1. “STRANIERO” E COSTITUZIONE
4. ANALOGIE E DIFFERENZE TRA L’ORDINAMENTO FRANCESE E L’ORDINAMENTO ITALIANO
Dopo aver analizzato la dimensione storico-costituzionale del tema oggetto della ricerca e averne presentato gli aspetti più rilevanti ai fini della comparazione, sembra necessario operare un primo raffronto che metta in luce analogie e differenze tra l’esperienza costituzionale italiana e
art. 47 co. 2 («la Repubblica favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione») nonché nella tutela della libertà di domicilio ex art. 14. Sulle diverse fasi del percorso giurisprudenziale in materia, G. D’orazio, Lo
straniero nella Costituzione italiana, cit., pp. 267-268. Sul punto anche M. Cuniberti, La cittadinanza. Libertà
dell'uomo e libertà del cittadino nella costituzione italiana, cit., p. 346 ss. Per un'analisi del tema in chiave comparata si veda G. F. Ferrari, La tutela dell'aspettativa all'abitazione nel costituzionalismo contemporaneo, in AA.VV., La casa di
abitazione fra normativa vigente e aspettative, I, Milano, 1986, p. 99.
521 V. Corte cost., sent. 108/1994, in Giur. Cost. 1994, p. 927 ss. e sent. 144/1970, in Giur. Cost. 1970, p. 588 ss..
522 Corte cost. sent. 160/1974, in Giur. Cost. 1974, p. 960 ss. Cfr. G. D’orazio, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., p. 291.
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quella francese. Si tratta, senz’altro, della fase più complessa, ma anche della più importante, inevitabile se si vuole operare una comparazione vera e propria che possa costituire « il vero nucleo della ricerca dalla quale possano derivare sia considerazioni giuridico-politiche, sia valutazioni critiche, sia infine, argomentazioni utili per l’interpretazione del proprio diritto nazionale»524.
Se la comparazione consiste in un’operazione intellettuale di raffronto compiuta in modo sistematico e seguendo i dettami della metodologia comparatistica, la redazione dell’elenco delle differenze e delle similitudini esistenti tra i termini dell’indagine rischia di non essere ancora sufficiente a comprenderle pienamente. Questa enunciazione potrebbe risultare fine a sé stessa, poiché si tratterebbe di poco più che «una ripetizione di quanto già esposto nelle relazioni nazionali. Comparare significa invece inquadrare le diverse soluzioni in nuove e – soprattutto – comuni prospettive»525. E in tale direzione proseguirò la mia analisi.
Con riferimento al formante normativo costituzionale, preliminarmente si deve rilevare che le Costituzioni dei Paesi oggetto d’indagine presentano alcune differenze. Riprendendo la proposta di classificazione tripartita formulata all’inizio del Capitolo, le due Carte fondamentali, italiana e francese, fanno riferimento a modelli diversi, sia riguardo alla condizione dello straniero che alla enunciazione dei diritti sociali. La Costituzione italiana si può ricondurre a quel tipo di Costituzioni che, pur contenendo un esplicito riferimento circa la condizione giuridica dello straniero, non declinano i titolari dei diritti costituzionali. Per quanto concerne i diritti sociali, possiamo collocarla nel modello di Costituzioni che li enunciano in modo articolato. Al contrario, la Costituzione francese trova posto tra le Costituzioni prive di riferimenti espliciti alla figura dello straniero e, rispetto ai diritti sociali, si può ricondurre al modello “intermedio”, ossia nella tipologia di Carte costituzionali che li richiamano attraverso formulazioni programmatiche nel Preambolo526.
A questa diversa “posizione di partenza”, e forse anche in ragione dei diversi sistemi di giustizia costituzionale527, corrisponde quella che ci sembra essere un’asimmetria nell’apporto del formante giurisprudenziale, a riprova del fatto che – come ripetutamente sottolineato dalla scienza comparatistica – l'importanza comparativa dei vari formanti (ossia la misura in cui ognuno di essi è capace di influire sugli altri) costituisce un dato caratterizzante in ogni ordinamento528.
