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Brevi cenni sull’efficacia dell’azione di classe a tutela della concorrenza Profili d

Uno dei paradossi del diritto della concorrenza risiede nella discrasia tra coloro che dovrebbero beneficiarne e coloro che hanno voce nella formazione della politica della concorrenza494. Considerato che, tramite la tutela della struttura concorrenziale del

mercato e dell’efficienza economica, si possa pervenire al raggiungimento del benessere sociale, è opportuno comprendere se e come sia possibile individuare un raccordo tra tutela del consumatore - soggetto interessato (d)al benessere sociale - e meccanismi di tutela della concorrenza.

Nella prospettiva della tutela dagli abusi della concorrenza l’introduzione dello strumento dell’azione di classe (class action) ha svolto un ruolo determinante. Infatti,

anticoncorrenziale secondo lo Sherman Act solo quando incide sull’efficienza allocativa ed alza i prezzi dei beni sopra i livelli concorrenziali o diminuisce la loro qualità; Rebel Oil Co. v. Atlantic Richfield Co., 51 F. 3d 1421, 1433 (9th Cir. 1995), secondo cui una pratica è anticoncorrenziale quando ostacola il raggiungimento di obiettivi concorrenziali, ovvero prezzi più bassi, migliori prodotti e metodi produttivi più efficienti.

491 D. Millon, op. cit., 1228 e R. Bork, The Antitrust Paradox, cit., 405. 492 R. Bork, Legislative Intent, cit., 7.

493 G. Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, cit., 226.

494 D. P. Wood, International Harmonization of Antitrust Law. The Tortoise or the Hare?, in 3 Chi. J. Int’l L. 391

l’azione di classe ha consentito a chi non avesse voce di unirla ad un coro di altre deboli voci, in grado di essere così forte da poterla rendere udibile dai trasgressori della disciplina antitrust. La class action costituisce un eccezionale strumento processuale diretto a riequilibrare la posizione degli operatori economici rispetto a quella dei consumatori, danneggiati dai loro comportamenti. In generale, la class action consente ad uno o più individui di agire in giudizio in rappresentanza di un’intera categoria di soggetti, con cui hanno in comune questioni di fatto e di diritto, nei confronti di un unico convenuto, con effetti per tutti i componenti presenti e futuri della classe495. Pertanto, tale azione

non è uno strumento esclusivo del sistema concorrenziale, ma si è rivelata particolarmente idonea per dare attuazione alla naturale complementarietà della tutela della concorrenza, particolare bene a rilevanza pubblica, e della tutela del consumatore, parte debole del sistema economico.

La lesione della condotta concorrenzialmente illecita è di per sé una condotta plurioffensiva ed il consumatore, facente parte della pluralità lesa, necessita conseguenzialmente di uno strumento di tutela “al plurale”, quale appunto l’azione di classe.

Attraverso l’azione di classe si è data rilevanza all’interesse del consumatore, non solo quale mero fatto, ma quale interesse giuridicamente protetto alla conservazione di un mercato concorrenziale496. Inoltre, dal profilo meramente contrattuale e privatistico,

è stato osservato che l’interesse del consumatore deve essere posto sul piano dell’interesse alla correttezza dell’impresa sul mercato, nel senso che il diritto del consumatore esiste prima e fuori dal contratto e tale diritto si realizza solo se l’impresa ispiri alla correttezza il proprio agire nel mercato. Conseguentemente il consumatore è titolare di un interesse individuale al rispetto delle regole nel confronto concorrenziale. Dunque, esiste un interesse giuridicamente protetto del consumatore a che il mercato sia conformato in maniera concorrenziale, tanto che l’interesse alla concorrenzialità del mercato preesiste allo stesso contratto497.

