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Quanto esposto nei precedenti paragrafi rappresenta il percorso compiuto per riconoscere nella libertà di iniziativa economica, di cui all’art. 41, il fondamento della libertà di concorrenza e, conseguentemente, del sistema di tutela antitrust. Infatti, a prescindere dalla circostanza che nel testo originario della Costituzione non si sia fatto esplicito riferimento al mercato ed alla concorrenza, è stato comunque possibile ricostruire in via interpretativa la legittimazione di una disciplina antitrust, quale strumento di garanzia della libertà economica dei privati nei confronti del potere dello stesso mercato201. Pertanto, la libertà di concorrenza sarebbe quasi un “valore implicito”

nella libertà di iniziativa economica202. Tuttavia, si sono levate alcune voci a sostegno

della considerazione che la Costituzione italiana, molto rigorosa nella tutela delle libertà civili, garantisce decisamente meno la libertà di iniziativa economica e di proprietà privata203.

L’art. 41 della Costituzione, nonostante il fatto che si sia prestato a letture diametralmente distanti, non è stato mai oggetto di revisione costituzionale e pochi sono stati i sostenitori dell’impellenza di una sua radicale modifica204. Ciò nonostante, recenti

proposte riportano in evidenza il tema della modifica dell’art. 41 della Costituzione, al fine di renderlo espressione delle attuali posizioni economiche dell’ordinamento italiano205.

200 Così, G. Luchena, La «tutela della concorrenza» nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Governance

dell’economia e integrazione europea, a cura di F. Gabriele e M. A. Cabiddu, vol. I, Milano, 2008, 103, 106.

201 In questo senso: A. Lalli, op. cit., 88.

202 A. Baldassarre, voce Iniziativa, cit., 602, si riferisce ad una tutela costituzionale indiretta della

concorrenza «attraverso i presupposti permissivi della libertà di iniziativa privata».

203 G. Corso, Attività economica privata e deregulation, in Riv. Trim. Dir. Pubb., 1998, n. 3, 629, 638.

204 In tal senso: G. Bognetti, La Costituzione economica italiana, Milano, 1995, 183, e A. Moscarini,

Sussidiarietà e libertà economiche, in Dir. soc., 1999, 441. Per G. Di Gaspare, Costituzionalizzazione simbolica e decostituzionalizzazione di fatto dell’articolo 41 della Costituzione, cit., il problema risiede nella mancata

applicazione dell’art. 41 della Costituzione, trasformandosi da imputato a parte lesa, perché già nella sua attuale formulazione è data piena tutela alla libertà economica e alla libertà di concorrenza. Secondo l’A., infatti, il problema risiede nella mancata applicazione dell’art. 41, in quanto «non si può confondere il testo costituzionale con la realtà dell’economia ed imputare al testo che non viene applicato, la schizofrenia tra una costituzione economica, formalmente liberale, ed una realtà economica piattamente contrastante». Al contrario, per C. Sbailò, La libertà economica come libertà dimidiata. La parabola dell’articolo 41

della Costituzione tra dirigismo e iperregolamentazione, in http://www.fondazionecristoforocolombo.it, marzo 2011, 14,

«il passaggio all’economia sociale di mercato passa, obbligatoriamente, per una riforma costituzionale, che riqualifichi la libertà economica e disinneschi la mina dirigistica inserita nelle pieghe del Titolo V della Costituzione».

205 Il 13 giugno 2010 l’allora Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, in occasione di un

Il disegno di legge costituzionale presentato dal Governo (A.C. n. 4144 del 18 aprile 2011) ha proposto la modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione. Per quanto riguarda l’art. 41, come specificato nel relativo Dossier di documentazione predisposto dalla Camera dei Deputati, «la garanzia costituzionale della libertà dell’iniziativa economica privata viene estesa anche alla libertà dell’attività economica, da intendersi quale successivo momento di svolgimento intrinsecamente connesso alla fase iniziale di scelta dell’attività stessa; viene, inoltre, inserita la previsione secondo la qualeè permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. La novella, tanto per l’iniziativa quanto per l’attività economica, aggiunge, oltre ai limiti previsti dal testo vigente, anche quello per cui entrambe non possono svolgersi in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione. Il terzo comma del vigente art. 41 viene, poi, interamente riscritto: si stabilisce che la legge si conformi ai principi di fiducia e di leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini, prevedendo, di norma, controlli successivi»206.

