Qualificazione del rapporto di lavoro e nuove tecnologie: il banco di prova della gig economy
6. Le (prime) risposte della giurisprudenza: i rider come lavoratori autonomi
Mentre la dottrina ha subito discusso dello status dei rider di Foodora, la
giu-risprudenza italiana ha tardato a occuparsi dei profili di diritto del lavoro della
platform economy, oggetto per primo delle attenzioni dei Tribunali civili e
com-merciali, chiamati a giudicare delle azioni legali intraprese contro Uber dai tassi-sti, che accusavano Uber di violare le regole della concorrenza58.
La questione relativa alla compatibilità del modello Uber con le discipline che sottopongono lo svolgimento di attività di trasporto pubblico a speciali regimi
53 P. IChInO, Sulla questione dei fattorini di Foodora, in pietroichino.it, 20 ottobre 2016.
54 Pret. Milano 20 giugno 1986, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1987, II, p. 70; Pret. Milano 7 ottobre 1988, in Foro it., 1989, II, c. 2908; Pret. Torino 12 febbraio 1996, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1997, II, p. 290.
55 ) Trib. Milano 10 ottobre 1987, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1987, II, p. 688; Cass. 10 luglio 1991, n. 7608; in Giust. civ., 1992, I, p. 108; Cass. 25 gennaio 1993, n. 811, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1993, II, p. 425.
56 Cass. 20 gennaio 2011, n. 1238.
57 M. deL COnTe, O. rAzzOLInI, La gig economy alla prova del giudice: la difficile reinterpretazione della fattispecie e degli indici denotativi, in Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, 2018, n. 3, spec. p. 679.
58 Per una panoramica sul contenzioso in Europa, n. rAMpAzzO, Rifkin e Uber. Dalletà dell’ac-cesso alleconomia dellecdell’ac-cesso, in Diritto dell’informazione e dell’Informatica, 2015, p. 957 ss.
di autorizzazione, è stata persino rimessa alla Corte di Giustizia, con varie ri-chieste di decisioni pregiudiziali emesse tra il 2015 e il 2016.
Sin dalla prima decisione59, la Corte ha affermato che il servizio di interme-diazione di Uber (avente ad oggetto la messa in contatto mediante applicazione, di conducenti non professionisti, che utilizzano il proprio veicolo, con perso-ne che desiderano effettuare uno spostamento perso-nell’area urbana), costituisce un vero e proprio servizio di trasporto – e non solo un’attività informatica – e ri-entra, pertanto, nel potere degli Stati Membri limitare la concorrenza attraverso la previsione di speciali regimi di licenze.
La Corte Europea ha così confermato quanto era stato già evidenziato dalla dottrina lavoristica circa il fatto che Uber non può essere considerato solo un intermediario60. Allo stesso tempo, però, sebbene alcuni abbiano voluto ricavare dalla sentenza europea anche conseguenze in ordine alla natura del rapporto di lavoro, la Corte non ha espresso alcuna posizione sul punto. Anzi, l’Avvocato Generale aveva precisato che Uber «può perfettamente erogare le sue
presta-zioni servendosi di imprenditori indipendenti che agiscono a suo nome come subcontraenti»61.
E, infatti, quando la giurisprudenza italiana è stata chiamata a decidere del-lo status dei rider di Foodora, ha adottato un approccio di sostanziale chiusura
rispetto alla possibilità di riqualificare il rapporto di lavoro, sposando appieno le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza degli anni 80 in materia di pony express.
Il Tribunale di Torino, nella prima pronuncia italiana in materia di gig economy,
ha rigettato la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto promossa da alcuni rider di Foodora rilevando, in particolare, che «il rapporto
di lavoro intercorso tra le parti era caratterizzato dal fatto che i ricorrenti non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l’obbligo di riceverla»62.
Il Tribunale ha considerato che il fatto che ciascun rider potesse dare la
pro-pria disponibilità a essere inserito nei vari turni (slot) pubblicati settimanalmente
dall’azienda, ma non era obbligato a farlo – così come Foodora poteva accet-tare o meno la disponibilità dei lavoratori a svolger il turno – è di per sé suffi-ciente a escludere la possibilità di configurare un potere direttivo in capo alla
59 CGUE 20 dicembre 2017, C-434/15, Asociación Profesional Elite Taxi vs. Uber Systems Spain, S.L. tra l’altro in Revue des affaires européennes, 2017, p.757 s., con nota di C. CArTA, Uber face à la compétition économique et au respect des règles de droit.
