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Il caso Gas and Dubois v Francia.

sex nell’esperienza francese 3.1 Il caso Frettè v Francia.

3.3. Il caso Gas and Dubois v Francia.

Con la decisione resa il 15 marzo 2012 sul caso Gas &

Dubois v. Francia21, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha

escluso che la normativa francese in tema di adozione e, in modo particolare, le disposizioni che disciplinano la c.d.

adoption simple costituiscano una violazione del principio di

non discriminazione ex art. 14 della Convenzione, letto in combinato disposto con l’art. 8, a tutela del diritto alla vita privata e familiare.

All’origine della decisione vi è il ricorso presentato da una coppia di cittadine francesi dello stesso sesso, unite da un Patto Civile di Solidarietà, avverso il diniego opposto dalle

20

E. FALLETTI, op. ult. cit.

21 Gas and Dubois v. Francia, n. 25951/07, sentenza del 31 agosto 2012. Per i primi

commenti alla sentenza, si vedano E. CRIVELLI, Forum dei Quaderni Costituzionali, febbraio-maggio 2012, in www.forumcostituzionale.it, C. FATTA, Gas e Dubois c.

Francia in www.duitbase.it, C. NARDOCCI, Per la Corte europea l’impossibilità di

adottare la figlia della propria partner omosessuale non costituisce trattamento discriminatorio ai sensi dell’art. 14 della Convenzione. Osservazioni a margine di Gas & Dubois c. Francia, rivista n. 3/2012, in www.rivistaaic.it.

autorità giurisdizionali francesi circa la possibilità, per una delle due ricorrenti, di adottare la figlia che la propria compagna aveva avuto a seguito di procreazione medicalmente assistita avvenuta in Belgio. La bambina, riconosciuta dalla madre naturale in Francia, non aveva alcun tipo di legame giuridico con il padre –un donatore anonimo- e viveva assieme alle due donne nella casa che la coppia condivideva da oltre dieci anni.

A titolo preliminare, e ai fini di una migliore comprensione della vicenda in esame, occorre ricordare che l’ordinamento francese contempla due forme distinte di adozione: l’adoption plénère (adozione legittimante) e l’adoption simple (adozione non legittimante). La prima è consentita soltanto nei confronti di minori e rimuove compiutamente qualsiasi tipo di legame con la famiglia naturale, mentre la seconda consente la costituzione di un legame di filiazione con un individuo, indipendentemente dall’età di quest’ultimo, senza che vengano meno i rapporti con i genitori biologici. Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’adottato sia un minore, sull’adottante si trasferiscono integralmente i diritti e i doveri discendenti dalla patria potestà, della quale per contro sono spogliati i genitori biologici. Ciononostante, è prevista un’eccezione al riguardo: laddove infatti l’adottante risulti essere anche il coniuge del padre o della madre del minore, l’istituto dell’adoption simple produrrà come conseguenza l’esercizio congiunto della patria potestà, come stabilisce l’art. 365 del codice civile.

Proprio in virtù di questa norma, la ricorrente aveva presentato istanza di adozione semplice della figlia della compagna, la quale a sua volta aveva espressamente

prestato il proprio consenso. In altri termini, la compagna della madre biologica avrebbe fatto richiesta alle autorità francesi per ottenere un provvedimento che riconoscesse giuridicamente la condizione familiare de facto,

autorizzando la ricorrente alla gestione condivisa della patria potestà (autoritè parentale ) nei riguardi della minore.

Il Tribunal de grande instance de Nanterre, constatata la

sussistenza di tutti i requisiti necessari per procedere all’adozione e accertato che le ricorrenti si prendevano cura attivamente e congiuntamente della bambina, aveva tuttavia rigettato la richiesta in quanto ritenuta contraria all’interesse superiore del minore. Se infatti il Tribunale avesse autorizzato l’adozione, la madre biologica avrebbe perso la patria potestà sulla figlia, giacchè l’eccezione contemplata dall’art. 365 non sarebbe stata applicata alla fattispecie. Pertanto, le conseguenze legali dell’adozione semplice nel caso in esame si sarebbero rivelate in contrasto sia con l’intenzione delle ricorrenti, sia con il principio del superiore interesse del bambino, principio sotteso a tutta la legislazione applicabile in materia di adozione. Peraltro, anche la Cour d’appel de Versailles aveva – a seguito di impugnazione – rigettato la domanda, conformandosi in tal modo al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Cour

de Cassation. Seguendo l’iter argomentativo del Tribunale di

primo grado, la Corte di Appello aveva ribadito come la possibilità di condividere la patria potestà quale effetto dell’adoption simple fosse riservata esclusivamente alle coppie sposate, restandone escluse, invece, le coppie – eterosessuali e omosessuali – unite civilmente22.

