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Le principali questioni sollevate dalla nuova disciplina. L’individuazione degli strumenti (di lavoro e di

Nel documento NUOVE TECNOLOGIEE DIRITTO DEL LAVORO 1 (pagine 122-128)

2.La tutela della libertà e dignità del lavoratore sottoposto alla sorveglianza nell’impianto originario dello Statuto

5. Le principali questioni sollevate dalla nuova disciplina. L’individuazione degli strumenti (di lavoro e di

registra-zione degli accessi e delle presenze) sottratti alla

proce-dura codeterminativa

Conviene concentrare l’attenzione sulle principali problematiche che il nuo-vo art. 4 St. lav., modificato a seguito del Jobs act, ha provocato nel dibattito, sia

dottrinale che giurisprudenziale.

23 Secondo I. ALvInO, I nuovi limiti al controllo «a distanza» dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, p. 15 ss. il nuovo art. 4 St. lav. distingue nei primi due commi le regole di installazione degli strumenti mentre nel terzo quelle di utilizzazione delle informazioni. Nello stesso senso, A. MAresCA, Controlli tecnologici e tutele del lavoratore nel nuovo art. 4 St. lav., in P. TuLLInI (a cura di), Controlli «a distanza», op. cit., p. 8, che individua tre fasi temporali di esercizio del potere di controllo: raccolta, memorizzazione e utilizzazione dei dati.

123 Il potere di controllo a distanza sull’attività lavorativa

La prima questione che ha suscitato le preoccupazioni della dottrina consiste nella distinzione tra strumenti di controllo e strumenti di lavoro e di registra-zione degli accessi e delle presenze (comma 2). Il carattere derogatorio della disposizione ha fatto preconizzare l’ingresso del “Grande Fratello” in azienda24, poiché essa sembrerebbe consentire al datore di lavoro di controllare i lavorato-ri in assenza, non solo del requisito procedurale, ma, soprattutto, in assenza del rispetto di vincoli causali-finalistici preventivi al controllo. Tale assunto sarebbe confermato dalla previsione dell’utilizzabilità delle informazioni a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro25.

Così, all’indomani della riforma, si è scatenato un dibattitto volto a demar-care la linea di confine tra strumenti «che il lavoratore utilizza per rendere la prestazione» e strumenti di controllo puro. Così, sono state elaborate due tesi. Secondo la prima26, cui ha aderito il Garante per la protezione dei dati personali27, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro28 e parte della giurisprudenza di merito29, è strumento di lavoro soltanto il dispositivo, o meglio come sug-gerito dal Ministero del Lavoro (con nota del 18 giugno 2015), il software che

risulti indispensabile al lavoratore per lo svolgimento delle mansioni. A questa

24 M. bArbIerI, op. cit., p. 183.

25 M.T. CArInCI, Il controllo «a distanza» sull’adempimento della prestazione di lavoro, in P. TuLLInI (a cura di), op. cit., p. 54; P. TuLLInI, Il controllo «a distanza» attraverso gli strumenti per rendere la presta-zione, lavorativa. Tecnologie di controllo e tecnologie di lavoro: una distinzione è possibile?, in eAd (a cura di), op. cit., p. 105 e M. bArbIerI, op. cit., p. 193.

26 M.T. CArInCI, op. cit., p. 52; A. sITzIA, Il controllo (del datore di lavoro) sull’attività dei lavoratori: il nuovo articolo 4 Stat. lav. e il consenso (del lavoratore), in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, p. 86. Cfr. R. deL punTA, op. cit., p. 100-101 secondo cui tra le mansioni svolte dal lavoratore e gli strumenti utilizzati debba sussistere una «stretta correlazione».

27 Garante per la protezione dei dati personali, provvedimento del 13 luglio 2016, Trattamento di dati personali dei dipendenti mediante posta elettronica e altri strumenti di lavoro [doc. web n. 5408460], con cui si vietava all’università di Chieti e Pescara il monitoraggio massivo delle attività in Internet dei propri dipendenti, attraverso l’utilizzo di software che consentivano la verifica co-stante e indiscriminata degli accessi degli utenti alla rete e all’e-mail. Tali sistemi non apparten-gono al genus strumento di lavoro, ad avviso del Garante, perché non risultano «strettamente funzionali» allo svolgimento dell’attività didattica.

