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Le ragioni della “trasversalità” della tutela della concorrenza

4. La giurisprudenza costituzionale dopo la riforma del Titolo V: verso il

4.2. Le ragioni della “trasversalità” della tutela della concorrenza

Alla luce di quanto rilevato può affermarsi che pacificamente la tutela della concorrenza rientra tra le competenze statali collegate a compiti di garanzia dello Stato centrale, il cui carattere trasversale è la diretta conseguenza della sua capacità di tangere materie di competenza concorrente o esclusiva regionale290. Come dichiarato -

all’indomani della Riforma del Titolo V - dall’allora Presidente dell’Autorità Antitrust Giuseppe Tesauro, la tutela della concorrenza, pur essendo necessariamente materia di competenza legislativa esclusiva affidata alla potestà statale, impone «un grande sforzo di responsabilità per individuare efficaci meccanismi [di effettiva partecipazione delle] Regioni alla politica economica del Paese»291. Una materia di competenza statale, quindi,

ma dotata di una “sensibilità” regionale, attese le potenzialità di intervento delle legislazioni locali.

287 S. Mangiameli, Sull’arte di definire le materie dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2003,

n. 1, 337.

288 F. Benelli, La “smaterializzazione” delle materie, cit., 87. 289 G. Scaccia, Le competenze, cit., 481.

290 L. Antonini, voce Art. 117, 2°, 3° e 4° co., in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto

e M. Olivetti, Torino, 2006, 2228, 2230.

291 Nel corso dell’audizione del Presidente e di alcuni dei componenti dell’Autorità garante della

concorrenza e del mercato presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica (5 dicembre 2001) il Presidente Tesauro, ulteriormente, auspicò il varo di una normativa statale in grado di promuovere «la finalità pro-concorrenziale delle legislazioni regionali tale da evitare barriere all’entrata ingiustificate e da favorire forme di semplificazione di norme e procedure utili allo sviluppo della competizione economica. […] Più in generale, la legge statale potrebbe dettare utilmente principi diretti a orientare verso finalità pro concorrenziali anche l’esercizio della potestà regolamentare delle regioni e l’esercizio delle funzioni amministrative attribuite o conferite ai comuni».

Innanzitutto, per comprendere la necessità della riserva in capo al legislatore statale è sufficiente considerare cosa sottenda la nozione di concorrenza292. La

concorrenza è una relazione tra una pluralità di soggetti tale da non consentire a tutti gli operatori coinvolti di influire decisivamente sui processi decisionali e sulle condizioni dello scambio e di impedire ad alcuni di imporre ad altri le proprie direttive. La tutela della concorrenza è essenzialmente un fine pubblico: la conservazione o la promozione di tale relazione. Il fine funge da limite della potestà legislativa regionale (concorrente o esclusiva), ancorchè la funzione di limite non sia espressamente indicata. Come specificato dalla Corte costituzionale, «tale competenza non presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui più diversi oggetti» (Corte cost., sent. n. 14 del 2004). È quindi una materia-funzione che incide trasversalmente su oggetti relativi a competenze non solo statali, ma anche regionali, quali il commercio, l’industria, la produzione e la prestazione di servizi, ed ha conseguentemente carattere trasversale293.

Tuttavia, per comprendere se una norma possa essere ricondotta ad una materia piuttosto che ad un’altra è necessario individuare preventivamente la stessa materia, la quale «non può desumersi dalla norma ad essa ricondotta»294. A tal proposito è

necessario approfondire il contenuto della “tutela della concorrenza” ai sensi ed ai ai fini del dettato costituzionale.

Il legislatore costituzionale del 2001 ha inteso la tutela della concorrenza quale assetto concorrenziale del mercato secondo un’ottica macroeconomica ed oggettiva, a differenza della prevalente lettura microeconomica sottesa al primo comma dell’art. 41 della Costituzione295. Infatti, la competenza statale è giustificata dall’esigenza

macroeconomica di mantenere una visione complessiva dell’economia a livello nazionale. Pur potendo i fenomeni economici incidere anche su settori di competenza legislativa regionale, la visione di insieme delle forze e delle tendenze capaci di influenzare il sistema economico italiano nel suo complesso deve competere necessariamente ad un soggetto unitario: lo Stato. Di conseguenza, la tutela della concorrenza non poteva che essere competenza legislativa esclusiva dello Stato. Tanto è vero che, nella medesima sent. n. 14 del 2004, la Corte – in applicazione del test di ragionevolezza sulla qualificazione statale della materia oggetto della previsione legislativa – ha precisato che «ove sia dimostrabile la congruità dello strumento utilizzato rispetto al fine di rendere attivi i fattori determinanti dell’equilibrio economico generale, la competenza legislativa dello Stato di cui all’art. 117, comma 2, lett. e), non potrà essere negata». L’intervento statale è, pertanto, legittimo se dotato di rilevanza

292 Sul percorso e sullo sviluppo del principio di concorrenza nell’ordinamento italiano si veda per tutti: A.

Argentati, Il principio di concorrenza, cit.

