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e «Alimentazione dolciaria»

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1976 (pagine 69-77)

Alberto Vigna

Il settembre che segue imme-diatamente i mesi delle grandi vacanze, è il momento più propi-zio per tutti coloro che operano nel settore del Caravan per con-trollare andamenti e tendenze del mercato. Si registrano le os-servazioni del pubblico, se ne sono individuati i desideri, ven-gono raccolte le prenotazioni per le vendite che, trascorso l'inver-no, si infittiranno in primavera. Al palazzo di Torino Esposizioni durante la mostra « Caravan Eu-ropa '76 », dal 7 al 13 settembre i costruttori hanno stabilito la loro politica di mercato per il prossimo anno. La manifestazio-ne è una delle più grandi e com-plete rassegne europee; ha co-perto un'area di 25 mila metri quadrati; ad essa hanno preso parte 153 aziende di 15 paesi (Belgio, Finlandia, Francia, Ger-mania Occidentale, Gran Breta-gna, Italia, Jugoslavia, Lussem-burgo, Paesi Bassi, Polonia, Spa-gna, Svezia, Svizzera, Unione Sovietica e Stati Uniti). Il Salone ha accolto con tutte quelle ita-liane le maggiori case straniere dell'industria del «caravanning».

È un'industria non soltanto molto attiva nel presente, ma con buone prospettive di possibilità future. Alcune cifre sono rivela-trici. 1 dati che esponiamo deri-vano da recenti statistiche e fan-no cofan-noscere che nel 1974 (ul-timo anno di cui si conoscono i

risultati definitivi) in Belgio, Da-nimarca, Francia, Germania Oc-cidentale, Italia, Olanda, Nor-vegia e Regno Unito, insomma i paesi che gravitano nell'area della Comunità economica euro-pea, si contavano 2.330.000 ca-ravans. In queste nazioni nello stesso periodo circolavano circa 70 milioni di auto; ciò vuol dire che ogni 30 automobili una si tirava dietro un caravan. L'Olan-da è in testa con una roulotte ogni 13 automobili, ogni 52 abi-tanti e ogni 15 famiglie, seguita dal Belgio con un caravan ogni 16 automobili e ogni 60 abitanti. Per le altre nazioni le cifre sono: Inghilterra un caravan ogni 19 auto, Norvegia uno ogni 25, Francia uno ogni 26, Danimarca uno ogni 29, Svizzera uno ogni 38, Germania Occidentale uno ogni 41. L'Italia è assai distan-ziata con un caravan ogni 169 auto e ogni 662 abitanti. È pro-prio in coda a tutti ma è eviden-te la eviden-tendenza a diminuire il di-stacco e ciò vuol dire che l'indu-stria del settore ha buone pro-spettive. In Italia infatti il mer-cato si sta potenziando, le imma-tricolazioni salgono di anno in anno, il venduto è di almeno 25 mila unità. Gli scioperi del per-sonale dell'Ufficio del registro hanno ritardato le immatricola-zioni e talvolta persino spinto gli utenti a farne a meno: esse tut-tavia sono salite in 12 anni da

poco più di 5 mila del 1963 alle quasi 22 mila del '74.

Quest'anno poi nei primi quat-tro mesi si è avuto un incremen-to record del 35,9% e alla fine dell'anno i caravan venduti do-vrebbero avvicinarsi alle 30 mila unità. Molte vetture del parco caravan intanto avranno svolto un compito sociale ed umano of-frendo più comode sistemazioni ai terremotati del Friuli, messi in condizioni di vivere in un am-biente meno disagiato durante l'inverno che non quello offerto dalla sistemazione in tende.

Si può ritenere che il mercato italiano del caravan si aggiri at-torno a una cifra del valore di

100 miliardi di lire, distribuito in diversi settori produttivi sia per quanto riguarda le car-rozzerie, gli organi meccanici, l'arredamento e l'accessoristica. Quest'ultima specializzazione ha compiuto grandi progressi ed of-fre modelli di alto livello tecnico.

Un tempo era necessario ri-volgersi alle forniture straniere; oggi l'industria italiana alimenta il mercato e fa ridurre l'esborso in importazione con un benefi-co effetto sul benefi-contenimento del prezzo finale del veicolo.

