Giulio Fodday
Qualsiasi attività lavorativa comporta neces-sariamente un « dove », capace di influire sul-l'atteggiamento dell'uomo verso il proprio lavoro.
Lo stato d'animo con cui si attende ad un'ope-ra può dipendere dalle caun'ope-ratteristiche ambientali esterne.
Talora si è meglio disposti al lavoro, se il luo-go in cui esso si svolge è benaccetto.
Certo, gli elementi che possono rendere gradi-to o sgradigradi-to il lavoro sono molteplici.
Anche se si prende in considerazione soltanto l'ambiente esterno, non è possibile individuare un elemento ottimale avulso da tutti gli altri.
La posizione d'una fabbrica, per esempio, per quanto eccellente, può essere vanificata da un in-felice sistema di trasporti. Solo equilibrando i vari elementi, si possono toglier via certe cause di avversione al lavoro.
Il luogo di lavoro comprende:
a) l'ambito spaziale in cui sorge la sede la-vorativa;
b) la sede lavorativa stessa.
Localizzazione.
Il problema della localizzazione riguarda l'am-bito spaziale.
Sappiamo che col passaggio dall'artigianato ur-bano alla produzione di fabbrica, i nuovi insedia-menti industriali sono avvenuti in regime di li-bera concorrenza.
Le industrie pesanti erano localizzate in pochi luoghi fissi.
Una industria mineraria, d'altronde, si stabi-lisce là dove si estrae il minerale; un cantiere na-vale non può sorgere se non sul litorale.
Altre industrie si sono insediate in zone in cui abbondava mano d'opera a buon mercato o in cui era possibile sfruttare fonti di energia. Venuta meno l'importanza di questi fattori, tali industrie hanno seguitato a permanere nello stesso luogo.
Le imprese di produzione di beni di consumo sono fiorite nei punti di facile accesso al mercato o di agevoli comunicazioni.
Si è verificato poi un collegamento territoriale delle attività.
« Le industrie si stabilizzano in agglomerati al fine di potersi efficacemente dividere e scambiare prodotti e servizi. Le economie di scala derivano dalla vicinanza di un altiforno o di un forno per l'acciaio. Le cokerie, le fonderie, le acciaierie e i laminatoi hanno normalmente una localizzazione molto vicina, dal momento che essi sono impie-gati nelle varie fasi d'un processo continuo di trasformazione. Le industrie che impiegano le medesime materie prime o che producono beni complementari tendono a riunirsi insieme. Ciò avviene, per esempio, per le industrie laniere e tessili e per quelle che producono parti di auto-mobili e accessori. Le industrie si uniscono tra di loro anche per ciò che riguarda l'utilizzazione della stessa riserva comune di manodopera » (').
Dunque, nella scelta degli ambiti spaziali per la realizzazione di sedi lavorative predominano generalmente motivazioni di mera convenienza. Che poi le decisioni localizzative siano prese « razionalmente », come si sostenne per molto tempo, è stato messo in dubbio da studiosi (2), secondo i quali il livello di informazione su cui si basano le decisioni non è per niente perfetto e inoltre, nei processi decisionali, assume rilevanza la causalità probabilistica (ogni volta che si veri-fica A c'è una probabilità y che si verifichi an-che B), anziché la causalità deterministica (ogni volta che si verifica A si verifica anche B).
A parte ciò, nella scelta dell'ambito spaziale, difficilmente le esigenze di tipo ambientale o so-ciologico hanno importanza primaria. Qualsiasi centro di decisione direttamente interessato dà
( ' ) ROBERT E . DICKINSON, « C i t y a n d R e g i o n » , 1 9 6 4 .
(2) VON NEÌUMANN E MORGENSTERN, Tlwory ol games and
maggior peso alla presenza di infrastrutture, al-l'esistenza d'una efficace rete di comunicazioni, all'economicità dei costi di trasporti, alla capacità di assorbimento di mercato, alla vicinanza di fon-ti energefon-tiche e ad altri simili fattori.
Le necessità del pubblico esterno sono tenute presenti nella localizzazione di servizi resi all'in-tera popolazione o a settori della stessa.
Se i servizi hanno natura commerciale, come grandi magazzini o alberghi, le corrispondenti lo-calizzazioni si incontrano spesso con le esigenze dei consumatori, in conformità di considerazioni economiche fatte da chi offre il servizio.
Maggior attenzione possono godere gli utenti, sotto l'aspetto sociale, nel caso di servizi di na-tura amministrativa.
