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L’antitrust come strumento di protezione delle libertà fondamentali dell’individuo

Il Congresso e l’opinione pubblica americana vedevano i grandi trust alla luce della tradizionale concezione della connessione tra libertà individuale ed organizzazione economica, in virtù della quale libertà economica significa perseguire i propri obiettivi nel rispetto della libertà altrui. Nella sentenza Craft v. McConoughly, 79 Ill. 346 (1875), la Corte affermò che fintantochè la concorrenza è libera, l’interesse pubblico è salvo.

I trust rappresentavano una minaccia alla libertà di concorrenza per due ragioni. In primo luogo, il trust era in grado di esercitare un potere economico capace di escludere la collettività dalle opportunità di ricerca del successo materiale attraverso la concorrenza nel mercato. In secondo luogo, l’immensa ricchezza dei trust ha consentito ai potentati economici di indirizzare il processo legislativo a proprio beneficio, ma a spese del resto della società. La libertà, pertanto, dipendeva dalla decentralizzazione del potere economico e la circostanza che, talvolta, la concentrazione potesse essere più efficiente della concorrenza non giustificava di per sè una diffusione generalizzata dei

trust428.

Libertà di competere significa opportunità e mobilità, nell’intento di assicurare una generale eguaglianza di condizioni e di protezione per l’individuo dall’abuso egoistico del potere privato o pubblico. Lo Sherman Act ha tentato di rinvigorire la concorrenza al fine di porre fine ai nascenti monopoli del tempo. La concorrenza, pertanto, avrebbe rigenerato la libertà di iniziativa economica e, conseguentemente, la

428 D. Millon, op. cit., 1219, 1224. Per W. S. Morgan, History of the Wheel and Alliance, and the Impending

Revolution, St. Louis, 1889, 15: «Il trust è una cospirazione contro il legittimo commercio. È contro

l’interesse del popolo ed il benessere dei cittadini. Scoraggiante la sua influenza, incoerente con le istituzioni libere, e pericoloso per le nostre libertà. Fare parte di un trust dovrebbe essere un crimine soggetto a severe punizioni. Trust è solo un altro nome del monopolio. Il monopolio sta esercitando un potere più grande di quello del governo sul popolo». Nel periodo antecedente l’adozione dello Sherman Act furono anche fondati dei partiti antimonopolio, che dirigevano la loro opposizione prevalentemente avverso le pratiche monopolistiche tra le compagnie di trasporto e gli istituti di credito e il monopolio del telegrafo, tanto da ritenere che «il governo avrebbe dovuto esercitare la sua prerogativa costituzionale di regolare il commercio tra gli Stati. I trasporti, il denaro e la trasmissione di informazioni erano controllati da giganteschi monopoli. E dovere del Congresso era di di approvare tutte le leggi necessarie per il controllo e la regolazione di quei grandi agenti di commercio, in accordo con le numerose sentenze della Corte Suprema» (H. B. Thorelli, The Federal Antitrust Policy, cit., 149). Invero, nel 1888 tutti i principali partiti presentarono programmi contro i trust e le concentrazioni. I repubblicani affermarono la loro «opposizione a tutte le concentrazioni di capitale, organizzate in trust o in altro modo, al fine di controllare arbitrariamente la condizione del commercio tra i cittadini; e noi raccomandiamo al congresso e ai legislatori statali, nella loro rispettive giurisdizioni, di adottare tale legislazione al fine di prevenire l’esecuzione di tutti gli schemi volti ad opprimere il popolo tramite indebiti costi per i loro beni, o tramite ingiusti tassi per il trasporto dei loro prodotti al mercato»; i democratici statuirono che «secondo i principi democratici, gli interessi del popolo sono violati quando, attraverso tassazioni non dovute, trust e concentrazioni possono esistere, permettendo che contestualmente ed indebitamente si arricchiscano i pochi che si uniscano, privando i cittadini dei benefici della naturale concorrenza; il sindacato mise in luce che «le problematiche di primaria importanza che devono essere risolte nell’interesse della comunità sono l’abolizione dell’usura, del monopolio e dei trust e denunciamo i partiti, si quello democratico che quello repubblicano, per avere creato e perpetuato questi mostruosi demoni»; i proibizionisti, infine, sostennero «la proibizione di tutte le concentrazioni di capitale volte al controllo e all’aumento dei costi dei prodotti per il consumo popolare» (H. B. Thorelli, op. cit., 151).

libertà dell’individuo429.