Merita anche segnalare che l'industria accessoristica italiana si sta inserendo positivamente anche sui mercati stranieri. I no-stri caravan aumentano la con-correnzialità nei confronti delle

maggiori industrie degli altri paesi con ottime soluzioni tecni-co-abitative e di arredamento. Si sta imponendo anche in que-sto specifico tipo di produzione, come in tanti altri, quello che è definito l'« italian style ». La più grande azienda italiana del setto-re non soltanto ha esportato un certo numero di caravan, ma ha ottenuto lusinghiere affermazio-ni con i prodotti usciti recente-mente da due stabilimenti aperti in Spagna ed in Olanda.

Poiché si sta allargando l'uso del caravan anche nei mesi in-vernali, l'accessoristica si è ar-ricchita di ottimi sistemi di ri-scaldamento, automatici quasi tutti, e di attrezzature che ser-vono a combattere il freddo. An-che i servizi igienici sono note-volmente migliorati.

Nel 1975 l'Italia ha esportato 4297 unità con un aumento del 29,5% in confronto ai 12 mesi del '74; le importazioni sono sta-te 8200 contro 10.066 dell'anno prima con una diminuzione del

18,5%.

Le nostre vendite sono orien-tate verso Francia, Germania fe-derale, Olanda, Spagna, Austria, Jugoslavia e Svizzera, ma il mer-cato più interessante per il futu-ro è quello dei paesi africani e del Medio-Oriente. In queste zo-ne i caravan sono intesi sovente come soluzioni residenziali prov-visorie per grandi cantieri, case mobili per villaggi turistici oltre-ché come mezzi per poter viag-giare.

Di caravan nei grandi saloni della mostra ne sono stati pre-sentati di tutti i tipi e dimensio-ni: da quelli di formato minimo a quelli che superano i sette me-tri. I caravan, a meno che pre-feriate definirli alla francese con la parola roulottes, servono non soltanto per gli spostamenti e i viaggi ma anche — specie in Ita-lia •—- come seconda casa al mare o in montagna per tutti coloro che non possono permettersi una casa vera. I colossi come il « Co-bra », costruito negli Stati Uniti, costituiscono vere e proprie ca-se con soggiorno, camera da

let-Comodissime tende od anche vaste terrazze ampliano lo spazio delle r o u l o t t e e consentono prolungati soggiorni con t u t t i i conforti.

to, doccia con servizi, un'ampia ^zpna per la preparazione dei

ci-bi, con tutte le comodità insom-ma. I telai delle case italiane so-no ad altissimo livello come con-cezione meccanica e dinamica e, ripetiamo, in fatto di stile le no-stre caravan sono preferite per l'intelligenza delle soluzioni e per il tentativo di rinnovare la linea uscendo dai soliti schemi. Si sono cercate nuove distribu-zioni interne, piazzando la cuci-na sulla coda tra le due « dinet-tes », affiancandola ai servizi. Tuttavia molti preferiscono la soluzione classica con la cucina in mezzo e dinettes laterali.

In fatto di prezzi i venditori puntano sul « prezzo pulito » va-le a dire con gli accessori com-presi; soluzione chiara e onesta, piacevole per il pubblico che non è più indotto a rispondere posi-tivamente alle offerte ad una se-rie di « optionals » alcuni dei quali divenivano quasi obbliga-tori.

Due grandi industrie italiane, la Roller di Calenzano e la El-nagh di Milano, producono ri-spettivamente 10 e 5 mila unità all'anno. Altre aziende come la Nardi, Laverda, Laika, Arca e Valsugana sono sulla media di 1500-2000 unità annue. Vi sono poi decine di ditte artigianali quasi tutte di cosi alto livello tec-nico da fare agguerrita concor-renza alle più note case straniere.

Ora la gran moda è per i cam-per cioè i furgoni preparati a roulotte; ce ne sono di tutti i gusti e di tutti i prezzi (alcuni superano i 20 milioni come quel-lo costruito su telaio Mercedes). Con ogni probabilità proprio in questa specializzazione si svilup-perà l'avvenire dell'industria che produce questi tipi di case mobi-li da portarsi dietro allo stesso modo come la lumaca viaggia

con il suo guscio. Anche per i camper, proprio come accade per qualsiasi casa, oltre lo spa-zio sono le finiture a determinare il prezzo. I criteri di scelta so-vente si abbinano all'età dell'ac-quirente che, se giovane, li pre-ferisce piccoli e maneggevoli in grado da raggiungere località an-che se situate in posti poco ac-cessibili; se più anziano sarà in-vece attratto dalle maggiori co-modità offerte da un mezzo di prezzo superiore.