Il consumatore, quale soggetto del mercato che chiude la filiera che inizia con la produzione del bene, subisce anch’esso le conseguenze di un mercato in cui vengono adottate pratiche lesive della concorrenza. Tuttavia, a differenza dei veri e propri operatori economici, il tradizionale strumento di tutela individuale risulta essere inadeguato ed inefficace, in considerazione dell’entità del danno individualmente subito dal consumatore. Il rischio della razionale rinuncia ad agire da parte del consumatore, dovuta alla sproporzione dei costi giudiziari rispetto ai benefici dell’ambito ristoro, non può che incentivare le pratiche scorrette e lesive del mercato concorrenziale. Proprio al

495 B. Di Giacomo Russo, Class action e sussidiarietà orizzontale, in Libertà e potere nei rapporti economici. Profili

giuspubblicistici, a cura di F. Pizzolato, Milano, 2010, 105, 106 et 126.

496 G. Guizzi, Struttura concorrenziale del mercato e tutela dei consumatori. Una relazione ancora da esplorare, in Foro

it., 2004, I, 479, 480.

fine di ostacolare e contrastare tali prassi si è ritenuto necessario ricorrere a strumenti di tutela collettiva.

Com’è noto, l’ordinamento che ha dato i natali all’azione di classe è proprio quello statunitense, che consente di ricorrere ad una azione collettiva a fini risarcitori, nonché di ottenere i c.d. danni punitivi, di talchè tale azione esercita innanzitutto un potente effetto deterrente498. Negli Stati Uniti la class action è disciplinata in via generale dalla Rule

23 delle U.S. Federal Rules of Civil Procedure (FRCP)499, la quale prevede quali requisiti

indispensabili per la proposizione dell’azione: numerosity, commonality, typicality, adequacy500.

Tuttavia, ad ogni Stato, nel rispetto della normativa federale, è consentita l’introduzione di una propria disciplina dell’azione di classe.

Orbene, l’efficacia dell’azione di classe nel settore della tutela della concorrenza è provata da casi quale quello degli acquirenti indiretti di Microsoft, in cui - se non si fosse ricorso a tale strumento processuale - sarebbe stato impossibile per i consumatori danneggiati ottenere sollievo per il danno subito dalla restrizione del mercato concorrenziale501.

In Italia, la necessità di uno strumento di coordinamento processuale, quale l’azione di classe, al fine di tutelare i consumatori da pratiche anticoncorrenziali si è manifestata prepotentemente nel noto caso delle polizze di Responsabilità Civile Autoveicoli (R.C.A.). Infatti, numerose compagnie assicurative erano state sanzionate dall’AGCM (provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000) per avere colluso mediante lo scambio di informazioni sensibili, determinando un aumento dei premi per le polizze a danno dei consumatori. Orbene, in assenza di strumenti di aggregazione processuale, gli assicurati – rectius, quelli meglio informati e con maggiori disponibilità economiche – avevano agito individualmente, ricorrendo al giudice di pace al fine di ottenere il risarcimento del danno subito dalle maggiorazioni di premio illecitamente riscosse dalla

498 Cfr. Camera dei Deputati, XV Legislatura, Dossier su Azione di gruppo e tutela dei diritti dei consumatori,

Parte Prima, A. C. 1495 e abb., 2006. Sull’effetto di deterrenza delle azioni di classe si veda: C. Amatucci,

La vera ambizione delle azioni di classe: brevi note sulla deterrenza, in Anal. Giur. dell’Econ., 2008, n. 1, 11.

499 Per quanto conerne i precedenti storici della odierna azione di classe si ricorda che nel 1938 veniva

introdotta la Moore Rule, la quale sostituiva il requisito della questione comune con una classificazione operata al “character of right”, tale da consentire di esperire “true-class action” o “spurious class action”. Solo nel 1966 vennero superate le restrinzioni e le difficoltà interpretative della Moore Rule con la formulazione della Federal Rule 23. Tuttavia, le revisioni della disciplina sono continuate con altri due interventi modificativi nel 1998 e nel 2003, fino a giungere, nel 2005, alla promulgazione del Class Action Fairness Act. L’attuale Federal Rule 23 ha introdotto un criterio unitario di individuazione della comunanza di interessi, rimesso alla discrezionale determinazione dell’autorità giudiziaria.

