Come tratteggiato nei precedenti capitoli, l’evoluzione demografica segnata dall’invecchiamento della popolazione costituisce la principale ragione della crisi del Welfare State. Tale crisi, sociale ed economica al contempo, è caratterizzata da una serie di fattori che contribuiscono a determinare una situazione complessa, che richiede risposte innovative che vadano al di là delle risposte date dai modelli di welfare tradizionale. L’aumento infatti dei bisogni sociali delle persone, conseguenti alla crisi, si accompagna ad una limitata sostenibilità del sistema, dovuta tanto ai vincoli di bilancio quanto alla persistenza, a molteplici livelli, di una cultura assistenziale che tende a rispondere ai bisogni in termini di erogazione e fruizione dei servizi. Come si evince dallo studio “Verso un welfare generativo, da costo a investimento” del 2013 del centro studi e di ricerca sociale Fondazione Zancan, una delle domande centrali oggi riguarda come reggere l’onda dei bisogni delle persone che, proprio a causa della crisi, non possono farcela da sole. Tale domanda urgente, si scontra con il fatto che, negli ultimi 30 anni, il capitale a disposizione è stato amministrato “giuridicamente”, senza troppe innovazioni, facendo diventare “le strategie del prendersi cura” dei “sistemi assistenziali gestiti a costo e non a investimento”.
Raccogliere (r1)
Redistribuire (r2) Dominanza:ISTITUZIONI [wi=f(r1,r2)]
Raccogliere (r1) Redistribuire (r2) Rigenerare (r3) Rendere (r4) Responsabilizzare (r5) WELFARE GENERATIVO [w=f(r1,r2,r3,r4,r5)] Rigenerare (r3) Rendere (r4) Responsabilizzare (r5) Dominanza: INDIVIDUI PERSONE [wp=f(r3,r4,r5)]
Figura 6 Dal welfare redistributivo al welfare generativo (Fondazione Zancan, 2013)
Il fatto che oggi il welfare rappresenti un problema, secondo il sopra citato studio, sarebbe dovuto al fatto che “le ragioni di necessità e giustizia sono messe in dubbio da quanti ritengono che la solidarietà ‘civile’, cioè basata su diritti e doveri regolati per tutti, non sia più un bene sostenibile e su cui investire”. Questo perché la “sostenibilità” del nostro sistema di protezione sociale è stata fino ad ora affidata alla raccolta fondi basata sulla solidarietà fiscale, sulla solidarietà tra lavoratori, sul concorso alla spesa da parte degli aiutati, sulle imposte sui consumi. Tale situazione implica che le persone più vulnerabili, quali poveri, esclusi, anziani, ammalati, ecc. ricevano aiuto “con soluzioni alimentate da questi proventi”.
Si tratta dunque di una logica riduttiva, o meglio di una logica prettamente amministrativa che consiste nel raccogliere e redistribuire. A ciò si aggiunga il fatto che i tassi di povertà persistenti condannano l’Italia tra i Paesi europei meno capaci di trasformare in valore sociale le risorse a disposizione. Il problema principale è che siamo di fronte a un “capitale gestito
a costo e non a investimento: non fa fruttare le risorse, non cerca il loro rendimento, non valorizza le capacità, non incentiva le trasformazioni necessarie per rigenerarle. Si limita ad amministrare molti diritti con pochi doveri. A queste condizioni un salto di civiltà sociale non è possibile. L’alternativa è ridursi a giustificare la recessione di welfare in corso. È regressione di umanità”.
Tale analisi mette in luce la necessità di superare un modello di welfare che raccoglie e redistribuisce, proprio in considerazione del fatto che il processo di cambiamento sta portando ad una società in cui la popolazione attiva sarà numericamente inferiore a quella inattiva in termini lavorativi.
Di conseguenza, è urgente ripensare i modelli finora sostenuti, nell’ottica di utilizzare e far fruttificare le energie a disposizione, evitando la loro dissipazione.
In questa prospettiva, va considerata l’importanza della proposta contenuta nel menzionato studio di favorire il passaggio da un tipo di welfare redistributivo a un tipo di welfare generativo. Parlare di welfare generativo implica la possibilità di rispondere all’attuale crisi del Welfare State attraverso un modello che faccia leva sulla “sfida del rigenerare, far rendere, responsabilizzare quanti hanno interesse a moltiplicare le risorse, per dare di più”. Significa la possibilità di “favorire il passaggio dai diritti soltanto individuali ai diritti realmente sociali”. Nel delineare un modello di welfare generativo, lo studio della Fondazione Zancan propone uno schema in cui risulta centrale l’interrelazione tra pubblico e istituzionale, solidale e sociale, in un incontro di modi generativi di valore.
Punto fondamentale, non è solo il superamento della logica basata sulla diade “raccogliere-redistribuire”, logica in cui domina il punto di vista delle istituzioni, in una logica più ampia basata sui valori del raccogliere, rendere, responsabilizzare, ma anche la possibilità di passare da un punto di vista prettamente amministrativo, a una visione più etica basata sulla centralità degli individui persone.