impresa e dare maggiore centralità alle grandi infrastrutture nazionali. Secondo Tremonti l’art. 41 non ha impedito le liberalizzazioni, ma non ha neanche ostacolato le complicazioni dovute ad un eccesso di regole contrarie allo sviluppo. Inoltre, venne proposto di aggiungere all’art. 41 il principio del riconoscimento della responsabilità personale, dell’autocertificazione e del controllo ex post. Il testo

dell’intervista è consultabile dal sito web de “Il Sole 24 Ore”:

http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-06-13/tremonti-cisl-riforme; sul punto anche G. Tremonti, Troppe leggi (spesso sbagliate). È questa la tirannia da abbattere, in Corriere della Sera del 12 gennaio 2011. Il disegno di legge promosso da Tremonti, in data 18 giugno 2010, prevede modifiche non solo all’articolo 41, ma anche all’ art. 118, comma quarto, della Costituzione. Per quanto concerne l’articolo 41 è stato proposto l’inserimento di due commi: «La Repubblica promuove il valore della responsabilità personale in materia di attività economica non finanziaria» e «Gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali che riguardano le attività economiche e sociali si informano al controllo ex post». Ulteriormente e contestualmente è stata promossa l’adozione di due nuovi commi nell’articolo 118 della Costituzione. Il primo comma raccomanda che, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge costituzionale, sia lo Stato che gli enti locali dovranno provvedere a consentire che le rispettive normative in materia urbanistica siano «adeguate in modo che le restrizioni del diritto d’iniziativa economica siano limitate allo stretto necessario per salvaguardare altri valori costituzionali». Dall’ambito di applicazione del nuovo istituto della segnalazione di inizio attività sono escluse le fattispecie sottoposte al codice penale o che derivano dall’attuazione delle direttive comunitarie o internazionali. Il secondo comma richiede che, entro tre mesi, dovrà essere reso pubblico l’elenco dei casi «che escono dal campo di applicazione» della nuova normativa. La mancata pubblicazione, «salvo che riguardo alle leggi penali che prevedono fattispecie di delitto e alle normative internazionali, vale a salvare la buona fede di chi ha intrapreso un’attività economica e sociale».

206 Camera dei Deputati, Dossier di Documentazione, Modifiche agli artt. 41, 45, 47, 53, 97 e 118 della Costituzione

- A.C. 4144 e abb. - Elementi per l’esame in Assemblea, approvato in Commissione Affari Costituzionali il 23

settembre 2011. Il testo proposto è il seguente:

«L’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge.

Non possono svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, con i principi fondamentali della Costituzione o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge e i regolamenti disciplinano le attività economiche unicamente al fine di impedire la formazione di monopoli pubblici e privati.

La legge si conforma ai principi di fiducia e di leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini prevedendo, di norma, controlli successivi».

Il disegno promosso intende valorizzare i principi sociali e liberali che sono a fondamento della responsabilità economica, appunto perché «la libertà di concorrenza, espressione di una piena libertà economica, è divenuta valore ordinamentale che ha ispirato le politiche legislative di liberalizzazione e di privatizzazione dell’economia nel corso degli anni Novanta e non solo»207.

Tuttavia, se è vero che la libertà di impresa in Italia è avvolta da “lacci e lacciuoli” che frenano le attività produttive, lascia perplessi come, attraverso una simile modifica, si possa ottenere una effettiva libertà di concorrenza e se debba passare proprio attraverso una novella costituzionale di tale portata208. Come è stato già

precisato, il mancato espresso riferimento in Costituzione ad un modello specifico di

Per un commento al testo proposto si veda: M. Clarich, Art. 41 Costituzione. “L’attività economica è libera. La

legge può prevedere limiti e controlli indispensabili per la tutela di interessi pubblici”, in I Dossier di ApertaContrada, in http://www.apertacontrada.it/discussione-intorno-allart-41-cost/, settembre 2011; G. Santoni, Non cambiate l’art. 41 Cost., in I Dossier di ApertaContrada, in http://www.apertacontrada.it/discussione-intorno-allart-41-cost/, settembre

2011; G. Di Gaspare, Costituzionalizzazione simbolica e decostituzionalizzazione di fatto dell’articolo 41 della