Nell’esperienza italiana la Corte costituzionale ha sviluppato la sua giurisprudenza a partire
524 K. Zweigert e H. Kötz, Introduzione al diritto comparato, cit., p. 7.
525 Ibidem, p. 49.
526 Per una comparazione tra Italia e Francia in tema di diritti sociali si veda, I. Ciolli, La tutela dei diritti sociali in
Italia e in Francia, in AA.VV., Studi in onore di Gianni Ferrara, 2005, vol. II, p. 19 ss.
527 In Francia il controllo di costituzionalità delle leggi è preventivo ed astratto, il modello italiano è invece concreto e successivo. I due sistemi hanno però ‟accorciato” le distanze in seguito all’introduzione della già menzionata Question
prioritaire de constitutionnalité nel modello francese nel 2010. Tra i numerosissimi studi su questi temi, G. de Vergottini, Diritto costituzionale comparato, cit.
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dall’art. 10, comma 2 Cost. In Francia, invece, il Conseil è dovuto partire da più lontano: la sua giurisprudenza ha, in un primo tempo, conferito carattere giuridicamente vincolante al contenuto della Dichiarazione del 1789 ed al Preambolo del 1946, per poi “estrarne” principi basilari, quali, ad esempio, l’eguaglianza, la salvaguardia della dignità umana e gli altri diritti proclamati e, solo a seguito di tali scelte, delinearne lo statuto costituzionale anche in capo agli stranieri.
In questa cornice si inserisce anche la qualificazione dei diritti sociali, che non è completamente sovrapponibile nelle due esperienze: se la Corte costituzionale ha collocati tali diritti nella categoria dei diritti inviolabili, nella giurisprudenza costituzionale francese la loro collocazione non è chiaramente definita, alternandosi concetti quali ”principes”, “exigences” e ”objectifs” piuttosto che un riconoscimento generale di ”droits”. Invero, questa è solo una delle difficoltà che presenta lo studio di questo tema nel quadro del diritto costituzionale francese. In tale contesto, durante le fasi di conoscenza e comprensione attraverso cui ho sviluppato l’analisi comparativa, uno dei principali problemi è stato quello di separare il modo di riflettere sull’esperienza francese dalla mentalità acquisita attraverso lo studio del diritto italiano. In proposito, come osservava, in particolare, Gorla: «il pericolo o la tentazione più grave […] è quella di trasferire i concetti e i modi del [proprio] diritto nel […] diritto straniero per inquadrarvelo o intenderlo. [Il comparatista] deve invece, per quanto riguarda il diritto straniero, starsene ai concetti propri di esso come prodotti dell’attività altrui, che, appunto come tali, la caratterizzano»529. In questo senso, molti sforzi mi sono stati necessari per giungere a inquadrare alcune peculiarità dell’ordinamento francese. Ci si riferisce, ad esempio, al parametro del principio di eguaglianza per il controllo di costituzionalità delle leggi che, a differenza di quanto accade nel contesto italiano, spesso è utilizzato dal Conseil constitutionnel senza l’ancoraggio a una specifica disposizione costituzionale, oppure, più in generale, si può richiamare la difficoltà di interpretare la Costituzione francese secondo gli stilemi dei giudici francesi.
Le due esperienze costituzionali presentano, tuttavia, anche alcune affinità: ci sembra che l’analisi diacronica possa evidenziare una certa discontinuità nel trattamento giuridico della figura dello straniero nelle diverse fasi storiche, plasmato in modo significativo da fattori extragiuridici legati al contesto economico, sociale e politico, nonchè all’ideologia dominante in ciascuna epoca.
A tale riguardo, dunque, assume necessaria importanza lo studio della dimensione storico-comparativa, che permette di osservare l’evoluzione del concetto di “straniero”: si tratterebbe, infatti, di una figura che si è delineata tanto più chiaramente quanto più si è consolidato il concetto di “confine” legato allo Stato nazione e la cristallizzazione dell’appartenenza nella forma della
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cittadinanza nazionale530. La prospettiva storico-comparativa ha permesso, inoltre, di evidenziare come il modello francese abbia circolato nell’ordinamento italiano, esercitando, come accade per i modelli che si impongono per autorità, una significativa influenza nella declinazione del paradigma diritti-cittadinanza.
