IV PARTE: ANALISI DEI RISULTATI DI RICERCA E CONCLUSIONI
9.3 Alienazione e flessibilità temporale
Abbiamo visto come tempi e ritmi di lavoro nella vendita al cliente, in vie commerciali affollate e piene di negozi, destrutturano la vita quotidiana a partire dalla singola giornata lavorativa, dalle pause per andare in bagno, alla pausa pranzo, fino ad arrivare ai ritmi di lavoro, alla rappresentazione del tempo libero. Sono stati osservati sia il tempo libero di addetti e addette che anche il tempo alienato, cioè le domeniche e i giorni festivi in cui nei negozi si lavora. Prima di tutto, chiariamo cosa intendiamo qui per alienazione. Luciano Gallino nel suo “Dizionario di Sociologia” (2014) definisce in modo
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magistrale il concetto di alienazione, in tutte le sue sfaccettature, dal come rendere operativo il concetto di alienazione dividendolo in fattori (Seeman 1959), alle implicazioni con la coscienza. Vediamo dunque in cosa consiste l’alienazione:
“La separazione di fatto del pensiero o della pratica del soggetto dalla comprensione o dall’intervento attivo nei processi sociali e culturali dai quali dipende la sua esistenza, ed ai quali direttamente o indirettamente egli stesso contribuisce: scarto dunque tra l’essere e la coscienza, ma anche distacco tra l’essere per sé, la possibilità per l’individuo di attuare una sua nozione di libertà, e la pratica collettiva in cui si è coinvolti” (Gallino 2014: 15)
La condizione di alienazione accresce anche l’ostilità e la competizione tra colleghi e colleghe per la vendita e per le ore lavorate, l’ansia causata da una interiorizzazione della narrazione della crisi, il discorso di “dover ringraziare di avere un lavoro” perché “non c’è lavoro per tutti”, e dunque bisogna accontentarsi. Scrive Gallino anche che:
“L’alienazione accresce oggettivamente l’ostilità tra gli uomini, poiché ciascuno percepisce l’altro come un concorrente (vedi il concetto di scarsità in Sartre), un avversario, un essere inevitabilmente nemico, impoverisce il pensiero e la vita, irrigidendo entrambe in posture ideologiche, ossia precludendo il continuo sviluppo dialettico del primo e impedendo la continua “presenza” del soggetto nella seconda, favorisce l’instaurarsi di forme inadeguate o inautentiche di coscienza di classe” (Gallino 2014: 16)
Vedremo poi che effetti ha questa dinamica in merito alla competizione dei commessi e delle commesse più giovani, più influenzabili e condizionabili. In un altro paragrafo Gallino sottolinea, sempre a proposito dell’alienazione:
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“Soprattutto per l’influenza dell’opera di Lukács, sono connessi da molti al concetto di alienazione, e a volte assimilati ad esso, i concetti di reificazione, feticismo e falsa coscienza, stati distorti della coscienza, conseguenti all’incapacità di pensare dialetticamente, ovvero di modellare via via le categorie mentali sull’esperienza e questa su quella” (Gallino 2014: 15)
Soprattutto sono le questioni legate alle liberalizzazioni ad essere percepite da addetti e addette alla vendita in modo alienato: si identificano nel cliente e non in se stessi, non valutano i loro diritti o le garanzie che potrebbero o dovrebbero avere, non riescono a formulare giudizi o a rispondere in modo riflessivo a delle domande, soprattutto i/le più giovani. Alienazione significa non essere consapevoli di se stessi, e anche non essere consapevoli da un punto di vista di classe. Per coscienza di classe si intende:
“Consapevolezza del fatto di appartenere, in forza della propria posizione oggettiva nella società, a una data classe sociale, e di avere per tal motivo, al di là degli interessi immediati, essenziali interessi economici e politici in comune con tutti i membri della stessa classe, in concorrenza o in conflitto con quelli delle altre classi” (Gallino 2014: 174-175).
Il dibattito sulla flessibilità temporale e sulle aperture dei negozi non è mai iniziato veramente, né in Italia né nel Regno Unito. Sporadicamente compaiono articoli sui giornali, talvolta vi sono volantinaggi o scioperi organizzati da partiti o da sindacati, ma una vera e propria campagna non c’è mai stata. Le lavoratrici e i lavoratori dei negozi in queste due vie commerciali non hanno spesso consapevolezza di essere tutti/e addetti/e alla vendita, come se non si identificassero in loro stessi: si identificano nei clienti/consumatori. Questo accade anche a causa dell’alienazione delle proprie emozioni, come concettualizzata da Hochschild (1983), ma a mio avviso anche a causa dei tempi e ritmi di lavoro. Lavoratori e lavoratrici sono in competizione tra loro e
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tentano di fare la felicità del cliente e dell’azienda, rimanendo schiacciati nel mezzo, spesso senza neanche rendersi conto della loro condizione, senza aderire a loro stessi. L’ipotesi di questo lavoro è che tempi e ritmi destrutturati e de-routinizzati determinino una condizione di alienazione, una mancanza di coscienza e di consapevolezza di se stessi e della propria condizione. Il fatto stesso di non avere tempo per sé determina alienazione. È necessario avere tempo per sé, per riflettere e per ragionare sulle proprie scelte, un tempo lento ma strutturato, ciclico e ricorsivo, ed anche quindi routinario (Mosconi 1990, Maffei 2014), che permetta di pensare a se stessi e di scegliere le strade da percorrere nella vita. Prendiamo come esempi le interviste effettuate. Alcuni/e intervistati/e citano il tempo condiviso socialmente e concettualizzano una sorta di diritto al tempo in nuce. In questo caso si tratta di tempi condivisi:
“Io trovo che le persone debbano avere del tempo, cioè del tempo da spendere con le persone care per proprio rigenerarsi” (Londra_A12_Stefania_F32).
Un’altra lavoratrice invece distingue il tempo condiviso al tempo per se stessa:
“Mi tiene, mi teneva così tanto occupata tutti i giorni che quell’unico giorno della settimana in cui era per me, in realtà ero così distrutta e stanca da non combinare mai nulla, quindi per certe cose a volte… avevo magari il tempo di organizzare una pizza, un aperitivo e tutto, però il tempo da dedicare a me stessa a volte no, pochissimo” (Milano_T4_Marina_F33).
Queste lavoratrici parlano di due modelli di tempo: tempo condiviso e tempo per sé. Esiste anche un altro modello di tempo per questi/e addetti/e: il tempo di lavoro. Possiamo associare il tempo di lavoro al tempo di consumo: è tempo destrutturato sia dal lato del lavoro che del consumo. Questi modelli di tempi sociali sono anche attraversati da una dimensione che li differenzia qualitativamente: l’attività e il pensiero.
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Infatti, solo uno di questi modelli di tempo è da associare al pensiero, alla riflessione, all’introspezione, mentre gli altri due si riferiscono invece ad attività, al fare qualcosa. Dunque, riepiloghiamo distinguendo tre modelli di tempo, integrando vita e pensiero, per utilizzare le parole di Gallino nella definizione di alienazione (Gallino 2014):
- Tempo fattivo condiviso - Tempo riflessivo per sé
- Tempo fattivo di lavoro-consumo
I tempi di lavoro-consumo determinano una condizione di alienazione, che è stata analizzata anche da Rosa (2003) da un punto di vista teorico, e che vediamo qui attraverso le percezioni e rappresentazioni di lavoratori e lavoratrici della vendita.