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Alberto Zorli era un economista cattolico, professore di Scienza delle Finanze all’Università di Macerata che propugnava un concetto di scienza economica diverso da quello studiato dalle scuole classiche.

Al 1902 risale un libro, da lui scritto, Primi principi di economia sociale descrittiva e teoretica, in cui spiega come la scienza economica sia per lui una scienza d’insieme che attinge da varie discipline, in particolare dalla ragioneria, la storia, la statistica e la geografia economica e studia l’azienda economica in generale, che lui considera il nucleo vitale dell’intero ordinamento economico ed espressione della vita sociale; per questo motivo la scienza economica generale è anche detta economia sociale.

Tutte le altre impostazioni che fanno della ricchezza l’oggetto del loro studio non sono altro che delle discipline speciali che in realtà conoscono solo un aspetto del fenomeno economico.

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La conoscenza dell’azienda nella scienza economica sociale di Zorli non va però confusa con il lavoro svolto dalla ragioneria e dalla contabilità, i ragionieri svolgono sì un lavoro più completo rispetto a quello svolto dagli economisti appartenenti alla scuola classica di Adam Smith, poiché ogni giorno registrano sui libri contabili i fatti economici, ma lo fanno a solo scopo amministrativo, non rilevando anche tutta la complessità sociale del campo economico:

“una vera fotografia della vita economica è data solo dalla Ragioneria. Però la Ragioneria non ha visto quanto ha saputo vedere il cultore della scienza economica d’insieme. Per la Ragioneria la vita economica è tutta compresa nelle aziende, ed è vero, ma non si era accorta che l’azienda è l’apparato economico dell’ente sociale; inoltre essa considera l’azienda non come una realtà, ma quale una entità creata a scopo amministrativo.”113

Il motivo dell’attenzione di Zorli alle aziende risiede nel fatto che esse sarebbero dei nuclei personali e morali che costituiscono le vere cellule sociali, formate da uomini e beni materiali. La vita sociale nel suo complesso ha la forma di una grande azienda, poiché essa è data da una combinazione di tante piccole aziende, formate dai singoli individui o dai singoli stati. Questo sistema sociale si viene a creare perché l’uomo non può separarsi dai beni materiali, egli, spinto dalla necessità di soddisfare i suoi bisogni e grazie alla sua forza intellettuale crea degli enti, da solo o con altri individui, in grado di compiere svariate funzioni. Le strutture sociali individuate da Zorli sarebbero dodici: famiglia, Stato, scuola, scienza, arte, culto, industria territoriale, manifattrice, commerciale, creditizia, assistenza (mutua, gratuita, e compensata), intrattenimento.

In questo quadro le aziende non sono altro che l’apparato economico degli enti sociali:

“noi non possiamo, socialmente parlando, concepire un uomo senza un vestito, senza il necessario per vivere almeno un giorno; non possiamo concepire un uomo che non acquisti e non spenda, senza cioè un’entrata e un’uscita, che non sia centro di fenomeni aziendali. La vita aziendale non è che l’effetto del pensare, sentire e volere economico.”114

L’azienda è l’apparato economico dell’ente sociale perché svolge due tipi di funzioni, la produzione ed il consumo, per questo motivo esistono solo due grandi tipi di aziende: quelle

113 Alberto Zorli, Trattato di Economia Sociale, Terza ediz. Completamente rifatta ed aggiornata, Torino, Fratelli Bocca,

1924, p.4

114 Alberto Zorli, Trattato di Economia Sociale, Terza ediz. Completamente rifatta ed aggiornata, Torino, Fratelli Bocca,

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procacciatrici e quelle erogatrici, egli rifiuta quindi l’impostazione della scuola di pensiero classica che individua quattro momenti economici: produzione, distribuzione, circolazione e consumo; il loro grande errore deriva dalla considerazione della sola parte oggettiva del campo economico, vale a dire la ricchezza, essi quindi non considerano tutte quelle imprese che si occupano di servizi umani e a questo proposito si chiede se l’opera di un medico, che viene considerata improduttiva dalla scuola classica, non abbia forse la stessa utilità sociale ed economica che viene attribuita all’attività di coltivazione di un agricoltore.

L’elemento più importante di tutta la teoria di Zorli è però quello che lo pone ulteriormente in contrasto con le teorie ispirate a Smith, queste ultime rintracciano la legge generale economica nella ricerca dell’utile mentre Zorli lo rintraccia nel Principio di Convenienza, che non è altro che una legge di adattamento all’ambiente che mitiga gli spiriti egoistici. Secondo questo principio infatti ogni uomo è portatore di un proprio tornaconto che però inevitabilmente si scontra con il tornaconto degli altri individui, l’unica strada percorribile perciò si rivela quella della conciliazione dei diversi interessi che porta alla convenienza reciproca, unico fondamento dell’attività economica.

“Per gli economisti della scuola classica e di tutte le altre scuole, eccetto la socialista, la legge generale economica è il tornaconto conseguente alla necessità dell’uomo di soddisfare i propri bisogni, e causa del valore; pel tornaconto la materia divenendo utile e permutabile, acquista valore. Per me invece la causa fondamentale di tutti i fenomeni economici è la convenienza, che è la legge di adattamento e si delinea nel bilancio preventivo delle aziende. Infatti l’uomo ha dei bisogni che vuol soddisfare, e quindi fa un preventivo, ed in base a questo si decide ad agire economicamente, ed in vero, quando facciamo il bilancio preventivo, noi agiamo si pel tornaconto individuale, ma accanto al puro egoismo, sorgono altri sentimenti che non sono egoistici, cioè quelli dell’adattamento dell’ambiente economico, quando noi prendiamo una decisione, cerchiamo di non urtare le leggi scritte e le morali, quindi l’edonista si decide anche secondo le esigenze dell’ambiente, in modo cioè di adattarsi ad esso.”115

115 Alberto Zorli, Trattato di Economia Sociale, Terza ediz. Completamente rifatta ed aggiornata, Torino, Fratelli Bocca,

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La teoria dei classici viene così respinta in virtù della reale natura dell’uomo che non è isolato ma attivamente inserito in un sistema sociale, l’homo oeconomicus non è altro che una semplice astrazione, non può esserci da parte degli uomini il solo freddo calcolo dei propri interessi se si considera che essi sono le cellule sociali che danno vita alle aziende e in primo luogo alle aziende domestiche. Il principio di convenienza quindi è l’ulteriore ragione che giustifica il fatto che il solo studio della ricchezza non esaurisce in realtà l’intero campo economico ma l’oggetto di studio delle scienze economiche deve essere l’azienda intesa non solo dal punto di vista amministrativo ma come colonna portante dell’ordinamento sociale.

Se è pur stato detto che l’uomo non può essere separato dai beni materiali, è però anche vero che con il principio di convenienza entrano in gioco elementi di ordine superiore a carattere morale ed umanitario e la felicità sociale proviene da elementi materiali quanto immateriali:

“Il problema è la felicità sociale, che dovrà esser l’effetto non solo di una maggiore accumulazione del patrimonio materiale, intellettuale e morale, ma di una partecipazione maggiore di tutti ai benefici di tale accumulazione.”116

Zorli è stato il primo tra gli italiani a conferire un carattere “sociale” all’attività economica nonostante lo sviluppo economico italiano al tempo in cui si esprimeva, cioè fine Ottocento-inizio Novecento, fosse ancora “arretrato” e le strutture societarie di conseguenza fossero decisamente semplici se paragonate ad altre realtà europee o nordamericane.