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Figli di “due madri”: la trascrizione dell’atto di nascita straniero del figlio d

La giurisprudenza italiana in tema di adozione da parte delle coppie dello stesso

7. Figli di “due madri”: la trascrizione dell’atto di nascita straniero del figlio d

coppia omosessuale.

Un altro mattone nella rapida costruzione, da parte della giurisprudenza di merito, di un sistema di tutela che, in assenza di normazione specifica, faccia pervenire dalle norme preesistenti la risoluzione pratica di situazioni di diritto in capo ai protagonisti, minori compresi, dei nuovi modelli di famiglia, viene posto dalla Corte di Appello di Torino101. Con decreto del 29 ottobre 2014, infatti, viene

riconosciuta per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico la trascrivibilità dell’atto di nascita, formato all’estero, del figlio di una coppia omosessuale. Si tratta di una decisione davvero storica con la quale la Corte d’Appello torinese, ribaltando le conclusioni a cui era pervenuto il Tribunale, ha ordinato la trascrizione del certificato di nascita di un bambino nato da due donne in Spagna attraverso un procedimento di procreazione medicalmente

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M. C. LOCCHI, op. ult. cit.

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S. CELENTANO, La trascrizione in Italia dell’atto di nascita del figlio di coppia

assistita. Il minore, dunque, risulta essere figlio di due madri anche per la legge italiana. Si osservi che questo è il primo caso del genere per il nostro Paese: ricordiamo, infatti, che il Tribunale per i Minorenni di Roma, con sentenza del 30 luglio 2014, aveva consentito per la prima volta ad una co-madre di adottare il figlio della propria

partner; oggi, invece, vi è il riconoscimento della doppia

maternità sin dal momento della nascita102.

Il caso di specie prende le mosse dalla determinazione dell’Ufficiale dello Stato civile di Torino che, a seguito di trasmissione dal Consolato Generale d’Italia di Barcellona, respingeva la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita di un minore, cittadino spagnolo, in quanto contrario all’ordine pubblico italiano103.

Dal certificato di nascita, infatti, emergeva che il bambino avesse – per diritto spagnolo – due madri (ovvero che fosse “figlio matrimoniale delle comparenti”), una cittadina italiana e l’altra spagnola, dal momento che la prima aveva donato gli ovuli per il suo concepimento e la seconda, dopo fecondazione con il seme proveniente da un donatore anonimo, aveva portato avanti la gravidanza ed il parto, avvenuto nel gennaio del 2011. Le due donne, già regolarmente sposate in terra spagnola nel 2009, avevano poi deciso consensualmente di porre fine alla loro unione con pronuncia del Tribunale di prima istanza di Barcellona nel corso del 2014, optando in tale sede per una forma di esercizio della responsabilità genitoriale sul minore

102 M. GATTUSO, Minore nato da due donne in Spagna: l’atto di nascita può essere trascritto in Italia, in www.articolo29.it.

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S. ROSSI, “Trascrivibile l’atto di nascita straniero del figlio di due donne”- App.

sostanzialmente analoga a quella italiana dell’affido, scegliendo dunque una soluzione caratterizzata dalla condivisione della potestà sul bambino104.

A fronte del ricorso proposto dalle due madri volto all’accertamento del rapporto di filiazione e per la dichiarazione della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento nello Stato italiano dell’atto di nascita, con conseguente trascrizione nei Pubblici Registri dell’anagrafe, il Tribunale di Torino, con successivo decreto, rigettava entrambe le domande, rilevando come il procedimento avviato in base all’art. 96 DPR n. 396/2000, strumentale al compimento di un’attività di tipo amministrativo, non fosse idoneo per ottenere una pronuncia di accertamento del rapporto di filiazione, ottenibile solamente ricorrendo ad un procedimento ordinario di cognizione105. Inoltre, per quanto riguarda la

domanda di accertamento dei requisiti di legge per il riconoscimento dello Stato italiano dell’atto di nascita del minore, il Tribunale si pronunciava in senso negativo osservando come tale richiesta fosse contraria all’ordine pubblico (ai sensi dell’art. 18 DPR n. 396/2000), atteso che, nella fattispecie in esame, la trascrizione risultava giuridicamente impedita dal principio, immanente nel nostro ordinamento, secondo il quale è madre soltanto colei che partorisce il bambino, e che dunque nessun rilievo poteva attribuirsi – per conferire analogo status alla consorte dello stesso sesso – alla circostanza che nell’ordinamento spagnolo tale status derivasse anche dalla «determinazione legale della filiazione materna

