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Alcune specificità e sfide della vita anziana in Friuli Venezia Giulia

Facendo seguito a quanto detto sopra, si riportano alcune specificità relative alla vita anziana in Friuli Venezia Giulia, che si conferma come una delle regioni dall’età media della popolazione più elevata.

Dal 2001 al 2014 a crescere sono soprattutto i grandi vecchi, ovvero gli ultra 85enni (+37%), che necessitano di una rete di sostegno molto consistente da parte dei Servizi sociali e sanitari e conseguentemente di risorse a loro disposizione. La popolazione regionale è cresciuta del 3,9% e al contempo la fascia sociale con un più marcato decremento è stata quella delle forze lavoro (15-64 anni: -3,1%).

La crescita robusta della popolazione anziana e la diminuzione della forza lavoro pongono interrogativi per certi versi preoccupanti alla società regionale ancora più rilevanti rispetto al livello nazionale. In assenza di un’inversione di tendenza dal lato demografico (aumento delle nascite), la sola popolazione immigrata, non riuscirà a garantire il ricambio demografico e quindi vi è l’oggettiva possibilità che non vi sia nel prossimo futuro abbastanza forza lavoro per mantenere l’attuale livello produttivo e per sostenere la sempre più numerosa popolazione inattiva (minori e anziani).

17 Cresce, infatti, il numero di famiglie con difficoltà economiche derivanti dalla perdita o alla riduzione del lavoro delle figure con funzioni di capofamiglia o da bassi redditi percepiti da pensione. In quest’ultimo caso, si tratta in genere di famiglie di anziani soli o in coppia. Una tipologia diffusa anche nella nostra regione dove la media delle famiglie di soli anziani è pari a 26,7 nel 2011-2012 e la media delle persone sole di 60 anni e più nello stesso periodo è di 111.000.

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2018 2030 2050

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Figura 3 L’evoluzione demografica: dalla piramide al fuso

Quello che qui interessa maggiormente sottolineare è l’allungamento dell’aspettativa di vita: la dinamica dell’allungamento della speranza di vita contribuisce, infatti, a far sì che la crescita complessiva della popolazione regionale nel decennio 2001-2011 non sia uniforme per tutte le classi di età. Essa tende a essere più accentuata nella classe delle persone con 80 anni e oltre. L’aumento della speranza di vita, pur interessando tutte le fasce della popolazione, assume particolare rilevanza soprattutto con riferimento alle fasce anziane in quanto contribuisce a

determinare l’invecchiamento generale della popolazione.

Rispetto ai processi di invecchiamento, la popolazione regionale mostra delle differenze territoriali nel decennio 2001-2011. Trieste continua a essere la provincia con l’indice di vecchiaia più elevato, pari a 247,3 nel 2011, Udine sale da 177,4 a 189 mentre Pordenone registra il valore più basso pari a 150,6. Gli indici di dipendenza, invece, crescono in modo pressoché omogeneo in tutte le province: quello di dipendenza dei giovani mostra il valore più elevato a Pordenone (21,7) e quello più basso a Trieste (18,6), mentre l’indice di dipendenza degli anziani riporta i valori più elevati a Trieste (46,0) e quelli più bassi a Pordenone (32,6). Nel complesso, il carico sociale totale risulta più elevato in provincia di Trieste (64,6). L’indice di vecchiaia tuttavia, risulta generalmente elevato nelle zone montane e lungo la fascia confinaria mentre si abbassa nelle zone a maggior presenza straniera come il pordenonese.

Infine, per fornire alcuni elementi in merito a coloro che si trovano in condizione di non autosufficienza nella regione Friuli Venezia Giulia, è stato preso in considerazione un recente studio condotto in Toscana (Francesconi et al, 2003)18. Applicando alla popolazione anziana del Friuli Venezia Giulia19 i risultati di questo studio, si stima che attualmente in regione vi siano circa 22.536 anziani residenti a domicilio non autosufficienti nelle attività fondamentali della

18 Bisogno sociosanitario degli anziani in Toscana: un esempio di epidemiologia integrata in un ciclo di programmazione regionale, Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, Firenze. Lo studio è stato svolto al fine di raggiungere una stima plausibile e più reale possibile circa il fabbisogno della popolazione anziana, basandosi sulla suddivisione del bisogno sociosanitario adottata in base alla normativa regionale della Toscana che individua cinque livelli di “isogravità” del bisogno. L’individuazione del livello di isogravità è basato sull’applicazione di un algoritmo costruito da tre fattori: dipendenza dell’aiuto di altri nello svolgimento delle attività di base della vita quotidiana (BADL), deficit cognitivo, disturbi del comportamento e dell’umore. A ciascuno di questi livelli si stima una percentuale di popolazione anziana non autosufficiente: 1,49% (1° livello), 0,86% (2° livello), 1,77% (3° livello), 2,74% (4° livello), 0,80% (5° livello). Complessivamente il fabbisogno espresso dalla popolazione anziana non autosufficiente corrisponde al 7,8%.