500 Numerosity significa che il gruppo deve essere così ampio da ricomprendere tutti i portatori

dell’interesse della class. Commonality comporta che il gruppo deve essere portatore di una questione comune sia in fatto che in diritto. Typicality vuol dire che i rappresentanti devono presentare domande (o difese) omogenee per il gruppo rappresentate. Infine, adequacy sottende che i rappresentanti devono adeguatamente e correttamente rappresentare la class d’interesse tra rappresentante e rappresentati.

501 U.S. v. Microsoft, 87 F. Supp. 2d 30 (D.D.C. 2000), 97 F. Supp. 2d 59 (D.D.C. 2000), aff’d in part and rev’d

compagnie assicurative502. La lunga vicenda cagionata dalla collusione nella fissazione del

prezzo delle polizze R.C.A. ha rappresentato il caso paradigmatico della necessità di un mezzo processuale di gruppo affinchè i consumatori possano sistematicamente ottenere riparazione del danno subito dalla violazione della libertà di concorrenza.

In Italia l’introduzione dell’azione di classe (class action) è avvenuta, a seguito di tribolate modifiche legislative, con l’art. 140-bis del Codice del consumo (d. lgs. n. 206 del 2005), introdotto con la legge finanziaria del 2008 (l. 21 dicembre 2007, n. 244, art. 2, commi da 445 a 449),come poi riformato dalla legge n. 99 del 2009, dal d. lgs. n. 198 del 2009 e dal d.lgs. n. 28 del 2010, in vigore dal gennaio 2010503. Tale azione, ormai definita

anche dalla stessa rubrica dell’art. 140-bis “di classe”, invero, nasce e resta quale azione collettiva risarcitoria. A differenza del modello statunitense non è prevista la lesione di un interesse indifferenziato o di carattere collettivo o diffuso, in quanto la lesione del diritto deriva da un medesimo fatto illecito o che presenta caratteristiche “omogenee”, tali da provocare un analogo danno ad un numero elevato di consumatori504.

Specificatamente - e per quel che ci riguarda - il comma 2, lett. c), prevede che tale azione tuteli “i diritti [individuali omogenei dei consumatori e degli utenti] al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori ed utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali” 505.

Tale novità legislativa sembrerebbe integrare il controllo del private enforcement, attribuendo un diritto risarcitorio – restitutorio direttamente ai consumatori e

502 A. Palmieri, R. Pardolesi, L’antitrust per il benessere (e il risarcimento del danno) dei consumatori, in Foro It.,

2005, 1015, 1016.

503 A commento del disegno di legge introduttivo dell’azione collettiva risarcitoria (poi azione di classe)

l’Autorità garante della concorrenza e del mercato con la segnalazione A.S. 430 - Disposizioni per la

formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), propose l’introduzione di

disposizioni di raccordo tra la disciplina dell’azione di gruppo e le proprie competenze, quale il previo esperimento dell’azione davanti all’Autorità, al fine di tutelare i consumatori e gli utenti, nonchè di circoscrivere la portata della stessa azione. Sulle modalità procedurali dell’azione di classe italiana in materia di concorrenza si vedano: M. Scuffi, Tutela antitrust del consumatore e azione di classe, in Il dir. ind., 2009, n. 4, 341; G. Afferni, L’azione di classe in antitrust, scheda informativa n. 10, in

http://www.osservatorioantitrust.eu/index.php?id=748. Tra i commenti relativi all’azione di classe in Italia si

vedano, ex plurimis: P. Schlesinger, La nuova «azione di classe», in Corr. giur., 2011, 547; F. Benatti, Il danno

nell’azione di classe, in Danno e resp., 2011, 14; S. A. Cerrato, Un debutto «stonato» per la «nuova» class action italiana, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, 619; V. Vigoriti, Giustizia e futuro: conciliazione e class action, in Contro e impr., 2010, 1; V. Sangiovanni, Nozione di consumatore e legittimazione alla class action, in Corr. merito, 2010,