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S. CELENTANO, op. ult. cit.

matrimoniale». Peraltro, come osservava il Tribunale, al minore non poteva essere neanche concessa la cittadinanza italiana poiché il rapporto di filiazione con la ricorrente (cittadina italiana) non era riconosciuto nell’ordinamento interno e l’unico modo per attribuire, nel caso concreto, la cittadinanza italiana al bambino era costituito dal criterio dello “ius sanguinis”. Da ciò conseguiva che, ai sensi dell’art. 18 DPR n. 396/2000, la fattispecie doveva ascriversi alle ipotesi nelle quali non è possibile trascrivere certificati redatti all’estero per contrarietà all’ordine pubblico, nozione questa globalmente intesa come insieme di principi desumibili dalla Costituzione o comunque fondanti l’intero assetto ordinamentale del quale fanno parte anche le norme dettate in materia di filiazione (artt. 231 e ss. c.c.), che si riferiscono espressamente ai concetti di padre e di madre, di marito e di moglie. Pertanto, in assenza di una normativa nazionale che disciplini istituti analoghi a quello del matrimonio tra persone del medesimo sesso e consenta la nascita di rapporti di filiazione tra persone omosessuali, la trascrizione dell’atto di nascita non rappresenta un diritto che possa essere tutelato astrattamente e autonomamente, data la sua natura di provvedimento amministrativo non idoneo ad attribuire al minore quei diritti che le parti vorrebbero riconosciuti in capo allo stesso.

Contro tale decisione, le due donne proponevano ricorso dinanzi alla Corte d’Appello di Torino, lamentando la violazione di legge e l’erronea applicazione del DPR 396/2000, la violazione dell’art. 33 L. 218/95 in materia di filiazione, l’erronea applicazione del concetto di ordine

pubblico internazionale e le omesse valutazioni sia della rilevanza nel diritto interno del matrimonio omosessuale contratto in un paese membro dell’Unione, sia dell’interesse del minore ai sensi dell’art. 23 Reg. CE 2201/2003106.

Occorre osservare che la decisione per quanto riguarda la disciplina prevista dal DPR 396/2000 ricorda come la stessa «non sia finalizzata all’accertamento di diritti, ma sia invece predisposta a regolare l’attività di certificazione e garantirne un controllo giurisdizionale; nella specie, invero, la determinazione del rapporto di filiazione tra la ricorrente ed il minore, e l’individuazione della cittadinanza italiana, è regolato dal diritto internazionale privato italiano – L. 218/95 – che ha la finalità di stabilire la norma applicabile in presenza di elementi di estraneità. La legge 218/95 ha utilizzato con ampiezza il criterio del “rinvio” ad altre leggi nazionali che assumono, per tale via, efficacia direttamente vincolante per il Giudice nazionale, con il solo limite della non contrarietà all’ordine pubblico (art. 16 L. cit.)»107. Detto

questo, la Corte rileva come l’art. 33 della predetta legge disponga che «lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o se più favorevole, dalla legge dello stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita. La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti, gli effetti dell’accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge».

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S. CELENTANO, op. ult. cit.

Posto che quello della cittadinanza è un criterio di collegamento variabile nel tempo, il Legislatore – nella disciplina del momento costitutivo del rapporto – ha optato per la cristallizzazione del criterio di collegamento ad un momento ben definito (nascita, in via di principio, o momento della legittimazione, della morte del genitore legittimante, del riconoscimento)108.

Ad avviso della Corte, pertanto, poiché nel caso di specie il minore è nato in Spagna e, secondo la legge spagnola, è figlio di entrambe le donne, e poiché nel nostro sistema vige certamente il principio del favor filiationis (peraltro confermato dall’art. 13, comma 3°, L. 218/1995 che consente il rinvio alla legge straniera «soltanto se esso conduce all’applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione»), il bambino deve essere ritenuto anche per il nostro ordinamento figlio di entrambe le madri ed ha, quindi, assunto la cittadinanza italiana jus

sanguinis in quanto figlio (anche) di madre italiana109. Ne

consegue, dunque, che ai sensi dell’art. 17 DPR 396/2000, regolante la trasmissione di atti formati all’estero, la donna (italiana) in quanto genitore esercente la potestà sul minore ha piena legittimazione e fondato diritto a richiedere la trascrizione dell’atto di nascita del proprio figlio. Ciò posto, la pronuncia in esame concentra la propria attenzione sul concetto di ordine pubblico, smentendo in radice ogni possibilità, sia giuridica che concettuale, per cui tale trascrizione possa integrare una violazione del suddetto concetto. Proprio l’ampia nozione di ordine pubblico rappresenta uno dei primi presidi dell’ordinamento a subire

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S. ROSSI, op. ult. cit.

