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L’actio finium regundorum della materia operata dalla giurisprudenza costituzionale

4. La giurisprudenza costituzionale dopo la riforma del Titolo V: verso il

4.3. L’actio finium regundorum della materia operata dalla giurisprudenza costituzionale

L’art. 117, comma 2, lett. e), Cost. si riferisce non già alla concorrenza sic et

simpliciter, bensì alla tutela della concorrenza, attribuendo allo Stato un compito avente

un oggetto finalistico ovvero teleologico, il cui svolgimento determina una competenza di carattere dinamico300. Ciò si ritrova nella giurisprudenza costituzionale. Infatti, nella

sent. n. 14 del 2004, la prima rilevante decisione costituzionale in materia di tutela della concorrenza a seguito della Riforma del Titolo V della Costituzione, la Corte costituzionale ha attribuito alla materia della tutela della concorrenza una natura “trasversale” per via della potenziale capacità dell’intervento pubblico di coinvolgere,

298 M. D’Alberti, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, cit., 716 s.

299 Come è stato notato da G. A. Ferro, Le norme fondamentali di riforma economico-sociale ed il nuovo Titolo V

della Costituzione, in Nuove Autonomie, 2005, n. 4-5, 633, 674.

300 S. Mangiameli, La riforma del regionalismo italiano, Torino, 2002, 121 s. Inoltre, G. Corso, La tutela della

concorrenza, cit., 982, ha specificato che: «La concorrenza è un fatto o una relazione. Ma ciò che l’art. 117,

comma 2, riserva alla potestà legislativa dello Stato non è la concorrenza, ma la tutela della concorrenza. Non si tratta di un mero fatto: ma, se vogliamo, una situazione di fatto da conservare se c’è, o una situazione di fatto da promuovere o instaurare (quando non c’è). È un valore che viene protetto, non un fatto: come accade ogni qualvolta il diritto assume una certa situazione di fatto come un bene da tutelare. […] Ciò comporta che la concorrenza opererà come limite non solo della competenza legislativa regionale […] ma anche della potestà legislativa statale: nel senso che il Parlamento dovrà trattare la concorrenza non come fatto da regolare (magari in modo restrittivo della sua portata), ma come un valore o un bene o un fine da promuovere astenendosi dalle politiche che indebitamente escludono o limitano la concorrenza».

contrarre ovvero ritagliare, direttamente o indirettamente, settori di competenza legislativa concorrente ovvero residuale regionale301.

Essendo «una funzione esercitabile sui più diversi oggetti» (Corte cost., sent. n. 14 del 2004), una eccessiva dilatazione della materia della tutela della concorrenza causerebbe una distorsione del sistema di riparto dell’art. 117 Cost., in base al quale le Regioni sono tenute a disciplinare quegli strumenti che - pur incidendo sullo sviluppo economico della realtà regionale - non rappresentano interventi macroeconomici, ma sono solo diretti alla realtà produttiva locale302. Quale materia trasversale, la tutela della

concorrenza rappresenta un obiettivo, legato a valori costituzionali, tali da consentire allo Stato di “invadere” àmbiti legati alle materie di competenza regionale, determinando una situazione di “intreccio di interessi” e, conseguenzialmente, di competenze. La tutela della concorrenza è, quindi, «una competenza ovvero una finalità trasversale rispetto a tutti i settori della vita economica, in grado cioè di operare sia nelle materie riservate allo Stato sia in quelle attribuite alle Regioni» (Corte cost., sent. n. 272 del 2004)303.

Secondo la Corte, il ricorso ai criteri di proporzionalità ed adeguatezza rende possibile definire se la tutela della concorrenza legittimi o meno l’intervento legislativo statale. È stato, pertanto, elaborato un “test” per le leggi esercizio di competenze

301 Con la sent. n. 14 del 2004 la Corte costituzionale si pronuncia in tema di interventi pubblici a

sostegno di operatori economici. Ritenendo che la questione alla base del ricorso fosse il rapporto tra la concorrenza e gli interventi pubblici nel mercato, la Corte ha adottato una lettura “comunitariamente orientata” della nozione di concorrenza ed ha esteso il parametro indicato dalle Regioni ricorrenti alla competenza dello Stato in materia di tutela della concorrenza, di cui alla lett. e) del comma 2 dell’art. 117 Cost. In tale decisione la Corte ha affermato che «dal punto di vista del diritto interno la nozione di concorrenza non può non riflettere quella operante in àmbito comunitario, che comprende interventi regolativi, misure antitrust e misure destinate a promuovere un mercato aperto ed in libera concorrenza». Inoltre, la tutela della concorrenza, considerate anche le altre competenze statali di cui alla lett. e) dell’art. 117, comma 2 (moneta, tutela del risparmio e dei mercati finanziari, sistema valutario e sistema contabile dello Stato, perequazione delle risorse finanziarie) costituisce, come poi ribadito dalle sentenze nn. 272 del 2004, 80 del 2006, 242 del 2005, 175 del 2005, «una delle leve della politica economica statale e, pertanto, non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali» (Considerato in diritto, n. 4). In questa pronuncia late una visione oggettiva del mercato concorrenziale, inerente non più solo alle sfere soggettive, ma anche al sistema economico di mercato aperto ed in libera concorrenza di origine comunitaria, in favore del quale è altresì ammissibile una compressione della dimensione delle libertà economiche individuali (R. Niro, voce art. 41