Per quanto concerne ancora il formante normativo costituzionale, in entrambe le esperienze – quella italiana e quella francese – il dato testuale è disomogeneo e la ratio che individua i diritti del “cittadino” e dell’ ”uomo” non ne è facilmente desumibile. Tuttavia, in ambedue le Carte fondamentali la lettera delle disposizioni che enunciano i diritti sociali si connota per l’utilizzo di formulazioni a carattere universalista.
La giurisprudenza della Corte costituzionale italiana e del Conseil constitutionnel francese si è sviluppata con il superamento del canone di interpretazione letterale, privilegiando piuttosto la ratio dell’immediatezza dell’inerenza alla persona’531, e giungendo a definire – invero non senza ambiguità – il perimetro dello statuto costituzionale dello straniero.
Analogamente, pur nella pluralità delle posizioni che animano il dibattito, l’orientamento prevalente della riflessione dottrinale ha interpretato le norme costituzionali in tema di diritti e libertà in modo estensivo, contribuendo anch’essa a tratteggiare lo statuto costituzionale dello straniero.
Così, se, per un verso, la disomogeneità del dato testuale nella titolarità dei diritti rende più difficile l’esercizio del controllo di conformità costituzionale delle leggi sull’immigrazione, da altra prospettiva, ha permesso una progressiva evoluzione della materia ad opera della dottrina e della giurisprudenza costituzionale, combinandosi con l’evoluzione del quadro normativo internazionale in materia di diritti umani. L’integrazione di questi fattori ha prodotto un’estensione ratione
personae e ratione materiae del principio costituzionale di eguaglianza in favore di una maggiore assimilazione tra straniero e cittadino.
Sembra di poter affermare che in entrambi i contesti il fattore dottrinale e quello giurisprudenziale hanno agito su quello legale ampliandone le prospettive di sviluppo. Per altro verso, la modalità con cui tale ampliamento si è realizzato non è priva di ambiguità: lungi dal sostanziarsi in un divieto assoluto di discriminazione tra straniero e cittadino nella titolarità dei diritti, il principio di eguaglianza si connota come égalité par la différentiation. I parametri in base ai quali sono valutate le disparità di trattamento poste in essere dal legislatore si presentano come
530 Sul profilo si veda Locchi, secondo cui «Mentre in seguito all'avvento dello Stato moderno la figura dello straniero è definita sulla base della mancata appartenenza allo Stato, ovvero dell'assenza della cittadinanza dello Stato, in epoche storiche precedenti l'individuazione del gruppo di riferimento dal quale era determinata la condizione di estraneità può non risultare così immediata, data la molteplicità e frammentarietà delle appartenenze», M.C. Locchi, I diritti degli
stranieri, cit., p. 17.
132 concetti sfuggenti e vaghi.
Si pensi al criterio della ragionevolezza: è stato osservato che «molte cose sono state dette e scritte a proposito della ragionevolezza e spesso anche assai diverse tra loro, ma se volessimo ricercare un punto in comune potremmo individuarlo nell’affermare i caratteri alquanto sfumati, sfuggenti della nozione di ragionevolezza e della difficoltà di definirla»532. In tale ultima prospettiva, Onida nota come «il carattere di per sé elastico se non sfuggente del criterio di ragionevolezza fa sì poi che il problema delle discriminazioni si presenti sotto profili sempre nuovi»533. Si riscontrano rilievi simili nella riflessione dottrinale francese, che in riferimento ai criteri utilizzati dal Conseil, descrive il concetto di ”raison d’intérêt général, come una “notion
commode car fuyante”534e, più in generale, si chiede «Mais que sont des situations différentes? (…)
Et que sont les raisons d’intérêt général? À partir de quel degré peuvent-elles justifier des mesures non identiques? Bref, qu’est-ce que une inégalité ou une discrimination arbitraire ou injustifiée?».
A simili interrogativi non è possibile dare risposte obiettive: «Tout est question de choix,
d’appréciation, d’évaluation (…) tout repose en définitve sur la subjectivité de celui qui décide de la nécessité, de la pertinence d’une distinction, même s’il s’efforce, par un travail de mise en forme, de rendre son choix, objectif, neutre ou rationnel»535.
