• Non ci sono risultati.

Nel 1942 Pietro Giovannini scrive un trattato, Amministrazione aziendale generale corporativa :

Gestione, ragioneria ed organizzazione delle aziende in genere nello Stato corporativo, che

raccoglie tutte le sue precedenti riflessioni sul carattere dell’azienda corporativa che era l’emblema dell’azienda fascista e dell’organizzazione economica improntata dal regime.

Il corporativismo moderno sviluppatosi nei primi anni del XX secolo e che in realtà ha ben poco a che vedere con le corporazioni di epoca medievale da cui prende il nome, è quella corrente di pensiero che propone l’organizzazione dello Stato attraverso corporazioni in modo da superare le divisioni tra individui appartenenti a diverse classi sociali e stabilire armonia e collaborazione tra queste. Esso si forma per un concorso di cause da ricondursi prevalentemente nello sviluppo dell’economia provocato dalla rivoluzione industriale e dal liberalismo, quest’ultimo caratterizzato dall’ elevato grado di libertà dell’individuo di autodeterminarsi sul mercato e dal non intervento dello Stato. Pian piano si fanno sempre più forti i dubbi circa la positività e la reale efficacia del liberismo: la vita economica, mancando di regolazione, è afflitta da gravi squilibri tra differenti classi sociali e le crescenti insofferenze della popolazione sfociano in proteste e lotte di classe.

In Italia il regime fascista sfrutta questo tipo di contesto politico e sociale per creare un sistema politico e giuridico fondato sulle corporazioni. Il primo passo avviene con il “Patto di Palazzo Vidoni” il due ottobre 1925 quando vengono aboliti i sindacati liberi. L’organizzazione corporativa dello Stato, codificata dalla Carta del Lavoro nel 1927 e adottata con lo scopo di risolvere i problemi economici e sociali del paese, andrà a regolare tutta la vita economica e sociale italiana durante il periodo del fascismo e della Repubblica Sociale Italiana. Questo tipo di corporativismo, che era stato presentato come una “terza via” in grado di superare lo storico dualismo tra liberismo e comunismo, permetteva in realtà al regime fascista di esercitare un controllo fortemente autoritario su ogni aspetto della vita economica in quanto negava ad essa ogni autonomia, riconducendola ad una mera branca della politica in nome del perseguimento dell’interesse supremo della nazione. Queste limitazioni della libertà erano esemplificative dell’ideale di Mussolini secondo cui “l’individuo non esiste se non in quanto è nello Stato e subordinato alla necessità dello Stato”.

100

Il corporativismo operava un inquadramento di tutte le forze economiche e sociali all’interno dell’ordinamento dello Stato, come già detto i sindacati liberi erano stati aboliti e assorbiti dallo Stato, tutti i lavoratori, considerati entità dello stato, venivano inquadrati all’interno di diverse categorie professionali ad ognuna delle quali corrispondeva una corporazione, solo queste ultime rappresentavano le classi lavoratrici e potevano condurre i processi di negoziazione e stipulare accordi contrattuali in nome di tutti i lavoratori facenti parte di esse, in questo modo venivano assicurati ordine, armonia, giustizia sociale e gli interessi dei singoli potevano venire facilmente piegati al fine supremo dello Stato fascista.

Pietro Giovannini in Amministrazione aziendale generale-corporativa scrive come ogni attività economica venga svolta nell’interesse di un determinato soggetto che può essere un individuo, un’associazione di individui oppure anche la collettività; qualunque sia questo soggetto il fine perseguito è comunque il fine economico che si esplica nella produzione di nuovo reddito per il suddetto soggetto economico. Il fine economico però può essere spesso accompagnato al perseguimento di altri fini, di tipo extraeconomico, in rapporto ai quali esso può costituire un mezzo per il loro raggiungimento. Se si parla infatti di azienda corporativa ci si riferisce ad un’azienda che svolge un’altissima attività nell’ambito del conseguimento di fini di interesse nazionale, è quindi ragionevole pensare che in vista di questo supremo interesse il perseguimento del mero fine economico debba essere messo in secondo piano. Lo Stato ha il diritto ad intervenire indirizzando l’attività di produzione verso una direzione piuttosto che un’altra ogni qualvolta lo ritenga opportuno, la stessa Carta del Lavoro stabilisce che la produzione è di interesse nazionale e pertanto l’organizzatore di qualsiasi attività produttiva è responsabile di fronte allo Stato.