104; E. Ruggeri, È inammissibile la prima class action risarcitoria proposta in Italia, in Riv. dir. proc., 2010, G. Afferni, Azione di classe e danno antitrust, in Mercato concorrenza regole, 2010, 491; S. Menchini, I provvedimenti

relativi atrazione di classe dell’art. 140-bis cod. consumo, in Judicium, 2010; M. Libertini, M. R. Maugeri, Il giudizio di ammissibilità dell’azione di classe, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2010, I, 869-889; M. Libertini, M. R. Maugeri, Ancora sul giudizio di ammissibilità dell’azione di classe, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2011, n. 1, 520.

504 Il d.l. n. 1 del 2012, art. 6, “Norme per rendere efficace l’azione di classe”, è diretto, come recita la sua

stessa intitolazione, a dare efficacia allo strumento dell’azione di classe, richiedendo l’ “omogeneità” e non più l’ “identicità” dei diritti contrattuali della pluralità dei consumatori. La modifica è il risultato di una riflessione sui primi casi di azioni di classe che sono state, per lo più, dichiarate inammissibili dalle Corti per carenza di “identità” degli interessi dei proponenti.

505 Per “comportamenti anticoncorrenziali” si devono intendere quelle condotte poste in essere dai

imponendo efficacia ultra vires alla sentenza attributiva del risarcimento nei confronti dell’associazione dei consumatori ovvero di coloro che, pur estranei al processo, abbiano comunque aderito all’azione di classe risarcitoria.

L’azione di classe, così come tratteggiata dal legislatore, è esperibile al fine di ottenere la declaratoria di nullità del contratto “a valle” ed il risarcimento del danno subito, ai sensi del secondo comma dell’art. 33 della legge antitrust. Invero, la legittimazione attiva del singolo consumatore, quale altro soggetto del mercato avente interesse alla conservazione del suo carattere competitivo, per ottenere la nullità del contratto “a valle” ed il risarcimento del danno subito era stata già riconosciuta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le sentenze n. 2207 e n. 17398 del 2005 (relative al suddetto caso delle polizze R.C.A). Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 2207 del 2005, hanno precisato che la l. n. 287 del 1990 non è diretta a tutelare solo gli imprenditori, ma anche tutti i soggetti che fanno parte del mercato, compresi i consumatori, in forza dell’art. 4 della legge antitrust, il quale consente deroghe al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza tali, però, da comportare un sostanziale beneficio per i consumatori506. La Corte, pertanto, ha rilevato che un’intesa

illecita cagiona degli effetti pregiudizievoli in grado di propagarsi sino al diritto di libera scelta fra prodotti equivalenti da parte del consumatore finale. Secondo tale arresto giurisprudenziale, «la legge antitrust non è la legge degli imprenditori, ma la legge dei soggetti del mercato, ovvero di chiunque abbia un interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere»507. E se l’antitrust

riguarda una pluralità di soggetti, allora una condotta anticoncorrenziale può facilmente essere plurioffensiva, cioè lesiva sia del bene generale alla protezione della concorrenza sia degli interessi del singolo. È proprio al livello del consumatore finale che si realizza la funzione illecita dell’intesa anticoncorrenziale, in quanto rende inconsistente il diritto del consumatore alla scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente508.

Ad oggi (febbraio 2012) le azioni di classe incardinate sono state diciannove, di cui quattro dichiarate ammissibili, otto inammissibili e le rimanenti sette ancora in

506 A margine di tale sentenza si veda, inter alia, A. Palmieri, R. Pardolesi, L’antitrust per il benessere (e il

risarcimento del danno) dei consumatori, in Foro It., 2005, 1015. Per un commento al caso “R.C.A.” si veda: G.