Concludendo merita ricordare il giudizio di un giornalista fran-cese il quale ha affermato che la giovane mostra torinese del cara-vanning non soltanto ha raggiun-to le più anziane mostre francesi e tedesche; si è posta in situa-zione di parità e per taluni aspet-ti le ha superate.

* * *

Negli stessi giorni ed ugual-mente nel palazzo di Torino Esposizioni, che le aveva riserva-to il V padiglione, si è svolta la prima mostra internazionale ali-mentazione dolciaria. Negli otto giorni di apertura si è registrato un eccezionale afflusso di opera-tori economici; il numero pro-babilmente ha superato i 15 mila e ad essi si devono aggiungere 8 mila visitatori, oltre quelli dei settori specializzati indicati pri-ma, che hanno ammirato ed an-che gustato esemplari della pro-duzione presentati dagli esposi-tori.

Secondo alcune indicazioni provenienti dallo stesso MIAD (sigla nuova che sintetizza ap-punto la dizione Mostra interna-zionale alimentazione dolciaria) gli affari trattati hanno superato il valore di 12 miliardi. Tutta-via è impossibile valutare la mas-sa di trattative avviate a livello

La piccola ma attrezzata cucina di una moderna r o u l o t t e .

commerciale o di collaborazione internazionale nel campo delle vendite e delle rappresentanze; cosa che fa salire in modo consi-derevole il valore economico del-la manifestazione stessa.

Come tutti i grandi settori dei consumi anche quelli della pa-sticceria e gelateria avevano bi-sogno della opportunità di un in-contro annuale specializzato, co-me avviene all'estero. Il co-mese di settembre è particolarmente fa-vorevole per l'intensificarsi della produzione e poi delle vendite, volgendo l'anno all'epoca na-talizia.

Torino ha un'antica indiscus-sa tradizione nel campo dolciario ed è giusto quindi sia stata scelta per divenire il punto d'incontro

tra tutti coloro che operano in questo settore. Per esempio, nel campo della cioccolata gli italia-ni e in particolare i piemontesi sono stati maestri anche agli sviz-zeri, che scesero proprio in Pie-monte per imparare il metodo della lavorazione del cacao dai cioccolatieri Caffarel e Cailler. D'altra parte se si risale più in-dietro nel tempo ci si imbatte nel nome del mercante France-sco Cadetti, che sulla fine del XVI secolo introdusse in Tosca-na ed in specie a Firenze per la prima volta il consumo del cacao aprendo un capitolo glorioso nel-la storia dolciaria con il cioc-colato caldo, definito « bevanda degli dei » ed esaltato come cibo altamente afrodisiaco.

Il pubblico si sofferma t r a gli stand della Mostra del M I A D a t t r a t t o dagli «assaggi» offerti dagli espositori.

A Torino il confettiere Gio-vanni Antonio Ari nel 1678 ot-tenne da Madama Reale la pa-tente di « cicolatè » per vende-re in pubblico la cioccolata in bevanda. Si ricorda che ancora sino a pochi anni fa si faceva gran consumo del « bicerin » e cioè un misto di latte cioccolato e caffè, da altri detto « bavarei-sa » e sempre a Torino nel 1808 Gianduja dava il suo nome al cioccolatino a spicchio di pasta morbida che appunto come « gianduiotto » ha fatto il giro del mondo. Esattamente alla

me-tà del secolo scorso nel 1850 Mi-chele Talmone impiantò uno sta-bilimento di cioccolata in via Balbi e lanciò i suoi prodotti con la famosa immagine pubblicita-ria dei due vecchi ancora noti og-gi. Quasi contemporaneamente Silvano Venchi si specializzò nella produzione di caramelle. Sono questi dati e nomi che ri-mangono nella storia dell'indu-stria dolciaria italiana. Alla mo-stra erano rappresentate molte regioni italiane: Piemonte, Lom-bardia, Liguria, Veneto, Trenti-no-Alto Adige, Friuli-Venezia

Giulia, Emilia-Romagna, Tosca-ma, Umbria, Marche, Lazio,

Abruzzi, Campania. Molte le rappresentanze di ditte estere provenienti dall'Inghilterra, Bel-gio, Francia, Stati Uniti, Olanda, Germania federale, Finlandia e Svizzera con un panorama assai vasto di specialità.

