Grafico 1.1 Numero di stranieri Pfpm presenti nelle province della Lom-
2. Il graduale cambiamento delle politiche migratorie statali e i suoi effetti regionali e local
2.1 L’accoglienza agli asilanti: fine dell’emergenza Nord Afri ca, aumento dei posti dello Sprar e l’emergenza dei sirian
in fuga
Il 2013 è iniziato con la chiusura della situazione di emergenza che era sta- ta decretata nel 2011 per coloro che erano fuggiti dal Nord Africa durante le rivoluzioni e i conflitti, per la quale era stato nominato anche un Com- missario straordinario nella persona del Capo Dipartimento della Prote- zione civile supportato dal Ministero dell’Interno, dal Ministero del Lavo- ro e delle Politiche sociali, dalle Regioni, dall’Upi e dall’Anci. Essa aveva riguardato sia i 28.123 stranieri giunti nel 2011 dalla Tunisia a seguito del-
la crisi politica di quel paese, sia i 28.431 fuggiti dal conflitto in Libia, sia altri 6mila stranieri provenienti dal Mediterraneo orientale. In tutta Italia era stata attivata un’accoglienza diffusa, per oltre 26mila persone, nonché l’esame di oltre 39mila richieste di asilo da parte delle Commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale.
La conclusione degli interventi straordinari non ha però comportato l’abbandono di quelle persone ancora bisognose di protezione, con parti- colare riferimento a coloro che devono veder definita la loro procedura e a quelli che sono in attesa del rilascio di un permesso umanitario della du- rata di un anno che consente di svolgere un’attività lavorativa.
Gli interventi fino al dicembre 2012 avevano diminuito il numero delle persone accolte a meno di 18mila ed entro il febbraio 2013 il Ministero dell’Interno, attraverso i Prefetti, subentrati dal 1° gennaio nella gestione ordinaria, ha garantito agli stranieri ancora presenti un’accoglienza fina- lizzata a una progressiva loro uscita dal sistema anche attraverso pro- grammi di rimpatrio volontario e assistito, con particolare attenzione nei confronti di persone vulnerabili e di nuclei familiari che hanno potuto fruire di ulteriori interventi nell’ambito dei servizi e dei centri afferenti al- lo Sprar (Sistema di Protezione per i richiedenti asilo e rifugiati).
Inoltre, con le risorse dei Fondi europei sono stati finanziati ulteriori interventi per favorire percorsi di integrazione e di inclusione nel territo- rio, in coerenza con quanto concordato con le Regioni, con l’Upi e con l’Anci nel Documento di indirizzo per il superamento dell’emergenza Nord Afri-
ca sul quale era stata sancita l’intesa in Conferenza unificata il 26 settem-
bre 2012.
Occorre altresì rilevare, circa i minori stranieri non accompagnati che dal 1° gennaio 2013 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è indi- viduato quale amministrazione competente in via ordinaria a coordinare le attività già spettanti al Soggetto attuatore per i minori stranieri non ac- compagnati, fatte salve le competenze attribuite in via ordinaria ad altre amministrazioni
Infine, il Dpcm 28 febbraio 2013 dichiarava la cessazione delle misure umanitarie di protezione temporanea concesse ai cittadini dei paesi del Nord Africa arrivati in Italia tra il 1° gennaio e il 5 aprile 2011 ai quali era stato rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del Dpcm del 5 aprile 2011. A costoro è stata data la facoltà di presentare en- tro il 31 marzo 2013 domanda di rimpatrio volontario assistito nel paese di provenienza o di origine oppure di chiedere la conversione del loro titolo di soggiorno in un permesso per lavoro, famiglia, studio e/o formazione professionale. Nel caso di scelta per una delle due opzioni, la validità dei
permessi per motivi umanitari è stata prorogata fino alla conclusione delle procedure di conversione del permesso o di rimpatrio assistito.
