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6. Uniformità, trasversalità e tutela della concorrenza

7.1. La nozione

L’introduzione del primo riferimento esplicito alla tutela della concorrenza a livello costituzionale ha consentito di frapporre alti ostacoli alle derive interpretative dirigistiche degli articoli 41, comma 3, e 43 della Costituzione, poiché mentre l’art. 41 riconosce la libertà di concorrenza (secondo una lettura da molti accreditata, v. supra), l’art. 117 rende esplicitamente doverosa la tutela della concorrenza348. È stato

opportunamente rilevato che la lett. e) del comma 2 dell’art. 117 rende la concorrenza non solo un limite alla competenza legislativa regionale, ma anche a quella del legislatore statale, dovendo elevarla a bene o fine da promuovere anche attraverso l’astensione da politiche restrittive della concorrenza349.

Sotto tale profilo è stato evidenziato che l’aver la Costituzione inteso la concorrenza come valore non esclude radicalmente che lo Stato possa intervenire in campo economico, ancorché la valutazione delle misure statali verrà valutata con maggiore circospezione350. Il riferimento costituzionale non già alla «concorrenza», bensì

alla «tutela della concorrenza», comporta che l’intervento amministrativo non possa essere inteso in senso conformativo, bensì nel senso di tutela destinata sia a favore delle imprese che dei consumatori, in modo da garantire l’efficienza del sistema e l’utilità sociale di cui all’art. 41 della Costituzione351.

La più rilevante decisione costituzionale in materia di concorrenza è contenuta nella sent. n. 14 del 2004. In quell’occasione la Corte, chiamata ad intervenire in tema di

347 M. D’Alberti, op. cit., 705.

348 A. Pace, Gli aiuti di Stato, cit., 259, 263. Contra, risuona il monito di N. Irti, Iniziativa privata cit., col. 225

e L’ordine giuridico del mercato, Roma, Bari, 1998, 28, per il quale solo con “fatica esegetica e in ispregio della lettura complessiva della norma” i principi costitutivi dell’economia di mercato e della concorrenza possono ricondursi all’art. 41.

349 G. Corso, La tutela della concorrenza, cit., 981, 985. 350 G. P. Dolso, op. cit., 265, 273.

interventi pubblici a sostegno di operatori economici, ritenendo che la questione alla base del ricorso fosse il rapporto tra la concorrenza e gli interventi pubblici sul mercato352, ha adottato una lettura “comunitariamente orientata” della nozione di

concorrenza ed ha esteso il parametro indicato dalle Regioni ricorrenti alla competenza dello Stato ad intervenire in materia di concorrenza, di cui alla lett. e) del comma 2 dell’art. 117 Cost. In tale decisione la Corte ha affermato che «dal punto di vista del diritto interno la nozione di concorrenza non può non riflettere quella operante in ambito comunitario, che comprende interventi regolativi, misure antitrust e misure destinate a promuovere un mercato aperto ed in libera concorrenza». Inoltre, la tutela della concorrenza, in considerazione anche delle altre competenze statali di cui alla lett. e) dell’art. 117, comma 2 (moneta, tutela del risparmio e dei mercati finanziari, sistema valutario e sistema contabile dello Stato, perequazione delle risorse finanziarie) costituisce, come poi ribadito dalle sentenze nn. 272 del 2004, 80 del 2006, 242 del 2005, 175 del 2005, «una delle leve della politica economica statale e, pertanto, non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali» (Considerato in diritto, n. 4). In questa pronuncia late una visione oggettiva del mercato concorrenziale, inerente non più solo alle sfere soggettive, ma anche al sistema economico di mercato aperto ed in libera concorrenza di origine comunitaria, in favore del quale è altresì ammissibile una compressione della dimensione delle libertà economiche individuali353.

