Qualificazione del rapporto di lavoro e nuove tecnologie: il banco di prova della gig economy
3. Subordinazione e autonomia nell’ordinamento italiano
Nell’ordinamento italiano, come in molti altri ordinamenti europei ed ex-traeuropei, la qualificazione del rapporto di lavoro rappresenta un passaggio cruciale e ineludibile ai fini dell’individuazione della disciplina protettiva ad esso applicabile.
La subordinazione rappresenta infatti la “porta d’accesso” ad una serie di tutele che al lavoratore autonomo non sono riconosciute, dalla regola della re-tribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art. 36 della Costituzione, che consente di offrire un ampio margine di applicazione alla parte economica del contratto collettivo, alle tutele contro il licenziamento illegittimo, solo per men-zionarne alcune22.
A distanza di oltre un secolo dall’opera di Ludovico Barassi, considerato il padre del diritto del lavoro italiano, resta ancora del tutto valida la sua affer-mazione secondo cui la distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato rappresenta «la grande, la più importante distinzione che si fa in materia di contratto di lavoro»23.
21 v. de sTeFAnO, op. cit., p. 485.
22 M. pedrAzzOLI, La parabola della subordinazione: dal contratto allo status. L. Barassi e il suo dopo, in M. nApOLI (a cura di), La nascita del diritto del lavoro. «Il contratto di lavoro» di Lodovico Barassi cent’anni dopo. Novità, influssi, distanze, Vita e pensiero, Milano, 2003, p. 349 ss.; M. d’AnTOnA, La subordinazione e oltre. Una teoria giuridica per il lavoro che cambia, in M. pedrAzzOLI (a cura di), Lavoro subordinato e dintorni, Comparazioni e prospettive, Il Mulino, Bologna, 1989, p. 43. 23 L. bArAssI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (1901), a cura di Mario Napoli, Vita e
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Il codice civile italiano del 1942 disciplina in due diversi articoli la fattispecie del lavoro subordinato da quella del lavoro autonomo, prevedendo, da un lato, che «È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore» (art. 2094 cod.civ.), e, dall’al-tro, che è considerato lavoratore autonomo chi «si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e sen-za vincolo di subordinazione nei confronti del committente» (art. 2222 cod.civ.). Con la riforma del processo del lavoro del 1973, poi, il Legislatore ha indi-viduato una sottospecie del lavoro autonomo, spesso definita lavoro “parasu-bordinato”24, rappresentata dai «rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato» (art. 409, n. 3, cod.proc.civ.). In presenza dei requisiti della continuità, del coordinamento e della prevalente personalità della prestazione, la legge prevede che trovino applicazione alcune delle tutele del lavoro subordinato – in primis, la disciplina processuale – anche se i suddetti
rapporti rimangono di lavoro autonomo ad altri fini, ad esempio, per quanto concerne la non applicazione delle garanzie in materia di retribuzione25.
Sui caratteri distintivi delle due fattispecie – lavoro autonomo e subordinato – la dottrina e la giurisprudenza si sono affaticate per oltre un secolo.
La dottrina, in particolare, si è a lungo interrogata sul problema del metodo di accertamento della natura del rapporto, spaccandosi tra chi ha sostenuto la necessità di poter operare una perfetta sussunzione della fattispecie concreta nello schema giuridico astratto dell’art. 2094 cod.civ. (c.d. metodo sussuntivo), attribuendo così rilievo dirimente all’elemento della etero-direzione della presta-zione da parte del datore di lavoro (“alle dipendenze e sotto la direpresta-zione”), e chi invece ha ritenuto che, per rientrare nella fattispecie astratta del 2094 cod.civ., è sufficiente che la fattispecie concreta contempli anche solo alcuni degli elementi previsti dalla norma, dovendosi operare un giudizio di approssimazione (c.d. metodo tipologico)26.
La giurisprudenza, poco incline a spingersi troppo nei problemi di natura metodologica, è solita affermare che l’elemento che contraddistingue il rappor-to di lavoro subordinarappor-to rispetrappor-to a quello di lavoro aurappor-tonomo è l’etero-dire-zione, da intendersi come «assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e
24 g. sAnTOrO pAssAreLLI, Il lavoro «parasubordinato», Franco Angeli, Milano, 1979.
25 Nel senso che l’art. 36 della Costituzione non si applica al lavoro parasubordinato v. Cass., sez. II, 4 giugno 2018, n. 14292; Cass., sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 29925; Cass., sez. II, 6 novembre 2015, n. 22701; Cass., sez. I, 13 dicembre 2013, n. 27919.
26 Sul tema del metodo v. soprattutto L. nOgLer, Metodo tipologico e qualificazione dei rapporti di lavoro subordinato, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 1990, I, p. 182 ss.
disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autono-mia ed inserimento nell’organizzazione aziendale»27.