Il Trans-Missouri case del 1897 (U.S. v. Trans- Missouri Freight Ass’n, 166 U.S. 290, 327) aprì il dibattito sull’interpretazione e sugli scopi dello Sherman Act. Nel testo della sentenza si legge che il fondamento del divieto degli accordi di cartello risiede nella condanna di quegli accordi che temporaneamente, o anche permanentemente, riducono il prezzo dell’articolo oggetto del commercio attraverso la diminuzione delle ineludibili spese da affrontare quando si conducono diverse aziende per il medesimo scopo. I soggetti che subiscono le conseguenze di tali accordi sono gli “small dealers and worthy men”, incapaci di rimanere od entrare in un mercato le cui condizioni sono drasticamente alterate. Pertanto, l’oggetto principalmente tutelato dallo Sherman Act sarebbe la libertà di azione di questi soggetti a fronte delle concentrazioni di potere economico privato, considerando l’inderogabile garanzia della libertà di concorrenza come strumento di tutela della libertà individuale430.

L’attenzione degli economisti è stata focalizzata sul danno cagionato agli individui, intesi sia come potenziali rivali esclusi dalle opportunità della concorrenza che come consumatori forzati a pagare prezzi eccessivi. Ciò è stato integrato dalla focalizzazione della teoria politica sul significato del potere bilanciato quale garante della legittima attività governativa431.

Come giudice, Louis D. Brandeis riteneva che andasse lasciato ai legislatori l’obiettivo di rendere le definizioni ragionevoli per far sì che le leggi regolatrici del mercato privato servissero l’interesse pubblico. Tuttavia, come cittadino, Brandeis auspicava il mantenimento di una libertà di mercato genuinamente concorrenziale, senza interventi legislativi in quanto nessun sistema di regolamentazione volto a tutelare la libertà individuale può essere sostituito alla concorrenza: sarebbe come tentare di sostituire una monarchia con la nostra repubblica432.

Nella decisione U.S. v. Aluminium Co. of America, 148 F 2d 416 (2d Cir. 1945), c.d.

Alcoa case, la Corte d’Appello federale di New York dichiarò che la ratio sottesa al divieto

posto dallo Sherman Act fosse la convinzione dell’indesiderabilità intrinseca delle grandi fusioni industriali, a causa dell’impotenza dell’individuo di fronte ad essi e a prescindere dal loro risultato economico. L’obiettivo dell’intervento legislativo era quello di tutelare gli individui impotenti e di mantenere e preservare per il loro bene – indipendentemente dai possibili costi - un’organizzazione di industrie divise in piccole unità in grado di competere tra loro. Sull’impostazione delineata dal caso Alcoa si era formato l’orientamento adottato dalla Scuola di Harvard (“antitrust historical approach”), diretto ad attribuire un carattere sia economico che politico allo Sherman Act. Da un lato, l’antitrust è diretto a perseguire l’obiettivo economico della tutela del sistema di mercato

429 D. Millon, op. cit., 1290. 430 R. Niro, op. cit., 55.

431 Così, D. Millon, op. cit., 1264. 432 J. W. Hurst, op. cit., 118.

concorrenziale e, dall’altro lato, è volto verso valori sociali consistenti nella protezione di individui dall’oppressione e dalla preclusione delle opportunità da parte di potenti interessi economici433. Al contrario, la c.d. scuola di Chicago ha individuato nella

massimizzazione della ricchezza l’esclusivo obiettivo dell’antitrust, a differenza della visione tradizionale della concorrenza che le attribuisce il significato di una condotta che massimizza l’efficienza economica senza alcuna considerazione delle conseguenze distributive, in forza di una concezione della libertà economica nella sua versione “minima” di libertà da ogni intervento pubblico434.

In Northern Pacific Railway v. United States, 356 U.S. 1, 4 (1958), la Corte Suprema ha evidenziato che «lo Sherman Act è stato disegnato per essere un’esauriente carta di libertà economica diretta a preservare la libera concorrenza come la disciplina del commercio. Ciò si fonda sulla premessa che l’interazione delle forze concorrenziali determinerà la migliore allocazione delle nostre risorse economiche, i prezzi più bassi, la più alta qualità ed il migliore progresso materiale, mentre allo stesso tempo favorisce un ambiente capace di consentire la preservazione delle nostre istituzioni sociali e politiche».