28 Circolare INL, n. 2, del 7 novembre 2016 che riconduce all’art. 4, co. 1, Stat. lav. le appa-recchiature di localizzazione GPS su auto aziendali in quanto costituiscono un elemento «aggiunto» agli strumenti di lavoro, facendo, però, fa salvi i «casi del tutto particolari». 29 Questa è la tesi di Tribunale Milano 24 ottobre 2017, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 1,

2019, p. 303 ss. con nota di G. CAssAnO, Prime pronunce sul nuovo art. 4 l. n. 300/1970, che si è pronunciato sull’uso di watsapp (da cui si evinceva che la lavoratrice aveva criticato il datore di lavoro) inquadrandolo nell’art. 4, co. 1, Stat. lav. perché considerato un programma “aggiun-to” allo smartphone e non caratterizzato da un «vincolo di strumentalità» rispetto alla presta-zione di lavoro (si trattava di una addetta alla selepresta-zione e formapresta-zione di hostess). Interessante è anche la motivazione di Tribunale Roma, ordinanza, 7 giugno 2018, n. 57668, secondo cui un software e la casella di posta elettronica sono strumenti che rientrano nel comma primo poiché anche se hanno funzioni lavorative sono idonee a consentire il controllo a distanza sull’attività lavorativa. Cfr., inoltre, Tribunale Venezia, 23 luglio 2020, n. 198.

interpretazione restrittiva, che si giustifica sulla basa della natura derogatoria dell’art. 4, co. 2, Stat. lav., se ne contrappone un’altra – che ha avuto seguito anche nell’altra parte di giurisprudenza di merito sino ad ora pronunciatasi30 – secondo cui lo strumento di lavoro è tale anche se si limiti a facilitare, ot-timizzare e semplificare il lavoro, pur non risultando strettamente necessario all’esecuzione delle mansioni.

Il dibattito, che sembra evocare una distinzione quantitativa dell’indispensa-bilità dello strumento per lo svolgimento delle mansioni, non appare risoluti-vo della complessità sottesa alla distinzione in esame. La ricerca di un criterio astratto di demarcazione appare un’operazione impossibile poiché, a ben vede-re, non esiste una definizione ontologica di strumento di lavoro. Infatti, la scelta circa la funzione da attribuire al singolo strumento che compone l’organizzazio-ne è una libera scelta del datore di lavoro, che costituisce espressiol’organizzazio-ne della liber-tà di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione all’art. 41, comma 2. Come tale, essa può essere sindacata soltanto sotto il profilo dell’assenza di effettive ragioni legittime che comprovano la necessità di introdurre il singolo strumen-to. Perciò, sarebbe paradossale pretendere di far dipendere la protezione della sfera giuridica del prestatore da una tesi che predica l’interpretazione restrittiva dello strumento di lavoro in modo aprioristico e senza tenere in considerazione le concrete scelte organizzative dell’impresa.

Un esempio può essere utile a chiarire questo passaggio. Il recente utilizzo di braccialetti elettronici indossati dai lavoratori in alcune realtà produttive, come i magazzini di Amazon31, dimostra la fallacia dell’interpretazione restrittiva del concetto di strumento di lavoro che ne predica la indispensabilità. Amazon vor-rebbe dotare i lavoratori del cd. Ultrasonic bracelet and receiver for detecting position per

orientarli negli immensi magazzini e per guidare le loro mani grazie ad impulsi ultrasonici e indirizzarle verso lo scaffale su cui si trova il bene da prelevare. Il brevetto depositato prevede peraltro anche il cd. “feedback tattile”, attraverso cui

il sistema centrale è in grado di comunicare all’indossatore l’eventuale erroneità dei movimenti che sta svolgendo. Ora, a causa di una singolare scelta di business

dell’azienda, i beni all’interno del magazzino sono collocati in ordine sparso co-sicché il lavoratore, senza quel braccialetto, non sarebbe in grado di eseguire la propria prestazione. Anche volendo applicare la tesi restrittiva sopra esaminata,

30 Tribunale La Spezia ordinanza 25 novembre 2016, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 1, 2019, p. 303 ss. con nota di G. CAssAnO, Prime pronunce sul nuovo art. 4 l. n. 300/1970, ad avviso del quale rientrano nel campo di applicazione del comma 2 «anche strumenti, quali la tessera Viacard, non imprescindibili, ma comunque utilizzati dai lavoratori come ausilio allo svolgi-mento della propria prestazione». In dottrina, I. ALvInO, op. cit., p. 1 ss.; v. pInTO, I controlli difensivi del datore di lavoro sulle attività informatiche e telematiche del lavoratore, in P. TuLLInI (a cura di), op. cit., p. 146-147.