Cost., cit., 857). A margine della sent. n. 14 del 2004, inter alia, si legga: R. Caranta, La tutela della concorrenza, le competenze legislative e la difficile applicazione del titolo V della Costituzione (nota a Corte cost. n. 14/2004), in Le Regioni, n. 4, 2004, 990; L. Cassetti, La Corte e le scelte di politica economica: la discutibile dilatazione dell’intervento statale a tutela della concorrenza, in http://www.federalismi.it, 2004, n. 5; L. F. Pace, Il concetto di tutela della concorrenza, l’art. 117 Cost. e il diritto comunitario: la «costituzionalizzazione» della figura dell’«imprenditore sovvenzionato», in Giur. cost., 2004, 4678; F. Pizzetti, Guardare a Bruxelles per ritrovarsi a Roma?, in Le Regioni,

2004, n. 4, 1014; G. Chiara, La tutela della concorrenza sul piano costituzionale e comunitario, in Profili attuali e

prospettive di diritto costituzionale europeo, a cura di E. Castorina, Torino, 2007, 334, 346.

302 L. Lamberti, La disciplina dei servizi pubblici locali nella Costituzione riformata e la tutela della concorrenza, in

http://www.amministrazioneincammino.luiss.it, 24 marzo 2006, 18.

303 Osserva R. Bin, Primo comandamento, cit., 203, 207, che la Corte, parlando di “intreccio di interessi”, ci

trasversali: un giudizio di efficienza strumentale per la tutela della concorrenza in virtù del quale «è la stessa conformità dell’intervento statale al riparto costituzionale delle competenze a dipendere strettamente dalla ragionevolezza della previsione legislativa». Di conseguenza, la competenza dello Stato non può essere negata «ove sia dimostrabile la congruità dello strumento utilizzato rispetto al fine di rendere attivi i fattori determinanti dell’equilibrio economico generale» (Corte cost., sent. n. 14 del 2004)304.

Di volta in volta si dovrà verificare se le norme possano essere ricondotte alla materia della tutela della concorrenza attraverso la verifica della loro finalizzazione a favore della concorrenza fra i diversi soggetti del mercato. Se si ragionasse diversamente «si arriverebbe alla inaccettabile conclusione secondo la quale la competenza statale in tema di tutela della concorrenza si sovrapporrebbe ad ogni tipo e forma di finanziamento delle attività riconducibili alle materie di competenza legislativa delle Regioni, sia di tipo concorrente che residuale» (Corte cost., sent. n. 285 del 2005).

La Corte costituzionale, richiamando la sent. n. 14 del 2004, ha precisato che «spetta allo Stato la competenza ad adottare provvedimenti idonei “ad incidere sull’equilibrio economico generale”, mentre rientrano nella competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale, tali comunque da non creare ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni e da non limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale (art. 120, primo comma, Cost.)» (Corte cost., sent. n. 320 del 2004, Considerato in diritto, n. 7).

Emblematicamente la sent. n. 401 del 2007, dopo aver ricostruito il novero delle misure adottate a tutela della concorrenza, ha attribuito un “valore inderogabile” alle disposizioni legislative dirette a tutelarla. Il carattere perentorio di tali disposizioni implica la strumentalità delle misure di dettaglio adottate col c.d. decreto Bersani (d.l. n. 223 del 2006)305, al fine di raggiungere l’obiettivo della liberalizzazione del commercio,

304 G. Scaccia, Le competenze, cit., 485, e Id., Gli «strumenti» della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, Milano,

2000, 182 ss.