Il MIAD ha ospitato due gran-di laboratori sperimentali gran-di pa-sticceria e gelateria completa-mente attrezzati. Qui si sono svolti i concorsi « dolce di San Valentino » e « torta gelata deco-rata di San Valentino » riservati a pasticceri e gelatieri artigianali provenienti da tutta Italia.

Durante il MIAD si sono avuti diversi convegni uno dei quali su scala nazionale ed europea inti-tolato « L'Interdolce e l'Eurodol-ce » inteso a dar vita a un modo nuovo di ricordare e farsi ricor-dare da parenti ed amici lontani in determinate circostanze o nei giorni di festa. L'idea è stata pre-sa a prestito dal collaudatissimo servizio dell'Euroflora e consen-tirà in Italia ed in Europa di far pervenire a chi si desidera dolci, torte o gelati. I negozi abilitati a questo servizio figureranno in un apposito elenco e saranno contraddistinti dal marchio ca-ratterizzato da una colomba bianca sullo sfondo di un mondo multicolore.

Altri convegni hanno avuto per oggetto l'aggiornamento pro-fessionale e il controllo igienico dei prodotti. Torino aggiunge co-si alle altre manifestazioni spe-cializzate anche questa che la fa divenire la sede del mondo unito dei ghiottoni.

£>a moda per il 977

A. V.

Durante le giornate in cui si è svolto il 45° Samia, dal 24 al 27 settembre, si è parlato e si è scritto non soltanto di moda ma anche degli argomenti economi-ci con la moda stessa connessi. Il settore del tessile sembra av-viato a superare la crisi, almeno in Europa dove la domanda è abbastanza estesa (ma le pro-spettive in Italia non sono cosi favorevoli). L'Ente italiano del-la moda ha fornito alcuni dati: nel primo semestre del '76, ri-spetto a quello corrispondente dell'anno prima, la bilancia com-merciale del settore ha chiuso con un saldo attivo di circa 1504 miliardi ciò che vuol dire un aumento del 19,6%. Malgrado ciò i produttori italiani sono preoccupati e si sentono minac-ciati dalla concorrenza di quei paesi che sono in grado di ven-dere a prezzi competitivi dato i bassi costi di produzione. Stare-mo a vedere se nell'immediato avvenire il superiore buon gusto e la linea estetica dell'abbiglia-mento italiano riusciranno a vin-cere queste difficoltà e a tro-vare ulteriore spazio sui mercati esteri.

Un tempo il Samia aveva un grande potere di richiamo, sia all'interno sia all'estero. Si era giunti allora, in anni più favo-revoli, a circa 600 espositori ri-dotti oggi a poco più di 280. Ora il Samia deve a sua volta fare i conti non soltanto con la

crisi del settore, ma con la crisi sua propria determinata anche dal continuo fiorire in ogni parte d'Italia di mostre, giornate, riu-nioni, esposizioni di moda. Il presidente di allora, conte

Fer-ruccio Ducrey Giordano tragica-mente scomparso in una sciagura automobilistica pochi mesi fa, un presidente politicamente sco-modo, non mancava di ammoni-re sul pericolo di questa

infla-C a n o t t t i c r a e cardigan a chimoncino in t r i c o t di cotono bianco a righe blu coordinato alla sot-t a n a j b l u carasot-tsot-terizzasot-ta dalle doppio piogho raggruppasot-to davansot-ti od in lino bianco lo chemisier

Presentazione di modelli durante le sfilate che il pubblico segue sempre con particolare interesse.

zione di rassegne di moda, causa di dispersione alla fin fine dan-nosa per tutti. Inascoltato Du-crey Giordano se ne andò e da quel momento, in tempi più po-liticamente prudenti, nessuno si levò più a parlare, come lui fa-ceva, in favore di una riorganiz-zazione e di un riassetto di tutto il settore. E cosi anche il Sa-mia, che per la moda era un pun-to di forza, conobbe molte e non lievi difficoltà, acuite da una non felice decisione — ora rientra-ta — di edizioni separate tra la moda maschile e quella

fem-minile. Gli operatori economici stranieri sarebbero dovuto veni-re in Italia ben quattro volte nel-l'anno. Troppe, e cosi taluni si disaffezionarono. C'è da sperare però in un loro ritorno, ora che il Samia ha riunificato le due rassegne facendole coincidere con l'edizione dei primi mesi dell'anno e quella di autunno. Ma si sa come vanno le cose in queste circostanze: facile è scen-dere, difficile risalire.