Costituzione, cit. Si ricordano, inoltre, altre proposte di modifica dell’art. 41 della Costituzione presentate da

alcuni parlamentari durante la XVI Legislatura. Le proposte Vignali ed altri (A.C. 3039 e A.C. 3054) lasciano intatto il primo comma, mentre propongono la modifica del secondo e del terzo comma e l’addizione di un quarto comma: «L’iniziativa economica privata è libera. Essa si svolge a favore della dignità umana, della libertà e della sicurezza. Lo Stato ne riconosce l’utilità economica e sociale e l’essenziale contributo al benessere generale. L’imprenditore che partecipa direttamente alla gestione dell’impresa è considerato, a tutti gli effetti, un lavoratore». Ulteriormente, la proposta Beltrandi ed altri (A.C. 3967) novella solo il comma 1 dell’art. 41, affermando che «L’iniziativa economica privata è libera e deve svolgersi in condizioni di concorrenza. Chi la intraprende ne è esclusivo responsabile». In ultimo, si ricorda il disegno di legge costituzionale presentato al Senato da Compagna ed altri nel luglio 2010, il cui esame non è stato ancora iniziato (A.S. 2269 - Modifica all’articolo 41 della Costituzione, in materia di esercizio

dell’attività economica e di tutela del consumatore). Tale disegno di l.c. risulta ispirato a fini diversi dagli altri

succitati, poiché - riprendendo la proposta di Cortese presentata in Assemblea Costituente (v. infra) – mira a dare maggiore considerazione al consumatore, quale soggetto da tutelare all’interno di un’economia sociale di mercato: «La legge regola l’esercizio dell’attività economica al fine di difendere gli interessi e la libertà del consumatore». In relazione, invece, alle proposte dirette ad abrogare il terzo comma dell’art. 41 Cost. l’interrogazione al Governo A.S. 3-019000 (Ceccanti ed altri) ha evidenziato che il testo del terzo comma dell’articolo 41 non è mai stato d’ostacolo a liberalizzazioni coerenti con un’economia sociale di mercato. A fondamento di tale assunto i promotori dell’interrogazione hanno rilevato che la giurisprudenza costituzionale non ha mai interpretato l’articolo 41, terzo comma, della Costituzione nel senso di considerare incostituzionali, e quindi di rimuovere dall’ordinamento, normative ritenute troppo favorevoli alla libertà di iniziativa economica.

207 Così la Relazione Illustrativa del disegno di legge costituzionale A.C. 4144.

208 Sull’inutilità di una riforma dell’art. 41 Cost. si veda: A. Barbera, Imprese. Che c’entra l’art. 41 della

Costituzione?, in http://www.scuoladipolitica.it/static/magazine/Imprese.Che-c-entra-l-art.-41-della-Costituzione- 104.aspx, giugno 2010. Nell’art. 41 della Costituzione “la coesistenza di principi apparentemente

contraddittori è realizzata […]non assumendo nessun principio come assoluto, perché l’assolutezza di uno escluderebbe tutti gli altri” (P. Barcellona, Diritto privato e società moderna, Napoli, 1996, 164). Di “lacci e lacciuoli” parlò Guido Carli in occasione di un incontro di studio organizzato dalla Confindustria nel 1977. Con tale slogan - già usato da Einaudi – Carli intendeva denunciare quei vincoli di carattere politico e corporativo che ancora oggi frenano lo sviluppo dell’economia e del sistema in Italia. A riguardo si veda G. Carli, Lacci e Lacciuoli, Roma, 2004. Invece, G. di Plinio, Mutamento costituzionale, cit., 14, è a favore di una modifica dell’art. 41 della Costituzione, perché utile, ma non sufficiente se non inserita all’interno di un’organica modifica di altre norme costituzionali (almeno gli artt. 42, 43, 47, 79, 81, 117, 118) e di una mirata politica di deregulation volta ad eliminare regolazioni improduttive e le relative strutture burocratiche predisposte all’enforcement di tali regolazioni. Sulla deregulation si veda G. di Plinio, Il common core della

sistema economico, nonché il mancato utilizzo dei termini “mercato” e “concorrenza” nell’originario testo costituzionale non costituiscono affatto rifiuto dell’economia di mercato209. Al contrario, è ormai da considerare inconfutabile che l’Italia abbia adottato

un modello di mercato di matrice concorrenziale. Di conseguenza, l’introduzione di disposizioni talmente specifiche a livello costituzionale non sarebbe comunque lo strumento idoneo per affermare l’effettività del modello concorrenziale adottato210.

Sebbene trattare la Costituzione come “un corpo inanimato da venerare nel sacrario” è il modo peggiore per difenderla, è opportuno chiedersi se sia davvero necessaria una riforma dell’art. 41 e, qualora la risposta sia affermativa, se sia quella recentemente proposta ciò di cui l’Italia ha bisogno per ottenere maggiore sviluppo economico ed una effettiva ed efficace libertà di concorrenza.