19 Dal totale della popolazione anziana si sono esclusi gli anziani istituzionalizzati presenti al 27/09/2013, per un totale di circa 8.400 ospiti. Si precisa tuttavia che tale dato risulta sottostimato dal momento che le strutture non convenzionate non hanno l’obbligo di registrare a sistema informativo la presenza degli ospiti.

vita quotidiana (BADL)20 pari al 7,8% della popolazione ultra65enne. Di questi 9.534 hanno un livello di non autosufficienza grave, 5.778 un livello moderato e 7.223 un livello lieve. Per quanto riguarda gli anziani ancora autonomi nelle BADL, invece, circa 36.761 (13,8%) sono classificabili come fragili ad altissimo rischio di perdita dell’autosufficienza.

Alla luce di quanto considerato, la riflessione sul tema abitare non può sottrarsi alle sfide poste dall’invecchiamento della popolazione, che impongono un cambiamento di rotta nelle politiche pubbliche e nelle istituzioni. Tale cambiamento ha a che fare anche con la

20 BADL è l’acronimo di Basic Activities of Daily Living, che indica lo strumento per rilevare la dipendenza nello svolgimento delle attività fondamentali della vita quotidiana, e cioè: vestirsi, igiene personale, uso del WC, alimentazione, mobilità nel letto, spostarsi in casa, trasferimenti.

modificazione del concetto stesso di invecchiamento 21, dal momento che “anziano” non è sinonimo di essere malato o disabile – né implica necessariamente una condizione di bisogno assistenziale.

21 Solitamente, l’individuo anziano è considerato molto meno attivo rispetto ad una persona giovane, in età attiva, in accordo a quella visione dell’età anziana considerata ancor oggi come una fase passiva dell’esistenza, caratterizzata da bisogni di assistenza e marginalità sociale (Cumming e Henry, 1961). La sua esclusione dal mondo del lavoro gli conferisce un ruolo sociale di secondo piano e con l’avanzare degli anni può andare incontro a una mancata autosufficienza, con il subentro di malattie sempre più invalidanti. Oggi il concetto di “vecchiaia” è estremamente complesso e rende conto non solo della dimensione individuale della persona, ma anche delle interconnessioni profonde che attraversano lo scenario socio-culturale. Da un lato è possibile associare il termine anziano ad un individuo prendendo in considerazione diversi fattori biologici, psicologici, demografici, previdenziali, ecc. Dall’altro lato, il concetto di “vecchiaia” va preso in considerazione a livello collettivo, laddove si fa riferimento all’invecchiamento della popolazione dal basso, a causa del calo della fecondità e della riduzione della mortalità nelle età più avanzate. Per delineare un concetto di anzianità, i demografi sono ricorsi al concetto di “soglia”, per cui si intende convenzionalmente la soglia fissata in base all’età di uscita dal mondo del lavoro, collegata alla fase del pensionamento. Questa nozione è riduttiva se si fa riferimento al concetto stesso di vecchiaia messo in relazione con quei mutamenti che influenzano la vita ai giorni nostri; i progressi della medicina, i miglioramenti della situazione igienica, alimentare e lavorativa hanno prolungato la vita e sembrano anche aver spostato in avanti l’età della “decadenza fisica”. Per una corretta comprensione del significato di “vecchiaia” è opportuno passare da un’analisi statica del termine ad un’analisi dinamica che faccia emergere i vari processi di invecchiamento. Secondo questo ragionamento è più idoneo fissare la soglia di vecchiaia non in funzione della vita trascorsa dalla nascita (60 o 65 anni), bensì “in funzione di quella residua, ossia del numero di anni che in media un individuo può aspettarsi di vivere”. Anche il riferimento al rischio di morte però non è sufficiente a definire in maniera esaustiva il fenomeno dell’invecchiamento. Il modo più opportuno di descrivere tale fenomeno nella sua complessità è considerare indicatori come l’efficienza fisica e mentale, e quindi la condizione di autosufficienza dell’individuo. Il numero di anni ancora da vivere viene dunque combinato con il dato che riguarda gli anni che un individuo può aspettarsi di vivere in buona salute. L’invecchiamento è quindi un “processo multifattoriale caratterizzato da una progressiva perdita delle capacità funzionali”. Secondo questo criterio si può notare come la soglia si stia spostando in avanti in relazione all’allungamento della vita media. È per questo motivo che l’assenza o la ridotta presenta di malattia non identificano più lo stato di salute in un anziano, ma esso fa riferimento al mantenimento del benessere psicofisico e relazionale.