(o meglio, ad arricchirsi) di una interpretazione convenzionalmente orientata, che lo traduca da ordine pubblico nazionale ad ordine pubblico internazionale, da intendersi dunque come «complesso di principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico e fondati su esigenze di garanzia comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, sulla base di valori sia interni che esterni all’ordinamento, purchè accettati come patrimonio condiviso in una determinata comunità giuridica sovranazionale»110.

La Corte osserva che, nel caso di specie, la domanda alla quale occorre dare risposta per dirimere la questione relativa all’ordine pubblico è quella se l’atto di nascita del minore, nato da inseminazione eterologa all’interno di una coppia omosessuale, sia contrario all’ordine pubblico.

A tale proposito, la Corte di Appello di Torino richiama i recenti sviluppi della giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale con la sentenza n. 138/2010 ha riconosciuto come nel concetto di formazione sociale debba essere ricompresa anche l’unione omosessuale; della Corte di Strasburgo, che con la nota sentenza Schalk e Kopf v.

Austria del 2010 ha sancito che il diritto al matrimonio a

norma dell’art. 12 della Convenzione è riconosciuto anche alle coppie omosessuali, pur rimandando per la garanzia di tale diritto alla legislazione degli Stati aderenti, e che due persone dello stesso sesso unite in coppia sono titolari del diritto alla “vita familiare” a norme dell’art. 8 CEDU; della Corte di Cassazione, che con la pronuncia n. 4184/2012 ha ribadito come la relazione tra due individui del medesimo

sesso rientri, anche per l’ordinamento italiano, nelle nozione giuridica di “vita familiare”; la recente giurisprudenza della nostra Consulta in materia di fecondazione eterologa (sentenza n. 162/2014), dalla quale si desume l’estensione del diritto alla “vita familiare” anche ai figli nati mediante ricorso alla procreazione assistita eterologa; le sentenze gemelle della Corte di Strasburgo del 26 giugno 2014,

Labasse v. Francia e Mennesson v. Francia, con cui si è

riconosciuto che la mancata trascrizione del rapporto di filiazione fra un padre ed i propri figli nati all’estero con surrogazione di maternità è lesiva del diritto alla vita privata del minore; infine, un ultimo riferimento è alla sentenza X

and The Others v. Austria con la quale la medesima Corte

europea ha affermato che la nozione di vita familiare si attaglia anche alla relazione tra il bambino ed i componenti delle coppie omosessuali che, a prescindere dal dato biologico, abbiano assunto responsabilità genitoriale nei suoi confronti. La Corte, quindi, prendendo le mosse da tali premesse, ricorda come anche nel nostro ordinamento abbia assunto ormai rilievo il concetto di responsabilità genitoriale, connesso non tanto al mero dato biologico e genetico ma alla nozione di volontarietà della filiazione e di assunzione di fatto della responsabilità genitoriale111.

Inoltre vediamo che il concetto di ordine pubblico deve essere declinato con riferimento all’interesse del minore. La valutazione della conformità del provvedimento straniero ai principi di ordine pubblico italiano e alla piena realizzazione del best interest del bambino costituiscono i parametri di riconoscimento ma anche i limiti entro i quali tale

provvedimento può trovare ingresso in Italia. Ai fini del riconoscimento o meno dei provvedimenti giurisdizionali stranieri, deve aversi prioritario a riguardo l’interesse superiore del minore (art. 3, L. 27 maggio 1991 n. 176 di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo, di New York 20 novembre 1989), principio ribadito in ambito comunitario con particolare riferimento al riconoscimento delle sentenze straniere in materia di rapporti tra genitori e figli, dall’art. 23 del Reg. CE n. 2201/2003 il quale stabilisce espressamente che la valutazione della non contrarietà all’ordine pubblico debba essere effettuata tenendo conto dell’interesse superiore del figlio112. Peraltro, anche l’art. 24

della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che si occupa dei diritti dei minori, stabilisce non soltanto che «i bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie al loro benessere» ma che in tutti gli atti che li riguardano «l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente» e che il diritto di intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i genitori può venire meno là dove ciò «sia contrario al suo interesse». Al di fuori di queste ipotesi e in mancanza di motivi ostativi, nel contesto di una interpretazione dei modelli di vita familiare e dell’interesse del minore evolutiva e adeguatrice ai principi affermati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il provvedimento straniero inerente lo status di un minore non può essere privato degli ordinari effetti legittimanti113.