Rossi, Illecito antitrust e tutela del consumatore, cit., 208 ss. La vicenda relativa alla R.C.A. colpì trentanove tra le maggiori compagnie assicurative e, quindi, milioni di utenti assicurati. La cospicuità del numero dei soggetti coinvolti, ovvero consumatori con esigenze comuni, e la rilevanza della questione hanno contribuito ad accelerare il processo di introduzione dell’azione collettiva nell’ordinamento italiano.

507 Altra giurisprudenza della Cassazione sostiene che, alla luce della caratterizzazione tecnica degli istituti

delineati dalla l. n. 287 del 1990, lo strumento risarcitorio connesso alla violazione dei divieti di intese restrittive della libertà di concorrenza e di abuso di posizione dominante, rimesso alla competenza esclusiva della Corte di appello, non è aperto, in quanto tale, alla legittimazione attiva dei singoli cosiddetti consumatori finali (Cass., sent. n. 17475 del 2002).

508 Cfr. M. Giannino, Le azioni individuali dei consumatori nel diritto antitrust italiano, in

corso509. Invero, lo strumento introdotto in Italia non garantisce che tutte le violazioni

del diritto antitrust siano adeguatamente sanzionato, né consente il ricorso da parte di professionisti ed imprese510, né stimola l’adesione dei consumatori che hanno subito un

danno di scarso valore. Al contrario, negli Stati Uniti, riguardo a quest’ultimo punto è stato adottato il meccanismo opposto, ovvero non devono dichiarare di aderire all’azione, bensì – eventualmente – di rinunciarvi (c.d. azione di classe con modalità opt-

out).

Alla luce delle potenzialità indicate, l’azione di classe non solo si rivela una forma di tutela costituzionalmente “doverosa”511, ma anche l’unico strumento in grado di

consentire ai consumatori ed ai loro enti esponenziali di poter perseguire la tutela dell’interesse collettivo al mantenimento del libero mercato. Infatti, nonostante la necessità di provvedere ad ulteriori perfezionamenti del rimedio processuale, l’applicazione dell’azione di classe contribuirà alla verifica dell’effettiva strumentalità del sistema antitrust al processo di democrazia economica.

Inoltre, l’azione di classe, per la sua capacità di andare al di là della controversia inerente ad un singolo individuo, potrebbe consentire di superare la riluttanza ad andare oltre i parametri personali della disputa originaria. Come è stato affermato da Mirjan Damaska: «in an extreme scenario, the judge follows a vision of the good life espoused by the government: larger implications are systematically detected in almost all disputes, and the judge becomes a Prometheus unbound»512. Il rapporto tra tutela della

concorrenza e tutela del consumatore costituisce, quindi, l’implicazione di carattere generale discendente dall’esperimento dell’azione di classe: nella valutazione di tali ripercussioni il giudice diventa un “Prometeo liberato”.

509 Fonte: http://www.osservatorioantitrust.eu/index.php?id=885. Per lo più si tratta di azioni promosse da

associazioni di consumatori – come il Codacons - avverso istituti di credito per il danno subito dai correntisti per avere pagato commissioni di massimo scoperto con ricapitalizzazione trimestrale degli interessi eccessivamente onerosa. Da ultimo, Corte di appello di Torino, Sez. I, ordinanza del 23 settembre 2011.