Nell’ultima parte del XIX secolo la proliferazione della legislazione statale progressista nel campo della legislazione sociale e della regolamentazione dell’attività imprenditoriale diede luogo ad un dibattito intenso che si riflettè anche sulle scelte operate dalle corti statali e federali e dalla Corte Suprema. L’interpretazione del due

process of law, in combinato disposto con il divieto della deprivation of liberty e con il

principio della liberty of contract, orientò le Corti nel senso di precludere al legislatore qualsiasi ingerenza negli scambi negoziali al fine di dosarne o limitarne gli effetti. Infatti, il principio del due process era considerato non più esclusivamente quale garanzia del cittadino rispetto alla privazione della libertà fisica, ma anche contro qualsiasi ostacolo al libero esercizio di ogni tipo di attività, innanzitutto quella economica. L’interpretazione del due process of law si era estesa al punto che la garanzia della proprietà non era letta soltanto in funzione delle procedure costituzionali concernenti l’espropriazione, ma veniva altresì allargata a tutte le limitazioni della proprietà nel suo significato più ampio435.

Il successivo collegamento tra iniziativa economica e proprietà, quest’ultima esplicitamente tutelata dalla Costituzione, è consolidato nella giurisprudenza della Corte suprema, appunto perché non solo vi può essere iniziativa economica senza il diritto costituzionalmente garantito della proprietà, ma anche perché ciò che si scambia in un mercato non sono tanto i beni, quanto i diritti di proprietà sui beni. Libertà di iniziativa economica e diritto di proprietà costituiscono, quindi, due facce della stessa medaglia436.

433 H. Blake, S. Jones, Toward a Three Dimensional Antitrust Policy, in 65 Colum. Law Rev. 377, 422 (1965). 434 R. Niro, op. cit., 67.

435 G. Buttà, op. cit., 231, 239 et 240.

Nel caso Munn del 1890 la Corte Suprema rese nulla una legge del Minnesota che regolava le tariffe ferroviarie della “Chicago, Milwaukee & St. Paul Co.”, in considerazione del fatto che tale regolamentazione violasse il principio del due process. In

Allgeyer v. Louisiana, 165 U.S. 578 (1897), la Corte specificò che la libertà garantita dal

XIV emendamento «non consiste soltanto nel diritto del cittadino di non subire, senza giusto processo, alcuna restrizione alla libertà personale con la carcerazione, ma anche nel diritto del cittadino di esercitare tutte le proprie facoltà ed usarle nei modi legittimi, di guadagnarsi da vivere esercitando qualunque lecito mestiere o attività economica, di stipulare qualunque contratto egli ritenga utile, necessario ed essenziale per il raggiungimento dei suoi scopi leciti […] e, sebbene si possa concedere che questo diritto di stipulare contratti possa essere regolato dalla legge statale, tuttavia questo potere di regolamentazione dello Stato non si può estendere fino al punto di proibire al cittadino di stipulare contratti».

Durante gli anni venti del XX secolo, la dottrina a fondamento dello Sherman Act fu indebolita, mentre - a seguito della Grande Depressione - i giudici della Corte suprema nominati da Roosevelt applicarono restrittivamente lo Sherman Act437. Infatti, in

occasione di crisi economiche e finanziarie, sono stati posti dei limiti all’azione della concorrenza nell’erronea convinzione che la concorrenza potesse avere l’effetto di prolungare la depressione prodotta dalla crisi, come se l’antitrust fosse un lusso possibile solo nei momenti di benessere. Il dilemma dell’economia americana risiede nella contestuale conciliazione tra la preservazione di un ordine industriale stabile ed efficiente, basato necessariamente su un alto livello di organizzazione collettiva, ed il mantenimento dell’eredità democratica dell’America. Un conflitto tra reale ed ideale, acuito in specie nei momenti di crisi economica438. Così è stato per le misure varate dal

governo statunitense nel 1933. Infatti, nel 1933 il Presidente Roosevelt emanò il National

Recovery Act al fine di sospendere temporaneamente l’applicazione della normativa

federale antitrust e nel medesimo anno la decisione Appalachian Coals, Inc. vs. United States (cit.), approvò un accordo di vendita collettiva e di fissazione dei prezzi tra centotrentasette produttori di carbonio439.