Queste sono le parole di Giovannini:

“L’azienda, che anche corporativamente può essere intesa come armonica coordinazione

operante di beni e di persone, non potrà, ne dovrà, essere uno strumento incosciente e cieco, del quale si servirà il soggetto economico per raggiungere i suoi fini, soprattutto quando questi fini siano principalmente rappresentati dal conseguimento di un lucro, sfruttando favorevoli congiunture del lavoro o dello scambio. L’azienda, nel quadro di tutte le attività nazionali, ha una sua funzione specifica che trova i suoi limiti e vincoli nell’interesse della

101

collettività che è freno ad ogni impulso che possa direttamente o indirettamente danneggiare la Nazione.”143

Da queste righe si evince come lo Stato fascista sia autorizzato ad esercitare un forte controllo sull’attività economica al fine di correggerne le inefficienze e apportare massimo beneficio alla comunità, anche in quei casi in cui i fini individuali non siano incompatibili con quelli della collettività il perseguimento del massimo beneficio economico individuale può essere messo in secondo piano rispetto al massimo beneficio collettivo. Questo perché l’azienda corporativa svolge un’importante funzione sociale: attraverso la sua attività la società persegue, seppur indirettamente, i suoi scopi di stampo economico e per questo deve sempre operare garantendo la massima efficienza nell’impiego delle risorse e non solo, qualora vengano a mancare queste ipotesi lo Stato ha il potere di intervenire come meglio ritiene opportuno.

Un altro aspetto strettamente legato alla funzione sociale è la natura stessa dell’azienda, questa si presenta infatti come una coordinazione di beni e di persone ma soprattutto di persone, che offrono i loro mezzi, il loro lavoro e le loro capacità per la soddisfazione dei bisogni del soggetto economico. All’interno della coordinazione aziendale risulta quindi impossibile quantificare correttamente il contributo apportato da ciascun soggetto al processo produttivo aziendale, questo rappresenta in primo luogo la giustificazione al fatto che il fine di lucro deve essere mediato con l’interesse collettivo. Se ciò si realizza correttamente la realtà aziendale rappresenta una realtà armoniosa all’interno della quale vengono risolti i conflitti sociali e le lotte di classe. Per giustificare la sua concezione di azienda Giovannini cita espressamente Gino Zappa. Egli richiama la definizione di azienda fornita da Zappa, che prima di lui aveva definito l’azienda come una coordinazione economica in atto istituita e retta per il soddisfacimento dei bisogni umani. Secondo Giovannini questa definizione è compatibile con la sua idea di azienda corporativa in quanto lo stesso Zappa presenta l’azienda come una realtà complessa e dinamica in cui il fine viene raggiunto attraverso la collaborazione di diverse parti che sono tra di loro interdipendenti che nel caso in cui venissero separate perderebbero il loro valore e così anche l’azienda il suo volto e la capacità di esplicare la propria funzione. Le interrelazioni a cui Zappa si riferisce sarebbero da rintracciare nelle diverse categorie di persone che sono coinvolte a vario titolo nell’attività

143 Pietro Giovannini, Amministrazione aziendale generale corporativa : Gestione, ragioneria ed organizzazione delle

102

produttiva dell’azienda e che sono naturalmente portatrici di interessi tra di loro confliggenti e per i quali l’azienda svolge una costante attività di mediazione.

Il ruolo di armonizzazione degli interessi è svolto grazie all’organizzazione corporativa dello Stato e in primis dalle corporazioni di lavoratori che attraverso il loro lavoro riescono ad appianare le divergenze e a fare si che l’azienda sia veramente una coordinazione armoniosa all’interno della quale non esistono conflitti e tuti si dedicano al raggiungimento dell’interesse della nazione.

Il libro di Giovannini è sostanzialmente un elogio dell’azienda corporativa, l’azienda viene presentata come il luogo in cui la lotta di classe un tempo è nata a causa dei conflitti tra le classi lavoratrici e i ricchi proprietari ma, al tempo stesso, secondo l’autore è anche il luogo in cui la lotta di classe si esaurisce grazie al ruolo sociale di cui l’azienda è insignita dall’organizzazione corporativa. All’ interno dell’azienda gli interessi apparentemente contrastanti troverebbero un punto in comune rappresentato dal bene supremo della nazione per il quale le diverse classi sociali metterebbero da parte le diffidenze e coopererebbero in nome del benessere della collettività, ove questo non avviene, ovvero quando non vengono comprese le altissime funzioni sociali dell’azienda, allora regna ancora il disordine sociale all’interno e all’esterno dell’azienda.

L’azienda di Giovannini non è però un’azienda libera di perseguire gli interessi del soggetto economico a cui si riferisce, come già scritto in precedenza essa è soggetta ad un fortissimo controllo di tipo autoritario da parte dello Stato fascista che si riserva il diritto di intervenire sull’attività produttiva in qualsiasi momento, anche qualora gli interessi individuali non fossero strettamente confliggenti con il bene supremo individuato dal regime.