, per vero non privo di ambiguità, tra prestazioni essenziali e non essenziali, la stessa stabilisce che, qualora queste non attengano a diritti e bisogni fondamentali della persona, non sono irragionevoli i requisiti di residenza qualificata sul territorio regionale769. Sicché, tale vincolo viola l’art. 3 Cost. solo se applicato alle provvidenze tese a contrastare i fenomeni di povertà e di disagio sociale ed alle prestazioni legate al diritto allo studio, per la sua portata universale. Al contrario, per le prestazioni regionali ritenute eccedenti il nucleo intangibile dei diritti fondamentali della persona umana (ad es. per il sostegno alla natalità ed alle famiglie, per gli interventi di edilizia convenzionata ed agevolata e per il sostegno alle locazioni) non è irragionevole operare una distinzione dei beneficiari correlata al radicamento territoriale, «premiando, non arbitrariamente, il contributo offerto dalla famiglia al progresso morale e materiale della comunità costituita su base regionale».
In dottrina sono state sollevate alcune perplessità rispetto a tali ultime argomentazioni sia sotto il profilo della distinzione tra prestazioni essenziali o eccedenti i bisogni primari della persona alla luce della quale valutare l'illegittimità costituzionale del vincolo della residenza (perché le misure di sostegno alla natalità ed alle famiglie non sono considerate essenziali?), sia rispetto «al radicamento della famiglia sul territorio regionale», visto che il «compito primario del welfare dovrebbe essere innanzitutto quello di assicurare una migliore inclusione sociale ed una più equa redistribuzione del
768 Corte cost., sent. 222/2013. Su questi temi si veda F. Salmoni, Diritti sociali, sovranità fiscale, libero mercato, Torino, 2005, (spec. cap. quarto Corte costituzionale, equilibrio di bilancio e contenimento della spesa pubblica), p. 217 ss.
769 Su questi profili cfr. W. Citti, Illegittima la discriminazione degli stranieri nella fruizione di prestazioni sociali
regionali, ma se queste non attengono a diritti e bisogni fondamentali della persona non sono irragionevoli requisiti di anzianità di residenza sul territorio regionale, in www.asgi.it. 23.07.2013. Si veda altresì, M.E. Bucalo, Ragionevolezza
e diritti sociali: la Corte costituzionale valuta caso per caso, in www.dirittiregionali.org, 2013.
La Corte ha operato la distinzione tra prestazioni essenziali e non essenziali anche nelle sentt. 432/2005 e 306/2008, dichiarando che il requisito di residenza stabile può essere ragionevolmente richiesto allo straniero per godere dei diritti sociali in condizioni di parità con il cittadino al fine di dimostrare l’esistenza di un collegamento significativo con la collettività nazionale. La condizione dell’anzianità di residenza è stata validata nell'ord. 32/2008 in cui la Consulta ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa alla già citata l.r. 7/2005 della Regione Lombardia allorchè «si pone in coerenza con le finalità che il legislatore intende perseguire (sentenza 493/1990), specie là dove le stesse realizzino un equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco (ordinanza 393/2007)». Sul punto C. Corsi, Il diritto all’abitazione è ancora un diritto costituzionalmente garantito anche agli stranieri? in Diritto,
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reddito funzionale ad una politica di pari opportunità e coesione sociale, e non quello di premiare il radicamento della famiglia sul territorio come valore in sé»770.
Con riferimento al primo profilo, poi, alcuni dubbi sorgono alla luce del diritto dell’Unione europea e del consolidato orientamento della Corte di Lussemburgo, per la quale anche la previsione di un mero requisito di residenza ai fini dell’accesso a misure sociali costituisce una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione europea771.
La giurisprudenza costituzionale sollecita così la riduzione della già richiamata “pluralità statutaria disorganizzata” che ci sembra di riscontrare anche nell’esperienza italiana in riferimento al livello nazionale e regionale in materia di accesso di diritti di cittadinanza sociale da parte degli stranieri. Muovono nella stessa direzione le pronunce dei giudici comuni nell’ambito dell'azione giudiziaria contro le discriminazioni, dirette o indirette, per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali prevista dall’ art. 44 T.U. in raccordo con l’art. 4 del decreto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003, che ha recepito la direttiva 2000/43/CE contro le discriminazioni razziali772. L'azione antidiscriminatoria ha sollecitato in molti casi il riconoscimento in via giurisprudenziale di una serie di diritti sociali degli stranieri, riducendo le diseguaglianze nelle varie declinazioni della cittadinanza sociale e generando un virtuoso «effetto “moltiplicatore”, che è andato ad incidere sui diritti (e le prestazioni) di volta in volta oggetto di giudizio»773.
Tuttavia, la risposta giurisprudenziale alle discriminazioni – «quale ‟lato oscuro” e problematico di società che si trovano a dover affrontare una inaspettata e massiccia domanda di accoglienza dell’Altro»774 non può sostituirsi al legislatore nel trovare soluzioni al profilo attualmente più controverso, quello dell’individuazione di criteri, pur necessari ma non discriminatori, in base ai quali valutare il radicamento territoriale per consentire l’accesso ai diritti
770 W. Citti, Illegittima la discriminazione degli stranieri nella fruizione di prestazioni sociali regionali, ma se queste
non attengono a diritti e bisogni fondamentali della persona non sono irragionevoli requisiti di anzianità di residenza sul territorio regionale, cit.
771 Si veda da ultimo CGE, Elodie Giersch e altri, sent. 20.06.2013, c-20/2012, non ancora in Racc., in materia di lavoratori frontalieri (Per un commento, I. Ricci, La forza espansiva della libera circolazione dei lavoratori: la sentenza
della Corte di Giustizia del 20 giugno 2013, Elodie Giersch e altri, causa C-20/12, in www.diritticomparati.it, 25.7.2013). Per la Corte, l’esercizio di un’attività lavorativa in un Paese membro diverso da quello d'origine rappresenta già un legame sufficiente con la comunità sociale per godere della parità di trattamento e del divieto di discriminazioni, anche indirette, fondate sul criterio della residenza e/o dell'anzianità di residenza. Cfr. W. Citti, Illegittima la
discriminazione degli stranieri nella fruizione di prestazioni sociali regionali, cit.
772 Sulla direttiva in parola si veda supra Cap. 2. Sull’azione civile contro la discriminazione prevista dall’art. 44 T.U. cfr. A. Casadonte, A. Guariso, L’azione civile contro la discriminazione: rassegna giurisprudenziale dei primi dieci
anni, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2/2010, p. 60 ss.; M. Ferrero, La tutela contro le discriminazioni, in AA.VV., I diritti sociali degli stranieri, cit., p. 49 ss. Per una prospettiva comparata, D. Strazzari, Discriminazione
razziale e diritto, Padova, 2008. In prospettiva generale sul diritto antidiscriminatorio cfr. M. Barbera (a cura di) Il
nuovo diritto antidiscriminatorio, Milano, 2007.
773F. Biondi dal Monte, Lo stato sociale di fronte alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della persona, cit., p. 32-33. Per una rassegna giurisprudenziale in materia si veda A. Guariso (a cura di), Senza distinzioni. Quattro
anni di contrasto alle discriminazioni istituzionali nel Nord Italia, 2012.
774 F. Biondi Dal Monte, Lo stato sociale di fronte alle migrazioni. Diritti sociali, appartenenza e dignità della persona,
193 sociali, senza tradire la loro logica egualitaria.