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Alcune considerazioni sul principio del superiore interesse del minore.

sex nell’esperienza francese 3.1 Il caso Frettè v Francia.

4. Il superamento della presunzione di inidoneità delle coppie omosessuali a

4.1. Alcune considerazioni sul principio del superiore interesse del minore.

Uno dei punti che si ritengono centrali e di fondamentale importanza della pronuncia resa dalla Grande Camera è costituito dall’applicazione del principio del “superiore interesse del bambino”, utilizzato come elemento a sostegno dell’accertamento della violazione della Convenzione EDU da parte dell’Austria.

Come abbiamo già chiarito in precedenza, il best interest of

the child è un principio che trova affermazione in numerose

fonti di diritto internazionale, richiamate peraltro nella sentenza in esame, e pone al centro l’interesse del minore quale interesse preminente, destinato perciò a prevalere su qualunque altro. In particolare, rilevano l’art. 3, paragrafo 1 della Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989 - il quale prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale l’interesse superiore del bambino deve essere una considerazione preminente - e l’art. 21 della medesima Convenzione, nonché la Convenzione europea sull’adozione dei minori, aperta alla procedura di ratifica il 27 novembre 2008 ed entrata in vigore nel 2011.

In particolare, nella pronuncia relativa al caso X. and The

Others v. Austria l’elemento di novità non è tanto l’avere

richiamato le summenzionate fonti in tema di “best interest of the child”, considerato che tale principio aveva già trovato applicazione in alcune precedenti sentenze della Corte di Strasburgo, ma rileva piuttosto la differente valutazione dei giudici europei su quale sia il “migliore interesse” del minore48. Il riferimento è, in particolare, al caso Frettè v.

Francia: mentre, infatti, in questa ultima vicenda la Corte

non aveva ritenuto sussistente la discriminazione nei confronti dell’adottante single omosessuale anche considerando che tale tipo di adozione avrebbe potuto generare conseguenze dannose per il bambino49

(valutazione, questa, ancorata ai dubbi sull’ “idoneità” degli omosessuali ad allevare un bambino), nella sentenza X and

The Others, invece, il concetto del best interest risulta

completamente ribaltato in quanto la Corte fa applicazione del principio del “superiore interesse del minore” affermando che non vi sia inidoneità della coppia omosessuale a crescere un bambino. Sotto tale aspetto, la Corte europea sembra recepire gli influssi di un’altra Corte in materia di diritti umani (la Corte interamericana) che nel 2012 ha implicitamente accettato che non vi è ragione per la quale un bambino non dovrebbe essere cresciuto da un gay o una

48

R. PALLADINO, Adozione e coppie omosessuali nella recente giurisprudenza della

Corte europea dei diritti dell’uomo, in Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, pag. 18, 16 settembre 2013, in www.federalismi.it.

49 Nel caso Frettè la Corte aveva osservato, seppure mantenendo toni dubitativi, che “the scientific community – particularly experts on childhood, psychiatrists and psychologists – is divided over the possible consequences of a child being adopted by one or more homosexual parents, especially bearing in mind the limited number of scientific studies conducted on the subjectto date. In addition, there are wide

differences in national and international opinion, not to mention the fact that there are not enough children to adopt to satisfy demand” (§ 42).

lesbica nell’ambito di una coppia omosessuale50. Si può

dunque sostenere che la decisione della Corte sia stata determinata non soltanto dalla valutazione della sussistenza della discriminazione a danno della coppia omosessuale rispetto alla coppia eterosessuale, ma che ad essa si sia associata la valutazione della lesione della “vita familiare” del minore. Percorrendo la strada della valorizzazione del superiore interesse del bambino, si potrebbero aprire nuovi scenari davanti alla Corte, fino a questo momento esclusi, riguardo alla possibilità di equiparazione anche delle coppie sposate a quelle non unite in matrimonio. La progressiva valorizzazione del best interest, al quale viene riconosciuto un “peso specifico” maggiore nella sentenza alla nostra attenzione, potrebbe “spostare” la valutazione di fattispecie che coinvolgano coppie sposate e coppie non sposate dal profilo della discriminazione tra le coppie stesse a quello della discriminazione tra bambini. In altri termini, esaminando la situazione dalla prospettiva dell’interesse dei bambini, dovremmo chiederci se sussiste una differenza (discriminatoria) di trattamento tra quelli che sono coinvolti in una relazione familiare tra due persone sposate e quelli che, invece, sono coinvolti in una relazione di fatto51.

