sOMMArIO: 1. Il potere di controllo a distanza, nuove tecnologie e tendenza alla tracciabilità informatica della prestazione lavorativa. – 2. La tutela della libertà e dignità del lavoratore sottoposto alla sorveglianza nell’impianto originario dello Statuto dei Lavoratori. Il vecchio art. 4 l. 300/1970. – 3. Le ragioni che han-no portato alla riforma dell’art. 4 St. Lav. – 4. La nuova disciplina del potere di controllo a distanza. – 5. Le principali questioni sollevate dalla nuova disciplina. L’individuazione degli strumenti (di lavoro e di registrazione degli accessi e delle presenze) sottratti alla procedura codeterminativa. – 6. (segue) Le principali que-stioni sollevate dalla nuova disciplina. I controlli a distanza sui comportamenti il-leciti dei lavoratori: quale spazio per il controllo occulto? – 7. Il potere di controllo come trattamento di dati personali dei lavoratori. – 8. Il regolamento 2016/679/ UE e il principio di accountability. – 9. Le implicazioni del regolamento 2016/679/
UE sul potere di controllo a distanza. La base giuridica del trattamento. – 10. (segue) le implicazioni del regolamento 2016/679/UE sul potere di controllo a distanza. I principi del trattamento dei dati personali.
1. Il potere di controllo a distanza, nuove tecnologie e
tenden-za alla tracciabilità informatica della prestazione lavorativa
Il potere di controllo “a distanza” (alias tecnologico)1 del datore di lavoro sull’attività dei lavoratori è tradizionalmente considerata una delle forme di sor-veglianza più subdola e pericolosa per la dignità e la libertà dei lavoratori. La sua particolare insidiosità ben si comprende se si considera il carattere anonimo del monitoraggio, idoneo, da un lato, a privare il lavoratore del beneficio della contestazione diretta e del contraddittorio e, dall’altro lato, capace di fornire al datore di lavoro, sorvegliante onniveggente ed invisibile e dominus esclusivo
1 L’espressione si riferisce alla possibilità che la tecnologia conferisce al datore di lavoro di acquisire e memorizzare dati sui lavoratori da uno spazio e/o da un tempo diversi da quello in cui il sorvegliato si trova durante il controllo, v. A. beLLAvIsTA, Il controllo sui lavoratori, Giappichelli, Torino, 1995, p. 13 ss.
dello strumento di controllo, numerose informazioni sul lavoratore, da cui pos-sono trapelare prove precostituite di eventuali infrazioni disciplinari.
Per tali ragioni, l’evoluzione della disciplina del potere di controllo a distan-za sull’attività lavorativa ha costituito il paradigma della ricerca di un punto di equilibrio tra i contrapposti interessi: da un lato, vi è quello del datore di lavoro – creditore della prestazione – a riscontrare, grazie alla tecnologia, l’esattez-za dell’adempimento del lavoratore nonché ad organizl’esattez-zare i fattori produttivi, scegliendo lo strumentario informatico da introdurre in azienda; dall’altro lato, quello del lavoratore – debitore della prestazione e inserito nell’organizzazione strutturata dal datore di lavoro – a preservare integro il nucleo fondamentale della propria libertà e dignità durante l’esecuzione della prestazione lavorativa e, di conseguenza, a non subire controlli tecnologici omnipervasivi e anonimi.
Il trade off tra queste posizioni ha trovato un primo punto di equilibrio con
l’emanazione dell’art. 4 della legge 300 del 1970, cd. Statuto dei lavoratori (infra
§ II). Tale equilibrio, come sarà detto (infra § III), è stato messo a dura prova
da parte del processo, tutt’ora in corso, di evoluzione tecnologica che ha inte-ressato gli ambienti produttivi. Già a partire dagli anni 90, infatti, l’uso sempre più diffuso di computer e strumenti informatici, ha messo in luce la potenzialità
di queste apparecchiature di tracciare costantemente la prestazione lavorativa e di travalicare la sottile cortina che separa la vita lavorativa e la vita personale del lavoratore.
Con uno sguardo proiettato al futuro prossimo della complessa materia che si tratterà in questo capitolo, non è possibile esimersi dall’osservare che il pro-cesso di evoluzione tecnologica non è destinato ad arrestarsi, quanto piuttosto a perfezionarsi ulteriormente, rendendo la sorveglianza digitale sempre più in-sidiosa e raffinata.
La tendenza alla tracciabilità informatica della prestazione lavorativa po-trebbe essere enfatizzata nei prossimi anni dall’implementazione del modello “Industria 4.0.”, etichetta coniata dal Governo tedesco2, che in letteratura è uti-lizzata per indicare l’interconnessione dei processi industriali attraverso il col-legamento di macchinari che sono in grado di “parlarsi” tra loro. L’interazione costante, circolare, interconnessa e autogovernata dei sensori dell’internet of thin-gs, di algoritmi e macchinari, conduce alla creazione di processi produttivi e
so-luzioni organizzative rispetto ai quali il lavoratore è tenuto a trasformarsi in un
blue collar aumentato, ossia in un super-operaio istruito, specializzato e
respon-sabilizzato a governare ogni eventuale necessità del sistema automatizzato e dei macchinari. Il lavoratore, dunque, può impiegare svariati dispositivi elettronici per collegarsi e intervenire sul processo produttivo, lasciando costantemente
2 M. TIrAbOsChI, F. seghezzI, Il Piano nazionale Industria 4.0: una lettura lavoristica, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 2, 2016, p. I3 ss.