Nei confronti di chi non abbia presentato alcuna delle due domande entro il termine stabilito si è invece prevista l’adozione, caso per caso, dei provvedimenti di espulsione dal territorio nazionale previsti dalla legge, esclusi gli stranieri inespellibili perché rientranti tra i casi indicati dall’art. 19 comma 2 del D.lgs n. 286/1998 (Testo unico delle leggi sull’immigra- zione), cioè minori, stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge italiani, donne in stato di gravidanza o nei sei mesi suc- cessivi alla nascita del figlio, nonché stranieri che possono dimostrare la sussistenza di gravi motivi di salute che ne impediscono il rientro nel pae- se di origine, per il periodo in cui perdura tale stato, stranieri che possono dimostrare la sussistenza di gravi ragioni di carattere umanitario che ren- dono impossibile o non ragionevole il rimpatrio o componenti di nuclei familiari con minori che frequentano la scuola fino al termine dell’anno scolastico.
Mentre si chiudeva un’emergenza se ne apriva forse un’altra: il susse- guirsi di nuovi massicci arrivi sulle coste siciliane di migranti in fuga da zone di guerra (come la Siria o il Mali o la Somalia o il Sudan) o da perse- cuzioni (come l’Eritrea) aveva reso ancora più evidenti le strutturali lacu- ne del sistema nazionale di accoglienza per i richiedenti asilo.
L’eccessiva esiguità del numero complessivo dei posti di accoglienza aventi standard adeguati disponibili in tutta Italia rispetto al numero dei richiedenti asilo, segnalata da anni dalle organizzazioni del privato sociale (e rilevata in tutti i rapporti dell’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità della regione Lombardia, fin dal 2008 a cominciare dalla ricerca Il diritto d’asilo in Lombardia, a cura di Francesco Grandi, proseguita nel 2009 con l’eloquente sottotitolo Nuove procedure, integrazione, non acco-
glienza e dimenticanza1) e rivelatasi fatale nel 2011 al momento del massic- cio arrivo di migranti in fuga dal Nord Africa, che indusse il Governo a mobilitare con urgenza nuove risorse di accoglienza tramite il Sistema na- zionale di Protezione civile, ha finalmente indotto il Ministero dell’Interno a ridefinire in modo più completo col decreto del 30 luglio 2013 le linee guida per l’accoglienza e a stabilire con decreto del 17 settembre 2013 che la capienza complessiva nazionale dei posti a disposizione nell’ambito dei centri di accoglienza della rete dello Sprar sarà ampliata dal 2014 da 3mila a 16mila, il che consentirà di finanziare un numero molto superiore di luoghi, forme e posti di accoglienza dei progetti promossi dagli enti locali
e dagli enti del privato sociale per l’accoglienza dei migranti in cerca di asi- lo.
In realtà il movimento migratorio di asilanti si è dimostrato più com- plesso, perché dall’autunno 2013 i migranti giunti in Italia in fuga dalla guerra civile che infuria in Siria (spesso famiglie intere con bambini) sono persone che prevalentemente non vogliono presentare domanda di asilo in Italia, ma che preferiscono recarsi presso altri amici o familiari già pre- senti in altri Stati europei (Francia, Germania, Svezia) nei quali vorrebbero chiedere asilo.
La prassi di non identificare e di non espellere persone giunte in Italia irregolarmente in fuga da una guerra civile senza che abbiano presentato alle autorità italiane una formale domanda di asilo sembra conforme al divieto di espulsione per chi possa essere perseguitato (art. 19, comma 1 D.lgs n. 286/1998), ma suscita perplessità e problemi pratici.
In primo luogo tale prassi suscita dubbi di legittimità rispetto ai criteri per la presentazione delle domande di asilo previsto dal Regolamento (UE) n. 604/2013, che prevede i criteri per la determinazione dello Stato competente a esaminare le domande di asilo (c.d. Regolamento Dublino III). La cooperazione si fonda sul principio che ogni domanda d’asilo pre- sentata in uno degli Stati membri dell’UE deve essere esaminata e che sol- tanto uno Stato è competente per il trattamento di una determinata do- manda d’asilo. I criteri previsti dal Regolamento (CE) 343/2003 (c.d. Du- blino II), ripresi e sostituiti dal 1° gennaio 2014 dal regolamento Dublino III, definiscono lo Stato competente per il trattamento di una domanda d’asilo. Tale disciplina intende evitare che nessuno Stato si ritenga compe- tente per un richiedente l’asilo. Ma il criterio fondamentale, sussidiario a tutti gli altri è che è competente il primo Stato dell’UE in cui lo straniero abbia fatto ingresso. Il regolamento, come i precedenti, prevede che quan- do è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indi- ziarie, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marit- tima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, quest’ultimo è competente per l’esame della domanda di prote- zione internazionale, ma tale responsabilità cessa dodici mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera. Lo stesso regolamento pre- vede che quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenu- to responsabile dell’ingresso irregolare e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente - entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si pos- sano accertare le circostanze dell’ingresso - ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presen-
tare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è compe- tente per l’esame della domanda di protezione internazionale; se il richie- dente ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ha soggiornato più di recente è competen- te per l’esame della domanda di protezione internazionale.