31 Per uno studio della casistica in materia di braccialetti elettronici vedi se vuoi A. IngrAO, Il braccialetto elettronico tra privacy e sicurezza del lavoratore, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 3, 2019, p. 895 ss.

125 Il potere di controllo a distanza sull’attività lavorativa

il braccialetto ultrasonico potrebbe essere dato in dotazione senza diritto dei rappresentanti dei lavoratori di opporsi e di vagliare le reali esigenze d’installa-zione dell’azienda.

Anche l’identificazione degli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze dei lavoratori è risultata problematica. La norma non si limita, infatti, a sottrarre alla procedura codeterminativa i dispositivi che permettono di regi-strare le entrate e le uscite dai luoghi di lavoro (i classici cartellini marcatempo), ma la formulazione ampia permette d’includere anche quei congegni idonei a memorizzare dati relativi ad accessi e presenze “fisici” nei locali aziendali, che registrano la mobilità del lavoratore all’interno di aree aziendali predeterminate, quali uffici, reparti, piani, pertinenze ecc. Talvolta, infatti, la limitazione dell’ac-cesso in determinate aree aziendali potrebbe essere doverosa; si pensi all’ipotesi in cui la legge faccia obbligo al datore di lavoro di limitare l’accesso a materiali pericolosi per preservare la salute e la sicurezza dei prestatori.

Non sembra, invece, che la norma consenta al datore di lavoro di registrare continuativamente la presenza e l’accesso del prestatore in aree virtuali, come è stato proposto in dottrina32. L’interpretazione in parola altro non è che un

escamotage per sottrarre ai vincoli procedurali tutti quei programmi che,

consen-tendo di registrare orario e sito visitato dal prestatore durante la navigazione in internet, permettono di controllarne continuativamente i comportamenti, a discapito del suo diritto alla dignità.

Alla luce di quanto detto, sembra di poter concludere che la vera innova-zione, in termini di tutela dei diritti della persona sottoposta a controllo, non è contenuta nella distinzione tra i primi due commi del nuovo art. 4 St. lav. In un’epoca di incessante progresso tecnologico, occorre, piuttosto, concentrare l’attenzione sul doveroso rispetto della normativa privacy da parte del datore di

lavoro, la quale impone a colui che si serve dei dati raccolti di predeterminare gli scopi legittimi della raccolta e d’informare i lavoratori delle finalità e modalità del controllo.

6. (segue) Le principali questioni sollevate dalla nuova

disciplina. I controlli a distanza sui comportamenti

ille-citi dei lavoratori: quale spazio per il controllo occulto?

Il secondo tema centrale che si è posto, all’indomani della riforma della disci-plina sui controlli a distanza, riguarda la sopravvivenza dei cd. controlli difensivi

32 M. MArAzzA, Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del lavoratore), in WP CSDLE “Massimo D’Antona”.it, n. 300/2016., p. 23-24. Contra C. zOLI, e. vILLA, Gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, in P. TuLLInI (a cura di), op. cit., p. 132-133.

occulti, ossia i controlli a distanza sui comportamenti illeciti dei dipendenti, svolti per tutelare il patrimonio aziendale al di fuori dei requisiti di legge33.

L’opinione maggioritaria della dottrina ritiene che la novella dell’art. 4 St. lav. abbia definitivamente risolto tale questione. L’espressione «tutela del patrimo-nio aziendale» compare, infatti, nel nuovo art. 4, c. 1, St. lav. come esigenza pre-suntiva, che giustifica l’installazione e l’impiego di strumenti di controllo, dimo-strando così la volontà legislativa di mettere anche il monitoraggio informatico al servizio della tutela del diritto di proprietà (generalmente inteso) del datore di lavoro sugli asset aziendali. Tale ampliamento delle finalità legittime di controllo

è controbilanciato, tuttavia, dal dovere del datore di lavoro di ottemperare ad ogni condizione posta dalla nuova disciplina, cosicché, qualora il datore di la-voro non rispetti le regole poste dal nuovo art. 4 St. lav. (la procedura sindacale quando si tratti di strumento di controllo, la informativa e gli adempimenti resi necessari dal Regolamento 2016/679/UE), i dati non potranno essere utilizzati, anche nelle ipotesi in cui le informazioni comprovino la commissione di com-portamenti illeciti da parte dei lavoratori34.