L'ubicazione di uffici in aree di agevole acces-so per la cittadinanza o il decentramento di sedi per favorire decongestionamenti e accorciamenti di distanze possono essere praticati da ammini-strazioni pubbliche.
Una risposta ai bisogni e alle aspirazioni d'una comunità può essere data dalla pianificazione che, come asserisce Paul Henry Chombart de Lau-we (3) « dovrebbe essere dominata dal desiderio di utilizzare le tecniche per creare il quadro più adatto alle strutture e non per adattare le strut-ture sociali ed i comportamenti ad una evoluzione tecnica che non potremmo più dominare ».
fi concetto di un ben ordinato e organizzato uso del suolo, secondo un piano regolatore, è ab-bastanza recente.
Un tempo si pensava che la libertà di scelta dei luoghi per stabilimenti, uffici pubblici, abitazioni portasse alla migliore struttura urbana possibile, come espressione d'una sorta di armonia preordi-nata.
Il risultato invece fu: concentrazione di indu-strie, sporcizia, effluvi nocivi, rumorosità, come si può desumere dalla descrizione d'uno dei tanti complessi urbani fattaci da Lewis Mumford (4). « Le abitazioni venivano spesso collocate negli spazi lasciati liberi dalle fabbriche, dai capanno-ni e dai parchi di smistamento. Chi si preoccu-pava per la sporcizia, per il rumore e per le vi-brazioni era considerato un effeminato. Le case degli operai, e spesso anche quelle dei borghesi, erano costruite muro a muro con una acciaieria, una tintoria, un'officina del gas o una trincea fer-roviaria. Venivano edificate, abbastanza frequen-temente, su terreni pieni di ceneri, di frammenti di vetro e di rottami, dove neppure l'erba
riusci-va a mettere radici; sul margine di un luogo di scarico o accanto a una grande pila di carbone e di scorie; e giorno dopo giorno il fetore dei ri-fiuti, il denso e fosco fumo delle ciminiere, il ru-more delle martellate e il rombare delle macchine accompagnavano la routine familiare ».
Non c'è dubbio che i riflessi negativi di simili condizioni di vita si fanno sentire anche nell'atti-vità lavorativa del singolo.
La situazione opposta è quella che viene sug-gerita da un gruppo di urbanisti nell'ipotesi pro-gettuale d'una città (5), dove è previsto l'inseri-mento delle imprese artigiane e dell'industria leg-gera nel tessuto urbano, perché sono piuttosto si-lenziose e non inquinanti.
Le industrie di altro tipo invece, essendo distur-banti per la comunità, sono situate verso l'esterno. Attestate sulle strade di servizio, rispondono pure a una necessità funzionale di trasporto delle merci. L'opportunità di favorire la continuità tra vita e lavoro produttivo consiglia inoltre di non dislo-care tali industrie in posti troppo distanti dalle abitazioni.
Cosi, secondo il cennato progetto, il lavoro si inserisce in modo naturale tra le attività quoti-diane. Anch'esso costituisce un momento di in-contro, perdendo quel carattere di obbligo e di staticizzazione dei ruoli che lo rende monotono. È appena il caso di rilevare che il persegui-mento d'un rinnovapersegui-mento socio-urbanistico deve fare i conti, nella maggioranza dei casi, con una realtà che non si può cancellare con un colpo di spugna.
Il pianificatore non sempre può partire da ze-ro; il più delle volte ha davanti a sé strutture che hanno seguito un proprio cammino in modo cao-tico e arbitrario.
Nel nostro paese, per esempio, la pianificazione si trova a dover affrontare tendenze di gravita-zione verso un ristretto numero di aree, di degra-damento dei centri minori, di concentrazione de-gli insediamenti industriali, terziari, residenziali.
Se tali tendenze non venissero contrastate per tempo, si arriverebbe, tra vent'anni, secondo il parere di esperti, ad addensare il 45% della po-polazione italiana in otto aree metropolitane (Mi-lano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo) pari al 4% della superficie.
(3) PAUL HENRY CHOMBART DE LAUWE, Des hommes e de
villes, Ed. Marsilio, 1967.
(«) LEWIS MUMFORD, The city in history, Ed. Comunità, 1963. (5) «Rivista l'Architettura», n. 224, Anno 1974.
I provvedimenti di politica territoriale e di pia-nificazione urbanistica sono invocati appunto per arrestare il corso di tali tendenze.
In conclusione, quantunque l'ubicazione della sede lavorativa influisca sul rapporto simbiotico tra lavoratore e lavoro, tuttavia la scelta dell'am-bito spaziale in cui sorge lo stabilimento privato o l'ufficio pubblico è fatta, ordinariamente, se-condo una logica che prescinde dalle aspirazioni dell'uomo che lavora.