È vero, però, che molti di costoro affermano avere parenti in altri Stati e in tal caso se questi ultimi avessero ottenuto legale protezione essi do- vrebbero riceverla in quegli stessi Stati. Il nuovo regolamento Dublino III si prefigge da un lato di rendere più efficiente il sistema Dublino, dall’altro, intende rafforzare la tutela giuridica dei richiedenti l’asilo. A tal fine gli Stati membri di Dublino devono prevedere nel proprio diritto interno l’effetto sospensivo per i richiedenti l’asilo che impugnano la decisione d’asilo. All’applicazione efficiente del regolamento Dublino III contribui- sce il regolamento Eurodac, anch’esso riveduto, che stabilisce che in futu- ro saranno trasmessi al sistema centrale Eurodac ulteriori dati dei richie- denti l’asilo. Inoltre, i dati dei rifugiati riconosciuti, attualmente bloccati nel sistema centrale, saranno consultabili e contrassegnati. Grazie a tale contrassegno si potranno identificare più facilmente le persone riconosciu- te come rifugiati da uno Stato membro.
In secondo luogo, anche il desiderio di molti richiedenti asilo siriani di raggiungere i propri congiunti in altri Stati si è le difficoltà pratiche di un lungo viaggio, il che ha portato molti di costoro ad accamparsi all’aperto nelle stazioni in Lombardia, soprattutto nella stazione centrale di Milano, così inducendo il Comune di Milano a offrire forme di ospitalità gratuita temporanea nelle strutture comunali per i senza fissa dimora.
Il Servizio temporaneo di accoglienza relativo ai fuggitivi siriani, attua- to dal Comune di Milano in collaborazione con la Prefettura, ha registrato un flusso di persone discontinuo e imprevedibile (da 100 a poche unità). Fino alla fine del 2013 sono transitati dai centri 1.284 persone, di cui l’80% sono uomini e il 23% famiglie con almeno due componenti. Più della metà hanno tra i 18 e i 34 anni, mentre poco più di un quarto sono minori di 18 anni. Tra questi quasi l’8% sono bambini tra zero e tre anni. La permanen- za nei centri comunali è stata da un minimo di uno o due giorni a un mas- simo di quattro o cinque. Nessuno di costoro nel 2013 ha mai chiesto di rimanere in Italia. Per attuare il Servizio temporaneo di accoglienza l’Amministrazione comunale ha stipulato una convenzione con la Prefet- tura e con enti del privato sociale gestori dei due centri in cui si svolgono attività di assistenza materiale, di mediazione linguistica e di animazione per i bambini. Inoltre sono stati istituiti presidi medico-sanitari garantiti dall’associazione di medici volontari italiani.
In terzo luogo, la ritrosia a farsi riconoscere e identificare in Italia per chiedervi asilo conferma che persino tra i richiedenti asilo è cresciuta la cattiva fama del sistema italiano di accoglienza dei richiedenti asilo. Tale sistema infatti, violando di fatto gli obblighi di accoglienza previsto dalle vigenti direttive dell’UE, fino al 2013 ha avuto una disponibilità annua di posti irrisoria (3mila invece che i 25mila in media), il che ha spesso lascia- to migliaia di persone prive di una effettiva assistenza. Per sopperire a tali mancanze strutturali non è bastato neppure il ricorso al Sistema nazionale di Protezione civile durante l’emergenza Nord Africa e nemmeno sarà sufficiente il quadruplicamento dei centri di accoglienza collegato al Si- stema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), poi- ché comunque i migranti sbarcati in Italia nel 2013 sono 46mila.