Appare meritevole di rilievo la corretta sottolineatura dei giudici torinesi per cui, nel caso di specie, oggetto di tutela è esclusivamente il rapporto verticale fra la co-madre ed il

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Decreto del 29 ottobre 2014, cit.

figlio, mentre non appare in alcun modo rilevante la relazione orizzontale fra le due donne. Nella vicenda in esame, anzi, le due partners risultano attualmente divorziate e proprio tale circostanza assume, semmai, per il Collegio un rilievo specifico ai fini della valutazione dell’interesse del minore, dal momento che un eventuale mancato riconoscimento del rapporto di filiazione fra la co- madre italiana ed il bambino verrebbe ad interferire con l’affidamento condiviso deciso dal Tribunale di Barcellona. Infatti, il mancato riconoscimento della filiazione (e della cittadinanza italiana) impedirebbe il corretto svolgimento di tale affidamento condiviso, in quanto la co-madre «in Italia non avrebbe titolo a spostarsi e tenere con sé il minore». La Corte afferma, pertanto, che nel caso di minore nato all’estero da una coppia omosessuale, in seguito a fecondazione medicalmente assistita eterologa con l’impianto di gameti da una donna all’altra, l’atto di nascita del fanciullo può essere trascritto in Italia poiché nel caso in questione «non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse di un bambino che è stato cresciuto da due donne che la legge riconosce entrambe come madri». L’interesse del minore impedisce, dunque, il disconoscimento della rilevanza giuridica del rapporto di fatto validamente costituito «fra la co-madre ed il figlio»114. In questi termini, la

Corte di Appello scinde il rapporto tra il vincolo orizzontale della coppia e quello verticale tra genitori e figli poiché rilievo determinante è dato alla circostanza che la famiglia

esista non tanto sul piano dei partners bensì con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio; dunque, l’interesse specifico del bambino si pone nella necessità di tutelare non tanto il vincolo tra le due donne, ma il legame del minore con ciascuna di esse, legame validamente costituito e rafforzato nel tempo sia con la madre biologica, sia con la cosiddetta co-madre.

In conclusione, la Corte ha affermato come «la mancata trascrizione dell’atto di nascita limiterebbe e comprimerebbe il diritto all’identità personale del minore […] ed il suo status di figlio nello Stato Italiano; sul territorio italiano egli non avrebbe alcuna relazione parentale né con la co-madre né con i parenti della stessa». Tanti i pregiudizi di una siffatta decisione: oltre alla lesione dell’identità del bambino, privato della possibilità di riconoscersi come “figlio” di uno dei genitori che da tempo ha assunto questo ruolo su di lui, lo stesso verrebbe a trovarsi nella impossibilità di essere validamente rappresentato da un esercente la responsabilità genitoriale, con riferimento a problematiche scolastiche, sanitarie, ricreative (anche ove si consideri – come già detto – che le due donne sono separate legalmente ed hanno optato per il regime del c.d. affido condiviso), e altrettanto grave sarebbe il pregiudizio per il rapporto successorio (quindi anche sotto il profilo patrimoniale) con la madre italiana.

Questa sottoposta alla nostra attenzione è, dunque, in sintesi, una pronuncia attenta ed equilibrata che ha saputo ricercare, in maniera pertinente e avvalendosi di argomentazioni approfondite, gli estremi normativi nazionali e comunitari da applicare al caso di specie e che, al tempo

stesso, nel campo in cui in tali giudizi entrano irrimediabilmente in gioco sensibilità sociali e giuridiche e visioni critiche delle dinamiche sociali, ha chiarito un’altra volta quelli che sono i limiti e la portata del concetto di ordine pubblico, dando il giusto accento a valori sostanziali irrinunciabili come il diritto alla vita familiare e il superiore interesse del minore115.

Occorre rammentare, in conclusione, come compito del Giudice sia quello di sancire «diritti concreti ed effettivi, e non teorici od illusori», tenendo conto che non sussiste un legame neutro tra vita e diritto, posto che giuridificare la vita significa metterla in “forma” e , conseguentemente, incidere direttamente su destini, scelte, progetti, avendo cura di non spezzare gli equilibri provvisori ed instabili tra le tante dimensioni dell’esistenza116.

7.1. “Mi chiamo Leon e queste sono le mie