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“tracce digitali” del proprio lavoro, che restano impresse nella memoria del pro-cesso produttivo.
Al di fuori del cambio di paradigma appena descritto, che interessa il settore industriale, è inoltre doveroso richiamare l’attenzione del lettore sulla diffusione di nuove generazioni di dispositivi che non si limitano più soltanto a disvelare dati quantitativi o qualitativi sulla prestazione lavorativa, ma ambiscono a pre-dire che cosa potrebbe accadere nel futuro alla persona del lavoratore. Il riferi-mento è alla diffusione dei cd. «people o HR analytics», «workforce analytics», «talent analytics»3 e alla “Productivity app”4, che stanno diventando progressivamente og-getto di studio da parte della dottrina italiana e d’oltreoceano5, poiché attraverso una gamma infinita di combinazioni e correlazioni di dati, sono capaci di origi-nare nuove informazioni predittive che possono rivelare per il futuro, ad esem-pio, quali soggetti potrebbero soffrire di disturbi alla salute o di forme di stress.
Di fronte a questi scenari, che per il momento costituiscono soltanto la punta di un iceberg che è destinato sempre di più ad emergere, si analizzerà la nuova
disciplina italiana del controllo a distanza. Il processo d’innovazione tecnologica ha, infatti, recentemente spinto il legislatore, nazionale ed europeo, a riformare questa materia. Da un lato, infatti, il Jobs act (art. 1, c. 7, lett. f, l. d. 10 dicembre
2014, n. 183 e art. 23 d.lgs. 151/2015), è intervenuto a rimodellare l’art. 4 St. lav. al fine d’introdurre nel rapporto di lavoro flessibilità funzionale e così di-luire le rigidità che avevano caratterizzato il previgente regime. Dall’altro lato, il Regolamento 2016/679/UE sulla protezione dei dati personali delle persone fisiche ha sostituito la Direttiva n. 95/46/CE e, in larga parte, è stata modificata la normativa interna di attuazione, ossia il d.lgs. 196/2003.
Entrambe le regolamentazioni appaiono rivoluzionarie, poiché, da un lato, il Regolamento europeo responsabilizza, per la prima volta, il titolare del
3 Vedi l’interessante rapporto di SHRM Foundation-Shaping the future of HR, sponsorizzato da IBM, dal titolo Use of Workforce Analytics for Competitive Advantage in cui si evidenzia che le informazioni sulla «Staff productivity» costituiscono uno dei beni di cui l’azienda non può privarsi.
4 I. AJunwA, written testimony of Ifeoma Ajunwa, resa al Meeting of Public Meeting on Big Data in the Workplace, 13 novembre 2016, organizzato da EEOC, disponibile sul sito https://www.eeoc. gov/eeoc/meetings/10-13-16/ajunwa.cfm. Nell’intervento si sottolinea che «A recent trend in worker monitoring is the use of productivity apps. These computer programs, which now represent an $ 11 billion industry, have been touted as technology that will revolutionize management and that will lead to greater efficiency in the workplace. Even with all the con-venience and perceived accuracy that productivity apps could afford human managers, there remains the issue of whether there is an information asymmetry about such apps that negate consent, and whether the invasive nature of such apps could permanently erode worker pri-vacy and provide opportunities for employment discrimination».
5 e. dAgnInO, People Analytics: lavoro e tutele al tempo del management tramite big data, in Labour&law Issues, vol. 3, n. 1, 2017, 4 ss. Si rinvia inoltre per una trattazione più approfondita di questi strumenti a A. IngrAO, Il controllo a distanza sui lavoratori e la nuova disciplina privacy: una lettura integrata, Cacucci, Bari, p. 86 ss.
trattamento, inducendolo a strutturare un’organizzazione tecnologica che sia rispettosa dei diritti fondamentali della persona (obbligandolo in particolare a porre in essere ed essere in grado di dimostrare lo svolgimento di comporta-menti proattivi al fine di progettare, organizzare e realizzare «trattacomporta-menti» di «dati personali» conformi alla normativa privacy e ai principi di trasparenza,
mi-nimizzazione e limitazione della finalità) (infra § VIII). Mentre, dall’altro lato, il
nuovo art. 4 St. lav. fa cadere il tabù, che aveva caratterizzato il regime prece-dente, dell’inutilizzabilità del dato raccolto attraverso il controllo «a distanza» (infra § IV).
Tale incontro “annunciato” non può non essere foriero di nuove questioni assai rilevanti per il tema che si affronteranno nelle pagine che seguono, cercan-do di mettere in risalto i nuovi limiti che il legislatore impone al datore di lavoro
nell’esercizio dello stesso.