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Michael C. Jensen nasce nel 1939, è un economista americano ed attualmente ricopre la carica di Professore Emerito all’università di Harvard.

Jensen spiega le ragioni della sua contrarietà alla teoria degli stakeholder in un articolo del 2002: Value Maximization, Stakeholder Theory, and the Corporate Objective Function.

Egli sostiene che anche solo attraverso la massimizzazione del profitto nel lungo periodo l’impresa sarebbe in grado di creare benessere sociale e propone l’utilizzo della struttura base della teoria degli stakeholder come mezzo per rendere più efficace il perseguimento degli obiettivi d’impresa.

Nello specifico il più grande difetto attribuito alla teoria di Freeman è che questa non fornisce nessuna funzione obiettivo oppure linee guida che i manager dovrebbero seguire per cercare di tenere conto degli interessi di tutti gli stakeholder; così facendo l’impresa distrugge valore ed è destinata a soccombere di fronte a quelle avversarie che adottano invece il criterio della value maximization.

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Quest’ultima teoria avrebbe invece il merito di condurre ad una soluzione socialmente efficiente: quando un’impresa acquista degli input per produrre beni e servizi da rivendere sul mercato crea benessere per la società in quanto gli input le sono stati venduti perché il proprietario li reputava di un valore uguale o inferiore al prezzo di vendita, in questo caso il benessere sociale è dato dal profitto per l’impresa, vale a dire dalla differenza tra il prezzo dell’input e quello dell’output.

Lo stesso vale quando si considera il prodotto finale: questo viene acquistato dal consumatore quando il prezzo di vendita è inferiore al valore che egli gli attribuisce, di conseguenza il benessere sociale è dato dall’esistenza del surplus del consumatore; cioè dalla differenza tra il prezzo effettivo di vendita e il prezzo massimo che il consumatore sarebbe stato disposto a pagare per quel dato prodotto o servizio. Con alcune modifiche questo vale anche in uno scenario più realistico e complesso dove devono essere considerati anche i flussi di cassa futuri.

Tornando alle ragioni per cui la stakeholder theory sarebbe priva di validità Jensen scrive che oltre all’impossibilità di perseguire simultaneamente l’interesse di clienti, fornitori, lavoratori, investitori e comunità si aggiunge l’incompletezza della teoria che, così come è stata definita da Freeman prima e da Clarkson poi, senza specificare come chiarire il trade-off tra le diverse pretese, lascia carta bianca ai manager. Sarebbe molto probabile quindi che questi ultimi decidano di utilizzare le risorse delle impresa nella realizzazione dei loro scopi più egoistici con l’inevitabile conseguenza di danneggiare gli investitori e portare l’azienda al fallimento.

Questo è quanto egli scrive:

“With no criteria for performance, managers cannot be evaluated in any principled way. Therefore, stakeholder theory plays into the hands of self-interested managers allowing them to pursue their own interests at the expense of society and the firm’s financial claimants. It allows managers and directors to invest in their favourite projects that destroy firm-value whatever they are ( the environment, art, cities, medical research) without having to justify the value destruction. And this can be true even though managers may not recognize consciously that adopting stakeholder theory leaves them unaccountable.”110

110 Michael C. Jensen, Value Maximization, Stakeholder theory, and the Corporate Objective Function, Business Ethics

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Jensen continua spiegando come questa teoria che predica l’utilizzo delle risorse aziendali per conseguire anche obiettivi extra aziendali possa essere utilizzata da alcuni come mezzo per arrivare dove il comunismo e il socialismo hanno precedentemente fallito:

“With the widespread failure of centrally planned socialist and communist economies, those who wish to use non-market forces to reallocate wealth find great solace in the playing field that stakeholder theory opens to them. Stakeholder theory gives them the appearance of legitimate political access to the sources of decision-making power in organizations, and it deprives those organizations of a principled basis for rejecting those claims. The result is to undermine the foundations that have enabled markets and capitalism to generate wealth and high standards of living worldwide.”111

Tuttavia la stakeholder theory non è da buttare in quanto può essere efficacemente utilizzata per migliorare la massimizzazione del profitto in un’ ottica di lungo periodo. Jensen quindi propone una rivisitazione della teoria della massimizzazione del valore che egli chiama Enlightened Value

Maximization: attraverso la combinazione degli aspetti positivi delle due teorie precedentemente

esaminate mira ad eliminare l’errore tipico in cui il management incorre quando ricerca la massimizzazione del profitto, ovvero quello di ragionare in un’ottica di breve periodo, cosa che conduce alla distruzione del valore:

“(…) we must give employees and managers a structure that will help them resist the temptation to maximize the short-term financial performance (usually profits, or sometimes even more silly, earnings per share) of the organization. Such short-term profit maximization is a sure way to destroy value. (…) it is obvious that we cannot maximize the long-term market value of an organization if we ignore or mistreat any important constituency. We cannot create value without good relations with customers, employees, financial backers, suppliers, regulators, communities, and so on. But having said that, we can now use the value criterion for choosing among those competing interests. I say competing interests because no constituency can be given full satisfaction if the firm is to

111 Michael C. Jensen, Value Maximization, Stakeholder theory, and the Corporate Objective Function, Business Ethics

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flourish and survive. Moreover, we can be sure, externalities and monopoly power aside, that using this value criterion will result in making society as well off as it can be.”112

La teoria degli stakeholder quindi, se provvista di una balanced scorecard che permetta di mettere a fuoco gli obiettivi e di controllarne il grado in cui vengono raggiunti, non viene bocciata da Jensen poiché consentirebbe ai manager di adottare un metodo di pensiero e di gestione dell’azienda meno focalizzato su guadagni immediati ma che punti alla massimizzazione di profitto nel lungo periodo e che inevitabilmente vada a comprendere anche le problematiche relative ai diversi individui che gravitano attorno all’azienda.

112 Michael C. Jensen, Value Maximization, Stakeholder theory, and the Corporate Objective Function, Business Ethics

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Capitolo 2

La nascita del concetto di responsabilità sociale d’impresa nell’economia aziendale