Un tale passaggio fa leva sulla considerazione per cui “ogni aiutato che valorizza le proprie capacità è anche moltiplicatore”, nel senso che “anche agli ultimi va riconosciuto il diritto di contribuire ad una socialità che si rinnova, nel momento in cui diventa più capace di essere solidale”. Il punto di partenza è il “lavoro a rendimento sociale”.
Qui si fa riferimento al lavoro nel senso ampio del termine, finalizzato a produrre capitale sociale, come ad esempio il lavoro socialmente utile delle persone anziane autosufficienti, il servizio civile ecc., lavoro che può “diventare generativo di ulteriore aiuto, grazie al valore economico e relazionale che produce e mette a disposizione”. Da qui la possibilità di passare dai diritti individuali ai diritti sociali, favorendo la generazione di benefici per la persona e per la comunità.
Il passaggio ad un “welfare a maggiore capacità e potenza” consentirebbe quindi una rigenerazione delle risorse, anche grazie alla “responsabilizzazione resa possibile da un nuovo modo di intendere diritti e doveri sociali”.
Da un certo punto di vista, la crisi del welfare non va vista come fenomeno del tutto negativo, dal momento che ha permesso di sviluppare e valorizzare un nuovo welfare, fondato sull’investimento di comunità un welfare generativo che costituisce risorse in grado di realizzare investimenti e non costituire meramente un costo.
Una tale prospettiva è utile proprio in relazione al fenomeno illustrato precedentemente dell’invecchiamento della popolazione, non solo perché consente di far fronte ad una situazione di impasse in cui il mancato ricambio di forze non è controbilanciato da un aumento di risorse disponibili per rispondere ai bisogni, ma anche perché incoraggia una visione in cui l’invecchiamento può essere visto in modo positivo, come la possibilità rigenerare le risorse a disposizione.
Infatti, la proposta di un welfare generativo offre, come già precedentemente sottolineato, una visione che va al di là di una mera risposta economico-amministrativa, ampliando il raggio d’azione alla sfera sociale, determinando in tal modo un’attenzione alla persona ed alla sua sfera etica e relazionale.
Ciò significa puntare su principi importanti che possono contribuire ad implementare ed a valorizzare la sfera sociale, determinando la produzione di beni e valori per l’intera comunità. La prospettiva del welfare generativo offre innanzitutto la possibilità di rimettere al centro la persona, considerandola non semplicemente un individuo isolato, destinatario di diritti e di doveri, ma una persona attiva, capace di produrre valore per l’intera comunità. Questo determina altresì il riconoscimento di un valore della persona superiore a quello delle istituzioni e la capacità della stessa di interagire attivamente e positivamente con queste ultime.
Inoltre, la suddetta prospettiva risulta fondamentale per considerare la persona in virtù della dimensione socio-relazionale che le appartiene, favorendo l’uscita da quella visione tipica dell’attuale contesto socio-culturale che considera l’individuo in un’ottica prettamente solipsistica, che tende a ridurre al minimo la sua dimensione socio-comunitaria. In un momento di crisi qual è quello attuale, di sfaldamento dei legami relazionali e comunitari, risultano invece quanto più necessarie il recupero e la valorizzazione dei legami relazionali e comunitari. In tal senso, puntare su un welfare di tipo generativo significherebbe anche valorizzare le comunità locali, intese come insiemi di reti di vicinato, valorizzando il capitale relazionale e sociale, in un momento in cui si sta assistendo al declino ed alla liquefazione delle forme tradizionali di legame sociale.
Molti studi oggi sottolineano l’importanza di porre attenzione ai vari contesti locali e comunitari, quali luoghi in cui prendono forma le relazioni primarie e in cui si concretizzano le reti formali ed informali. Da questo punto di vista, si tratta della possibilità di rispondere ai bisogni delle persone, in una logica di sussidiarietà, favorendo l’integrazione tra livello istituzionale e non. Questo implica la possibilità di rispondere ai bisogni delle persone puntando sul rafforzamento dei legami sociali e sullo sfruttamento non tanto del capitale economico, ma di quello sociale e familiare.
Conseguenza dello sfruttamento dei legami sociali potrebbe essere l’implementazione della sfera della responsabilità, non solo del soggetto ma dell’intera comunità, nel senso della capacità di rispondere e di prendersi cura dei bisogni di ciascuno, ancora una volta offrendo il trampolino di lancio per l’uscita da visioni prettamente individualistiche e consumistiche.
L’attenzione ai legami sociali implica il porre attenzione anche ai luoghi quali contesti in cui l’individuo si trova a vivere la propria quotidianità e ad esprimere i propri bisogni. Porre infatti la persona al centro implica il mettere al centro i suoi bisogni e le sue necessità, ponendo l’attenzione ai suoi contesti di vita, quali ambiti e luoghi di relazioni fondamentali e primarie. Coinvolgere le reti familiari, parentali e di vicinato, oltre a dare risposte efficaci, potrebbe quindi incentivare interventi partecipati che incidano sul quartiere e sulla città, contribuendo in tal modo a valorizzare i luoghi in cui le persone si trovano a vivere la propria quotidianità.