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La situazione in Italia e il confronto con i Paesi industrializzati

Quello che qui interessa mettere in luce ai fini della ricerca è la presenza di condizioni inedite per cui si rende necessario ripensare alle soluzioni abitative per gli anziani. In modo particolare si riportano di seguito alcune caratteristiche peculiari dell’attuale contesto demografico, quale

framework di riferimento per la trattazione della domiciliarità.

Va considerato infatti che la “ridistribuzione demografica senza precedenti” cui sta portando il progressivo aumento della popolazione11, è caratterizzata in primo luogo dal continuo aumento della sopravvivenza nelle età più avanzate e non solamente al calo della fecondità. Secondo i dati Istat, in Italia la speranza di vita alla nascita ha ripreso a crescere nell’ultimo periodo, passando da 80,1 anni a 80,6 anni per i maschi e da 84,6 a 85,1 per le femmine.

Siamo dunque di fronte a una popolazione che invecchia progressivamente, ma le cui condizioni migliorano a seguito del diffondersi generale di un maggior benessere e dal miglioramento delle condizioni sanitarie e assistenziali. Infatti, mentre gli individui tendono a vivere più a lungo, favoriscono contestualmente la conservazione e l’invecchiamento della popolazione. L’allungamento della prospettiva di vita attiva si accompagna inesorabilmente all’invecchiamento progressivo della stessa popolazione anziana che ha avviato un processo di invecchiamento al suo interno.

11 Nei prossimi 5 anni, per la prima volta nella storia dell’umanità, il numero di individui di età uguale o superiore a 65 anni supererà quello dei bambini al di sotto dei 5 anni” e, soprattutto nei Paesi industrializzati, il segmento di popolazione che aumenterà maggiormente sarà quello degli ultraottantenni, il cui numero assoluto, entro il 2050, risulterà praticamente quadruplicato (Galluzzo, Gandin, Ghirini, Scafato, aprile 2012).

1980 2017 2050

Paese over 60 (%) Paese over 60 (%) Paese over 60 (%) 1 Svezia 22,0 Giappone 33,4 Giappone 42,4 2 Norvegia 20,2 Italia 29,4 Spagna 41,9 3 Isole del Canale 20,1 Germania 28,0 Portogallo 41,7 4 Regno Unito 20,0 Portogallo 27,9 Grecia 41,6 5 Danimarca 19,5 Finlandia 27,8 Corea del Sud 41,6 6 Germania 19,3 Bulgaria 27,7 Provincia di Taiwan 41,3 7 Austria 19,0 Croazia 26,8 Hong Kong 40,6 8 Belgio 18,4 Grecia 26,5 Italia 40,3 9 Svizzera 18,2 Slovenia 26,3 Singapore 40,1 10 Lussemburgo 17,8 Lettonia 26,2 Polonia 39,5

Figura 2 Paesi con maggior tasso di invecchiamento della popolazione. (Fonte ONU)

Tali considerazioni risultano fondamentali nell’ambito della riflessione sulla domiciliarità, dal momento che non abbiamo di fronte una popolazione che invecchia passivamente, ma che ha al suo interno una fascia sempre più ampia in grado di mantenersi attiva, determinando una molteplicità di bisogni e di opportunità del tutto nuove per gli individui ma anche per la società nel suo complesso.

Al contempo proprio per l’allungamento della prospettiva di vita, accanto alla popolazione anziana attiva aumenta una fascia di anziani che diventa inattiva, a causa del declino fisiologico e dell’acuirsi delle patologie croniche12.

Questo comporta una crescita dei bisogni sanitari e socio-assistenziali, dovuta alla presenza di persone che presentano gravi limitazioni a livello di autonomia, nonché l’aumento delle persone non autosufficienti13.