33 La questione è stata a livello internazionale affrontata da Corte EDU, sentenza 9 gennaio 2018, Lòpez Ribalda et al. v. Spagna. Il caso riguardava un supermercato spagnolo a conduzio-ne famigliare che, a seguito di consistenti ammanchi di cassa, aveva istallato due sistemi di videosorveglianza. Il primo riprendeva, zoomando, la zona delle casse ed era stato istallato occultamente per sorvegliare cinque cassieri sospettati di avere commesso furti. Il secondo, invece, puntava all’ingresso e all’uscita del supermercato ed era stato installato, previo avviso ai lavoratori. Grazie ai filmati registrati dalle telecamere occulte, il datore di lavoro indivi-duava i colpevoli, i quali, posti di fronte all’evidenza delle immagini, ammettevano la loro colpevolezza e, dunque, venivano licenziati. Così, questi ultimi – risultati soccombenti in ogni grado di giudizio, sulla base della giurisprudenza spagnola che ha costantemente ritenuto il controllo occulto, realizzato sulle condotte furtive, un rimedio proporzionato (art. 20 Estatudo de los trabajadores) nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia in grado di dimostrare di non poter ricorrere ad altri mezzi meno invasivi per tutelare il proprio diritto di proprietà – adivano la Corte di Strasburgo, lamentando sia la violazione dell’articolo 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) sia dell’art. 6 (Diritto ad un equo processo) della Convenzione. La Corte EDU ha osservato che la videosorveglianza occulta sui lavoratori deve essere considerata, in quanto tale, una notevole intrusione nella vita privata. La Corte ha deciso, pertanto che – sebbene nel caso di specie non fosse stato violato l’art. 6 CEDU e che dunque il processo spagnolo non dovesse ritenersi iniquo solo per il fatto che i filmati erano stati acquisiti al processo dai giudici nazionali come prove dei furti commessi, atteso che quelle videoriprese erano accompagnate da altri elementi oggettivi idonei a comprovare l’illecito (prove testimo-niali e documentali) – la videosorveglianza occulta violava l’art. 8 CEDU. Infatti, il diritto alla tutela della proprietà aziendale poteva essere salvaguardato esercitando il controllo con altre modalità, non continuative e non occulte. La Corte ha, pertanto, riconosciuto ai ricorrenti il risarcimento del danno non patrimoniale subito, quantificandolo in una somma di 4.000 euro per ciascuno.

34 In questi termini, Tribunale Roma, 13 giugno 2018, n. 57668, Tribunale Torino, 19 settem-bre 2018, n. 1664 e recentemente, Tribunale Venezia, 23 luglio 2020 n. 198 inedite a quanto consta.

127 Il potere di controllo a distanza sull’attività lavorativa

Ciò, tuttavia, non è condiviso unanimemente in dottrina e da una parte di giurisprudenza di merito35. Secondo alcuni autori36, la riforma dell’art. 4 St. lav. non avrebbe affatto creato una sistemazione definitiva per la categoria del con-trollo difensivo, atteso che una disciplina normativa che subordini la legitti-mità dei controlli su atti illeciti all’espletamento di adempimenti che possono soggiacere ad un tempo e ad un costo di realizzazione molto elevati, altro non fa che mortificare le «insopprimibili esigenze defensoriali»37 di evitare danni al patrimonio aziendale.

Di qui, la tesi propugna la necessità di isolare in astratto una serie di

com-portamenti offensivi del patrimonio aziendale, per farli fuoriuscire dall’ambito applicativo dell’art. 4 St. lav. e transitare nella categoria civilistica della legittima difesa (artt. 2044 cod.civ. e 52 cod.civ.), al fine di permettere al datore di lavoro l’utilizzo a fini disciplinari dei dati raccolti quando quest’ultimo sia in grado di dimostrare «a) che il controllo difensivo era, allorché fu disposto, essenziale per fronteggiare l’ingiusta aggressione al patrimonio o alla persona; b) l’impossibili-tà concreta per l’azienda di dare corso in tempo utile alla mediazione sindacale e amministrativa richiesta dall’art. 4 cit.; c) la proporzionalità tra lo strumento di difesa e l’offesa»38.