Come sottolinea il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon nella prefazione al rapporto “Invecchiare nel ventunesimo secolo: un traguardo e una sfida”22, “le conseguenze sociali ed economiche di questo fenomeno sono profonde, e vanno ben al di là del singolo anziano e della sua famiglia, dato che coinvolgono la società e la comunità globale come mai prima d’ora”. Da più parti emerge l’importanza di una riflessione profonda che metta al centro la necessità di ripensare le politiche attuali per far sì che la società del 21esimo secolo si adatti alla realtà della demografia del 21esimo secolo.

Il suddetto rapporto rappresenta un importante documento, nel fornire indicazioni estremamente interessanti e utili relativamente alla messa in atto di programmi innovativi, capaci di rispondere efficacemente ai problemi dell’invecchiamento e alle preoccupazioni delle persone anziane.

Centrale per le politiche sociali diventa allora lo sforzo da dedicare nel massimizzare le opportunità delle persone anziane. Nell’ottica di promuovere questo obiettivo, il succitato rapporto pone tra le priorità la necessità di preparare in modo adeguato tutte le parti in causa (governi, società civile, settore privato, comunità e famiglie) all’aumento del numero di persone anziane.

Oltre all’accento posto sulla necessità di assicurare condizioni di dignità e sicurezza in cui le persone anziane possano vivere, attraverso il potenziamento dell’accesso ai servizi sociali e alle cure mediche, viene stabilita l’importanza di sostenere le comunità e le famiglie per

22 Il documento analizza la situazione attuale delle persone anziane e esamina i progressi effettuati nell’adozione di politiche e azioni da parte dei governi e altre parti in causa dopo la Seconda Assemblea Mondiale sull’Invecchiamento, riguardo all’attuazione del Piano di Azione Internazionale di Madrid sull’Invecchiamento, concepito per rispondere alle opportunità e alle sfide di un mondo che invecchia. Caratteristica saliente di questo rapporto è il fatto di concentrarsi sulle voci delle persone anziane, registrate attraverso un capillare lavoro di ascolto in tutto il mondo. Il rapporto, risultato della collaborazione di oltre venti organismi delle Nazioni Unite e altre importanti organizzazioni internazionali impegnate nell’ambito dell’invecchiamento della popolazione, mostra che sono stati fatti importanti progressi in molti Paesi grazie all’adozione di nuove politiche, strategie, piani e leggi sull’invecchiamento, ma che bisogna fare molto di più per attuare pienamente il Piano di Madrid e realizzare il potenziale del nostro mondo che invecchia.

sviluppare un sistema di sostegno allo scopo di garantire alle persone anziane più fragili le cure a loro necessarie sul lungo periodo e promuovere a livello locale un invecchiamento attivo e in buone condizioni di salute per favorire l’invecchiare nella propria comunità.

Questi punti mettono in luce l’importanza di integrare il contribuito degli anziani all’interno della società, riconoscendo che solo mantenendo la popolazione anziana socialmente ed economicamente attiva, sarà possibile ottenere dei benefici effettivi in termini di ricadute sociali, economiche, culturali.

L’obiettivo diventa quello puntare sull’empowerment dell’anziano, in considerazione del contributo che una popolazione anziana socialmente e economicamente attiva, in buone condizioni economiche e di salute può dare.

In accordo con i punti fissati all’interno del Piano di Azione Internazionale di Madrid sull’Invecchiamento le politiche sull’invecchiamento vanno indirizzate nell’ottica di incentivare l’integrazione delle persone anziane nelle politiche di sviluppo, l’evoluzione di salute e benessere per la terza età e la garanzia di un ambiente che favorisca sostegno e capacità di iniziativa, invertendo la rotta rispetto al passato.

Una tale prospettiva diventa centrale anche per il tema abitare, laddove si rende urgente uscire da una visione assistenzialistica, in cui l’anziano sia considerato semplicemente fruitore e beneficiario dei servizi sociali, per approdare a una visione in cui quest’ultimo sia considerato partecipante attivo della società e comunità in cui si trova.