Soltanto a livello di pianificazione, assumendo rilievo fondamentale l'interesse pubblico genera-le, i riflessi della localizzazione sul lavoro de-stano maggior attenzione.
Strettamente connesso con tale problema è quello del sistema di comunicazioni.
Poiché, per esempio, in un'area metropolitana si verificano quotidiani flussi pendolari di traspor-to per motivi di lavoro sia verso e dal capoluogo, sia tra comuni minori, sia entro il capoluogo, lo scopo da conseguire è quello di assicurare una efficiente rete di trasporti che riduca i tempi di percorrenza per accedere ai luoghi di lavoro.
La ricerca di soluzione di tali problemi è soli-tamente integrata dai contributi offerti da scienze sociali, quali la sociologia urbana, la demografia, l'economia.
Infatti per poter utilizzare, in modo razionale, lo spazio e prevedere l'organizzazione dei traspor-ti, si ritiene necessario studiare attentamente l'evo-luzione della produzione e del consumo, la distri-buzione delle diverse zone di attività, il compor-tamento dei soggetti nei loro spostamenti e le re-lative motivazioni, con l'obiettivo un po' utopi-stico ma stimolante di pervenire a « una libera-zione progressiva dell'uomo nel quadro d'una so-cietà armonicamente concepita » (6).
Sedi lavorative.
L'atteggiamento di un operaio o di un impie-gato verso il lavoro dipende anche dalla sede in cui questo ha svolgimento.
Un edificio ben fatto esercita un effetto posi-tivo su coloro che vi prestano la loro attività la-vorativa.
Tale effetto non è sottovalutato dai centri deci-sionali più avveduti, i quali riconoscono che una costruzione rispondente soltanto a requisiti tecni-ci e igienitecni-ci sarebbe idonea ad ospitare dei robots, non degli uomini.
Quanto più piede va prendendo tale concezio-ne, tanta più importanza acquista l'architettura industriale che ha connotazioni sue proprie, nel senso che la struttura dei fabbricati corrisponde, oltreché ad una funzione pratica, anche a una funzione rappresentativa, simbolica. Si ritiene, cioè, che per esempio, una costruzione per indu-stria, architettonicamente parlando, debba non solo permettere di esplicare, nel migliore dei mo-di, l'attività lavorativa, ma debba essere anche immediatamente identificabile.
Il che è compito dell'artista, come pure l'ot-tenimento dell'estetizzione dell'habitat, atto a fa-vorire la capacità di « memorizzazione affettiva », cioè, « la possibilità di fissare nella propria me-moria alcuni elementi non solo visivi, ma acu-stici, olfattivi, tattili, di Stimmung, di atmosfera, dunque, capaci di richiamare alla memoria il vol-to dell'ambiente » (7).
Un esempio ad hoc è offerto dalla fabbrica del-la « Pepsi-Codel-la » (8), situata nella più settentrio-nale delle isole giapponesi, Hokkaido, alle porte della città di Mikasa.
« Solo trenta persone lavorano nella fabbrica, ma almeno trentamila passano ogni giorno sul-l'autostrada adiacente. Si tratta di un cilindro spezzato, trattato in copertura come un imbuto e giustapposto a un quadrangolo, dove avvengono le operazioni di carico e scarico. Il cono rove-sciato dell'interno è dipinto in giallo. Il cilindro diventa un solido vitreo, brillante che riflette la luce. Il traliccio dell'anello di sostegno dà un ef-fetto di foresta ... che diventa la base della ri-sposta dell'edificio all'ambiente. La fabbrica è di-venuta cosi un accento nel paesaggio e vi si è adeguata. L'opera si è sviluppata in modo diret-tamente opposto al detto di Sullivan che la for-ma segue la funzione: qui la funzione ha voluto esplicitamente seguire la forma » (9).
Una più evidente semantizzazione in chiave pubblicitaria e di relazioni pubbliche caratterizza altri edifici, come il Seagram Building a New York e la Torre Pirelli a Milano.
Lo sforzo di certi architetti è concentrato nella creazione d'una favorevole atmosfera sociale, co-me nello stabilico-mento « Pharmacia » ad Upsala in Svezia (l0) che comprende, oltreché lo
stabili-(6) PAUL HENRY CHOMBART DE L A U W E , op. cil.
(7) GILLO DORPI.ES, Dal siniiificalo alla scella, Einaudi, 1973.