L’art. 41 Cost., come è stato tracciato supra nella parte relativa ai lavori in Assemblea costituente, è una norma costituzionale volutamente elastica: il Costituente ha inteso lasciare agli indirizzi politici, di volta in volta prevalenti, la possibilità di scegliere l’opzione di direzione economica più adatta. Tuttavia, l’ingresso nelle Comunità europee e l’affermazione di un modello di economia globale liberista hanno certamente reso inutilizzabile il comma 3 dell’art. 41 Cost. in materia di pianificazione e programmi e determinato l’ineluttabile necessità della scelta di un modello concorrenziale. L’art. 41 Cost. non ha impedito liberalizzazioni e semplificazioni, ma, per certi versi, non le ha neanche stimolate e forse, in tale direzione, potrebbe essere condotta una possibile riforma costituzionale.

A riguardo, risulta dubbia l’efficacia dei disegni di legge costituzionale depositati, apparendo più come dei manifesti che come dei programmi di sviluppo. Infatti, affermare che è concesso tutto ciò che non è vietato dalla legge non costituisce un principio né di dirompente novità né di funzionale utilità, dato che non solo si tratta di un principio dello Stato di diritto, già consolidato nel nostro ordinamento, ma anche di

209 N. Occhiocupo, Costituzione, persona umana, mercato concorrenziale, in 20 anni di antitrust. L’evoluzione

dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, a cura di C. Rabitti Bedogni e P. Barucci, Torino, 2010,

206.

210 Al contrario, sarebbe opportuno chiedersi se sia auspicabile l’introduzione di norme analoghe a quelle

presenti in ordinamenti costituzionali meno risalenti, quale quello portoghese, nella cui Costituzione del 1976 sono previsti i “diritti dei consumatori” (Art. 60):

“(Direitos dos consumidores)

1. Os consumidores têm direito à qualidade dos bens e serviços consumidos, à formação e à informação, à protecção da saúde, da segurança e dos seus interesses económicos, bem como à reparação de danos. 2. A publicidade é disciplinada por lei, sendo proibidas todas as formas de publicidade oculta, indirecta ou dolosa.

3. As associações de consumidores e as cooperativas de consumo têm direito, nos termos da lei, ao apoio do Estado e a ser ouvidas sobre as questões que digam respeito à defesa dos consumidores, sendo-lhes reconhecida legitimidade processual para defesa dos seus associados ou de interesses colectivos ou difusos.”

una affermazione-manifesto volta ad omaggiare il “vessillo della crociata della semplificazione normativa”. Inoltre, tale inciso sulla libertà di fare tutto ciò che non sia vietato dalla legge (c.d. “inciso Tremonti”) è sembrato introdurre una riserva di legge rispetto alla libertà d’impresa. Per tale ragione, nell’ultima versione del disegno di legge costituzionale tale inciso è stato eliminato e il 18 ottobre 2011 si è proposto di modificare l’art. 41 in tal modo: «L’iniziativa e l’attività economica private sono libere. La legge non può stabilire limitazioni all’iniziativa e all’attività economica privata se non quando necessario a tutelare i principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell’uomo e l’utilità sociale. La legge, nel rispetto del principio di libera concorrenza, disciplina le attività economiche al fine di impedire la formazione di monopoli».

Ancora una volta risulta difficile comprendere, al di là della recisione del terzo comma dell’art. 41 Cost., se effettivamente il disegno di revisione costituzionale proposto sia in grado di perseguire gli scopi di liberalizzazione e di semplificazione posti alla base della promossa riforma.

Invero, le proposte presentate dal Governo, a prescindere dalle loro chances di successo in Aula, sono servite quanto meno a sollevare il dibattito sul riferimento alla libertà di concorrenza nel testo costituzionale e a promuovere ulteriori interventi in materia. In tal senso, si legge quanto proposto dall’Istituto Bruno Leoni che, partendo dalla considerazione che l’unico principio che manca in Costituzione è quello per cui lo Stato non può fare concorrenza al privato, propone - contestualmente all’abrogazione dell’art. 43 e dei commi 2 e 3 dell’art. 41 - l’introduzione di una regola al negativo: lo Stato non può essere imprenditore quando esistono già degli operatori economici in grado di soddisfare le medesime esigenze e con la stessa, se non superiore, capacità di soddisfacimento dei consociati, risolvendosi l’iniziativa economica pubblica in una scelta sussidiaria rispetto a quella privata. Secondo l’Istituto ciò consentirebbe di stabilire in maniera chiara quando lo Stato debba intervenire e quando il mercato ex se possa essere considerato efficiente, nonché darebbe un segnale di fiducia verso il mercato, pur non compromettendo la solidarietà economica e sociale, poiché sarebbe consentito l’intervento pubblico al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale211.