In particolare, va sottolineata la presenza di anziani che presentano difficoltà nello svolgere le attività quotidiane domestiche (preparazione pasti, fare la spesa, ecc.), nonché nelle attività di cura della persona14. Molto spesso gli anziani che vivono con grave riduzione dell’autonomia personale, non hanno aiuti sufficienti. Inoltre, la presenza di patologie più o meno gravi

12 In un contesto segnato dall’invecchiamento della popolazione non si può quindi non tenere conto dell’indicatore legato alla diffusione di tali patologie, che rappresenta uno dei tratti caratteristici della popolazione anziana. Parlando sempre della situazione italiana, le patologie cronico-degenerative sono infatti più frequenti nelle fasce di età più adulte: già nella classe 55-59 anni ne soffre il 53,0 per cento e tra le persone ultra settantacinquenni la quota raggiunge l’85,3 per cento.

13 Dai dati 2015, emerge che il 23,1% degli anziani presenta gravi limitazioni motorie, mentre la grave riduzione di autonomia personale riguarda oltre un anziano su dieci, fenomeno in linea con la media dei Paesi UE per i 65-74enni.

14 L’11,2% degli anziani riferisce gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona, come fare il bagno o la doccia (10,3%), sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia (7,3%), vestirsi e spogliarsi (7,3%). Il 30,3% incontra gravi difficoltà nello svolgere le quotidiane attività di tipo domestico, come preparare i pasti, fare la spesa, prendere le medicine fare lavori di casa, gestire, ecc.

tende a peggiorare le condizioni di autonomia15, che si riducono notevolmente, inficiando lo svolgimento delle attività quotidiane. La perdita dell’autonomia riguarda soprattutto le attività domestiche e rappresenta una situazione particolarmente critica soprattutto nel caso di anziani che vivono da soli. La quasi totalità degli anziani con gravi difficoltà nelle attività di cura della persona dichiara di fronteggiarle con l’aiuto di ausili/apparecchi o di altre persone (92,0%), mentre tale quota è pari all’81,9% tra quanti hanno gravi difficoltà nelle attività domestiche.

Secondo le previsioni, la percentuale di anziani non autosufficienti è pari a 2,21% e tende ad aumentare nel 2025 a 3,47% e nel 2050 a 5,49%. Il fenomeno assume caratteristiche distinte a seconda del genere e dell’età dell’anziano: è evidente, infatti, come la non autosufficienza sembra destinata ad aumentare considerevolmente nelle donne ultra80enni, mentre sotto gli 80 anni tende a restare più o meno stabile nel tempo sia per gli uomini, sia per le donne. Per comprendere l’impatto che l’evoluzione del fenomeno della non autosufficienza (parziale e completa) potrebbe avere sulla popolazione in generale è utile considerare l’indice di carico che misura il rapporto tra la popolazione attiva (15-64 anni) e gli anziani non autosufficienti. Secondo tale indice, se nel 2005 si contano 9,93 soggetti attivi per ogni anziano non autosufficiente, nel 2025 questi diminuiranno a 6,30 e nel 2050 diventeranno 3,50, mettendo in luce la problematica della rete sociale di supporto dell’anziano non autosufficiente.

Come si evince dal report “Ageing in the Twenty-First Century: A Celebration and A

Challenge”, le odierne caratteristiche dell’invecchiamento, collegato ai progressi che hanno

segnato la nostra società in termini di miglioramenti a livello alimentare, medico e sanitario,

15 Si tratta in gran parte di ultrasettantacinquenni (1 milione e 200mila): in questa fascia di età un anziano su cinque riporta tali difficoltà. L’attività quotidiana di cura personale nella quale gli anziani sono meno autonomi è fare il bagno o la doccia da soli (10,3%), seguono sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia (7,3%), vestirsi e spogliarsi (7,3%), usare i servizi igienici (6,5%) ed infine mangiare da soli (3,6%). Quasi il 7% degli anziani presenta gravi difficoltà in tre o più attività e tale quota sale al 12% tra gli ultrasettantacinquenni. Passando ad esaminare le limitazioni nelle attività quotidiane strumentali di tipo domestico (IADL), si stima che complessivamente il 30,3% degli anziani (circa quattro milioni) ha gravi difficoltà a svolgerle, dopo i 75 anni quasi 1 anziano su 2 (47,1%).

educativo ed economico sono fondamentali non solo per comprenderne la portata, ma anche per capire a fondo come sfruttarne le opportunità.