A partire dalla sent. n. 14 del 2004, il Giudice costituzionale ha accolto una nozione ampia di concorrenza non coincidente con quella classica, intesa come libertà degli operatori economici dai monopoli di stato o da restrizioni poste in essere da privati. La Corte, vale a dire, opta per l’accezione “dinamica” di concorrenza invalsa nel diritto comunitario, ricomprendendo nella competenza legislativa statale, oltre alle misure antitrust e agli «interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto», anche gli strumenti pubblici volti a «ridurre squilibri, favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o instaurare assetti concorrenziali»: tra cui gli aiuti di stato, ammessi a livello europeo se orientati ad assecondare lo sviluppo economico e a promuovere la coesione sociale354. Dalla lettura della sent. n. 14 del 2004 è stato notato

352 Nel linguaggio comunitario gli interventi pubblici nel mercato sono definiti “aiuti di Stato” quando

ricorrono determinati requisiti, id est: arrecano un vantaggio economico all’impresa coinvolta; sono concessi da uno Stato o attraverso risorse statali; devono avere un carattere specifico – nel senso di favorire “taluno” – e devono incidere sugli scambi tra Stati membri. Cfr. C. Pinotti, Gli aiuti di Stato alle

imprese nel diritto comunitario, Padova, 2000, 22.

353 R. Niro, voce art. 41 Cost., cit., 857.

354 A. Concaro, I. Pellizzone, Tutela della concorrenza e materie trasversali, cit., 436. Sugli aiuti di Stato è

emblematica la sent. n. 63 del 2008, in cui si mette in evidenza il carattere eccezionale di tali aiuti. Infatti, dovendo intervenire sulla legittimità di una normativa statale disciplinante le modalità di erogazione di finanziamenti statali vincolati nella destinazione (salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà) e

come la Corte abbia evitato di riferirsi a decisioni passate, dando l’impressione che la materia, prima della riforma del Titolo V, fosse una «pagina bianca»355.

A seguito della sent. n. 14 del 2004, la giurisprudenza costituzionale si è occupata di concorrenza più volte e assumendo quasi sempre come riferimento tale sentenza (frequentissimamente ricorre nelle decisioni la citazione della «concezione dinamica della “tutela della concorrenza” di cui alla sentenza n. 14 del 2004 di questa Corte»), confermando l’importanza ormai stabilmente assunta dall’argomento nell’attuale arena costituzionale356.

Nella sent. n. 272 del 2004 la Corte, nel definire l’ampiezza della materia “tutela della concorrenza” ha sostenuto che essa «ha una portata così ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuovere, sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato». A partire da questa sentenza la Corte ha più volte ribadito (sentenze n. 430 e n. 401 del 2007; n. 63 del 2008; n. 270, n. 232 e n. 45 del 2010; n. 314 del 2009 e n. 148 del 2009) che la nozione comunitaria di concorrenza può essere tutelata mediante tipi diversi di interventi regolatori, quali:

a) strumenti antitrust come «le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione» (sentenza n. 430 del 2007)357;

b) misure volte ad assicurare la concorrenza “nel mercato” come le disposizioni legislative «di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese» (sentenza n. 430 del 2007);

c) in ultimo, interventi mirati a garantire la concorrenza “per il mercato”, quali le disposizioni legislative che perseguono il fine di assicurare procedure concorsuali di

diretti a sostenere attività di competenza regionale, la Corte ha affermato che gli «aiuti di Stato, quando consentiti, lo sono normalmente in deroga alla tutela della concorrenza» e conseguentemente «questa materia non può essere estesa fino a ricomprendere quelle misure statali che non intendono incidere sull’assetto concorrenziale dei mercati o che addirittura lo riducono o lo eliminano o che, lungi dal costituire uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza, contrastano con i principi comunitari e contraddicono apertamente il fine (la tutela della concorrenza) che pure affermano di voler perseguire».

355 G. P. Dolso, op. cit., 275. Ulteriori commenti alla sent. n. 14 del 2004: i già citati A. Pace, Gli aiuti di

Stato sono forme di tutela della concorrenza, cit., 259, e C. Buzzacchi, Principio della concorrenza e aiuti di Stato tra diritto interno e diritto comunitario, cit., 277; R. Caranta, La tutela della concorrenza, le competenze legislative, cit., 990;

L. F. Pace, Il concetto di tutela della concorrenza, l’art. 117 Cost. e il diritto comunitario: la «costituzionalizzazione» della

figura dell’«imprenditore sovvenzionato», in Giur. cost., 2004, 4678; F. Pizzetti, Guardare a Bruxelles, cit., 1014; M.

Libertini, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, in Giur. cost., 2005, n. 2, 1429.