Considerata l’inattuabilità e l’inattuazione della pratica della programmazione economica come costituzionalmente necessaria, ai sensi del terzo comma dell’art. 41 Cost., sarebbe effettivamente auspicabile una sua abrogazione ed un’integrazione dell’art. 41 Cost. con riferimento agli interessi dei consumatori nell’ambito di un mercato concorrenziale212. La libertà di iniziativa economica non è appannaggio solo

211 Cfr. S. Sileoni, Art. 41 Cost.: la proposta dell’Istituto Bruno Leoni, in

http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Focus/IBL_Focus_190_Sileoni.pdf , 20 settembre 2011.

212 Invero, se si dovesse attuare il terzo comma dell’art. 41 Cost., si darebbe vita ad un insanabile contrasto

coi principi fondamentali dell’Unione Europea. Infatti, le quattro libertà (di movimento dei beni, dei servizi, delle persone e dei capitali) previste dai Trattati europei, come pure la libertà di concorrenza, sono incompatibili con i programmi e i controlli e – conseguentemente - col terzo comma dell’art. 41 Cost.

dell’imprenditore ma anche del consumatore, perché il consumatore valutando i prezzi relativi dei beni sul mercato, premiando o punendo un produttore, domandando un certo tipo di qualità piuttosto che un’altra, ha un ruolo di iniziativa economica non secondario rispetto a quello dell’imprenditore. In questo senso la revisione dell’art. 41 dovrebbe introdurre un riferimento esplicito alla difesa ed estensione del benessere del consumatore come manifestazione della libertà costituzionale di iniziativa privata.

In conclusione, considerato che tali obiettivi sono perseguiti a prescindere da quanto esplicitamente disposto nel testo costituzionale, si ritiene che, quantunque siano rigidi i principi costituzionali economici, essi presentano una spiccata attitudine ad adeguarsi continuamente alla struttura politica e sociale dello Stato in evoluzione213.

Tuttavia, risulta interessante la proposta di Mario Libertini lanciata nel dibattito di Aperta Contrada, in cui – pur sostenendo che sarebbe preferibile non procedere alla riforma dell’art. 41, continuando a seguire la sua interpretazione evolutiva – dà spazio al collegamento tra economia di mercato e benessere collettivo, alla riserva dei settori soggetti a vigilanza per via dell’interesse economico generale ad essi sottostanti, ai limiti da porre all’iniziativa economica pubblica, nonché inserisce un espresso riferimento alle autorità amministrative indipendenti214. La soluzione di Libertini è decisamente più

recettiva del mutato quadro delle libertà economiche oggi esistente rispetto a quanto contenuto nelle dichiarazioni di principio promosse nei descritti disegni di legge costituzionale.

Infatti, nell’ottica di una revisione costituzionale dell’art. 41 della Costituzione, per quanto non necessaria, sarebbe opportuno riconoscere il modello di fatto esistente, considerando la libera economia di mercato quale fondamento del benessere collettivo,

213 Così G. Quadri, Il diritto pubblico dell’economia, cit., 45.

214 Il testo della proposta di M. Libertini, Un nuovo testo per l’art. 41 Cost.?, in I Dossier di ApertaContrada,

http://www.apertacontrada.it/discussione-intorno-allart-41-cost/, settembre 2011, è il seguente:

1. L’iniziativa economica privata è libera.

2. L’impresa operante in libera economia di mercato è tutelata in quanto strumento indispensabile per la realizzazione del massimo benessere collettivo.

3. La Repubblica tutela la concorrenza fra imprese e istituisce un’autorità amministrativa indipendente avente la funzione di vigilare sulle condizioni di concorrenza effettiva nei diversi mercati.

4. Nell’esercizio della loro attività, le imprese devono astenersi dal compiere atti contrari ai valori garantiti dalla Costituzione o comunque idonei a recare danno alla sicurezza, alla libertà o alla dignità umana. 5. La legge determina i settori economici nei quali la produzione dev’essere regolata come servizio di interesse economico generale e che, a tal fine, sono soggetti a vigilanza da parte di autorità amministrative indipendenti.

6. La legge determina le categorie di beni o servizi che devono essere liberamente fruibili, come beni pubblici, da parte di tutti i cittadini.

7. L’iniziativa economica pubblica è consentita quando il ricorso al mercato non garantisca sicuri guadagni di efficienza e limitatamente allo svolgimento di attività strumentali alle finalità istituzionali dell’ente

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