510 Al contrario di quanto, invece, previsto dal Libro Bianco della Commissione UE del 2008 in materia di

“azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie”. Tuttavia, nel senso del testo del codice si colloca anche la lettura data dalla Corte costituzionale con la sent. n. 469 del 2002, in cui relativamente al vecchio art. 1469-bis, comma 2, c.c., precisa che: «La preferenza nell’accordare particolare protezione a coloro che agiscono in modo occasionale, saltuario e non professionale si dimostra non irragionevole allorché si consideri che la finalità della norma è proprio quella di tutelare i soggetti che secondo l’id quod plerumque accidit sono presumibilmente privi della necessaria competenza per negoziare; onde la logica conseguenza dell’esclusione dalla disciplina in esame di categorie di soggetti – quali quelle dei professionisti, dei piccoli imprenditori, degli artigiani – che proprio per l’attività abitualmente svolta hanno cognizioni idonee per contrattare su un piano di parità. Una diversa scelta presupporrebbe logicamente che il piccolo imprenditore e l’artigiano, così come il professionista, siano sempre soggetti deboli anche quando contrattano a scopo di lucro in funzione dell’attività imprenditoriale o artigianale da essi svolta; il che contrasterebbe con lo spirito della direttiva e della conseguente normativa di attuazione»

511 Così, A. Pace, Interrogativi sulla legittimità costituzionale della nuova «class action», in http://www.rivistaic.it,

2011, n. 1, 8, ed in Riv. Dir. Proc., 2011, n. 1, 15.

512 M. R. Damaska, The Faces of Justice and State Authority. A Comparative Approach to Legal Process, New

C

APITOLO

IV

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A LIBERTÀ DI CONCORRENZA

:

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TALIA E

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MERICA A CONFRONTO

SOMMARIO: 1. Comparazione tra Italia e Stati Uniti d’America: metodo ed intento. 2.

Concorrenza, informazione e pluralismo. – 3. Tutela del consumatore e libertà di concorrenza. – 4. Rapporto tra Stati e Federazione e tra Regioni e Stato. – 5. Riflessi sulla forma di Stato democratica e osservazioni conclusive.

1. Comparazione tra Italia e Stati Uniti d’America: metodo ed intento

Dall’analisi svolta nel presente lavoro di ricerca emergono elementi di comunanza e di diversità, da un lato, nel rapporto tra Costituzione e libertà di concorrenza, e, dall’altro lato, nei sistemi di tutela adottati – ancorchè attenzionati solo a livello generale – negli Stati Uniti d’America ed in Italia.

Come è noto, la comparazione ha permesso di stabilire che la lex fundamentalis degli ordinamenti giuridici statali contemporanei non è offerta tanto dai principi che in essa determinano la distribuzione del potere politico tra gli apparati di imperio, quanto da quelli che definiscono in via essenziale i rapporti tra potere politico e società civile e, quindi, ciò su cui si fonda il concetto di forma di Stato513. Alla luce di quanto ricostruito,

l’affermazione della libertà di concorrenza e dei relativi sistemi di tutela antitrust all’interno di un ordinamento costituzionale rappresentano, specialmente negli ultimi decenni, un terreno di incontro/scontro tra potere politico e società civile. In tal senso, il sistema antitrust si pone come argine alla naturale inclinazione degli uomini a deviare dalle virtù di un’economia sociale di mercato, fondata sulla libertà di concorrenza.

Al di là delle considerazioni sulla Costituzione economica dell’Italia e degli Stati Uniti d’America, si intende comprendere quali assonanze e dissonanze emergano dalla comparazione dello sviluppo storico del principio della concorrenza e dai sistemi di tutela antitrust adottati nei due ordinamenti costituzionali514. In questo capitolo si svolge

513 G. Bognetti, L’oggetto e il metodo, in Diritto costituzionale comparato, a cura di P. Carrozza, A. Di Giovine, G.

F. Ferrari, Roma, Bari, 2009, 5, 13.

514 Infatti, secondo il costituzionalismo tradizionale, un approccio comparativo riguardo alla

considerazione dei temi economici in Costituzione dovrebbe ricorrere alla Costituzione economica come oggetto della comparazione. M. Dani, Economic Constitutionalism(s) in a Time of Uneasiness, cit., 205, 215,

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