Le due donne decidono, così, di ricorrere alla Corte EDU lamentando una violazione, fondata sull’orientamento sessuale, del divieto di discriminazione (art. 14 CEDU) – in relazione al diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU)- dal momento che l’ordinamento francese ammette la possibilità di condividere la potestà genitoriale, in caso di adoption simple, solo per le coppie sposate.

Risolta affermativamente, in sede di giudizio di ricevibilità del ricorso, la questione inerente all’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 8, letto in combinato disposto con l’art. 14 CEDU, in virtù del legame esistente tra le ricorrenti e la minore, qualificabile in termini di “vita familiare” ex art. 8, il ragionamento condotto dai giudici della Corte si sofferma in modo particolare sulla comparabilità tra la situazione della coppia ricorrente, da una parte, e quella di coppie unite in matrimonio ed eterosessuali conviventi, dall’altra23.

La Corte di Strasburgo compie la sua analisi prendendo le mosse dalla comparazione tra la situazione della coppia in questione, omosessuale e pacsata, rispetto a quella di una coppia eterosessuale sposata, al fine di verificare la sussistenza della disparità di trattamento denunciata e, in ipotesi affermativa, la finalità legittima della stessa24.

Al riguardo, occorre osservare che in ragione delle conseguenze sociali, legali e personali, nonché dello status speciale che il matrimonio conferisce a coloro che lo

23 Gas and Dubois v. Francia, cit., §§ 65 e 69.

24 C. NARDOCCI, Per la Corte europea l’impossibilità di adottare la figlia della propria partner omosessuale non costituisce trattamento discriminatorio ai sensi dell’art. 14 della Convenzione. Osservazioni a margine di Gas & Dubois c. Francia, rivista n. 3/2012,

contraggono, la Corte ritiene che la situazione delle due ricorrenti non possa essere equiparata con quella di una coppia coniugata, ai fini della second parent adoption25. La

discrezionalità di cui gode il legislatore nazionale nell’assoggettare ad un regime giuridico differenziato le coppie sposate rispetto a quelle conviventi non è, infatti, limitata dall’art. 12 della Convenzione il quale non obbliga gli Stati membri ad introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso26; ciò che esime, pertanto, la Corte

europea dalla valutazione in ordine alla comparabilità tra le due coppie, ossia quella ricorrente e quella eterosessuale coniugata, con specifico riferimento alla disciplina in materia di adozione. Rientra, dunque, nella piena discrezionalità del legislatore nazionale stabilire che la regola del trasferimento integrale della patria potestà in capo all’adottante (art. 365 cod. civ.) possa essere derogata limitatamente all’ipotesi di adozione del figlio del coniuge. Riguardo, invece, al raffronto tra le due ricorrenti ed una coppia eterosessuale, pacsata o convivente, i giudici della Corte di Strasburgo ne accertano la piena sovrapponibilità dal momento che anche una coppia eterosessuale convivente si sarebbe vista opporre un analogo rifiuto alla richiesta di condivisione della patria potestà nell’ipotesi di adozione semplice, a norma dell’art. 365 del Codice civile, con conseguente inesistenza, nel caso in esame, di una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale delle ricorrenti27.

25

Gas and Dubois v. Francia, cit., § 68.

26

Schalk and Kopf v. Austria, cit., § 63.

La Corte EDU, dunque, applicando in particolare il principio in forza del quale rientra nel margine di apprezzamento del singolo Stato differenziare la disciplina alla quale assoggettare le coppie sposate rispetto a quelle conviventi, accordando alle prime una tutela privilegiata, ha concluso che non vi è stata violazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione28. Più in dettaglio, secondo i giudici europei

non costituisce violazione dell’art. 14 CEDU, in combinato disposto con l’art. 8 CEDU, la previsione in materia di adozione di minori di una norma che disciplina diversamente le condizioni di esercizio della potestà genitoriale per le coppie dello stesso sesso unite civilmente e per quelle sposate. La disparità di trattamento non è discriminatoria, poiché lo status giuridico di una coppia di fatto (omosessuale o eterosessuale) non è comparabile a quello di una coppia di coniugi. Infatti, l’istituto matrimoniale – tutelato dall’art. 12 della Convenzione - conferisce uno status giuridico privilegiato da cui derivano particolari conseguenze sociali e giuridiche.

Infine, pare opportuno ricordare che la sentenza in esame è accompagnata dall’opinione dissenziente del giudice Villiger, il quale considera paradossale l’esito della vicenda, ovvero la frustrazione dell’interesse superiore del minore che a causa dell’orientamento sessuale dei componenti del suo nucleo familiare è stato privato del diritto di avere due genitori che condividano la potestà parentale e subisce un trattamento

discriminatorio rispetto ad un minore nato all’interno di una coppia sposata29.

4. Il superamento della presunzione di