293 R. Caranta, La tutela della concorrenza, le competenze legislative e la difficile applicazione del titolo V della

Costituzione (nota a Corte cost. n. 14/2004), in Le Regioni, 2004, n. 4, 990, 998.

294 S. Mangiameli, Le materie di competenza regionale, Milano, 1992, 69.

macroeconomica, i cui indici sono individuabili nella dimensione territoriale nazionale dell’intervento, nella generalizzata accessibilità, nella simultaneità dell’azione e nella finalità dell’impatto sull’economia nazionale296.

La ragione giustificatrice della scelta operata dal legislatore costituzionale risiede nell’esigenza di garantire un certo grado di unità e di uniformità della disciplina del mercato a livello nazionale, al fine di favorirne il funzionamento concorrenziale e, di conseguenza, lo sviluppo dell’intero Paese. Il legislatore costituzionale del 2001 ha inteso «unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell’intero Paese; strumenti che, in definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo degli altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inserite nel circuito economico» (Corte cost., sent. n. 14 del 2004).

La Corte ha svolto un’analisi del contenuto della concorrenza, al fine di delimitarne non solo i labili confini legislativi, ma anche di individuare quali strumenti siano effettivamente indispensabili per tutelare e promuovere la concorrenza. Infatti, le sentenze nn. 401 e 430 del 2007, n. 63 del 2008 e nn. 148, 160 del 2009 e 45 del 2010 non solo tracciano le linee fondamentali del riparto delle competenze legislative nel settore degli appalti pubblici tra Stato ed enti ad autonomia differenziata, ma altresì precisano che, avendo riguardo al diritto europeo, devono essere ricomprese nella nozione di concorrenza (v. infra).

Il contenuto della tutela della concorrenza nel quadro costituzionale illumina le ragioni della trasversalità della competenza, la quale è stata ritenuta la più trasversale delle competenze trattenute dallo Stato, consistente in politiche dirette verso obiettivi e, conseguentemente, non racchiudibile in contenitori da predefinire297. Sin dalle sue prime

applicazioni, la tutela della concorrenza - appunto perché non si tratta di una materia sic

et simpliciter - ha dimostrato la sua natura di funzione in grado di incidere in maniera

pervasiva anche su materie di competenza residuale regionale.

Nell’àmbito della tutela della concorrenza, il confine tra l’autonomia regionale e la riserva statale viene individuato dalla giurisprudenza costituzionale nel punto di equilibrio tra il carattere unitario degli strumenti di politica economica volti allo sviluppo dell’Italia e gli interventi vicini alla produzione regionale, fermo restando che non spetta alla Corte stabilire se gli effetti di un intervento statale abbiano una rilevanza tale da “trascendere l’àmbito regionale”.

La tutela della concorrenza, quale materia trasversale, risponderebbe ad un’esigenza di elasticità sottesa al riparto di competenze tra Stato e Regioni tracciato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. In considerazione della capacità espansiva delle materie trasversali, esse devono rispettare limiti rigorosi, evitando di comprimere verticalmente le materie regionali che conservano sempre i propri spazi di attuazione

296 S. Musolino, op. cit., 54.

297 Così, R. Bin, Primo comandamento: non occuparsi delle competenze, ma delle politiche, in Le Istituzioni del

garantiti in Costituzione. Ad ogni modo spetterà alla Corte individuare, di volta in volta, entro quali limiti lo Stato possa ridurre la sfera delle competenze legislative delle Regioni, determinando, conseguentemente, un aumento del contenzioso costituzionale.

Inoltre, il fatto che la tutela della concorrenza sia materia trasversale comporta che la potestà legislativa esclusiva dello Stato non si esaurisca nella competenza a dettare la disciplina antitrust, ma si estenda alla determinazione di soglie di garanzia e promozione della concorrenza, alle quali le regolazioni regionali di settore devono adeguarsi. Al legislatore statale compete, nei limiti dei vincoli comunitari e internazionali, dettare la disciplina antitrust e determinare gli standard generali del libero mercato, che condizionano le regolazioni regionali di specifici mercati e settori economici298. Tuttavia,

nei settori incidenti su valori trasversali, ove è possibile il coinvolgimento di interessi diversi, non è escluso che possano esservi spazi interstiziali per l’intervento delle Regioni, fermo restando che il nucleo fondamentale debba essere individuato a livello di legislazione statale299.

4.3. L’actio finium regundorum della materia operata dalla giurisprudenza

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