(R) A r c h i t e t t o MINORU TAKEYAMA.
C) « Rivista l'Architettura », n. 225, Anno 1974.
mento per la produzione, anche uffici, laboratori, magazzini.
Le funzioni sono separate in corpi distinti, cia-scuno dei quali può essere analizzato separata-mente, senza eccessiva attenzione alle interrela-zioni.
L'analisi attenta delle funzioni ha poi compor-tato nell'assemblaggio definitivo, numerosi spazi efficaci. Un approccio strettamente funzionalisti-co, in cui ha rilievo la qualità degli impianti e degli interni (u).
Per fare un altro esempio di caratterizzazione del rapporto edifìcio-uso-ospiti, si può citare lo stabilimento Omcsa a Gattico (Novara).
Già nel fabbricato servizi « ad un volume op-pressivo si è sostituita una continua articolazione di masse minori, chiaramente leggibili, e di spazi misurati. All'interno si sono adattati dimensiona-menti atti a riportare gli ambienti ad una scala di tipo « domestico »; nella sala mensa, ad evitare ogni ricordo del refettorio di caserma, si è mosso in altezza il livello del pavimento, cosi da forma-re due sale a quota diversa. E i servizi igienici sono, in entrambi i fabbricati, uno dei maggiori elementi di qualificazione. Sopra tutti i lavabi cor-re una fascia continua di specchio, sormontata da lampade individuali ... Materiali e colori sono in funzione di analoghi concetti. L'arredamento è ottenuto tutto con elementi di serie, identiche scrivanie per dipendenti di ogni grado, fino ai dirigenti » (I2).
Condizioni ambientali.
La sede lavorativa presenta, non solo caratte-ristiche strutturali, ma anche condizioni ambien-tali agenti sul prestatore di lavoro.
Il rumore, l'illuminazione, la temperatura, l'umidità, la ventilazione sono da annoverarsi tra le condizioni ambientali di maggior momento.
Lo studio di tali condizioni interessa l'ergono-mia nota anche col nome di biotecnologia, bio-meccanica, tecnologia delle bioscienze, human en-gineering C3).
Tale scienza infatti non si occupa solo del-l'adattamento della macchina all'uomo, cioè, dei modi con cui si progettano le macchine e del loro funzionamento, ma prende altresì in esame le condizioni materiali di lavoro armonizzabili con le capacità e i limiti del prestatore d'opera.
Sorgenti di rumore esistono in gran copia, spe-cialmente nelle officine.
Motori, magli, utensili pneumatici, pistole ad aria compressa iTnumerosi altri elementi produ-cono talora un inquinamento acustico deleterio sugli operatori.
Effetti negativi si riscontrano sul piano comu-nicativo e sul piano psico-fisiologico.
Una frase gridata oltre 60 cm di distanza non è facilmente udibile in un ambiente il cui rumore di fondo è di 90 decibel.
Pertanto la degradazione delle comunicazioni orali è conseguenza del livello di rumorosità.
Quanto agli effetti sull'organismo « è ampia-mente provato che i livelli di rumore oltre i li-miti di 85 decibel sono potenzialmente perico-losi per l'udito e vi sono prove recenti che anche questo livello può essere troppo alto » (14).
Per evitare la produzione e la diffusione del rumore si sogliono adottare accorgimenti tecnici (pannelli insonorizzanti, materiale isolante, ecc.) e mezzi individuali di protezione (caschi antiru-more, sordine in plastica, ecc.).
Anche l'illuminazione ha formato oggetto di studi e ricerche. Cattive condizioni di luce influi-scono sull'integrità visiva, sulla fatica, sul tono affettivo del soggetto, sul tasso degli infortuni. Si è notato che la luce solare è preferibile a quella artificiale, che tra le luci artificiali la mi-gliore è quella elettrica, che una forte illumina-zione del campo di lavoro combinata con una il-luminazione generale più tenue dà luogo a effetti positivi.
La luce naturale dipende dall'architettura del-l'edificio. Costituiscono misure atte alla raziona-lizzazione dell'illuminazione naturale: la colloca-zione del posto di lavoro a giusta distanza dalla sorgente luminosa, l'omogeneità della luce diffu-sa nell'ambiente, l'eliminazione dei fenomeni di abbagliamento provocati da utensili e ripiani.
L'optimum di luce varia secondo i tipi di la-voro. Disegnatori e meccanici di precisione abbi-sognano, per il buon svolgimento dei loro com-piti, di una illuminazione più intensa di quella richiesta per lavori comuni.