356 L. Arnaudo, op. cit., 377, 384.

357 L. Cassetti, Potestà legislativa esclusiva e tutela della concorrenza cit., 8 e 14, ha ritenuto che l’oggetto della

materia trasversale della tutela della concorrenza possa essere qualificato come materia nei limiti in cui l’àmbito della stessa venga “modellato” attorno all’insieme delle regole antitrust sulla cui attuazione e corretta applicazione vigila l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

garanzia in modo da assicurare «la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici» (sentenza n. 401 del 2007).

Nella sent. n. 336 del 2005 la “tutela della concorrenza” viene intesa quale garanzia di parità di trattamento e di misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore. La Corte costituzionale, con sent. n. 285 del 2005, ha precisato che, per accertare se determinate disposizioni possano essere ricondotte alla materia tutela della concorrenza, si deve verificare se «le norme adottate dallo Stato siano essenzialmente finalizzate a garantire la concorrenza fra i diversi soggetti del mercato» allo scopo di testarne la coerenza rispetto all’obiettivo di assicurare un mercato aperto e in libera concorrenza.

Un’ulteriore estensione del contenuto della tutela della concorrenza si registra con la sent. n. 235 del 2011, tale da ricomprendere anche tutti gli interventi volti a favorire la competitività del sistema e lo sviluppo del mercato inteso quale infrastruttura essenziale per l’affermarsi di una reale competizione tra le imprese.

Con la sentenza n. 401 del 2007 (Considerato in diritto, n. 6.7) il Giudice di legittimità costituzionale ha ribadito quanto già statuito nelle sentenze nn. 14 del 2004, 272 del 2004 e 29 del 2006, ovvero che «la nozione di concorrenza, riflettendo quella operante in ambito comunitario, include in sé sia interventi “di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto”, sia interventi mirati a ridurre gli squilibri attraverso la creazione delle condizioni per la instaurazione di assetti concorrenziali. Rientrano, pertanto, nell’ambito materiale in esame le misure di garanzia del mantenimento di mercati già concorrenziali e gli strumenti di liberalizzazione dei mercati stessi»358.

La Corte costituzionale adotta, quindi, una concezione della tutela della concorrenza definita “dilatata” e sostiene che gli interventi statali volti a promuovere e tutelare la concorrenza sono legittimi costituzionalmente se in grado di perseguire finalità di sviluppo del Paese (sent. n. 431 del 2007). Pertanto, il Giudice costituzionale può svolgere un sindacato sull’intervento statale fondato sulla sua “proporzionalità” e sulla “razionalità dei presupposti”359.

358 A commento della sent. n. 401 del 2007, A. Venturi, La «tutela della concorrenza»: da «valore-materia» a

«materia-valore». La Corte conferma il riparto Stato-Regioni operato dal Codice de Lise (nota a margine di Corte costituzionale 27 novembre 2007, n. 401), in Le Regioni, 2008, n. 2, 407, 419 ss., approfondisce il rapporto tra i

procedimenti ad evidenza pubblica e la materia della tutela della concorrenza. Infatti, la Corte, ritenendo che nell’ambito dei contratti pubblici fosse necessario assicurare la più ampia apertura al mercato a tutti gli operatori economici del settore, evidenzia che la nozione di tutela della concorrenza, di cui alla lett. e) del comma 2 dell’art. 117 Cost., coincida con quella operante in ambito comunitario, includendo «sia interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto», sia interventi mirati a ridurre gli squilibri attraverso la creazione delle condizioni per l’instaurazione di assetti concorrenziali. Conseguentemente, l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nell’intero territorio nazionale (e comunitario) è dettata dalla necessità di garantire il rispetto di quei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza che caratterizzano tutta la disciplina comunitaria derivata in materia di contratti pubblici. Tra gli altri commenti alla sent. n. 401 del 2007 si segnalano: R. Bin, Alla ricerca della materia perduta, cit., 398; R. De Nictolis, I principi espressi dalla Corte costituzionale nella

sentenza n. 401 del 2007, in http://www.federalismi.it; A. Celotto, La “Legge di Kirschmann” non si applica al codice degli appalti (in margine alla sent. n. 401 del 2007 della Corte costituzionale), in neldiritto.it.

359 L. Cassetti, La Corte e le scelte di politica economica: la discutibile dilatazione dell’intervento statale a tutela della

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