Nei giudizi di accertamento della natura subordinata del rapporto, la giuri-sprudenza fa solitamente ricorso anche a una serie di indici c.d. sussidiari, quan-do risulti incerto l’elemento dell’eterodirezione della prestazione, attribuenquan-do rilievo alla continuità e alla durata del rapporto, alle modalità di erogazione del compenso, alla regolamentazione dell’orario, alla presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e alla sussistenza di un reale potere di autorga-nizzazione in capo al prestatore28.
Un indice è anche la qualificazione operata dalle parti (il c.d. nomen iuris), la
quale però, pur assumendo un certo rilievo, non può invece precludere la pos-sibilità per il giudice di accertare l’effettiva sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Secondo l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale, in-fatti, non è consentito alle parti di negare la qualificazione di rapporti di lavoro subordinato a relazioni lavorative che, nei fatti, abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto di lavoro subordinato29.
Il ricorso agli indici sussidiari, tuttavia, viene di solito ammesso, in mancanza della prova dell’eterodirezione (a carico del lavoratore), solo nei casi in cui le mansioni siano elementari, monotone, ripetitive e predeterminate nelle modali-tà di esecuzione30, ovvero nei casi, diametralmente opposti, in cui le mansioni, si caratterizzino per un elevato grado di professionalità e creatività, come ad esempio avviene nei casi, da sempre emblematici, del lavoro dirigenziale31 e del lavoro giornalistico32, per i quali spesso si parla di una subordinazione “attenua-ta”, incentrata, non tanto sull’eterodirezione della prestazione lavorativa, quanto
27 Cass. 2 gennaio 2018, n. 1; Cass. 2 ottobre 2017, n. 22984; Cass. 16 maggio 2016, n. 10004, in Il Foro italiano, 2016, n. 7-8, I, c. 2416; Cass. 11 maggio 2016, n. 9681.
28 Cass. 11 ottobre 2017, n. 23846; Cass. 26 settembre 2014, n. 20367; Cass. 15 giugno 2016, n. 12330; Cass. 27 dicembre 2011, n. 28982. Sul punto A. LepOre, Gli indici giurisprudenziali di identificazione della fattispecie lavoro subordinato, in G. sAnTOrO pAssAreLLI (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, 7° ed., Utet, Milano, 2017, p. 62 ss.
29 Corte cost. 29 marzo 1993, n. 121; Corte cost. 31 marzo 1994, n. 115.
30 Cass. 4 luglio 2017, n. 16377, relativa a un caso di fattorini addetti alla consegna a domicilio di pizze; Cass. 10 aprile 2017, n. 9157, relativa al caso di addetti alla consegna di quotidiani; Cass. 19 luglio 2013, n. 17718, relativa al caso di un addetto ad un’agenzia di scommesse ippiche; Trib. Bari 20 aprile 2018, in riferimento al caso di una barista; Trib. Milano 8 settembre 2017, n. 20146, per il caso di un imbianchino; Trib. S. Maria Capua Vetere, 13 luglio 2017, n. 2029, per il caso di una commessa di negozio.
31 Cass., Sez. I, 10 maggio 2016, n. 9463, in GDir., 2016, n. 36, p. 78, secondo cui nel rapporto di lavoro dirigenziale «il lavoratore gode di ampi margini di autonomia ed il potere di direzione del datore di lavoro si manifesta non in ordini e controlli continui e pervasivi, ma, essenzial-mente, nell’emanazione di indicazioni generali».
32 Nel senso che la subordinazione in campo giornalistico si atteggia come costante disponibi-lità del lavoratore, piuttosto che come rigida eterodirezione, da ultimo, Cass. 3 maggio 2017, n. 10685, in Argomenti di Diritto del Lavoro, 2017, n. 6, p. 1568.
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sull’elemento della continua disponibilità del lavoratore a svolgere la prestazio-ne e sul suo inserimento prestazio-nell’organizzazioprestazio-ne d’impresa.
Anche la giurisprudenza di merito, tradizionalmente più propensa a fare ri-ferimento all’utilizzo combinato di una serie di indici33, sembrerebbe da ulti-mo essersi assestata su un indirizzo più rigoroso e incentrato sul dato della etero-direzione. Pare infatti doversi rilevare, nella giurisprudenza più recente, un approccio che è stato definito «metodologicamente conservatore»34, tale da determinare, di fatto, una restrizione dell’area della subordinazione e – paral-lelamente – l’avallo di schemi giuridici volti a ricondurre (anche) il lavoro su piattaforma digitale nell’ambito del mondo del lavoro autonomo.
4. La novità del lavoro “etero-organizzato” (art. 2, d.lgs.
81/2015)
A complicare il quadro è intervenuto il legislatore, il quale, nell’ambito della riforma nota come Jobs Act del 2015, ha introdotto una nuova specifica dispo-sizione in materia di lavoro “etero-organizzato”, prevedendo che «a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono or-ganizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro» (art. 2, d.lgs. 81/2015).
Il secondo comma, tuttavia, prevede che la disposizione del primo comma appena citata non trova applicazione in una serie di casi di deroga, ivi compreso il caso in cui al rapporto di lavoro etero-organizzato trovino applicazione spe-cifici contratti collettivi.