I vari tipi di lampade (a incandescenza, a fluo-rescenza, ecc.) mediante le quali si ottiene la luce artificiale, hanno ognuno caratteristiche partico-lari da tener presenti.
(11) « Rivista l'Architettura», n. 216, Anno 1973. Ò2) « Rivista l'Architettura», n. 224. Anno 1974.
(13) ALPHONSE CHAPANIS, L'ergonomia, E d . A n g e l i .
(M) JOHN G. BOLLINGER, Relazione presentata all'Assemblea
Pure i colori esercitano una diretta influenza su chi svolge attività lavorative. Le pareti, gli og-getti, le attrezzature, opportunamente colorate, possono rendere più gradevole la prestazione al-leviando la fatica.
Un netto miglioramento del lavoro, anche sot-to l'aspetsot-to delle relazioni col personale, si ebbe in una vecchia fonderia di ghisa, negli Stati Uniti, allorché si pensò di dare una ripulita generale, fa-cendo dipingere i soffitti in bianco, i muri in ver-de chiaro, le macchine in grigio, le travature in color alluminio.
I colori hanno proprietà fisiologiche e psicolo-giche. Essi, per esempio, reagiscono in modo di-verso rispetto alla conduzione del calore e alla ri-flessione della luce.
Se esponiamo all'azione dei raggi solari, ad una temperatura esterna di 30°, due automobili, una di tinta bianca e una di tinta nera, noteremo, dopo alcune ore, una temperatura interna supe-riore di 10° nell'automobile nera rispetto a quella bianca.
Le medesime automobili messe poi all'ombra, raggiungeranno una temperatura interna uguale all'esterna in tempi diversi: l'automobile bianca un'ora prima di quella nera (15).
Benché le impressioni associate alle sensazioni colorate siano soggettive, sembra che la maggior parte delle persone reagisca nello stesso modo. Cosi il giallo e l'arancione sono ritenuti colori che dànno allegria, al contrario del viola.
Ai fini della prevenzione degli infortuni, le in-dustrie usano colori ai quali vengono attribuiti speciali significati: rosso-emergenza, arancione-pericolo, giallo-attenzione, verde-soccorso, azzur-ro-informazione.
Affaticamento, disturbi, malesseri sono sovente collegati a condizioni atmosferiche sfavorevoli.
Sembra che, sotto l'aspetto ergonomico, i va-lori consigliabili siano i seguenti: temperatura 23 °C, umidità 45%, ventilazione 5-10 metri/min.
Non sempre il rendimento produttivo è sicuro indice dell'effetto che l'ambiente di lavoro ha sul prestatore d'opera e pertanto non si dimostra utile per stabilire le condizioni ambientali più adatte all'esecuzione dei lavori.
È noto, per esempio, che in sede sperimentale, una illuminazione ridotta progressivamente si ac-compagnò, contro ogni aspettativa, ad un aumento della produttività dei soggetti, in quanto su di essi agivano particolari fattori di carattere sociale.
Per contro, in un ufficio dove lavoravano una ventina di impiegati, presa da parte della Direzio-ne la decisioDirezio-ne di sostituire la luce a tungsteno con quella fluorescente, che rappresentava un mi-glioramento rispetto all'illuminazione precedente, si verificarono casi di congiuntivite, mal di capo e stanchezza visiva. Gli impiegati presentarono alla Direzione un reclamo, dichiarando che non po-tevano continuare a lavorare in quelle condizioni. Ma, dopo una riunione indetta per esaminare il problema, durante la quale emerse che lo scon-tento degli impiegati dipendeva in realtà da al-tre ragioni e che la luce fluorescente aveva fatto da capro espiatorio, nessuno più si lamentò di disturbi visivi.
Il problema della idoneità delle condizioni di lavoro ha assunto, nell'organizzazione industriale, tale importanza che è andato formandosi un in-sieme di norme legislative, regolamentari, contrat-tuali intese ad assicurare al lavoratore protezione contro gli effetti nocivi che possono derivare dal-l'ambiente e dai sistemi di lavoro, nonché dai ma-teriali impiegati.
La normativa generale sull'igiene nel lavoro (D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303) prevede, per esem-pio, minimi di altezza, cubatura, superficie dei locali in cui si svolge il lavoro. Sono dettate inoltre disposizioni riguardanti l'aerazione, l'illu-minazione, la temperatura.
Vi sono determinate categorie di lavoratori (fuochisti, soffiatori di vetro, fonditori, ecc.) co-stretti a rimanere esposti, durante l'adempimento