305 Il d.l. n. 223 del 2006, c.d. “decreto sulle liberalizzazioni” o decreto “Bersani”, convertito in legge n.

248 del 2006, (“Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”), rientra indubbiamente tra le misure adottate a tutela e a promozione della concorrenza. Il decreto ha introdotto in Italia una serie di misure di liberalizzazione in diversi settori produttivi di beni e servizi, con l’obiettivo di promuovere sviluppo e competitività nonché di assicurare la tutela dei consumatori. La Corte costituzionale è stata chiamata, in più di una occasione, a verificare la legittimità costituzionale di alcune delle disposizioni adottate e si è pronunciata con le sentenze nn. 430, 443, 452 del 2007. La Corte non ha “misurato” la proporzionalità e l’adeguatezza dell’intervento statale a difesa della competitività dei settori produttivi interessati dalle misure di liberalizzazione in relazione al loro (più o meno esteso) impatto sugli equilibri dell’economia nazionale, al fine di “contenere” la trasversalità della competenza statale in tema di “tutela della concorrenza”, come statuito nella sentenza n. 14 del 2004, ma si è limitata ad argomentare la riconducibilità delle norme censurate alla funzione statale di “promozione della concorrenza” (L. Cassetti, La Corte costituzionale “salva” le liberalizzazioni, cit., 4). Infatti, il modello del giudizio di ragionevolezza era stato utilizzato per verificare il livello di interferenza ed i potenziali limiti dell’intreccio tra la funzione statale trasversale a difesa della concorrenza e le materie di competenza regionale, di volta in volta, coinvolte (L. Cassetti, La Corte costituzionale “salva” le liberalizzazioni, cit., 8). Per la prima volta la Corte si è occupata di misure poste a favore della concorrenza, anche perché quanto contenuto nel decreto Bersani rappresenta il primo vero passo del legislatore verso una effettiva

tanto da rendere vana l’analisi delle effettive conseguenze e della proporzionalità dell’intervento statale pro-competitivo rispetto alle interferenze con le competenze legislative regionali306. La Corte ha precisato che ad essa competa lo scrutinio di

costituzionalità sui singoli atti legislativi dello Stato, la cui ragione giustificatrice risiede nella natura non definita della materia allo scopo di «stabilire se la scelta in concreto adottata sia ragionevole e proporzionata rispetto all’obiettivo prefissato costituito, nella specie, dalla più ampia apertura del mercato degli appalti alla concorrenza». Il controllo di costituzionalità sarà, quindi, volto a saggiare la «congruità dello strumento utilizzato rispetto al fine di rendere attivi i fattori determinanti dell’equilibrio economico generale», come statuito dalla sent. n. 14 del 2004. La Corte ha specificato che, al fine di delimitare i confini della tutela della concorrenza, «occorre svolgere un doppio livello di verifica». In primo luogo, la Corte dovrà sondare se l’intervento statale sia astrattamente riconducibile ai principi della concorrenza nel mercato o della concorrenza per il mercato o ad entrambi. In secondo luogo, dovrà essere accertato se lo strumento utilizzato sia congruente rispetto al fine perseguito alla luce dei criteri di proporzionalità e di adeguatezza, allo scopo «di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato» (Corte cost., sent. n. 272 del 2004, Considerato in diritto, n. 3). Secondo la Corte «la proporzionalità e l’adeguatezza non si misurano, infatti, avendo riguardo esclusivamente al livello di dettaglio che connota quella specifica normativa. Se così fosse, si verificherebbe una identificazione non consentita tra materie concorrenti e materie trasversali di competenza esclusiva che, invece, ricevono dalla Costituzione una differente disciplina» (Corte cost., sent. n. 401 del 2007). I criteri della proporzionalità e dell’adeguatezza sono funzionali alla definizione dell’àmbito di operatività della competenza legislativa statale concernente la “tutela della concorrenza”.

Pertanto, è stato detto che, a seguito della sentenza n. 401 del 2007, si è inaugurata una nuova stagione nell’interpretazione della funzione statale a tutela della concorrenza, essendo possibile individuare un “nocciolo duro” di norme inderogabili a tutela della

liberalizzazione dei mercati più vicini ai consumatori. Per un commento al decreto sotto il profilo della liberalizzazione delle professioni intellettuali si veda A. Cossiri, Un’opinione sulle liberalizzazione delle professioni

nel decreto Bersani, in Quad. cost., 2007, n. 1, 144. E, più in generale, sulla riforma: M. D’Alberti, Misure urgenti a tutela della concorrenza e dei consumatori nel decreto legge n. 223/2006, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, n.

11, 1173.

306 L. Cassetti, La Corte costituzionale “salva” le liberalizzazioni, cit., 12. Secondo R. Bin, Lavori pubblici: quanto

«intangibili» sono le materie enumerate negli Statuti speciali?, in Le Regioni, 2010, n. 5, 1148, la Corte, nella sent. n.

