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Tecniche utilizzate nel lavoro di ricerca

Nel documento TEMPI E RITMI DELLA VENDITA AL CLIENTE (pagine 62-66)

II PARTE: DISEGNO E METODOLOGIA DELLA RICERCA

4.3 Tecniche utilizzate nel lavoro di ricerca

In questa ricerca sono state utilizzate tecniche visuali di foto-stimolo e strumenti informatici, all’interno di un quadro metodologico qualitativo (Johnson 1975, King, Keohane, Verba 1994, Ricolfi 1997, Corbetta 1999, Seale et al. 2004, Natale 2007, Della Porta 2010, Cardano 2011, Emerson et al. 2011, Bryman 2012, Barbour 2014). La sociologia visuale è ad un tempo disciplina e metodo: è sia la disciplina dello studio delle immagini, del loro impatto e delle trasformazioni sociali che accompagnano lo sviluppo degli strumenti legati al visuale - dalla fotografia ai mass media, da internet ai social

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sociale. La fotografia, e in generale le tecniche visuali, e la sociologia hanno una storia travagliata, seppur inizialmente siano nate insieme e abbiano percorso un tragitto comune: gli alti costi del mezzo fotografico e la predilezione delle tecniche statistiche di raccolta dei dati hanno portato ad un allentamento delle tecniche visuali e delle immagini come oggetto di studio dalla sociologia (Faccioli 2001, Faccioli e Losacco 2003). Le immagini sono oggi oggetto e strumento di indagine, la sociologia visuale può tradursi in due modalità, sociologia sulle immagini o con le immagini, a seconda che esse siano l’oggetto studiato o lo strumento usato per studiare un determinato fenomeno (Harper 1988). Utilizzare le immagini come strumento di ricerca permette di superare barriere culturali e linguistiche, di lasciare libertà di interpretazione e di espressione creativa ai soggetti, di mostrare quei processi alla base della produzione di significati solitamente dati per scontati, di sottolineare la relazionalità di tali processi e della costruzione condivisa, fra gli attori sociali o fra questi e il ricercatore, di significati e concetti. Nella pratica della ricerca empirica, si possono utilizzare strumenti di questo tipo in diversi modi: l’intervista con foto-stimolo, e aggiungerei anche il focus group con foto-stimolo, qui utilizzato, e altre tecniche (Vergani 2009). Nel primo caso il ricercatore stimola l’intervistato, o i partecipanti al gruppo, attraverso delle immagini scelte in precedenza, che possono essere fotografie scattate da lui stesso. In questa ricerca ho proposto immagini e fotografie, scattate da me durante l’osservazione, come stimoli per interviste e focus group. Lo stimolo è servito a promuovere il racconto dell’intervistato o il dibattito nel gruppo, ad avvicinare ricercatore e soggetti come in un gioco e permettere il disvelamento di processi di attribuzione di significato. Attraverso le tecniche di ricerca visuali gli attori sociali e il ricercatore entrano in contatto in modo empatico e diretto, per poi ricostruire il percorso a ritroso attraverso la spiegazione discorsiva e la comprensione reciproca, decostruendo così il processo di attribuzione di significato e palesando la costruzione del meta-significato: dall’immagine al discorso, mediato dal linguaggio, dalle identità individuali e collettive, dal contesto geo-territoriale e dal

background culturale. Con la diffusione di strumenti digitali, fotocamere e smartphone

(Vergani 2009), si riduce inoltre ai giorni nostri la possibilità di influenzare il comportamento dei soggetti sul campo: siamo abituati a vedere persone intorno a noi

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che fotografano e riprendono (Jones 1992), soprattutto con i telefoni cellulari in zone turistiche. Questi strumenti fanno ormai parte dell’ambiente in cui viviamo e sono sempre presenti nella nostra vita quotidiana (Vergani 2009). Ciò permette il loro utilizzo anche sul campo, senza inficiare, o almeno non in modo incidente, la naturalità di comportamenti e atteggiamenti degli altri. Durante il lavoro di campo ho scattato molte fotografie, utilizzando il telefono cellulare, ma data la presenza di molti turisti questo era percepito come uso comune e non ha quindi condizionato il comportamento di lavoratori, lavoratrici, clienti e di coloro che affollano quelle strade. Presupposto dell’utilizzo di tecniche visuali e digitali è ovviamente avere competenze in merito e saper utilizzare gli strumenti, oltre che riuscire a capire quando è possibile utilizzare tali dispositivi senza influenzare gli attori e, durante interviste e focus group con foto-stimolo, riuscire a cogliere ciò che essi dicono scegliendo o commentando le immagini. L’apertura verso l’altro, l’aderenza al principio della relazionalità per cui la realtà sociale e i significati si costruiscono nella relazione, sono stati necessari in questo lavoro di ricerca caratterizzato anche dall’utilizzo di tecniche mutuate dalla sociologia visuale (Mattioli 1991). Come già sottolineato precedentemente, il ricercatore deve accostarsi il più possibile ai cosiddetti “nativi”, pur mantenendo una visione d’insieme, per cogliere tutte le sfaccettature di relazioni, fenomeni e processi, che rimarrebbero celate al suo sguardo se egli fosse troppo distante dalla realtà sociale che osserva. In questa ricerca sono state proposte delle immagini, foto-stimolo, ai/alle partecipanti dopo le domande della traccia semistrutturata e dopo le possibili ulteriori domande. Questo per proporre le immagini solo dopo che la relazione si fosse già instaurata grazie al colloquio e dopo che lo scambio di fiducia fosse già posto in essere. Gli/le intervistati/e hanno quindi associato percezioni ed emozioni alle immagini, commentandole. La stessa dinamica è stata utilizzata per i due focus group, al termine della discussione sono state proposte le immagini, ciascun partecipante ne ha scelte tre e dopo aver commentato le altre rimaste ha motivato la sua scelta. Si tratta di immagini tratte da articoli di giornale e screenshot da social networks e internet e fotografie delle due strade scelte come contesti di ricerca, scattate da me oppure reperite online (le immagini utilizzate come stimoli sono riportate più avanti). I ricercatori sociali hanno oggi a disposizione programmi

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informatici, CAQDAS, Computer Assisted Qualitative Data Analysis Softwares, utili per l’archiviazione e l’elaborazione del materiale empirico testuale e visuale. Questi strumenti permettono di inserire testi e immagini in un unico file e di codificare, costruire categorie, unire concetti e relazioni (La Rocca 2009). Per la ricerca qui proposta è stato utilizzato il software MAXQDA (Saillard 2011), con cui è stata effettuata la codifica e l’analisi delle interviste. È stata effettuata una analisi tematica a partire dalle trascrizioni di tutte le interviste e i focus group (Della Porta 2010). In sintesi, dopo aver inserito il materiale empirico sotto forma di testi in MAXQDA, sono state rilette le trascrizioni, estrapolati i temi principali emersi, creati i codici per la codifica e le categorie, ed infine è stata elaborata l’analisi interpretativa del materiale estrapolato.

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APITOLO

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