60 Da ultimo V. brInO, Il caso Uber, tra diritto del lavoro e diritto della concorrenza, in g. zILIO grAndI, M. bIAsI (a cura di), op. cit., p. 135 ss.
61 Conclusioni dell’AG Szpunar nel procedimento C-134/15, 11 maggio 2017, § 54.
62 Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778, integrale in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 2018, n. 2, II, p. 283, con nota di p. IChInO, Subordinazione, autonomia e protezione del lavoro nella gig-economy (p. 294 ss.), ma anche in Il lavoro nella Giurisprudenza, 2018, n. 7, p. 721 ss., con nota di g. reCChIA, Gig Economy e dilemmi qualificatori: la prima sentenza italiana.
67 Qualificazione del rapporto di lavoro e nuove tecnologie
piattaforma: se il lavoratore è libero di non lavorare, come può la piattaforma esercitare il potere direttivo?
Anche secondo il Tribunale di Milano, chiamato a decidere della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato di un lavoratore della piattaforma Glovo, la libertà del lavoratore di determinare la dimensione temporale della presta-zione vale a escludere la sussistenza del vincolo di subordinapresta-zione, dovendo-si attribuire valore dirimente al fatto che il lavoratore «era libero di decidere se e quando lavorare: in fase di prenotazione degli slot, infatti, egli non aveva vincoli di sorta nella determinazione dell’an, del quando e del quantum della prestazione»63.
Il Tribunale di Torino, poi, ha escluso che si potesse configurare l’esercizio del potere direttivo a partire dal momento in cui i lavoratori cominciano il turno
loggandosi alla piattaforma: il controllo esercitato dalla piattaforma, comprensivo
della possibilità di verificare in tempo reale la posizione del rider mediante
geo-localizzazione, è stato infatti ricondotto dal Giudice al “coordinamento”, di cui all’art. 409, n. 3, cod.proc.civ., come tale compatibile con la natura autonoma del rapporto.
Il Tribunale di Torino ha poi adottato un approccio di netta chiusura rispetto alla possibilità di applicare l’art. 2, d.lgs. 81/2015, in materia di collaborazioni etero-organizzate, aderendo espressamente alla tesi secondo cui si tratterebbe di una norma che non ha un contenuto capace di produrre nuovi effetti giuridici sul piano della disciplina applicabile alle diverse tipologie di rapporti di lavoro64. Anzi, secondo il Tribunale, l’art. 2, d.lgs. 81/2015, presenterebbe un ambito di applicazione persino più ristretto di quello dell’art. 2094 cod.civ., perché ri-chiederebbe che il potere direttivo e organizzativo del datore si estrinsechi anche
in riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, e non anche soltanto con riferimento
a essi, secondo un’interpretazione restrittiva che ha subito destato critiche in dottrina65.
Anche la decisione del Tribunale di Milano sarebbe pervenuta al medesimo esito di negare la natura etero-organizzata del rapporto, sulla base, ancora una volta, della riconosciuta libertà di determinazione del quando e del quantum della
prestazione. Secondo il Giudice, infatti, le modalità di esecuzione della presta-zione non potevano ritenersi organizzate dal committente con riferimento ai tempi di lavoro, «poiché la scelta fondamentale in ordine ai tempi di lavoro e di riposo era rimessa all’autonomia del ricorrente».
63 Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853, p. 7, su cui, se vuoi, g. CAvALLInI, Riders: Milano segue Torino ma fuori dalle aule di giustizia qualcosa si muove, in Sintesi, 2018, n. 9, p. 4 ss.
64 Supra, par. 4.
65 P. TuLLInI, Prime riflessioni dopo la sentenza di Torino sul caso Foodora, in Lavoro Diritti Europa, 2018, n. 1, p. 7; M. deL COnTe, O. rAzzOLInI, op. cit., spec. p. 678.