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Il decreto del 3 luglio 2013 del Tribunale di Parma.

La giurisprudenza italiana in tema di adozione da parte delle coppie dello stesso

3. Le recenti evoluzioni della giurisprudenza italiana in tema di affidamento dei minori a

3.1. Il decreto del 3 luglio 2013 del Tribunale di Parma.

In seguito alla sentenza della Corte di Cassazione n° 601/2013, la quale – come abbiamo appena visto- ha riconosciuto che le coppie omosessuali hanno la possibilità di allevare minori dal momento che non vi è alcuna evidenza scientifica che l’identità di genere dei due genitori comporti un qualche condizionamento per l’equilibrato sviluppo del minore, la giurisprudenza italiana ha subìto un’ulteriore evoluzione23 con il decreto del Giudice Tutelare di Parma del

3 luglio 2013, che decidendo in un caso di affidamento etero-familiare di una minore a coppia “di fatto”, i cui componenti erano omosessuali, ha reputato prioritario individuare «l’esatto significato del termine “famiglia” nell’ambito dell’ordinamento vigente, ai fini dell’affido consensuale eterofamiliare temporaneo, istituto che non è

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E. FALLETTI, op. ult. cit.

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I. GRIMALDI, Affido dei minori a coppie gay e lesbiche: le recenti evoluzioni della

preordinato all’adozione ma al perseguimento del benessere dei bambini, assicurando a quelli in gravi difficoltà un contesto di cura amorevole da parte di persone a ciò idonee. Le caratteristiche fondamentali dell’istituto in commento sono, infatti: l’eccezionalità e la temporaneità; il consenso formalizzato degli esercenti la potestà; il mantenimento dei rapporti con i genitori in previsione del rientro nella famiglia di origine; l’inserimento del minore viene in una “famiglia” che non ha con lui legami di parentela (oppure oltre il 4° grado)»24. In particolare, il Giudice Tutelare ha ritenuto che

il concetto di famiglia espresso all’interno dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n° 184 – che consente di disporre l’affidamento del minore «ad una famiglia preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno» - potesse interpretarsi nel senso di comprendere anche le coppie di persone dello stesso sesso25. Dopo aver effettuato un

approfondito ed attento esame della normativa nazionale, oltre che comunitaria, regionale e comunale (citata nella sentenza stessa)26, il Giudice, infatti, ha rilevato la «assenza

di una precisa definizione legislativa volta ad escludere un nucleo composto da persone dello stesso sesso dal concetto di “famiglia” rilevante ai fini dell’affido del minore non in stato di abbandono; la mancanza di qualsivoglia richiamo al matrimonio quale vincolo che unisca gli affidatari, diversamente da quanto avviene, come noto, nell’art. 29 della Costituzione, coerentemente con la possibilità,

24 Tribunale di Parma, decreto del 3 luglio 2013. 25

R. CONTI, Sull’affidamento di minore ad una coppia dello stesso sesso, in www.questionegiustizia.it.

espressamente contemplata, di assegnare il minore ad una persona singola»27 e quindi ha concluso che era «ragionevole

interpretare la nozione di famiglia rilevante in questa sede prendendo le mosse proprio dall’omissione di cui si è ora detto; invero, la normativa ordinaria che disciplina la materia è intervenuta tutta in un momento successivo all’entrata in vigore della Carta Costituzionale e ciò consente di ritenere che la lacuna in questione sia frutto di una scelta deliberata. Siffatta conclusione trova d’altronde conferma nell’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n° 184, laddove ai fini dell’adozione il Legislatore richiede, al contrario, che i futuri genitori siano uniti in matrimonio. In altri termini, ciò che rileva in questa sede è la sussistenza di una situazione di fatto paragonabile al contesto familiare sotto il profilo dell’accudimento e della tutela del minore; in ipotesi, persino un nucleo composto da due consanguinei del medesimo sesso potrebbe essere valutato idoneo a tal fine dal competente Servizio Sociale»28. Conseguentemente, il

Giudice Tutelare ha affermato che «scopo dell’affido eterofamiliare è il perseguimento del miglior interesse del minore, come si evince dall’ultimo comma dell’articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n° 184, modificato dalla legge 28 marzo 2001, n° 149; sotto altra prospettiva, deve senz’altro escludersi un diritto di adottare in capo ai soggetti adulti, a maggior ragione laddove trovi applicazione l’istituto in questione, che presuppone non già uno stato di abbandono ma un transitorio momento di difficoltà dei genitori effettivi (o, come nel caso di specie, dell’unico genitore esercente la potestà). Alla luce di quanto sinora premesso si deve,

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Decreto 3 luglio 2013, cit.

dunque, ritenere che il fatto che i componenti del nucleo abbiano il medesimo sesso non possa considerarsi ostativo all’affidamento di un minore. Ciò, anche tenuto conto che, come rilevato da recente giurisprudenza di legittimità, in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale»29.

Stante, quindi, le positive informazioni avute dai servizi sociali sull’idoneità della coppia affidataria, il Giudice Tutelare ha coerentemente dichiarato esecutivo il provvedimento di affidamento familiare della minore30. In

particolare, sulla decisione hanno influito l’affetto che i due affidatari hanno dimostrato nei confronti della bambina ed il fatto che, prima che il Giudice Tutelare disponesse l’affido temporaneo per due anni, la minore, figlia di genitori stranieri vicini di casa, già viveva con loro da qualche tempo, per quello che informalmente gli operatori dei servizi sociali definiscono un “periodo di prova”. Ha, inoltre, influito la testimonianza di chi, conoscendo la situazione della convivenza, l’ha descritta “molto felice e tranquilla”31.

Il principio che, dunque, sostanzialmente si ricava da questo recente provvedimento è che è soltanto un pregiudizio culturale ritenere che avere due genitori omosessuali possa turbare la serena crescita del minore. Come dimostrato da alcuni studi, specie di provenienza statunitense, l’essere dei buoni genitori non è collegato all’orientamento sessuale; i genitori omosessuali sono in

29

Ibidem.

30

C. M. LENDARO, op. ult. cit.

grado di far crescere i figli in un ambiente sano allo stesso modo di quelli eterosessuali. I preconcetti sull’omosessualità in Italia fanno sì che coloro che si scoprono gay o lesbiche celino il proprio orientamento in caso di separazione o divorzio per non perdere l’affidamento dei figli: ma se le ricerche dimostrano che lo sviluppo e la salute psicologica dei bambini non dipendono dall’orientamento sessuale dei genitori, nel decidere sull’affidamento dei figli bisognerebbe aver riguardo esclusivamente al miglior interesse del

bambino32.

3.2. Il decreto del 31 ottobre 2013 del