35 Tribunale Roma, ordinanza, 24 marzo 2017, secondo cui permane la legittimità dei controlli occasionati dalla necessità non differibile di accertare comportamenti scorretti dei lavoratori a fronte del sospetto di un illecito, purché essi non comportino la sorveglianza sull’esecuzione dell’attività lavorativa, ma riguardino «beni estranei al rapporto stesso». Inoltre, v. Tribunale La Spezia, 25 novembre 2016, cit., che disapplica il nuovo art. 4, c. 3, St. lav. (nella parte in cui prevede che il controllo «a distanza» sia preceduto da una adeguata informazione), rite-nendo che l’utilizzo a fini personali fuori dall’orario di lavoro di una Viacard non configuri inadempimento della prestazione, ma una «condotta estranea all’attività lavorativa». V., altresì, Tribunale Padova, ord., 19 gennaio 2018, cit., il quale – pur dichiarando inutilizzabili i dati acquisiti dal datore di lavoro in violazione del nuovo art. 4 St. lav. (per il tramite di due appli-cativi denominati OCA e CCM idonei a tracciare le operazioni compiute dall’operatore di call center identificato mediante appositi dati di autenticazione) – in un obiter dictum afferma che, qualora il datore di lavoro sia in possesso di «indizi specifici» del compimento di condotte ille-cite a carico di singoli lavoratori e sia in grado di fornirne in giudizio la prova, residui tutt’oggi «un’area di controlli difensivi leciti».

36 V. MAIO, La nuova disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e la modernità postpanot-tica, in Argomenti di Diritto del Lavoro, n. 6, 2015, p. 1195 ss. e M. MArAzzA, op. cit. p. 18 e Id, I controlli «a distanza» del lavoratore di natura difensiva, in P. TuLLInI (a cura di), op. cit., p. 27 ss. che a fronte dell’irrigidimento della disciplina del controllo difensivo auspicano la reviviscenza dell’istituto al fine di non mortificare le esigenze defensoriali delle imprese nei confronti degli illeciti più gravi. Cfr. altresì A. MAresCA, op. cit., p. 9-10, che colloca al di fuori dell’ambito applicativo della nuova norma i «controlli difensivi in senso stretto, mirati ad accertare seletti-vamente condotte illecite – anche di aggressione al patrimonio aziendale – di cui si presume, in base ad indizi concreti, siano autori singoli (o alcuni) dipendenti, anche se ciò avviene in occasione dello svolgimento della prestazione lavorativa».

37 V. MAIO, op cit., 1195. 38 V. MAIO, op. cit., 1195.

L’interpretazione in esame non è suffragata, né dalla normativa posta a pro-tezione dei dati personali, né dalla lettera dell’art. 4 St. lav., che non distingue testualmente tra illeciti «occasionali, gravi e non altrimenti fronteggiabili» ed illeciti prevedibili. Tanto più che l’istituto della legittima difesa, configurandosi più propriamente come scriminante della responsabilità civile che opera esclu-sivamente nell’imminenza di un danno grave alla persona (non, invece, di un pregiudizio al patrimonio), non vale a giustificare l’esercizio illecito del potere di controllo «a distanza» scaturito dal costo o dal tempo necessari per il rispetto dei requisiti della norma.

In definitiva, gli atti illeciti, gravi, imprevedibili e non fronteggiabili, atten-dendo i tempi della procedura sindacale o i maggiori tempi necessari a rendere conforme l’organizzazione alla normativa privacy, debbono necessariamente

ri-cadere nel perimetro applicativo della nuova norma, risultando controllabili dal datore di lavoro esattamente negli stessi limiti previsti per il controllo sui com-portamenti prevedibili e fronteggiabili. Di conseguenza, a seguito della riforma dell’art. 4 St. lav., la prova dell’espletamento della procedura codeterminativa, quando necessaria (comma 1), di un’adeguata informazione sui controlli non-ché della dimostrazione di avere conformato l’organizzazione predisposta per la sorveglianza ai principi del trattamento dei dati personali, costituiscono condi-zioni imprescindibili di utilizzabilità a fini disciplinari dei dati dei prestatori, da cui il giudice, civile o penale, non può discostarsi.

7. Il potere di controllo come trattamento di dati

Nel documento NUOVE TECNOLOGIEE DIRITTO DEL LAVORO 1 (pagine 122-128)

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