La norma, poi riscritta nel 201935, ha creato un vivace dibattito in dottrina, la quale si è divisa sostanzialmente su tre posizioni interpretative.
Un primo indirizzo dottrinale ha ravvisato nella disposizione una “norma di disciplina”36, non incidente sulle nozioni codicistiche contenute nell’art. 2094 e nell’art. 2222 cod.civ., volta semplicemente a estendere la disciplina del lavoro subordinato a rapporti giuridici che rimangono di lavoro autonomo, ma che
33 F. MArTeLLOnI, Lavoro coordinato e subordinazione, Bologna University Press, Bologna. p. 37 s. 34 s. d’AsCOLA, Non solo autonomia e subordinazione: uno sguardo alla giurisprudenza sulla qualificazione
del contratto di lavoro, in Argomenti di Diritto del Lavoro, 2017, n. 1, p. 296.
35 Il d.l. 101/2019, in particolare, ha sostituito la locuzione «esclusivamente personali» con la lo-cuzione «prevalentemente personali» e soppresso il riferimento ai «tempi e luoghi di lavoro». 36 In tal senso, sia pure con diverse sfumature, r. deL punTA, Diritto del lavoro, Giuffré, Milano,
p. 371; A. peruLLI, Il lavoro autonomo, le collaborazioni coordinate e le prestazioni organizzate dal com-mittente, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 272/2015, spec. p. 11 ss.
sarebbero stati ritenuti dal legislatore meritevoli di un eguale livello di tutela in ragione della condizione di debolezza del prestatore37.
In questa prospettiva, come è stato sostenuto, la disposizione in esame non interverrebbe sull’art. 2094 cod.civ., né identificherebbe una nuova fattispecie di lavoro subordinato, «perché la collaborazione etero-organizzata non rientra nello schema legale-tipico della subordinazione ex art. 2094 cod.civ. (neppure in una sua versione evolutiva), ma costituisce una diversa figura, gravitante nella soglia tra subordinazione e autonomia, che viene ricondotta per l’effetto nell’a-rea della subordinazione, senza che essa sia tipologicamente qualificabile come tale»38.
Un diverso orientamento, al contrario, aveva valorizzato gli effetti della no-vella sul piano della nozione di subordinazione, di cui avrebbe determinato un allargamento, vuoi introducendo una presunzione assoluta di subordinazione39, vuoi recependo orientamenti estensivi della subordinazione già emersi in parte della giurisprudenza40. In questa prospettiva, si è detto che la riforma del 2015 è arrivata a incidere – quantomeno “di fatto” – sulla nozione di subordinazione di cui all’art. 2094 cod.civ., che si estenderebbe fino a ricomprendere in un unico contenitore, sia il lavoro etero-organizzato, sia il lavoro etero-diretto41.
Non è poi mancato chi, provocatoriamente, ha ritenuto il nuovo art. 2, d.l-gs. 81/2015 «privo di efficacia propriamente normativa», bollandolo come una «norma apparente» che si limiterebbe a codificare indici sussidiari (tempo e luo-go della prestazione, e cioè: osservanza di un orario di lavoro e inserimento della prestazione nell’organizzazione d’impresa) già ampiamente utilizzati dalla giurisprudenza ai fini della qualificazione dei rapporti di lavoro42.
Tale diversità di vedute, come si avrà modo di vedere, avrebbe avuto poi un impatto estremamente significativo sulla giurisprudenza chiamata a risolvere la
37 M. deL COnTe, Premesse e prospettive del Jobs Act, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2015, n. 4, p. 955, secondo cui l’estensione della disciplina del lavoro subordinato «è la risposta del legisla-tore italiano del 2015 al problema della debolezza contrattuale dei collaboratori privi di una reale autonomia organizzativa della propria attività».
38 A. peruLLI, op. cit., p. 11 ss.
39 L. nOgLer, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015: alla ricerca dell’«autorità del punto di vista giuridico», in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 267/2015, p. 16 s.
40 g. FerrArO, Collaborazioni organizzate dal committente, cit., p. 62, secondo cui il legislatore avreb-be sposato «una concezione estensiva della subordinazione, imperniata innanzitutto sui requi-siti interdipendenti della personalità e della continuità della prestazione».
41 M. pALLInI, Dalla eterodirezione alla eteroorganizzazione: una nuova nozione di subordinazione?, in Rivista Giuridica del Lavoro, 2016, n. 1, I. p. 65 ss; O. rAzzOLInI, La nuova disciplina delle collabo-razioni organizzate dal committente. Prime considecollabo-razioni, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT – 266/2015, spec. p. 4 ss.
42 p. TOsI, L’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015: una norma apparente?, in Argomenti di Diritto del Lavoro, 2015, n. 6, p. 1117 ss., secondo cui anzi la disposizione delinea una fattispecie più ristretta di quella delineata dall’art. 2094 c.c. Nello stesso senso O. MAzzOTTA, Lo strano caso delle «collaborazioni organizzate dal committente», in Labor, 2016, n. 1-2, p. 9 e s.
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complessa questione della qualificazione del rapporto di lavoro dei lavoratori della gig economy italiana.