Le considerazioni che precedono mettono in evidenza, in primo luogo, la difficoltà di interpretazione delle fonti costituzionali les plus imprécises. Con particolare riferimento alla esperienza costituzionale francese, la dottrina ha messo in evidenza questa difficoltà interpretativa, proprio considerando che la Costituzione –, in ossequio alla concezione strumentale predominante dopo la Rivoluzione –, «n’est pas une loi supérieure à la loi ordinaire, loi qui porte sur la question
du pouvoir politique»536. Del resto, anche l’interpretazione da parte della dottrina diventa sempre più eterogenea, in particolar modo quando le fonti sono imprecise o semanticamente ambigue537.
Si può tuttavia ritenere che, sul piano costituzionale, i diritti sociali tendono a connotarsi secondo una chiave universale, e a travalicare i confini dell’appartenenza nazionale, proprio per il fatto che le configurazioni di rapporti che connettono un soggetto al contesto sociale in cui vive e opera tendono ad essere inquadrate all’interno di una prospettiva di rilevanza costituzionale. Del resto, questa prospettiva non riguarderebbe soltanto i Paesi oggetto di indagine, ma anche gli altri
532 R. Romboli, Ragionevolezza, motivazione delle decisioni ed ampliamento del contraddittorio nei giudizi
costituzionali, in AA.VV., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, 1994, p. 230.
533 V. Onida, Lo statuto costituzionale del non cittadino, cit., p. 6.
534 B. Seiller, Contribution à la résolution de quelques incohérences de la formulation prètorienne du principe
d’égalité, in Mélanges J.-F. Lachaume, Paris, 2007, p. 989
535 D. Rousseau, Droit du contentieux constitutionnel, cit., p. 495.
536 F. Saint-Bonnet, La Nation et le droit constitutionnel substantial, in Que reste-t-il de la Nation dans la Constitution, Paris, 2008, p. 45.
537 Su questo tema, per l’esperienza di Italia e Francia, cfr. M.-C. Ponthoreau, La reconnaissance des droits non-écrits
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ordinamenti europei tanto di Civil Law quanto di Common Law538 e, di conseguenza, almeno sul piano della costituzione formale, sia pure con formulazioni e interpretazioni differenziate, si può ritenere che vi sia una garanzia costituzionale dei diritti sociali degli stranieri, anche se spetterà all’interposizione del legislatore dare effettualità a questa garanzia «sur la base des moyens
budgétaires disponibles»539. Dunque, la vera partita della garanzia dei diritti sociali, in linea generale – e, in particolare con riferimento alle previsioni costituzionali italiane e francesi – si gioca sul piano di altre fonti del diritto come anche la questione della giustiziabilità540, come si avrà modo di mettere in evidenza nel Capitolo seguente, anche alla luce delle profonde trasformazioni che interessano il concetto di cittadinanza e la tematica dei diritti.
Non ci si può esimere dal chiedersi, in proposito, se ”cittadino” e ”uomo” siano paradigmi costituzionali ancora significativi per la scienza giuspubblicistica541 o se la disarticolazione dei confini tra territorialità, sovranità e cittadinanza e le nuove modalità di appartenenza transnazionali e subnazionali non rendano queste categorie come «stelle di cui continuiamo a vedere la luce solo perché lontanissime». Si può, dunque, credere che solo nella valorizzazione della dimensione dinamica, nello sforzo concettuale di una «continua ”rigenerazione semantica” degli enunciati costituzionali concernenti i diritti (e i doveri)» le Costituzioni possono rinnovarsi in senso inclusivo nel sistema costituzionale multilevel542.
538 Sul punto, G. Scoffoni, Observations comparatives sur la place des droit sociaux constitutionnels dans les systèmes
de common law et de droit mixte, cit., p. 167 ss.
539 A. Weber, L’État social et les droit sociaux en RFA, in Revue française d droit constituionnel, 24/1995, p. 690.
540 Cfr. sul punto D. Capitant, Les effets juridiques des droits fondamentaux en Allemagne, Paris, 2001, p. 202.
541 A. Lollo, Prime osservazioni su eguaglianza e inclusione, in www.giurcost.org, 26.10.2012. Riflette criticamente sulle categorie costituzionali di uomo e cittadino anche L. Bosniak, Persons and citizens in constitutional thought, cit.
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