La stessa accoglienza temporanea e informale istituita a Milano con- ferma l’inadeguatezza delle forme e dei posti di accoglienza, i quali co- munque dovranno essere riordinati e potenziati entro il 20 luglio 2015 dopo che sarà stata recepita nell’ordinamento italiano la direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusio- ne), la quale esige che ogni Stato predisponga un rafforzamento e un rifi- nanziamento sostanziale di tutte le misure di accoglienza in favore dei ri- chiedenti asilo, che sono la parte meno prevedibile e più bisognosa dei flussi migratori.
Il tragico naufragio di migranti al largo di Lampedusa che il 3 ottobre 2013 ha causato 366 morti sembra però avere fatto capire l’urgenza di una svolta anche a chi non aveva ancora compreso che i controlli alle frontiere marittime non possono bastare e non devono andare mai ledere il diritto alla vita di chiunque, perché occorre sempre ottemperare agli obblighi del diritto internazionale del mare che prescrive che i migranti in navigazione che si trovino in difficoltà devono essere sempre soccorsi. Inoltre si è compreso che flussi migratori dei richiedenti asilo devono essere affronta- ti e incanalati in modo umano e il più possibile preveggente, sia perché il diritto d’asilo costituzionalmente garantito comporta almeno il diritto di essere accolto nel territorio dello Stato, sia perché non è possibile ipotizza- re alcuna forma di protezione effettiva e dignitosa nei paesi di origine o di provenienza, inclusa la Libia dilaniata da guerriglia tra gruppi diversi e dall’insicurezza quotidiana.
Così, il Governo presieduto da Enrico Letta ha disposto il 18 ottobre 2013 un’operazione militare unilaterale di soccorso umanitario in mare ai migranti in fuga e così nei soli ultimi mesi del 2013 circa 8mila migranti sono stati salvati nel Mar Mediterraneo dalle navi militari dell’operazione
“Mare Nostrum”. Ciò accade per la prima volta dopo quasi trentacinque anni dalla precedente e analoga missione militare umanitaria della Marina militare italiana che nel 1979 fu inviata a raccogliere i migranti naufraghi in fuga dal regime comunista vietnamita.
Nel dicembre 2013 anche la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo a modificare il sistema di accoglienza dei richie- denti e titolari di protezione internazionale. È infatti evidente che il nume- ro crescente dei migranti che negli ultimi tre anni sono arrivati in Italia sia stato superiore alle stime fatte finora da tutti i Governi italiani che si sono succeduti e che la maggior parte di essi è entrato nel nostro sistema d’accoglienza in una fase in cui gli standard minimi si sono abbassati no- tevolmente rispetto alle risorse economiche impiegate.
Ciò deve far riflettere, ma soprattutto appare urgente una svolta. Au- mentare la capienza dei centri di seconda accoglienza e migliorare i servi- zi a loro favore potrebbe essere una prima soluzione del problema, ma oc- corre anche adottare misure più efficaci e generalizzate per sostenere l’integrazione dei titolari di protezione internazionale, in particolare per quanto riguarda il lavoro e l’alloggio. C’è da evidenziare come soltanto il 32,4% dei cittadini di paesi terzi titolari di una forma di protezione inter- nazionale o umanitaria abbia accesso ai progetti di accoglienza e, più spe- cificatamente, ai centri dello Sprar, mentre per i sempre più numerosi be- neficiari di protezione internazionale, tra cui famiglie con minori e perso- ne con disagio mentale, che vivono in condizioni di indigenza o in siste- mazioni improvvisate o in edifici occupati nelle aree metropolitane, non si è potuto sinora garantire una sistemazione adeguata. È quindi necessario inserire specifiche disposizioni volte a sostenere, con misure idonee, il processo d’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale; una fra tutti l’incremento delle risorse finanziarie da stanziare per il Fondo na- zionale al fine di garantire l’effettivo aumento della capacità ricettiva dei centri di accoglienza nell’ambito del sistema Sprar, che nel triennio 2014- 2016 dovrebbe raggiungere la quota di 16mila posti.