Nel caso Gas and Dubois52 la non equiparabilità della coppia

(omosessuale) non sposata a quella unita in matrimonio ha fondato un giudizio di non discriminazione da parte

50

Il riferimento è alla sentenza Atala Riffo and Daughters v. Chile del 24 febbraio 2012. Sulla verifica di un processo di “cross fertilization” tra le due Corti, sebbene con

specifico riferimento al tema dell’equo processo, si veda il recente A. Di STASI, Il diritto

all’equo processo nella CEDU e nella Convenzione americana sui diritti umani. Analogie, dissonanze e profili di convergenza giurisprudenziale, Torino, 2012, in particolare parte

II.

51

Su tali profili si è incentrata anche la Dissenting Opinion del Giudice Villiger nel caso

Gas and Dubois, allegata alla relativa sentenza della Corte di Strasburgo. 52 Gas and Dubois v. Francia, cit.

dell’ordinamento francese nell’escludere la prima dalla possibilità di adozione. Dunque, se la Corte avesse ragionato in termini di comparazione tra le situazioni dei due bambini e di valutazione “preminente” del superiore interesse del bambino nato e cresciuto nell’ambito di una coppia omosessuale, sarebbe forse potuta giungere a conclusioni opposte rispetto a quelle da essa adottate. In particolare, la prospettiva della comparazione tra le situazioni dei due bambini immette, in buona sostanza, la “vita familiare” della coppia coniugata nel giudizio di comparabilità con la “vita familiare” della coppia non sposata, facendo sottostare la relativa normativa alla prova dell’esistenza di uno scopo che possa ritenersi “legittimo e proporzionato”. C’è da chiedersi, allora, se dinanzi alla valutazione del superiore interesse del minore, potrà reggere quale giustificazione l’esistenza del fine legittimo della tutela della “famiglia tradizionale” e, soprattutto, la sussistenza della necessità della misura e del rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e il fine perseguito53.

Una evoluzione interpretativa nella direzione che si prospetta solleva indubbiamente dei profili di criticità. Basata sull’applicazione dei principi del “superiore interesse del minore” e della non discriminazione, essa confermerebbe l’utilizzo dell’art. 14 CEDU quale meccanismo “espansivo” delle disposizioni letterali della CEDU, in particolare di quelle che, come l’art. 8, per loro natura si prestano ad una interpretazione “recettiva” dei mutamenti sociali e legislativi in atto. Un simile approdo giurisprudenziale potrebbe, però, entrare in contrasto con la tradizionale affermazione della

Corte di Strasburgo che, in ultimo nella sentenza in esame, ha nuovamente ribadito il potere degli Stati di ricondurre al matrimonio effetti diversi rispetto a quelli previsti per altre tipologie di unioni, ossia di prevedere una sorta di status speciale che distingue la posizione delle coppie sposate rispetto a quelle che non lo sono54.

Nella misura in cui tale principio sia ancorato alla riserva legislativa contenuta nell’art. 12 CEDU, un giudizio basato sul principio di non discriminazione ex articolo 14 CEDU – che ponga sullo stesso piano la famiglia fondata sul matrimonio e quella fondata su un’unione di fatto – agirebbe quale fattore “erosivo” delle competenze degli Stati nella disciplina dell’istituto matrimoniale, andando ad incidere in ultima istanza sui principi di sussidiarietà e del margine di apprezzamento, quali elementi portanti del sistema CEDU55.

54

Ibidem.

CAPITOLO III

La giurisprudenza italiana in tema di