Il 45° Samia ha presentato la moda pronta dedicata alla prima-vera-estate 1977. Gli stands

ap-partenevano a grandi, medie e piccole industrie, a gruppi arti-gianali patrocinati dalle Regioni e dalle Camere di commercio, all'Istituto per l'assistenza per lo sviluppo del Mezzogiorno e anche a paesi stranieri tra i quali l'Hellenic Esport Promo-tion Council che, insieme a rap-presentanti della Francia, della Spagna e della Svizzera, hanno portato a Torino la voce di quei paesi.

Per la moda femminile le pro-poste della confezione pret à porter si indirizzano su quattro grandi filoni: lo sportwear, il casual, il folk e il classico. Per quest'ultima tendenza gli intra-montabili tailleur sì presentano con giacca mascolinizzante da portare su sottane tubolari op-pure su pantaloni di linea diritta. Per le sottane in genere uno de-gli argomenti maggiormente pro-posti per la prossima primavera è il ritorno alle sottane movimen-tate appena sotto il ginocchio; quelle tubolari presentano sforbi-ciate ai lati per mettere in liber-tà le gambe delle donne che si offriranno di nuovo alla vista, dato che sembra vi sia una ten-denza in favore della gonna men-tre i pantaloni — ad eccezione degli eterni jeans — sembra stia-no un poco cedendo. Questo fat-to alimenta le speranze dei pro-duttori di calze e di collant che diventano di nuovo accessori im-portanti. Un dato significativo è quello secondo il quale nel 1975 le donne dei nove paesi della CEE hanno consumato quasi tre miliardi di paia tra calze e col-lant e l'Italia rappresenta nel-l'ambito comunitario i 50,5% del totale delle forniture.

Si sono viste molte giacche monocolore indossate su abiti fantasia e i consueti abiti a che-misier con microdisegni, minute geometrie, piccole composizioni

floreali accompagnati da morbi-de giacche nella tonalità domi-nante del vestito.

Si sta imponendo con grinta sportiva la tuta con tante tasche, realizzata in pelle d'uovo, in cinz, in lino e per la sera anche in tessuti lamé. Sempre per la sera abiti di stile berbero o al-l'indonesiana con ampi calzoni o con nostalgie esotiche.

Per i colori andranno di moda il turchese, il rosso corallo, il blu genziana, il verde smeraldo, il giallo ginestra, il chiarissimo rosa indiano, tutte tonalità squil-lanti. Inoltre avanzano i cosid-detti colori africani: il desert gold, il dattero e il moka. Per chi ha meno fantasia e volontà di rinnovamento non mancano abiti in bianco puro, in blu marin e in nero antracite.

La moda maschile si imposta secondo modelli che rispettando le regole della praticità e della comodità, si adagiano in forme più sciolte e meno impettite. Na-turalmente il guardaroba estivo si indirizza verso la linea spor-tiva e quella del massimo com-fort e libertà.

L'abito formale è monopetto a due o tre bottoni, con spalle larghe ma non irrigidite, corre-dato dal gilet. I pantaloni non sono più stretti e fascianti al ba-cino; si portano un poco più alti verso la vita; non hanno risvol-to e con molta compostezza ca-dono diritti al fianco. Sempre presente il classico abito elegante a doppio petto ed anche gli spez-zati con giacca blazer tornate alle origini britanniche stile club.

Tra i tessuti predominano la flanella e la gabardina leggera in tinta unita o leggermente ges-sata e vi è un pieno rilancio del classico disegno Principe di Galles.

L'abito estivo sarà sovente sfo-derato, disinvolto nel suo aspet-to « sgualciaspet-to » ma non trasan-dato. Per la piena estate userà la seta purissima trattata a shan-tung e il lino bianco azzurro o sabbia. Molte le sahariane in co-tone nei tipici colori coloniali. Nelle tinte predominano le tona-lità sabbia, ghiaia, roccia, fango

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1976 (pagine 69-77)