401 del 2007, ha evitato di verificare l’effettivo contrasto tra le norme regionali e le finalità della tutela della concorrenza, «in modo da salvare da censure di incostituzionalità tutte quelle disposizioni che si limitano ad introdurre soluzioni equivalenti o migliorative nella prospettiva pro-concorrenziale». R. Bin,

Alla ricerca della materia perduta. Nota a Corte cost. n. 401/2007, in Le Regioni, 2008, n. 2, 398, evidenzia che la

Corte, applicando il ragionamento svolto per altre materie trasversali, ha ritenuto che lo Stato avesse competenza esclusiva nell’àmbito della tutela della concorrenza per: le procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento, i criteri di aggiudicazione ed i poteri di vigilanza sul mercato degli appalti. Inoltre, l’Autore precisa che non vi è limite al carattere dettagliato delle norme statali, che lo Stato è titolare della potestà regolamentare, ai sensi dell’art. 117, comma 6, Cost., e che non opera né il principio di cedevolezza delle norme statali di fronte alla successiva legislazione regionale di dettaglio, né il principio di leale collaborazione.

concorrenza, capaci di prevalere sulle competenze regionali su cui trasversalmente incidono. In tal modo, la tutela della concorrenza diventa più che una “materia”, un “obiettivo”307.

L’impostazione delineata dalla sent. n. 14 del 2004 è seguita dalla successiva sent. n. 430 del 2007308, relativa ad una delle novità introdotte dal decreto Bersani309. La Corte

ha sottolineato che la «tutela della concorrenza, proprio in quanto ha ad oggetto la disciplina dei mercati di riferimento di attività economiche molteplici e diverse, non è una “materia di estensione certa”, ma presenta i tratti “di una funzione esercitabile sui più diversi oggetti ed è configurabile come trasversale”, come già affermato nella sentenza n. 401 del 2007» (Considerato in diritto, n. 6.7). Nell’àmbito del rapporto Stato- Regioni la sent. n. 430 del 2007 ha precisato che, poiché la promozione della concorrenza ha una portata generale o “trasversale”, può accadere che una misura rientrante nella competenza legislativa regionale, concorrente o residuale, a sua volta abbia marginalmente una forza pro-competitiva «al fine di non vanificare le competenze regionali, sempre che tali effetti siano marginali o indiretti e non siano in contrasto con gli obiettivi delle norme statali che disciplinano il mercato, tutelano e promuovono la concorrenza».

Nelle sentenze nn. 38, 303, 401 e 421 del 2007 e nn. 51, 63 e 236 del 2008 la Corte ha definito la tutela della concorrenza come «la titolarità della relativa potestà legislativa [che] consente allo Stato di adottare misure di garanzia del mantenimento di mercati già concorrenziali e misure di liberalizzazione dei mercati stessi; queste misure possono anche essere volte a evitare che un operatore estenda la propria posizione dominante in altri mercati».

Pertanto, se da un lato, l’intervento statale può consistere nell’emanazione di una disciplina analitica in grado di influire su materie attribuite alla competenza legislativa delle Regioni, dall’altro lato sarà di competenza della Corte lo svolgimento di un rigoroso scrutinio delle relative norme statali, diretto ad accertare se l’intervento normativo sia coerente con i principi della concorrenza, e se esso sia proporzionato rispetto al fine della tutela della concorrenza.

307 L. Cassetti, La Corte costituzionale “salva” le liberalizzazioni, cit., 18, osserva che, nelle decisioni

immediatamente successive all’adozione del decreto Bersani, il giudice costituzionale appaia “schiacciato” sulle scelte del legislatore statale, dando le motivazioni delle sentenze l’impressione di essere il riassunto dell’assetto normativo.

308 A commento di questa sentenza e delle sentenze nn. 443 e 452 del 2007: L. Cassetti, La Corte

costituzionale “salva” le liberalizzazioni del 2006, cit.

309 Si tratta dell’art. 5, comma 2, del d. l. n. 223 del 2006, per il quale la vendita al pubblico dei farmaci da

banco o di automedicazione negli esercizi commerciali della cosiddetta grande distribuzione è consentita durante l’orario di apertura degli stessi e deve essere effettuata nell’àmbito di un apposito reparto, con l’assistenza di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine, restando vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci.

5. Settori concorrenziali all’incrocio tra competenze statali e regionali

Una volta delineato il quadro generale del vischioso rapporto tra Stato e Regioni in materia di tutela della concorrenza, sarà opportuno approfondire alcuni settori in cui – inter alia e più di altri – la Corte costituzionale è stata adita per risolvere questioni afferenti l’attribuzione della competenza legislativa, quali i servizi pubblici locali, i contratti pubblici, gli orari di apertura degli esercizi commerciali e le vendite promozionali. La tutela della concorrenza è un “titolo” trasversale incidente in tali settori, ove si è assistito ad interventi del Giudice di legittimità costituzionale in cui al criterio dell’uniformità della disciplina è stato alternato quello del favore per una disciplina pro-concorrenziale, ancorchè esclusivamente a carico delle Regioni.

Dalla lettura della giurisprudenza costituzionale si evince come, trattandosi di un incontro tra competenze materiali ed una competenza trasversale e funzionale, sia possibile tenere opportunamente distinti la disciplina degli oggetti da quella dei fini310,

condizione indispensabile per individuare dove sia opportuno l’intervento legislativo statale e dove quello regionale.

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