A livello di teoria generale dell’avversione verso il trust da parte di un ordinamento costituzionale fondato su una struttura democratica risulta illuminante quanto elaborato da James Madison all’interno dei Federalist Papers. Infatti, nel Federalist Paper n. 10 James Madison descrisse ciò che per lui è la grande minaccia alla democrazia: la fazione. Definisce la fazione come un insieme di cittadini - minoranza o maggioranza della comunità che sia - unito dal medesimo comune impulso di passione o di interesse,

437 E. V. Rostow, Planning for Freedom. The Public Law of American Capitalism, New Haven, 1959, 281. 438 E. W. Hawley, The New Deal and the problem of Monopoly, a study in economic ambivalence, New York, 1995,

473.

contrario ai diritti dei cittadini o ai permanenti e globali interessi della comunità440.

Madison sostenne che la più comune delle fazioni derivasse dalla variegata e non equa distribuzione della proprietà, ovvero tra coloro che hanno e coloro che non hanno proprietà, tra coloro che sono creditori e coloro che sono debitori. Madison notò che «la più comune e desiderabile fonte delle fazioni sia stata la varia e diseguale distribuzione della proprietà» e che «la regolamentazione di questi vari e confliggenti interessi costituisce la principale attività del legislatore moderno, così come coinvolgere lo spirito del partito e della fazione nelle necessarie e ordinarie operazioni di governo»441.

Pertanto, la regolazione di questi diversi ed interferenti interessi rappresenta il principale compito del legislatore moderno, il quale dovrà anche considerare nel processo legislativo le fazioni ovvero quei gruppi di interesse modernamente definiti lobbies442. Per

Madison la soluzione è la rottura delle fazioni attraverso la stessa struttura della società, nonché rendere difficile a coloro che rappresentano tali interessi di coordinarsi al fine di sopraffare il governo. Infatti, è dalla protezione di differenti ed ineguali capacità di acquistare diritti di proprietà che deriva il possesso di beni di grado e specie diversi. Nell’esposizione della teoria del determinismo economico in politica risiede, sin dalla lettura di Madison, l’esigenza di predisporre un sistema in grado di mantenere la concorrenza, al fine di evitare la sopraffazione soffocante di una fazione rispetto alle altre.

La successiva storia statunitense ha dimostrato come l’antitrust fosse volto a tutelare l’eguaglianza nell’intraprendere e condurre un’attività commerciale in modo da non pregiudicare gli analoghi diritti altrui, l’eguaglianza degli individui quali consumatori e produttori reciprocamente indipendenti, nonché l’equo accesso al mercato e alle risorse naturali443. La giurisprudenza della Corte Suprema ha fondato i limiti all’attività

440 «A number of citizens, whether amounting to a majority or a minority of the whole, who are united

and actuated by some common impulse of passion, or of interest, adversed to the rights of other citizens, or to the permanent and aggregate interests of the community», in A. Hamilton, J. Madison, J. Jay, The

Federalist Papers (1788), a cura di C. Rossiter, New York, 2003, 73.

441 «The most common faction, he argues, is created by the various and unequal distribution of property.

Those who hold and those who are without property have ever formed distinct interests in society. Those who are creditors, and those who are debtors, fall under a like discrimination. [...] The regulation of these various and interfering interests forms the principal task of modern legislation, and involves the spirit of party and faction in the necessary and ordinary operations of the government» in The Federalist Papers, cit., 73 ss. Per una lettura storica degli interessi economici sottostanti all’adozione della Costituzione degli Stati Uniti d’America si veda: C. A. Beard, An Economic Interpretation of the Constitution of the United States (1913), New York, trad. it., Milano, 1959. La Commerce Clause, attraverso cui il commercio interstatale viene affidato alla competenza della Federazione, affonda le sue radici nei Federalist Papers di Hamilton, Madison e Jay. Nel Paper n. 46 Madison sostiene che lo sviluppo degli Stati Uniti è stato rigoglioso finchè è stato supportato da forti competenze della Federazione ed evidenzia gli errori commessi dalle leggi statali, in cui l’interesse nazionale veniva sacrificato sull’altare del local spirit e del particolarismo regionale. Hamilton, nel

Paper n. 22, ha ulteriormente sottolineato la necessità della competenza federale in materia di commercio

(M. D’Alberti, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, cit., 705, 712).

442 In tema di lobbies si veda P. L. Petrillo, Democrazie sotto pressione. Lobbies e Parlamenti nel diritto pubblico

comparato, Milano, 2011.

443 H. B. Thorelli, op. cit., 608. Riguardo alle ragioni sottostanti all’adozione dello Sherman Act il Giudice

imprenditoriale sul V e XIV emendamento, ovvero sul due process of law, pietra angolare dello Stato di diritto.

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