Non a caso, tra i punti chiave riconosciuti dalle politiche europee, vi è l’importanza di creare ambienti fisici favorevoli, che promuovano il mantenimento attivo dell’anziano, favorendone la responsabilizzazione e l’autonomia. Il miglioramento dell’ambiente fisico in cui vive l’anziano non è infatti un aspetto marginale o accessorio, ma rientra tra le attuali sfide, rappresentando una tra le condizioni potenzialmente più favorevoli per il benessere della popolazione anziana. A livello europeo, ma anche nazionale, si sta insistendo sempre più a favore dell’adozione di ambienti fisici accoglienti, che promuovano anche lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie

innovative, in grado di incoraggiare l’invecchiamento attivo.

Investire sull’ambiente e sull’abitazione diventa centrale in quanto coinvolge degli aspetti che sono diventati cruciali oggi nell’ambito delle politiche sull’invecchiamento. Investire su di esso risponde innanzitutto alla necessità di favorire l’autonomia e la responsabilizzazione di una popolazione che tenderebbe ad essere relegata ai margini della società, ma che sta diventando la maggiore protagonista.

In secondo luogo, tale investimento è essenziale per garantire l’equità e l’accessibilità, offrendo una via di uscita da logiche assistenzialistiche che tenderebbero a incrementare le disuguaglianze sociali. Questo permetterebbe altresì di puntare sull’indipendenza dell’anziano, alleggerendo il peso sui servizi pubblici, spesso in sofferenza. Favorire l’invecchiamento a casa propria non può che catalizzare il potenziamento dei rapporti sociali, permettendo agli anziani di investire sul capitale sociale e di rimanere attivi all’interno della società.

Molto spesso, ci si è affidati ad una logica assistenzialistica per cui erano la famiglia ed i servizi ad avere responsabilità per la cura ed il sostegno degli anziani non più autonomi, con costi spesso eccessivamente elevati e poco sostenibili, che influenzavano in modo estremamente negativo la capacità lavorativa e produttiva dell’anziano. In un momento, non solo di crisi economica, ma anche di mutamenti familiari profondi – le famiglie diventano più piccole e il sistema di sostegno intergenerazionale continuerà ad essere esposto a cambiamenti importanti – è quanto mai necessario investire sulla domiciliarità quale condizione essenziale per garantire l’invecchiamento attivo della popolazione.

Alla luce di quanto esposto, possono venirci in aiuto i significati elaborati da Rosita Deluigi per analizzare le componenti essenziali dell’invecchiamento di cui si dovrebbe tenere conto per trovare risposte adeguate e sostenibili per la società:

ƒ poter invecchiare bene: si riferisce primariamente alle condizioni ambientali che garantiscono al soggetto contesti sani e salubri, tali da consentire un buono stato di salute;

ƒ voler invecchiare bene: si riferisce al desiderio del percorso evolutivo che accompagna il percorso di crescita, consapevole delle necessarie trasformazioni e cambiamenti, fra l’accettazione dei propri limiti e la scoperta di nuove risorse;

ƒ saper invecchiare bene: indica la necessità di coltivare attitudini, capacità e competenze che sostengano l’anziano nelle sue trasformazioni, e garantiscano un nucleo identitario per riconoscersi nella continuità;

ƒ dover invecchiare bene: non richiama semplicemente la dimensione del rispetto per se stessi, ma anche la necessità di essere e sentirsi un elemento significativo all’interno dei legami inter-personali dalla sfera della famiglia alla sfera del contesto sociale di riferimento.

Una delle sfide principali consiste quindi nel porsi l’obiettivo di una società per tutti, più accogliente ed inclusiva, una “società per tutte le età”, in linea con il Piano internazionale sull’invecchiamento, approvato dall’Assemblea mondiale sull’invecchiamento svoltasi a Vienna nel 1982, nell’ambito della quale vennero sviluppate strategie orientate verso la valorizzazione del capitale umano, sociale, economico e ambientale.

Tale sfida va sostenuta considerando l’invecchiamento come processo attivo, che “non significa cadere nell’ingenuità di sottovalutare il fenomeno dell’anziano bisognoso, ma superare quella visione per cui le disabilità e la non autosufficienza degli anziani devono avere come unica risposta il trattamento in residenze sanitarie” (Deluigi, 2014: 14); la sfida consiste oggi nel superare tali modelli culturali che mostrano tutti i limiti dal momento che non riescono a valorizzare la persona e il proprio potenziale, né risultano più sostenibili stante la crisi del Welfare State.

Tale sfida passa per lo sviluppo del capitale umano e sociale, in particolare favorendo la costruzione di reti di supporto e di comunicazione capaci di includere e valorizzare tutte le età presenti sul territorio.